Archivio | dicembre, 2022

I murales segno di fede: il progetto a Santo Spirito

19 Dic

Kobe Bryant e la figlia Gianna, la SPAL e i cristeros, don Camillo e Peppone, la Madonna di Guadalupe…Nell’oratorio il progetto artistico per far sentire ancora più a casa i ragazzi

di Andrea Musacci

A Ferrara c’è un luogo speciale dove Kobe Bryant si incontra con Carlo Acutis, San Francesco con don Camillo e Peppone. Un luogo dove, plasticamente, tutto può parlare di Dio, tutto può portare a Lui. Siamo nel campetto di basket dell’oratorio di Santo Spirito in via della Resistenza. Qui, in questo spazio quotidianamente frequentato da giovani, nel 2021 l’ormai ex parroco padre Massimiliano Degasperi pensò di renderlo ancora più un luogo non solo per i ragazzi, ma dei ragazzi. Così nacque l’idea di far realizzare alcuni murales da Stefania Frigo, madonnara e restauratrice veronese.

«Viva Cristo Re!»

L’invocazione dei cristeros messicani negli anni ’20 del secolo scorso è stata scelta come motto della “Compagnia dello Spirito Santo”, il gruppo dei ragazzi dell’oratorio il cui cammino insieme è rappresentato da una “cordata” che unisce i talenti di ognuno, guidata dall’Immacolata e diretta verso il Cielo. Un’immagine che richiama, oltre ai cristeros, anche il “Signore degli anelli”. E sempre a quest’ultimo è ispirato anche un altro mural nella parete opposta, in una unione di fantasy e Cristianesimo che, nell’amicizia profonda in Cristo e nell’avventura della fede, possa coinvolgere giovani e giovanissimi. Così, Gandalf sta a fianco del leone Aslan delle “Cronache di Narnia”, del cristero ragazzino San José Sanchez Del Rio, della Madonna di Guadalupe e della colomba dello Spirito Santo. E non distanti, vi sono anche don Camillo e Peppone nell’originale interpretazione di un giovane parrocchiano.

Padri della comunità

Nel campetto dell’Oratorio di Santo Spirito non è difficile vedere bambini o ragazzi delle età più disparate ritrovarsi per una sfida a basket o per altri giochi, oppure per una partita a calcio nel vicino campo. Ma lo spazio è, in realtà, dell’intera comunità: qui si svolgono pranzi, rinfreschi (l’ultimo, quello di addio ai frati e di don benvenuto a don Francesco Viali), feste e momenti di preghiera.

A testimoniarne la profonda devozione, sul muro nel lato di via della Resistenza  c’è una statua dedicata a San Giuseppe, «il primo segno qui nel campetto», ci spiega padre Degasperi. La statua, in marmo bianco di Carrara e realizzata grazie a una parrocchiana benefattrice, è una specie di ex voto voluto dalla comunità nel 2019 (per S. Spirito, anno dedicato proprio a S. Giuseppe) per ringraziare della riapertura, seppur ai tempi parziale, della chiesa, i cui lavori post sisma “costringevano” i fedeli a frequentare quella vicina di San Giovanni Battista.

Ma un altro “padre” di questo luogo è stato Piero Zabini, indimenticato allenatore di basket venuto a mancare nell’aprile 2021. Storico parrocchiano, fu lui a volere questo campetto, e, insieme alla moglie Fiorenza, nel 2012 a dar vita in parrocchia al Banco Alimentare.

Fede e sport

Un campetto non solo per i ragazzi, ma dei ragazzi, dicevamo: «nel 2020 – prosegue p. Degasperi -, volli far realizzare i murales perché i giovani sentissero più loro lo spazio, anche nel senso di prendersene cura, di non rovinarlo. Il campetto lo lasciamo aperto molte ore al giorno e in tanti vengono qui a giocare a basket, sia ragazzi che frequentano la parrocchia sia semplici studenti universitari». E al basket sono dedicati due murales: il primo, struggente, rappresenta Kobe Bryant e sua figlia Gianna, morti insieme il 26 gennaio 2020 in un tragico incidente in elicottero insieme ad altre 7 persone. Prima di salire per il loro ultimo viaggio, come ogni domenica erano stati alla Messa mattutina delle 7 nella Cattedrale di Nostra Signora Regina degli Angeli a Newport Beach in California. Poco distante, un altro mural è dedicato a Luka Doncic, 23enne cestista sloveno, star mondiale dei Dallas Mavericks. Non poteva, poi, mancare la SPAL, squadra nata dai salesiani, col suo logo e con un altro dipinto che ricorda la magnifica coreografia realizzata al Mazza nel 2018 dalla Curva Ovest in occasione di SPAL-Bologna, il San Giorgio “spallino” che uccide il drago ispirato al dipinto di Paolo Uccello. Ma un legame speciale lega i Frati dell’Immacolata alla squadra di calcio della nostra città: nel pomeriggio del 13 maggio 2017 la SPAL matematicamente veniva promossa in serie A, e il Centro Mariano Diocesano (con in prima fila proprio i Frati di S. Spirito) fece una processione verso la Sacra Famiglia, oggi finalmente tornato ad essere Santuario del Cuore Immacolato di Maria, in occasione del centenario della prima apparizione della Madonna ai pastorelli di Fatima e in contemporanea con la canonizzazione di due di loro, Giacinta e Francesco. 

I nostri santi 

Naturalmente, poi, non potevano mancare, oltre al logo dell’Agesci, due murales, uno dedicato a San Francesco d’Assisi e uno a S. Antonio di Padova, nella sua veste miracolosa. Una scelta, quest’ultima, non casuale: S. Antonio visse, infatti, nel convento di S. Francesco a Ferrara fra aprile e maggio 1228. La sua permanenza nella nostra città è ricordata anche per il noto miracolo del neonato – avvenuto nell’attuale Via Zemola – che attestò la veridicità della paternità contestata. Inoltre, due sue reliquie fecero tappa a Ferrara tre anni fa. In questo gruppo di murales, i Frati hanno scelto di inserire anche il beato Carlo Acutis, esempio per tanti giovani.

