Archivio | giugno, 2017

Arriva “Carne italiana”, la nuova mostra di Marcello Darbo

29 Giu
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Marcello Darbo nel suo studio con alcune opere

Una poetica cruda, che lascia poco spazio alla retorica, per un progetto espositivo di forte denuncia. Inaugura domani, venerdì, alle 18.30 la personale del pittore Marcello Darbo dal titolo “Carne italiana”. L’anno scorso l’artista aveva esposto “Rifugi di Umanità” nella Galleria “Il vicolo” di Bondeno, mentre nel 2014 aveva presentato “Vite di frodo” nel suo studio di via Vittoria, 22 a Ferrara. Proprio qui, nell’ex ghetto ebraico, da venerdì espone queste sue nuove opere, corpi umani nudi, abbandonati, inermi dopo anni di crisi, di sacrifici e soprusi subiti. La denuncia è contro i responsabili delle disuguaglianze economiche e sociali che hanno ridotto negli ultimi 20 anni il nostro popolo a vera e propria “carne da macello”. In mostra opere figurative, perché la dura realtà, per l’artista di origini codigoresi, va rappresentata senza infingimenti, e perché la figura umana è per Darbo, da sempre, soggetto privilegiato. «L’artista ha il dovere di raccontare il proprio tempo, dev’esserne la sentinella», ci spiega con passione e amarezza. E come dargli torto, se i risultati sono opere così difficilmente dimenticabili, dalle quali emerge anche il volto di un Cristo deposto.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 29 giugno 2017

«Addio don Dino, eri un grande sacerdote»

28 Giu

Ospital Monacale e San Benedetto ricordano commossi il vice parroco morto per un malore. I funerali saranno celebrati domani alle 18 in Cattedrale a Ferrara

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Don Dino Rossato

L’ultima Messa nella nostra Diocesi don Dino Rossato l’ha celebrata domenica mattina alle 8.30 nella Chiesa di San Benedetto a Ferrara. Nel pomeriggio è partito alla volta di Milano per incontrarsi con un amico sacerdote, col quale, lunedì mattina ha raggiunto Alassio (Sv), sua ultima meta. Nel pomeriggio, infatti, il primo bagno nella località di villeggiatura gli è stato fatale. A nulla è valso il trasporto all’Ospedale di Albenga. Sarebbe dovuto tornare sabato a Ferrara.
Grande e profondo il cordoglio da parte delle due comunità di cui faceva parte, la famiglia salesiana di San Benedetto, e Ospital Monacale, dov’era vice parroco, celebrando la Messa domenicale dal 2013, anno della morte di don Felice Benetti.
Mons. Marco Bezzi, parroco della frazione argentana ricorda come sabato pomeriggio «mi aveva telefonato per dirmi che si sarebbe preso qualche giorno di pausa. Era benvoluto, non è mai mancato, spesso visitava a domicilio anziani e malati».
Chi lo conosceva bene in paese era Franca Mazzanti, catechista e tuttofare in parrocchia: «era un po’ affaticato e sofferente, ma non lo faceva pesare ed era ancora molto attivo», ci spiega. «Fin dal suo arrivo prese a cuore la parrocchia, era pieno di passione ma umile. All’inizio era un po’ disorientato, dato che poche persone frequentavano le attività parrocchiali. Per coinvolgere i giovani, a volte andava anche a parlar loro davanti al bar o al parchetto». Don Rossato cercava di rianimare la vita parrocchiale «con incontri come i pranzi comunitari per la sagra di giugno. Quando non poteva esserci fisicamente, mi chiamava per essere aggiornato, ad esempio, su quante persone, soprattutto bambini, avessero partecipato alla Messa il giorno prima. Era rispettato da tutti, al bar c’era sempre chi gli offriva il caffè».
«Ricordo il suo primo giorno nella nostra parrocchia – ci spiega invece Daniela Mazzanti -, era seduto nel primo bianco in chiesa. Fu un impatto positivo, trasmetteva il bene: abbiamo bisogno di persone così. La domenica precedente mi disse che si sarebbe preso qualche giorno di riposo, mi sembrava sereno».
Vittorio Cacciatori, farmacista del paese, lo ricorda come una «persona gentile e disponibile, pieno di idee, quel che non aveva già fatto, ce l’aveva in programma».
Lo ricordano anche Mauro Mazzanti, Presidente dell’Ospitalese calcio e la parrucchiera del paese Cinzia Gentili, come «una brava persona, pacata e molto dedita ai giovani».
Sentiti anche i ricordi dei salesiani di Ferrara, a partire dal parroco don Luigi Spada, che ci parla di una persona che «ha saputo servire con letizia e semplicità, e sapeva andare d’accordo anche con le persone difficili, riuscendo a valorizzarle. In generale, ha saputo costruire amicizie vere». «Eravamo molto amici, ci aiutavamo», ricorda don Giuseppe Boldetti, mentre don Paolo Salmi sottolinea come «lavorasse ancora sodo, non dimostrava 80 anni», e don Gianalfredo De Ponti gli rivolge un saluto: «continua dal Cielo il tuo servizio d’amore per la nostra comunità».
Anche Mons. Massimo Manservigi, Vicario generale diocesano, ricorda che, «come nel caso dei funerali di Valerio Verri lo scorso aprile [la guardia provinciale vittima di Igor, ndr], faceva tutto nel modo più corretto e preciso, senza mai tirarsi indietro».
Le esequie, presiedute dall’Arcivescovo, saranno celebrate in cattedrale domani, giovedì, alle 18.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 28 giugno 2017

