
L’intervento della figlia Orsetta e alcuni aneddoti, in un incontro svoltosi a Ferrara lo scorso 24 gennaio
«Mio padre era libero da condizionamenti e costrizioni, parlava liberamente e per questo spesso discuteva e veniva visto come “scomodo”». Così Orsetta Foà, figlia di Arnoldo, lo scorso 24 gennaio ha ricordato il padre, attore, regista teatrale e doppiatore, nell’incontro a Palazzo Roverella dal titolo “Ebraismo, cinema, teatro e vita ebraica”, organizzato da Istituto Provinciale Nastro Azzurro di Ferrara, Circolo Negozianti e Associazione De Humanitate Sanctae Annae. «Oggi se fosse qui in questa sala direbbe: “parlate, dite ciò che non va, parlate coi vicini e coi lontani”», ha proseguito. «Lui diceva quel che riteneva fosse giusto dire. Era scomodo, però la sua scomodità creava un’opportunità di crescita, riflessione, rielaborazione: ogni crisi è un’opportunità. Grazie, non dimenticate mio padre!», ha concluso.
Circa 120 i presenti all’incontro – fra cui gli Assessori Marco Gulinelli e Andrea Maggi -, che ha visto gli interventi di Riccardo Modestino e Carlo Magri e un finale in musica con Francesco Petrucci e Nicola Callegari: quest’ultimo ha incantato il pubblico con musiche della tradizione yiddish.
Modestino ha raccontato la storia del teatro ebraico, che nasce a fine ‘800-inizio ‘900 anche in vista «dell’acquisizione di un’identità nazionale» dentro il sogno della creazione di quello che diventerà lo Stato di Israele. “Habima” è la prima compagnia teatrale ebraica, nata a Mosca nel ’17 e nel ’31 trasferitasi a Tel Aviv, per poi diventare nel ’58 Teatro Nazionale di Israele. Modestino ha poi ricordato alcuni dei protagonisti del teatro ebraico, come Joshua Sobol (classe ‘39), Rina Yerushalmi, Edna Mazya e Semel Nava. «Il teatro in Israele – ha riflettuto – si è fatto interprete, anche critico, dei processi storico-sociali e culturali del Paese e della cultura ebraica. Arnoldo Foà è in comunione con questa grande storia artistica».
Magri ha invece riflettuto su come «spesso chi si dichiara ateo, in realtà nel suo intimo è alla ricerca di una grande spiritualità. E ciò vale anche per Arnoldo Foà». A seguire, vi è stata la proiezione di un documentario che lo stesso Magri ha dedicato a Foà. Tante le suggestioni di una vita raccolte nel video: dalla prima poesia da lui scritta all’età di 8 anni dopo una fuga notturna da casa («Cigola, cigola, macchina mia / Sai come piange l’anima mia»), all’impegno civile. Dall’intervista a Otto Frank, padre di Anna, alla sua lettura dell’Ariosto al Ridotto del Comunale di Ferrara. «Per essere un attore, bisogna innanzitutto essere», diceva Foà. E Foà non si può dire non sia stato, non abbia cioè vissuto fino in fondo la propria esistenza.
Andrea Musacci
Pubblicato sulla “Voce” del 2 febbraio 2024
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