«Per me dipingere è pregare»

Stefania Frigo è un’artista e restauratrice veronese, per la precisione di Torbe di Negrar, dove nel 2012 ha aperto il suo studio “Arte Antica”. È stata lei ad essere scelta da padre Degasperi per realizzare i murales, aiutata da altre quattro artiste, Francesca Simoni, Cinzia Pastorutti, Francesca Schiavon e Flavia Benato. Tra il 2016 e il 2019 Stefania ha partecipato al nostro Buskers Festival come madonnara realizzando, l’ultimo anno, sul Listone una Madonna di 6 metri x 8. Stefano Bottoni, patron del Festival, ha poi dato il suo contatto a don Giuseppe Cervesi per farle realizzare, nel maggio del ’21, un altro dipinto a terra davanti all’entrata del Santuario del Poggetto. Questo, però, a differenza del primo, è permanente: è il primo in assoluto, infatti, realizzato sull’asfalto appena steso, ancora caldo.

I murales di Santo Spirito, invece, sono in acrilico, realizzati a tappe l’anno scorso. Durante le settimane di lavoro, lei e le colleghe sono state ospitate dai Frati nella foresteria. «Per me – ci racconta Stefania – è stata un’esperienza di fede e umana molto importante, una delle più significative della mia vita. E anche alcune mie collaboratrici, che non erano quasi mai entrate in una chiesa, in qualche modo sono state toccate nel profondo: mi hanno raccontato di come abbiano sentito un’energia molto particolare che le abbia portate a fare gesti mai fatti, come mettere una moneta davanti alla statua di Sant’Antonio. Mi ha colpito anche – prosegue – l’atmosfera bellissima nel campetto e in chiesa, con tanti bambini e giovani sempre presenti».

Ci racconta, poi, di come ogni anno partecipi alla Fiera delle Grazie a Curtatone, nel mantovano, un’antica manifestazione internazionale di madonnari. «I miei – conclude Stefania – sono quasi tutti dipinti a soggetto religioso. La fede l’ho trovata proprio dipingendo l’arte sacra, è stata per me una vera e propria folgorazione, avvenuta quando avevo 20 anni. Per me dipingere è pregare: ogni dipinto è una preghiera per grazia ricevuta o per chiederne una».

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 23 dicembre 2022

La Voce di Ferrara-Comacchio

Ferrarese, un territorio che si ritrae su se stesso

19 Dic

L’analisi delle disuguaglianze territoriali e sociali fatte dal Centro Documentazione Studi. Auto elettriche, Polo del riciclo della plastica, Delta del Po: alcune proposte per uscire da una crisi cronica

di Andrea Musacci

«Da un punto di vista socio-economico il territorio ferrarese è estremamente eterogeneo e frammentato, e questo è sempre stato un ostacolo alla sua crescita». Di questa e altre disuguaglianze si è parlato lo scorso 17 dicembre nella Sala Convegni di CNA Ferrara in occasione della presentazione di “Ferrara Diseguale”, l’Annuario Socio-Economico Ferrarese 2022 che CDS (Centro Documentazione Studi) Cultura OdV ha presentato.

Disuguaglianze territoriali

Le parole di Guglielmo Bernabei (Avvocato, docente Unife e socio Cds) che abbiamo citato all’inizio ben sintetizzano la riflessione da lui svolta sulla difficile e cronica situazione del Ferrarese e su alcune possibili soluzioni.

Innanzitutto un’analisi della realtà: Comuni come Riva del Po, Fiscaglia e Jolanda diSavoia hanno tassi di occupazione molto bassi, e negli ultimi tre anni il reddito medio pro capite nel Ferrarese è calato in maniera significativa. Nelle cosiddette Aree interne, in alcuni casi è la metà della media provinciale, quasi 1/3 rispetto a quello del Comune capoluogo. Cresce inoltre la disoccupazione giovanile (fascia d’età 15-24 anni), passata dal 16,8% al 24,5%, mentre il tasso di inattività è al 25,4%, con picchi nei tre piccoli Comuni sopraccitati, oltre che a Copparo. Interessante anche l’Indice di dotazione automobilistica, con il calo nelle vendite di auto con grande cilindrata e l’aumento dell’acquisto di auto in alcune zone, come Mesola, a causa degli scarsi servizi di trasporto pubblico. Spopolamento, calo demografico, invecchiamento, dunque, dominano nel nostro territorio, «un territorio che si ritrae su sé stesso», ha detto Bernabei. Negli ultimi anni anche il tasso di pendolarismo è aumentato, di due volte e mezzo rispetto alle altre Province in Emilia-Romagna.

Una «sofferenza economica», quindi, e un conseguente «sfilacciamento sociale», acuiti dalla pandemia e dalla crisi di quest’anno, ma creatasi nel tempo: «per evitare che si cristallizzi – ha riflettuto ancora Bernabei – ci vogliono maggiori aggregazioni industriali e con alta produttività (come sono il Petrolchimico e la VM di Cento), pensando ad esempio a sfruttare le grandi trasformazioni in termini di automazione che stanno avvenendo nel comparto automobilistico, in particolare riguardo alle auto elettriche». C’è bisogno, inoltre, di «una forte alleanza tra enti locali, terzo settore ed imprese», e di «incentivare le start up e l’economia della conoscenza». Il rischio è che l’intera nostra Provincia diventi «una grande Area interna», non riuscendo a stare al passo delle trasformazioni sempre più veloci. Il futuro, più in generale, sta in «un’Italia micropolitana, che sappia cioè valorizzare davvero nuove funzioni sociali nei piccoli contesti, implementando il sistema sociale, la banda larga, la capacità amministrativa». E, nel caso del nostro territorio, che venga tutto – non solo Ferrara – considerato «per le sue forti capacità di attrazione turistica e per l’importanza  dei Distretti rurali». C’è bisogno – ha concluso Bernabei – che il Ferrarese «venga davvero considerata come una “Zona Economica Speciale”, oggetto cioè di interventi mirati. La Zona Logistica Semplificata non è più sufficiente».