Il Fondo Antonioni vent’anni dopo l’acquisto: «Catalogazione del materiale ormai giunta al termine»

28 Giu

Nell’archivio storico comunale sono custoditi circa 47mila oggetti appartenuti al premio Oscar

Michelangelo-Antonioni-El-artista-de-la-lenteA metà anni Novanta l’amministrazione comunale acquistò da Michelangelo Antonioni e Enrica Fico (la moglie) materiali appartenenti al cineasta ferrarese (sceneggiature, pellicole, foto, riviste, documenti) con un obiettivo: realizzare un museo a lui dedicato. Questi materiali costituirono, e costituiscono tuttora, il cosiddetto Fondo Antonioni. Era 1995, anno in cui al regista venne consegnato l’Oscar alla carriera e in cui uscì Al di là delle nuvole, il suo ultimo lungometraggio.

Il museo inaugurò in quello stesso anno negli spazi di Corso Ercole I d’Este 17, a Ferrara, con una selezione di dipinti del maestro e di alcuni manifesti dei suoi film. L’acquisto venne poi formalizzato nel 1998 con l’arrivo a Ferrara dei restanti materiali documentari e artistici facenti parte del Fondo. Sono circa quarantasettemila i pezzi in esso contenuti, di cui oltre ventisettemila fotografie, sia stampe sia negativi, oltre a opere, oggetti e documenti dall’inizio della carriera fino a metà anni Novanta. I suoi film e documentari, le sceneggiature originali e le fotografie di scena, la biblioteca, la discoteca (con musica dei generi più svariati, dalla classica alla leggera italiana – Bennato e Vanoni, ad esempio – ma anche, tra i tanti, Bob Dylan, Michael Jackson, musica cinese, spagnola, e molti dischi jazz), gli oggetti personali e professionali simboli delle sue passioni (ad esempio, le rassegne stampe sui suoi film, che lui o alcuni suoi collaboratori realizzavano), l’epistolario intrattenuto con alcuni tra i maggiori protagonisti della vita culturale del secolo scorso, da Roland Barthes a Luchino Visconti, da Federico Fellini ad Andrej Tarkovsky e Giorgio Morandi. È tutto lì anzi, è tutto qui: a Ferrara.

