Un dibattito sulla mediazione per vivere meglio ed evitare conflitti

Bertelli, Sapigni e Martini
Nei contesti abitativi è possibile costruire un senso di comunità nonostante le differenze? Di questo si è riflettuto ieri mattina a Palazzo Bonacossi (in via Cisterna del Follo) nel seminario “La mediazione sociale nelle società complesse. Cos’è? A cosa serve? Principi metodologici e possibilità d’intervento”, organizzato, per la Giornata della Giustizia Sociale, da Camelot, Rete “Dialogo Negoziazione Ascolto”, in collaborazione con ACER e Mediattivi (Coordinamento regionale Mediatori ACER) e con il patrocinio del Comune di Ferrara. Dopo l’introduzione di Patrizia Bertelli, presidente Camelot, e dell’Assessore Servizi alla Persona Chiara Sapigni, che ha ricordato il ruolo del Centro di Mediazione, è intervenuto Raffaello Elvio Martini, psicologo di comunità e promotore del progetto “BuonAbitare”.
«La mediazione non è appannaggio di professionisti, ma è una funzione molto diffusa», ha esordito Martini, «significa trovare soluzioni per far convivere in modo soddisfacente le diversità, che a volte diventano conflitti». Nello specifico, «la mediazione sociale è servizio specialistico alla persona realizzato tramite sportelli sul territorio, ma è anche lavoro di comunità – ha proseguito –, un’azione che aiuti le persone a realizzare cambiamenti nell’ambiente dove vivono, con il coinvolgimento attivo e responsabile dei singoli».
Gli spazi in comune, ad esempio nei condomini, «se da un lato consentono il fare comunità, dall’altro possono provocare conflitti». Per questo, anche con fatica, «bisogna sviluppare fiducia, solidarietà, intelligenza collettiva», senza “gestioni” dall’alto, ma «facilitando lo sviluppo di una comunità d’intenti», e non dimenticando che «il conflitto può anche essere una risorsa perché obbliga a trovare soluzioni e a riconfigurare la situazione».
Andrea Musacci
Pubblicato su la Nuova Ferrara il 21 febbraio 2017