Altre due proposte per creare ricchezza nel nostro territorio, le ha date Giuseppe Ferrara (Cds): la prima e più importante sarebbe quella di dar vita a un Polo Tecnologico Nazionale per il riciclo integrale dei rifiuti plastici. «A Ferrara esistono tutte le competenze per farlo: la plastica è un materiale molto leggero e molto resistente e facilmente riciclabile facendo tornare virgin-nafta (il semilavorato dalla raffinazione del petrolio) i prodotti finiti e usati». La stima di 70 miliardi di mascherine chirurgiche prodotte solo nell’ultimo biennio a livello mondiale a causa della pandemia, dovrebbe davvero farci riflettere dell’importanza di riciclare non solo per la tutela dell’ambiente ma anche per non sprecare un prodotto così riutilizzabile.

La seconda proposta, legata a questa, riguarda la creazione di un Museo della Plastica a Ferrara, vista l’importanza che questa ha nella nostra economia locale.

Delta del Po come risorsa

Oltre 54mila ettari, di cui quasi la metà valli e lagune salmastre, oltre a paludi d’acqua dolci, boschi e spiagge:è questo il Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna, presentato  da Aida Morelli, Presidente dell’Ente di gestione per i Parchi e la Biodiversità del Delta del Po. Nove Comuni in tutto, da Goro a Cervia, si tratta di una delle aree naturalistiche più importanti del mondo ed è «un esempio di una terra potenzialmente molto ricca ma che in molti casi, soprattutto nel Ferrarese, poco valorizzata».

Disuguaglianze sociali: il Centro di Ascolto dell’UP Borgovado

È stata Patrizia Di Mella a presentare il progetto nato dieci anni fa a Ferrara. Una dozzina di volontari (perlopiù insegnanti e medici, più o meno in pensione), senza alcuna “piramidalità” che aiuta un centinaio di persone le quali, una volta al mese, ogni mese, vengono a ritirare la spesa con i beni forniti dal Centro di Solidarietà e Carità. Lo Sportello di ascolto è aperto due ore il martedì mattina, «perché per noi – ha spiegato – centrale è arrivare alla persona, anche al di là del suo bisogno economico: cerchiamo di aiutarli anche nell’affrontare questioni come la ricerca del lavoro, della casa o il pagamento delle bollette. Anche così si può iniziare a dar vita a una vera integrazione, a una socializzazione. Stiamo – ha concluso – lavorando per unire tutti i Centri di ascolto presenti in città, perlopiù nelle parrocchie».

Storia e bellezza da valorizzare

Infine, Paolo Micalizzi ha presentato il cinema di don Massimo Manservigi, nostro Vicario Generale, ed è stato proiettato il suo documentario “Appunti e visioni per una Città e la sua Cattedrale”, visibile in Duomo in occasione della mostra sui restauri. Un esempio, questo, della bellezza di Ferrara e della sua ricchezza dal punto di vista storico-artistico, che andrebbe maggiormente valorizzato.

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 23 dicembre 2022

La Voce di Ferrara-Comacchio

Ucraini, la gioia del Natale nel tempo della guerra

12 Dic

Tante le iniziative portate avanti dalla comunità che si ritrova in via Cosmè Tura a Ferrara: il Mercatino solidale, la Festa di San Nicola, i progetti con i bambini. E una grande speranza di pace

di Andrea Musacci

A quasi dieci mesi dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, la comunità greco-cattolica di Ferrara si prepara a festeggiare il Santo Natale. Un Natale dove la gioia per la nascita di Gesù si mischia all’apprensione per le notizie che continuano a giungere dal Paese coinvolto, suo malgrado, nella guerra, costretto a difendersi per non soccombere alle mire del governo di Putin.

La Festa di San Nicola

L’Avvento ha visto un primo momento particolare significativo per la Festa di San Nicola, che ricorre il 6 dicembre, ma che la comunità di via Cosmè Tura ha festeggiato la domenica precedente, il 4. Per l’occasione è stato inaugurato il presepe all’interno della chiesa, realizzato grazie al contributo dei bambini, presenti in 65 alla grande festa. Gli stessi bambini hanno tenuto un piccolo spettacolo, divisi nelle fasce d’età 5-8 anni, 8-12 e 12-15. San Nicola ha portato loro alcuni doni – dolci e cioccolatini – e nello spettacolo i bambini si sono divisi tra quelli “educati” e quelli “birichini”, per rappresentare l’importanza del dono, anche come testimonianza per gli altri.

Mercatino solidale e Centro Ricreativo

All’interno della chiesa era stato allestito anche un Mercatino con oggetti natalizi realizzati dai parrocchiani. Aperto la mattina e il pomeriggio (e ogni domenica fino a fine gennaio), e tenuto dagli stessi bambini, ha fruttato solo nel primo giorno un ricavato di circa 700 euro. 

Soldi che verranno usati principalmente per acquistare generatori di corrente da inviare in Ucraina, visto l’ulteriore aggravamento in molte città. Gli attacchi di missili e droni russi, infatti, hanno preso di mira l’infrastruttura energetica del Paese proprio in vista dell’inverno, quando le temperature medie in genere scendono al di sotto dello 0. Con il ricavato verranno anche acquistati cappotti, maglioni e berretti invernali, e farmaci, spesso introvabili o molto cari in Ucraina, usati anche per curare soldati feriti. «Sono gli stessi bambini – ci spiega padre Vasyl Verbitskyy – a dirci che ci tengono a raccogliere più soldi possibili per aiutare i loro padri, nonni e in generale il nostro popolo in questo momento drammatico».

E sempre a proposito dei bambini, da alcuni mesi la nostra Arcidiocesi ha trovato loro un luogo più spazioso dove poter liberamente giocare, fare catechismo e altre attività nel Centro Creativo Parrocchiale “Luce da luce”. Si tratta dell’ex Scuola d’infanzia “Pio XII” nel quartiere Barco della città. Qui, una 40ina di bambini si incontra regolarmente tre volte alla settimana (martedì, giovedì e domenica). La struttura è stata usata dalla comunità ucraina come campo l’estate scorsa e inaugurata e benedetta lo scorso 1° ottobre.