Nel 2006 il museo venne chiuso perché lo spazio che lo ospitava non era conforme alle normative che regolano l’apertura al pubblico di luoghi a destinazione museale. È stato quindi elaborato un progetto di messa a norma e di riallestimento; progetto che, per mancanza di risorse, non ebbe seguito. In quello stesso momento si è iniziato a discutere del restauro di Palazzo Massari e dell’opportunità di collocarvi anche il museo Antonioni, assieme agli altri nuclei collezionistici che compongono il patrimonio delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea. Nel 2010 ha preso il via uno studio sistematico dei materiali del fondo che ha trovato sbocco nella mostra Lo sguardo di Michelangelo. Antonioni e le arti, volta a celebrare il centenario della nascita di regista, e nell’impostazione del progetto di inventariazione e catalogazione informatizzata.

La mostra è stata presentata al Palazzo dei Diamanti Ferrara nel 2013, con sei mesi di ritardo rispetto a quanto programmato a causa del terremoto, per poi viaggiare in altre prestigiose sedi europee, il Bozar di Bruxelles, la Cinémathèque Française a Parigi e, infine, l’Eye Filmmuseum di Amsterdam. Nell’ottobre 2013, a causa dell’inagibilità di Palazzo Massari, gran parte del fondo è stato depositato presso l’Archivio Storico Comunale in via Giuoco del Pallone per la catalogazione e consultazione. Si tratta di 139 metri lineari complessivi di scaffalatura. Le pellicole sono conservate presso la Cineteca di Bologna, mentre nel Deposito d’Arte Moderna (Dam), facente parte del complesso di Palazzo Massari, sono rimaste le opere pittoriche del regista (in totale sono 371 dipinti realizzati su carta con varie tecniche, dall’olio alla tempera, dall’acquerello al collage e alla china, e di soggetto prevalentemente astratto), oltre alle locandine originali delle sue pellicole, ai premi e agli oggetti personali. Fatta eccezione per i mesi critici immediatamente successivi al sisma e alla chiusura di Palazzo Massari, il materiale del fondo, anche durante la catalogazione, è sempre stato disponibile alla consultazione, che avviene su appuntamento, inviando la richiesta all’indirizzo: artemoderna@comune.fe.it. Nel dicembre 2014 è poi stato affidato l’intervento di inventariazione archivistica e catalogazione alla cooperativa Le Pagine, che ormai ha concluso, dopo due anni e mezzo, l’arduo e affascinante compito.


La soddisfazione della Pacelli, direttrice delle Gallerie d’arte moderna di Ferrara Dieci anni senza il grande regista: in autunno una serie di iniziative per ricordarlo

«Siamo alle battute finali del progetto di catalogazione del Fondo Antonioni, che verrà portato a termine in concomitanza con il decennale dalla scomparsa del regista (30 luglio, ndr), mentre ci vorranno ancora alcuni anni per concludere la digitalizzazione dei documenti». Dopo sette anni dall’inizio dello studio dei materiali contenuti nel Fondo Antonioni, «Fondo peculiare ed eterogeneo», ora si è prossimi a mettere la parola “fine” alla catalogazione degli oltre quarantasettemila documenti appartenuti al cineasta. Per questo Maria Luisa Pacelli, direttrice delle Gallerie d’arte moderna e contemporanea di Ferrara, ha detto di ritenersi più che soddisfatta.

Quali sono state le tappe principali del progetto?

«Dal 2010 insieme allo studio sui materiali si è proceduto all’individuazione dello strumento catalografico più adatto, individuato nella piattaforma X-dams, fornitaci dall’Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, e usata per i documenti e le foto. La fase successiva ha riguardato un ulteriore approfondimento dei materiali finalizzato alla ricostruzione della storia degli stessi e di come essi fossero stati organizzati in origine dal regista e dai suoi collaboratori. Grazie a una borsa di studio finanziata da Lions Ferrara Host e Lions Ferrara Diamanti, questa ricerca è stata affidata a Francesco Di Chiara, studioso di storia del cinema, che si è potuto avvalere delle testimonianze di Enrica Fico e Carlo di Carlo. Di Chiara ha mappato i tanti appunti sparsi, manoscritti e dattiloscritti, a volte copiati e incollati dallo stesso regista in altri taccuini. Il suo lavoro, durato 11 mesi, è stato molto utile per i catalogatori».