Preparazione al Natale

La chiesa di Santa Maria dei Servi, oltre al presepe, è già addobbata in attesa del Santo Natale. Una scelta inusuale rispetto alla nostra tradizione è quella di porre alberi addobbati all’interno dello stesso edificio, segno ulteriore di gioia: per l’occasione, padre Vasyl con alcuni parrocchiani ne ha posti due grandi davanti al presbiterio, oltre ad alcuni più piccoli vicini al presepe. Inoltre, sulla stessa balaustra del presbiterio sono presenti due piccoli alberi fatti con spighe di grano (simbolo dell’Ucraina), i cosiddetti didukh, adornati con i colori della bandiera nazionale, anch’essi realizzati dagli stessi parrocchiani. «È tradizione nel nostro Paese – ci spiega il parroco – di metterli la vigilia di Natale sul pavimento nella sala dove si svolge la Santa Cena». Cena che, in Ucraina tradizionalmente si festeggia nel tardo pomeriggio, circa alle ore 17, del 24 dicembre, quando – si dice – spunta la prima stella in cielo. 

Tra gli appuntamenti previsti per il periodo natalizio, proprio il 24 a Copparo (dov’è presente una nutrita comunità ucraina) alle 14.30 sarà celebrata la S. Messa e poi una festa, una specie di Santa Cena. Il 26 dicembre, invece, una 50ina di cattolici ucraini ferraresi parteciperà al pellegrinaggio nazionale a Roma: alle ore 13.30 in Basilica di San Pietro S. Messa e a seguire canti natalizi e preghiera per la pace davanti al presepe in Piazza.

Sabato 7 gennaio la S. Messa in via Cosmè Tura sarà, invece, presieduta dall’Arcivescovo mons. Gian Carlo Perego, mentre il giorno successivo in chiesa vi sarà il Presepe vivente, che gli ucraini ferraresi nei giorni successivi porteranno anche nelle comunità sorelle di Bologna e Mantova.

Una nuova iconostasi

Ma sul tavolo vi è anche un progetto che va oltre il Natale: la realizzazione di una nuova iconostasi, la struttura divisoria tra il presbiterio e le navate, ricca di immagini sacre (Madre di Dio, Pantocratore, S. Nicola, S. Giorgio, Arcangelo Michele, Arcangelo Uriele, Arcangelo Gabriele e Vergine Maria nell’Annunciazione, e i quattro Evangelisti). La struttura sarà completata entro la prossima Pasqua, mentre le icone saranno realizzate e poste entro settembre 2023. È possibile sostenere il progetto – eseguito da Liliana Brunelli di Ferrara – con una donazione sull’IBAN IT45 C070 7213 0010 0000 0411 330 intestato a: Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio Santa Maria dei Servi, causale “offerta costruzione Iconostasi”.

La guerra vicina e la speranza sempre viva

Non mancano, dunque, motivi di gioia per questa comunità così viva, cresciuta negli ultimi dieci mesi grazie ai tanti profughi arrivati dall’Ucraina. Sono circa un centinaio le donne e i bambini arrivati da febbraio e regolarmente presenti nelle Liturgie e attivi in parrocchia. Ora, però, ne sono rimasti una metà, dato che in molti hanno scelto, nonostante tutto, di tornare nel loro Paese. Per chi è rimasto, prosegue anche il corso di italiano, una volta alla settimana nella sala parrocchiale. Un’occasione in più per sentirsi comunità e affrontare meglio la non facile scelta di vivere in un Paese per tanti aspetti così diverso dal proprio.

Il saluto di padre Vasyl

«Voglio ringraziare con tutto il cuore i tanti ferraresi che hanno sostenuto e continuano a sostenere il nostro Paese», ci dice il parroco. «Chiedo a tutti di continuare a pregare insieme a noi per una pace giusta, affinché soprattutto i bambini non debbano più avere paura a causa della guerra. È importante – prosegue – che ci venga riconosciuta la dignità di popolo, un popolo contadino ma anche capace di costruire e di fare cultura. Che sceglie di creare e non di distruggere». 

Ma la distruzione continua per mano dell’invasore. «Proprio ieri (8 dicembre, ndr) – ci spiega con commozione padre Vasyl – a Sambir, mia città d’origine, si sono svolti i funerali di un mio amico, Nikolai, morto sul fronte: ricordo ancora quando facevamo insieme i chierichetti…». Nikolai ha lasciato la moglie e un figlio di 10 anni. Come accade sempre da febbraio, le bare di Nikolai e di un altro soldato ucciso sono state accompagnate da un lungo corteo lungo le vie della città. La preghiera e l’orgoglio di un popolo accompagnano ancora, in questo Natale di lutti e di speranza, tanti giovani per l’ultimo saluto, prima dell’abbraccio col Padre. 

Uno strazio e al tempo stesso una fede salda nel Dio dell’amore, che uniscono quella terra martoriata con la nostra terra, che accoglie tanti esuli, gente umile con nel cuore il sogno di tornare in un’Ucraina libera dagli occupanti e da ogni tentazione d’odio.

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 16 dicembre 2022

La Voce di Ferrara-Comacchio

Sinodo, a gennaio partono i nuovi gruppi di consultazione

12 Dic

La nuova tappa del cammino sinodale prevede da gennaio a marzo 2023 gli incontri dei diversi gruppi inDiocesi per riflettere sui cinque cantieri e sull’ascolto dei “mondi” altri dalla Chiesa

di Andrea Musacci

Vivere il Vangelo dentro e fuori la Chiesa, in una sorta di missionarietà perenne, piccola e quotidiana. Una disposizione alla comprensione dell’altro intesa come vera trascendenza, imbevuta nell’ascolto costante e nell’apertura ai “lontani”, siano essi coloro che bene o male frequentano le nostre chiese, o invece chi – tanti – le hanno abbandonate una volta finiti i Sacramenti dell’iniziazione.

È in questa consapevolezza profonda che prosegue il cammino sinodale della nostra Chiesa di Ferrara-Comacchio. Un processo, in realtà perenne, che vede però in questi anni tre grandi fasi, dal locale all’universale, nel tentativo di discernere su quel “camminare insieme” decisivo per l’annuncio del Vangelo alle donne e agli uomini del nostro tempo. Insomma, la missione della Chiesa di sempre. Ma la domanda oggi è: come farlo? Con quali parole, con quali linguaggi e in quali luoghi di incontro?

Da tre mesi, e fino al prossimo agosto, siamo immersi nella cosiddetta “tappa continentale” della prima fase del Sinodo, quella narrativa. Un percorso di condivisione, quindi, che si pone come naturale proseguimento – non ripetizione – di quello dell’anno scorso.

Dopo le due Assemblee sinodali del 1° ottobre e del 12 novembre scorsi, si è svolta un’ulteriore riunione di confronto tra l’équipe sinodale e i coordinatori dei gruppi sinodali (ma in realtà aperta a tutti) la sera del 6 dicembre nella parrocchia di Sant’Agostino. Un momento fondamentale per riflettere sulla formazione dei gruppi che si riuniranno tra gennaio e marzo dell’anno prossimo, fino a Pasqua.

Due gli obiettivi, uno intraecclesiale, l’altro extraecclesiale. Riguardo al primo, erano stati cinque i cantieri individuati, cinque grandi ambiti dai quali partire e nei quali muoversi: Chiesa e mistero, Chiesa e comunione, Chiesa e missione, Chiesa e strutture, Chiesa e ministeri. Per ognuno di essi e partendo dai contributi arrivati dai gruppi sinodali nel 2021-2022, le precedenti Assemblee hanno individuato alcune domande utili per la consultazione nei gruppi a inizio 2023. Per queste, vi rimandiamo al box nella pagina seguente. 

Riguardo al secondo obiettivo («Quali “mondi” ascoltare e come?»), ogni gruppo può valutare nel proprio territorio della parrocchia/Unità Pastorale/Vicariato se ci sono persone e gruppi che possono essere contattati (associazioni, ambienti scolastici o di lavoro, poveri o emarginati…) per parlare della Chiesa. In particolare, come spiegato da don Michele Zecchin nell’incontro del 6 dicembre, «abbiamo deciso di valorizzare il livello dei Vicariati. È importante, quindi, che questi inizino a lavorare su alcune proposte concrete, individuando inizialmente uno, due, tre progetti o incontri aperti al proprio territorio, da iniziare dopo Pasqua».

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 16 dicembre 2022

La Voce di Ferrara-Comacchio

Più vecchi, meno bimbi: a Ferrara e provincia il declino è costante

5 Dic

I dati riferiti al Ferrarese e alla nostra Regione: sempre meno nascite e giovani, sempre più anziani. Più immigrati, ma non sufficienti per riposizionare la “piramide ribaltata”

di Andrea Musacci

La stagione invernale è ormai alle porte. Ma un altro inverno, non ciclico e molto più pericoloso, da molti anni minaccia sempre più il nostro territorio: quello demografico. 

I dati che arrivano dall’Istat ed elaborati o rielaborati a livello regionale e provinciale, sono più che mai allarmanti. Da tempo si parla di “piramide ribaltata”: sono gli anziani a sostenere i giovani, e non viceversa. Ma non si può parlare di emergenza: la tendenza, infatti, è in atto da diversi anni, gli allarmi sono già stati ripetutamente lanciati. È bene, però, ricordarlo, tornarvi a riflettere, analizzando nello specifico i dati e le previsioni più recenti.

In questo ci aiuta il convegno “Lo squilibrio demografico tra denatalità e senilità” svoltosi lo scorso 30 novembre e organizzato dal CDS (Centro Documentazione Studi) Cultura nella sede del CNA Ferrara. 

Dopo l’apertura di Cinzia Bracci (Presidente CDS) e Paola Poggipollini (Direttivo CDS), sono intervenuti Franco Chiarini e Gianluigi Bovini (demografi e statistici), Cecilia Tassinari, Fabjola Kodra (Ricercatrice IRES) e Chiara Sapigni (Responsabile Ufficio Statistica della Provincia di Ferrara).

I diversi dati delineano grosso modo lo stesso quadro d’insieme: la nostra Regione, e in particolare Ferrara e provincia, ha sempre meno giovani e sempre più anziani (gli over 65 hanno superato gli under 25), e un numero buono ma non sufficiente di immigrati.

Nemmeno i migranti possono fare miracoli

Chiarini e Bovini hanno presentato la loro ricerca compiuta a livello regionale su dati Istat. Nel 2020-2022 l’Emilia-Romagna ha visto calare la propria popolazione (pur nelle forti differenze, ad esempio, tra la zona della via Emilia, e quella meridionale della montagna), che prima del 2020 invece era in aumento grazie agli immigrati stranieri. Nel 2020 in Regione vi sono stati 59mila decessi e meno di 30mila nati. Nel 2021 è andata un po’ meglio, ma nel 2022 vi sono 13mila morti in più rispetto al 2015-2019. Per Bovini, questo dipende in particolare dalla crisi climatica, in quanto «si registra un numero alto di decessi fra gli anziani nel periodo estivo». 

Più nel dettaglio, nell’ultimo biennio la nostra provincia ha registrato un calo dell’1,4% di popolazione, e ne è previsto uno ulteriore del 5% fino al 2030. Secondo i dati raccolti dall’Ufficio Statistica della nostra Provincia, e riportati da Chiara Sapigni, da 350mila abitanti nel 2000 nel Ferrarese, oggi (al 1° gennaio 2022) siamo a circa 340mila, quindi vi è stato un calo, ma non così rilevante. Nello specifico, continuano a diminuire i giovani e ad aumentare gli stranieri, anche se nel Ferrarese di quest’ultimi abbiamo la percentuale più bassa (10,4%, dati IRES-CGIL). 

Tornando al livello regionale, per Chiarini e Bovini «siamo già molto in ritardo nell’affrontare questi problemi. E i movimenti migratori riescono a compensare il deficit tra nati e morti solo quando questo è limitato. Quando, invece, è più forte, nemmeno l’immigrazione può risolvere più di tanto». Inoltre, per continuare a essere “attrattivi” nei confronti degli immigrati (sia dall’estero sia da altre regioni d’Italia) bisognerebbe essere in grado di conservare livelli alti per i servizi fondamentali.

Essere giovani nel Ferrarese

Siamo la provincia con meno giovani, e con record non invidiabili. Il focus sulle nuove generazioni lo presenta Fabjola Kodra, giovane ricercatrice IRES-CGIL. 

I giovani nella fascia d’età 15-34 anni nel ferrarese sono il 15,7%, numero più basso della Regione, con la percentuale più alta a Cento, e tra le inferiori a Copparo e Jolanda. Negli ultimi 20 anni Goro ha perso il 12,7% di giovani. Un dato importante è che nella nostra Provincia quasi 1 straniero su 3 è giovane (il 30%).