E dopo è iniziato il processo di catalogazione?

«Sì, è stato costruito il bando di gara, vinto dalla cooperativa Le Pagine, in cui si è delineato il progetto di catalogazione, con la schedatura dei singoli pezzi e la loro messa in sicurezza da un punto di vista conservativo. Terminata questa fase, abbiamo formulato un’ipotesi di riordinamento generale virtuale che è stata poi sottoposta all’approvazione della Soprintendenza Archivistica. Ora la catalogazione è praticamente conclusa, stiamo apportando solo lievi modifiche alla struttura generale del catalogo. Una volta inserite queste ultime correzioni alle schede generali dell’inventario, attenderemo l’approvazione della Soprintendenza per poi procedere alla messa online dei materiali sul sito di Ibc».

Quali sono state le difficoltà riscontrate?

«Le principali sono state determinate dalla grande eterogeneità dei materiali: non esistendo modelli archivistici preconfezionati per catalogare oggetti e documenti tanto diversi, ci siamo trovati a dover cucire un abito su misura, fatto che ha comportato un certo grado di sperimentalità. A operazioni concluse possiamo dire che il risultato raggiunto grazie alla messa in campo di una pluralità di competenze, è il punto di forza dell’intero progetto, anche se non è stato sempre facile trovare una visione comune».

Continuerà la digitalizzazione del Fondo?

«Negli anni, per diverse ragioni, una su tutte la mostra itinerante, il Fondo è stato oggetto, seppur non in maniera sistematica, di interventi di digitalizzazione. Abbiamo a disposizione oltre 700 immagini tra documenti, foto, oggetti e oltre 200 delle opere pittoriche. Continueremo, ci vorranno anni per finire la digitalizzazione, ma l’importante è che il lavoro non si interrompa. La vera sfida che ci attende è di rendere consultabile il materiale digitalizzato all’interno del catalogo online dell’Ibc, in modo che sia accessibile a studiosi e appassionati di tutto il mondo».

Per il decennale della morte di Antonioni vi sono eventi in programma?

«Stiamo lavorando ad una iniziativa, probabilmente in autunno, e sono al vaglio diverse possibilità, non appena la proposta sarà definita l’annunceremo».

E che novità ci sono sul museo Antonioni?

«Non sarà ospitato nella precedente sede accanto a Palazzo dei Diamanti, ma integrato nel complesso di Palazzo Massari insieme agli altri nuclei collezionistici e agli altri archivi. I lavori però sono appena iniziati e non è possibile indicare una data di riapertura credibile. Il museo Antonioni dovrebbe essere collocato dove, prima del sisma, si trovavano le collezioni del ’900, quindi al piano terreno e oltre ad alcune sale che ospiteranno l’archivio, sono previste aree con materiale esposto a rotazione, per problemi conservativi che si possono immaginare, e per mantenere vivo il museo dando risalto a più documenti possibile. Sarà un museo diverso da quello chiuso nel 2006: l’idea è di dare conto non solo dell’opera pittorica del regista, ma anche di offrire la possibilità di conoscerne la vita e l’attività, oltre che di studiare i collegamenti tra la sua opera e le arti visive, in particolare l’influenza del suo cinema sull’arte contemporanea».


ENRICO SPINELLI, DIRETTORE DEL SERVIZIO BIBLIOTECHE E ARCHIVI DI FERRARA

Il Servizio biblioteche e archivi (Sba) del Comune da ottobre 2013 ospita, nella sede dell’Archivio storico comunale, buona parte dei materiali del Fondo Antonioni. «Siamo molto contenti di aver dato una mano al progetto in quanto depositari, anche se momentanei», spiega il direttore Enrico Spinelli. La possibilità di ospitare il Fondo «dà ancora più risalto al nostro progetto di valorizzazione della Ferrara del ’900. Tutto ciò ci ha aiutato anche a capire come l’Archivio storico comunale non debba ospitare solo i materiali dell’amministrazione territoriale ma debba esser archivio della città». L’archivio Lanfranco Caretti, quello della Cgil ferrarese, il Saracco Riminaldi, il Giglioli ed il Tumiati Ravenna sono solo alcuni tra quelli conservati in via Giuoco del Pallone. Tanto che Spinelli dice: «Il ’900 ferrarese è tutto qui!».


L’ASSESSORE ALDO MODONESI RIGUARDO AL MUSEO ANTONIONI

«Ad oggi è ancora quasi impossibile prevedere quando potrà avvenire la riapertura di Palazzo Massari, quindi anche del Museo Antonioni – è realistico l’assessore ai lavori pubblici Aldo Modonesi -. Sicuramente ci stiamo muovendo per dare una certa consequenzialità ai lavori: appena si conclude un cantiere, subito ne viene aperto un altro per avviare la fase successiva. La dislocazione del Museo Antonioni al Massari? Il progetto preliminare potrebbe essere confermato in toto, parzialmente o stravolto, non possiamo dirlo. Ma avendo ricevuto il vaglio della Soprintendenza, resta un punto di riferimento».

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 27 giugno 2017

Questi i link dei miei articoli (con alcune immagini di Filippo Rubin) sul sito de la Nuova Ferrara:

 

Da Ferrara a Bondeno un omaggio a Bassani

27 Giu

Proseguono le mostre a Ferrara e provincia.

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Giorgio Bassani

Oggi alle 11 a Casa Ariosto a Ferrara (in via Ludovico Ariosto, 67) inaugura la mostra fotografica “Giorgio Bassani sotto la magnolia”. Si tratta di una mostra in progress a cura di Andrea O. Andrea R., Ines, Jasmine e Niccolò, Rosa, Sabrina, Silvia, Simone e Valentina, tutti stagisti presso l’Associazione Arch’è – Nereo Alfieri guidata da Silvana Onofri. In parete, 15 fotografie della casa Bassani di via Cisterna del Follo, 1, alcune delle quale inedite. Il noto fotografo Paolo Zappaterra le aveva scattato nell’aprile del 1989 quando Franco Giovanelli, l’amico di sempre di Bassani, lo aveva appositamente accompagnato nella casa ormai disabitata. A chiusura della mostra sono state esposte, per concessione di Paola ed Enrico Bassani, anche alcune istantanee di famiglia e altre di amici e giornalisti che Bassani aveva l’abitudine di invitare nella casa di Ferrara quando era ancora abitata dalla madre Dora Minerbi. La casa di Cisterna del Follo, 1 è stata venduta nel 1993 e divisa in appartamenti, ma nel cortile la magnolia di “Le leggi razziali” , la poesia che ne immortala storia e significato, cresce ancora rigogliosa e forte. La mostra è visitabile fino al prossimo 30 settembre da martedì a domenica dalle 10 alle 12.30 e dalle 16 alle 18. All’inaugurazione di oggi interverrà il fotografo Paolo Zappaterra.

 

Tre, invece, le mostre che inaugurano nella città di Bondeno. Sempre a Bassani è dedicata la prima, fotografica documentale, inaugurata ieri in occasione del Local Fest, “Giorgio Bassani si racconta a Bondeno. Tasselli per l’identità locale”, al primo piano della Pinacoteca Civica di Piazza Garibaldi, 9. L’esposizione è visitabile anche oggi e domani, il 30 giugno, oltre all’1,2,7,8,9, 14, 15 e 16 luglio nei seguenti orari: venerdì, sabato e domenica dalle 18 alle 19.30 e dalle 21 alle 23, domenica anche dalle 10 alle 12.
Ieri per il Local Fest ha preso avvio anche l’estemporanea di pittura “Bondeno, la festa” nella Galleria Grandi in via Edmondo De Amicis. Stasera alle 21 avrà luogo la premiazione da parte della giuria organizzativa, e domani dalle 18 le opere verranno esposte per poi essere votate, e premiate, alle 22, secondo il verdetto della giuria popolare.