Venendo all’ambito lavorativo e di studio, anche nel Ferrarese aumentano i lavori più precari, stagionali, rispetto agli over 35; e nello specifico, le donne sono le più precarie in assoluto. Poi ci sono i Neet, quei giovani che non studiano né lavorano: anche fra questi, la maggioranza sono donne. Ultimo, il tema della dispersione scolastica: nonostante il PE.CO. (progetto regionale), i giovanissimi 15-18 anni che abbandonano precocemente gli studi sono l’11,3% a livello regionale, mentre nel Ferrarese sono il 21%, con picco del 30% a Goro.

Previsioni plumbee

È chiaro, quindi, ha riflettuto Bovini, che «questi problemi non vanno affrontati giorno per giorno ma con uno sguardo sul lungo periodo». Le previsioni stesse non possono che essere negative, anche se fino al 2030 la nostra Regione sarà l’unica in Italia insieme al Trentino a conoscere un aumento, pur lieve, della popolazione. Numeri drammatici riguardano, invece, il Meridione.

Oggi nella nostra Regione l’età media è di 85 anni per le donne, 80 per gli uomini, ma la speranza di vita potrebbe aumentare rispettivamente a 86,4 e 82,7. Dall’altra parte, fra 15 anni ci saranno meno giovani 15-29 anni e quindi anche un ricambio lavorativo fortemente deficitario. «È giusto incentivare la natalità – ha proseguito Bovini -, ma in ogni caso le future possibili mamme saranno comunque un numero ridotto. Bisogna – secondo lui – quindi ragionare seriamente sui flussi migratori per avere nuova forza lavoro». Anche qui: l’unico vero aumento dei giovani in futuro sarà dato dalla natalità maggiore, oggi, degli stranieri. 

E poi c’è la sfida della longevità: con l’aumento dell’aspettativa di vita, aumentano gli anziani. Da anni, Ferrara e provincia stanno anticipando ciò che accadrà anche nel resto dell’Emilia-Romagna: nel 2030 l’indice di vecchiaia in tutta Regione sarà ben più alto rispetto a oggi. Le previsioni Istat dicono che dal 2030 al 2070 in Regione 1 persona su 3 avrà più di 64 anni.

Aumenteranno, di conseguenza, anche le persone o coppie anziane sole. Già oggi nella nostra Provincia 1 over 65 su 3 vive da solo, secondo la ricerca di Luca Paganelli (laureando in Scienze Politiche a UniBo) riportata da Cecilia Tassinari. 

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 9 dicembre 2022

La Voce di Ferrara-Comacchio

Sei gioielli rimarranno visibili in Duomo

5 Dic

Fra i capitelli e i fregi medievali scoperti, ecco quali ammireremo in futuro. A Natale 2023 possibile riapertura

di Andrea Musacci

Riguardo al futuro del nostro Duomo, due sono i quesiti che continuano a porre in molti: quando l’edificio riaprirà integralmente; quali delle meraviglie scoperte sotto i pilastri settecenteschi rimarranno visibili. Al primo, si è già data una cauta, ma speranzosa risposta, indicando il Natale 2023 come possibile data di smontaggio dei ponteggi e quindi di “liberazione” totale dell’interno. Al secondo, hanno risposto le ricerche e le riflessioni contenute nel volume “I pilastri medievali della Cattedrale di Ferrara” (ed. Grafiche Turato, Padova), curato dall’architetto Valeria Virgili (con presentazione di don Stefano Zanella) e presentato lo scorso 3 dicembre in Biblioteca Ariostea dalla Ferrariae Decus, promotrice del libro uscito assieme a “La Piazza di Ferrara e gli Statuti Comunali del 1173. Ferrariae Decus Studi – Ricerche n. 35”, curato da Angela Ghinato e Marialucia Menegatti. Entrambi i volumi sono in vendita presso la libreria “Sognalibro” in via Mazzini, 43.

Oltre alle due curatrici e a Michele Pastore, Presidente di Ferrariae Decus, è intervenuta Valeria Virgili, alla quale è stato affidato il progetto architettonico e la Direzione Lavori del Duomo, mentre il progetto strutturale e la Direzione Operativa è a cura degli ingg. Chiara Foresti e Francesco Pirani.

Ecco quali dei gioielli medievali rimarranno visibili

«Le scoperte avvenute durante i lavori ci hanno fornito informazioni molto importanti, permettendoci di conoscere molto meglio sia il Duomo medievale (edificato tra il XII e i lXIV secolo) sia quello settecentesco», ha spiegato Virgili. «Grande merito va all’ing. Giuliano Mezzadri, che, dopo aver studiato come potessero essere i pilastri medievali, ha nutrito forti dubbi sulla reale capacità portante dei pilastri dell’edificio. Abbiamo, innanzitutto, compreso – ha proseguito – come ogni pilastro medievale – in genere di ottima fattura e molto ben conservati, anche con le loro dorature e coloriture rosse, blu, verdi – fosse diverso dagli altri» (a seconda delle maestranze, delle differenti vicende storiche specifiche, dei diversi periodi di costruzione) e «posizionato differentemente, e come nel Settecento tutto ciò che dava “fastidio” al nuovo progetto secondo i canoni classici dell’epoca, venisse eliminato». 

Venendo al presente, e alle previsioni future, di sicuro «il cantiere si concluderà prima delle ricerche su queste colonne: speriamo, e contiamo, di togliere i ponteggi interni entro Natale 2023». I pilastri medievali rimarranno scoperti per continuare lo studio su di essi, ma, come scrive nel volume Giovanni Carbonara, architetto e docente di Restauro alla Sapienza di Roma, «si suggerisce di lasciare significative porzioni di superfici medievali in vista non in corrispondenza di chi entri dalle porte della facciata, dal cui atrio la Cattedrale si deve presentare in tutta l’imponenza “barocca” della sua navata principale, ma di chi guardi come entrando di traverso, oggi, dall’antica Porta dei Mesi». 

Saranno, quindi, sei (su dieci scoperte) le opere medievali che rimarranno visibili. Come spiega Virgili nel libro, nei pilastri A3 e A4 (entrando dall’ingresso principale, il 3° e il 4° sulla destra) verranno lasciati in vista gli archi gotici e le porzioni dei capitelli bassi (testa di leone, e giovane che porta un peso) visibili dal lato meridionale (p.zza Trento e Trieste). In questo modo si ripropone, pur parzialmente, la visuale che poteva avere un fedele che entrava dalla Porta dei Mesi. Nei pilastri A4 e B4 (dall’ingresso principale, il terzo a sinistra) verranno lasciati in vista i capitelli policromi (visibili rispettivamente tra i pilastri A4 e A5, e tra quelli B4 e B5); infine, nel pilastro A4 rimarrà visibile anche la porzione di capitello rivolta verso il presbiterio e raffigurante un uomo adulto che regge un peso. Gli altri capitelli si è ritenuto necessario coprirli con elementi rimovibili (pannelli).

«Alcuni di essi – ha aggiunto Virgili, incalzata dalle domande dei presenti in Ariostea – sono colorati, e anche questo ci fa dire con certezza che il Duomo originariamente era policromo, altri invece sono monocromi, al massimo hanno qualche ombreggiatura».

Le differenze tra la pianta medievale e quella settecentesca

Particolarmente impegnativo è stato e continua ad essere il lavoro finalizzato a comprendere la posizione dell’antica struttura medievale rispetto a quella settecentesca. «Nel ‘700 – ha spiegato ancora Virgili – si sono aggiunte murature, incorporando le colonne medievali e conservandole in gran parte, ma con un debole sistema di connessione delle due diverse compagini murarie, quasi mai ammorsate (“legate”) fra loro». Questo, dava una fragilità strutturale (pur a seconda dei diversi pilastri settecenteschi), ma dall’altra parte «ci ha permesso di scoprire le colonne medievali».

Come spiega Carbonara nel volume, Virgili ha scoperto che «gli interassi dei pilastri moderni e medievali non coincidono perfettamente per cui alcuni pilastri antichi, con i relativi abachi e i sottostanti capitelli, sono risultati più centrati rispetto ai nuovi pilastri e quindi sono stati risparmiati, mentre altri si sono ritrovati in posizione più marginale e sono stati tagliati per adattarli alle nuove geometrie».

Come scrive la stessa Virgili su Rec Magazine del gennaio/febbraio 2021, «le fonti storiche, in particolare quelle della prima metà del Novecento (periodo in cui si rendono necessari urgenti lavori di consolidamento dei pilastri), menzionano spesso l’esistenza dei pilastri medievali, all’interno di quelli attuali». In particolare, in un documento (da una ricerca di Carbonara) si riporta: “…Scrostato l’intonaco sono venute in vista due lunghe fenditure interessanti il rivestimento di muratura fatto al pilone originale nella trasformazione ‘settecentesca…’ ”. «Questa disomogeneità della sezione resistente dei pilastri e la mancanza di collegamento tra la parte medievale e quella settecentesca – prosegue nel testo – costituirebbe la principale causa dei problemi strutturali emersi negli ultimi due secoli, fino a rendere necessari complessi interventi negli anni Trenta. Sui rimanenti pilastri le testimonianze storiche rinvenute sono scarse e assai meno precise».

Ma com’è avvenuto il confronto? 

«Il punto di partenza è stato la sovrapposizione “su carta” dei rilievi geometrici (effettuati con laserscanner3D) – scrive ancora Virgili – alle due principali riproduzioni storiche in pianta e alzato: quella seicentesca dell’Aleotti [1628] e quella settecentesca del Mazzarelli. In entrambe le tavole storiche troviamo pilastri maggiori polilobati alternati a colonne minori a sezione circolare». Ma si notavano anche differenze importanti, come la posizione dei pilastri medievali indicati dal Mazzarelli rispetto al rilievo attuale, mentre i pilastri dell’Aleotti coincidono con il rilievo attuale. Ciò significa, quindi, che durante i rifacimenti settecenteschi non si è mantenuta la maglia strutturale medievale (cioè non si è rispettata la posizione medievale dei pilastri), ma si è realizzato un nuovo impianto, secondo i canoni architettonici “classici” dell’epoca, con una griglia che ricalca quella medievale solo “di massima”. Tutte le altre parti medievali (molte) sono state rimosse. Le asportazioni dell’edificio medievale sono state così violente da rendere spesso necessarie “aggiunte” di muratura o altri accorgimenti per rettificare le superfici. Inoltre, partendo dal presbiterio si nota come man mano che ci si sposta verso l’ingresso, il pilastro medievale sia sempre più sfasato rispetto alla sagoma settecentesca, “esca” cioè sempre più dai pilastri settecenteschi: ad esempio, il pilastro B1 (uno dei due più vicini al presbiterio) ha “potenzialmente” al proprio interno quasi tutto il pilastro medievale, mentre nel pilastro A6 (uno dei due più vicini all’ingresso) il pilastro medievale fuoriesce in buona parte dalla sagoma settecentesca.

Sovrapponendo la pianta dell’Aleotti e quella attuale, secondo Virgili, si possono dunque notare «la soppressione dei pilastri minori in corrispondenza dei transetti e l’allungamento della sezione dei pilastri della navata principale verso le navate laterali, presumibilmente per far fronte ai maggiori carichi verticali e alle spinte orizzontali trasferite dalle cupole e dalle volte. In corrispondenza dei pilastri, si rivela l’ampliamento delle lesene sul lato interno dei muri longitudinali».

Le ricerche continuano, per ridare un volto sempre più definito al Duomo “medievale”.

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 9 dicembre 2022

La Voce di Ferrara-Comacchio

Una grande festa diocesana: Sacra Famiglia, Santuario e 70°

5 Dic

Chiesa stracolma martedì 29 novembre per la doppia festa nella comunità di via Bologna. Don Bezzi: «in questa parrocchia è sempre stata forte la devozione mariana»

Lo scorso 29 novembre era gremita la chiesa della Sacra Famiglia per la Solenne Celebrazione di erezione della stessa a Santuario Arcidiocesano del Cuore Immacolato di Maria. 

Un evento memorabile, atteso da tanti anni, dopo che, solo per un breve periodo (dal ’52 al ’56) era  già stata Santuario. Ma vicissitudini, ormai confinate nella storia, fecero diventare l’edificio su via Bologna chiesa parrocchiale (invece di costruirne un’altra ad hoc nelle vicinanze), e non più Santuario. 