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Un’opera di Zamboni

Infine, oggi alle 18.30 nella Galleria d’arte “Il vicolo” a Bondeno (in vicolo della Posta, 9), l’Associazione Bondeno Cultura organizza la personale di pittura “La legge della curva” di Alberto Zamboni, artista bolognese che ha realizzato una mostra dedicata al ritorno in serie A della SPAL.

 

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 24 giugno 2017

L’importanza delle Fondazioni nell’eredità di Gramsci

17 Giu
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Antonio Gramsci

«In passato ci siamo avvicinati a passi troppo veloci e non ragionati alla costruzione del Partito Democratico. Alla sua nascita si decise, sbagliando, che il nuovo partito non avrebbe avuto rapporti giuridici col patrimonio immobiliare e culturale del Pci-Pds-Ds. Ciò ha riguardato anche Gramsci». ll senatore del Pd Ugo Sposetti ieri mattina è intervenuto nella sede dell’Istituto di Storia Contemporanea (Isco) di Ferrara per un incontro in occasione dell’80° anniversario della morte di Antonio Gramsci, tra i padri del Partito Comunista Italiano.
La “rottura”che, secondo le sopracitate parole di Sposetti, il Partito Democratico avrebbe attuato con la propria storia, sarebbe stato “mitigato” dalla nascita, in questo primo decennio di vita del Pd, di 62 Fondazioni eredi dell’enorme patrimonio, soprattutto immobiliare, appartenuto al Pci. Nel territorio ferrarese è la Fondazione “L’Approdo”, presieduta da Bracciano Lodi, a svolgere questo compito. «Nessun partito in Italia – ha proseguito Sposetti – ha conservato la propria intera documentazione storica», conservata nella nostra città dall’Archivio Storico PCI Ferrara, coadiuvato dall’Isco locale, e in parte digitalizzato sul sito http://www.storiapciferrarese.it, presentato da Omar Salani Favaro. «Ci vorranno ancora un paio di anni – hanno spiegato sia Lodi sia Anna Quarzi dell’Isco – per mettere in rete sul sito tutto l’archivio del Pci ferrarese».
Un pensiero, quello del comunismo italiano – sono stati concordi gli altri intervenuti, Andrea Baravelli, docente di Storia Contemporanea dell’Università di Ferrara, e Fiorenzo Baratelli dell’Istituto Gramsci – oggi «sterminato culturalmente», e che quindi, a partire da Gramsci, va «ristudiato e diffuso» contro il «chiacchiericcio onnicomprensivo del dibattito politico attuale».

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 17 giugno 2017

Le mostre del fine settimana: Maretti a Bondeno e i colori dell’estate a Palazzo Scroffa

17 Giu
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Una delle opere in mostra a Palazzo Scroffa (opera di Anna Galli)