Ora, invece, la grande comunità guidata da don Marco Bezzi ha il “privilegio” di rimanere parrocchia e in più, la stessa Casa, di essere riconosciuta anche come Santuario mariano.

Il dipinto rinato

La cerimonia del 29 ha visto, prima della liturgia, la benedizione da parte dell’Arcivescovo del quadro a olio “Maria col Bambino Gesù e i Santi Margherita, Girolamo e Petronio”, donato a suo tempo dal parrocchiano Ing. Ubaldo Masotti (in chiesa era presente il figlio Luigi con la moglie). 

L’opera, esposta sulla parete sud dell’edificio, è stata restaurata, come quella dell’immagine del Cuore Immacolato di Maria nell’abside, da Natascha Poli, con il contributo degli “Amici dei Musei e Monumenti Ferraresi”. 

Poli, nata e cresciuta proprio nella parrocchia della Sacra Famiglia, ha eseguito i lavori in collaborazione col Laboratorio di restauro di Alberto Mauro Sorpilli. «È stato un lavoro impegnativo e delicato», ci spiega la restauratrice: «era praticamente impossibile distinguere i volti».

Le parole del parroco

Prima della lettura del Decreto di erezione a Santuario, da parte di don Nicola Gottardi (vicario parrocchiale – insieme a don Thiago Camponogara – e vice Cancelliere Arcivescovile), Caterina Villani, parrocchiana, ha portato i saluti della comunità, seguiti da quelli del parroco. 

«Nella nostra parrocchia c’è da sempre un’autentica devozione mariana, quindi la scelta del Santuario non c’entra niente con la nostalgia», ha spiegato don Bezzi. Citando la “Marialis Cultus” di Paolo VI del ‘74 (par. 35) – «La Vergine Maria è stata sempre proposta dalla Chiesa alla imitazione dei fedeli» perché «fu la prima e la più perfetta seguace di Cristo» -, il parroco ha invitato a un maggiore «ascolto della Parola, alla carità, allo spirito di servizio, all’adesione totale alla volontà di Dio, per un mondo dove, in attesa del ritorno del Cristo, possa regnare la pace». 

«Voglio ringraziare questa comunità, nella quale sono cresciuto e dove ho svolto il servizio di chierichetto, catechista, educatore, volontario Unitalsi», ha proseguito. «Qui, ho imparato a pregare e a mettermi al servizio del prossimo e della Chiesa». 

L’omelia del Vescovo

«Era il 29 novembre 1952 – ha detto mons. Gian Carlo Perego nell’omelia ricordando le origini della parrocchia -, «anni in cui era ancora viva la sofferenza della guerra, le distruzioni, e quando la città, profondamente segnata dai bombardamenti, rinasceva. La costruzione, nel 1949, e la consacrazione di questa chiesa erano un segno di questa rinascita. E in 70 anni questa chiesa è stata al centro della vita di una comunità che cresceva lungo l’antica via Bologna, accompagnata dai suoi pastori». 

«I Santuari – ha poi proseguito – sono il segno vivente del cuore di Maria che accompagna la vita della Chiesa», e ora anche in questo Santuario si può «sperimentare la maternità di Maria, il suo amore».

Lo Statuto di erezione

Prima della lettura da parte dell’Arcivescovo (davanti all’immagine sull’abside, insieme ai presenti) dell’Atto di Consacrazione della Diocesi al Cuore Immacolato di Maria, don Gottardi ha letto lo Statuto di erezione del Santuario: «si auspica possa diventare in modo crescente meta di pellegrinaggi per i fedeli dell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio», è scritto. E ancora: «I pellegrini potranno acquistare l’indulgenza parziale, alle consuete condizioni, ogni volta che presso il Santuario parteciperanno con fede e devozione ad una Celebrazione Eucaristica, o reciteranno l’apposita preghiera» [alla Vergine Maria], «scritta e approvata dall’Arcivescovo mons. Gian Carlo Perego». «Presso il Santuario – un’altra importante avvertenza indicata nel testo – devono essere celebrate con cura: la Solennità del Cuore Immacolato di Maria; la processione ogni primo sabato del mese al termine della Santa Messa vespertina; la Santa Messa votiva di Santa Maria in sabato».

Il saluto di mons. Turazzi

Grande calore, come sempre, hanno portato nei presenti le parole finali di mons. Andrea Turazzi, Vescovo di San Marino-Montefeltro, ed ex parroco della Sacra Famiglia (dal 2005 al 2013; tra i sacerdoti era presente anche il suo successore don Mauro Ansaloni): riandando all’ingresso in chiesa (“innevata” dai calcinacci caduti) la mattina del terremoto del 20 maggio 2012, ha ricordato il suo pensiero di allora: «Gesù, come noi anche tu sei terremotato…». «Ho capito, insomma, con ancora maggiore forza, che la Chiesa è il Signore che vive con noi, che il suo tempio siamo noi, la sua comunità di fedeli. Dopo la celebrazione di ogni Sacramento – ha proseguito -, salivamo sulla loggia per ringraziare la Madonna: e questo semplice gesto, ho notato più volte, commuoveva anche tanti atei». 

Ai due Vescovi è stata donata una riproduzione incorniciata dell’immagine stessa.

Mostra nella vicina Cappella Revedin

A seguire taglio del nastro e visita della mostra nella Cappella Revedin. L’esposizione dal titolo “Ti racconto i 70 anni della Sacra Famiglia”, è stata curata, e presentata, da un gruppo di giovanissimi della parrocchia che hanno selezionato una 40ina di foto fra le oltre 200 conservate nell’archivio parrocchiale per essere esposte insieme a un video nel quale scorrono altre immagini prestate per l’occasione da diversi parrocchiani. La mostra è aperta nelle domeniche prima di Natale o su richiesta (parrocchia: tel. 0532 767748 – mail: segreteria@sacrafamiglia.fe.it).

A seguire, rinfresco nella palestra con taglio finale della torta per il 70° della parrocchia.

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 9 dicembre 2022

La Voce di Ferrara-Comacchio

(Foto Pino Cosentino)