Due le inaugurazioni artistiche in programma in questo fine settimana nella nostra provincia. Si parte oggi col pittore Rodolfo Maretti che espone a Bondeno, fino al 27 giugno, nei locali della Società operaia di mutuo soccorso. L’esposizione inaugura alle ore 21 con la presentazione di Gianfranco Maretti Tregiardini, il noto favolista-latinista fratello del pittore, con la musica dei Ghostnotes. La mostra osserverà i seguenti orari di apertura: ore 21-24 nei giorni feriali, 10-12 e 17-24 nei festivi.
Rodolfo Maretti, nato nel 1946, mae­stro d’arte, ha studiato all’Accademia delle Belle Arti di Brera; ha al suo attivo un migliaio di quadri, tante gallerie e riconoscimenti. Il suo stile è inconfondibile: le pennella­te sono decise, ma con ac­curati accostamenti cromatici. E’ un elegante pittore di interni e di esterni con, ovunque, fiori, simbolo della bellezza della natura. I temi delle sue opere sono quelli della sua terra e del quotidiano, della natura e della civiltà contadina. Il vero protagonista del quadro di Maretti è il colore: colori sono caldi, pieni di luce e di sole.
Domani, invece, alle 18 a Palazzo Scroffa in via Terranuova, 25 a Ferrara inaugura la collettiva “…Ed è estate! – La Natura e i Colori della Luce”, a cura di Francesca Mariotti. In mostra fino al prossimo 25 giugno, la mostra vede in parete opere dei seguenti artisti: Angelo Fantoni, Claudia Ferrara, Renzo Sbolci, Paolo Pasquinelli, Ludovica Scroffa, Alice Tamburini, Anna Galli, Elisa Macaluso, Marjan Babaie Nasr, Elena Catanese, Elena Monti, Gloria Scavo, Rodolfo Lepre. Per l’occasione, sarà ospite l’antropologa torinese Cristina Balma-Tivola con il suo reading tratto dal libro “Andare altrove”, uscito da poco in libreria.

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La Porta degli Angeli

Infine, si è concluso il progetto Algorithmic che per oltre due mesi ha fatto vivere la Porta degli Angeli. Il progetto, ideato da Andrea Amaducci, ha portato più di trenta artisti, ferraresi e non, nell’antica costruzione rinascimentale, coinvolgendoli in un progetto multidisciplinare. Artisti e conferenzieri, entusiasti del progetto e della location, hanno trovato un pubblico attento, variegato e partecipe. La Porta è stata anche un punto di incontro quotidiano e di riferimento per diverse generazioni di pubblico che hanno potuto scegliere nel ricco programma tra: eventi espositivi con rassegne personali e collettive, dj sets, musica dal vivo, performing art e conferenze. Ricordiamo tra le conferenze quelle di Gianluca Marziani direttore artistico di Palazzo Collicola arti visive di Spoleto, Fabiola Naldi esperta critica e curatrice di arte contemporanea, Marilena Pasquali fondatrice del museo Morandi di Bologna, Virginia Sommadossi addetta all’immagine di Centrale FIES. La Porta ha anche ospitato la compagnia di danza il Collettivo Cinetico che dopo aver presentato la performance site specific “Piegarsi per piangere”, ha festeggiato il primo decennio di attività.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 17 giugno 2017

Un calcio per l’integrazione nella partita in carcere

11 Giu

La squadra dei detenuti dell’Arginone ha sfidato la squadra di Corlo. Attività di reinserimento, soddisfazione per l’iniziativa alla Casa Circondariale di Ferrara

IMG_2102Un’ora di gioco, un’ora d’aria, un’ora di libertà. La partita di calcio a 11 svoltasi ieri mattina nel campo sportivo della Casa Circondariale di Ferrara è stata molto più che una semplice sfida agonistica. Due tempi di mezz’ora ognuno nei quali una compagine di detenuti ha sfidato la squadra amatoriale di Corlo “La Compagnia”, impegnata nel campionato CSI e presieduta da Davide Fratini, presente all’evento.
La partita, iniziata poco dopo le 10, è stata preceduta dal lavoro di una decina di detenuti impegnati a sistemare il campo, concludendo lo sfalcio dell’erba. All’incontro hanno assistito circa 70 carcerati, alcuni volontari impegnati nella struttura, oltre al Direttore Paolo Malato, alla Comandante di Reparto Annalisa Gadaleta e all’Assessore allo Sport Simone Merli. «La partita – ha dichiarato quest’ultimo – rappresenta una delle tante operazioni positive che con regolarità la Casa Circondariale organizza per migliorare la qualità dei detenuti, del personale e di chi viene dall’esterno. Posso, quindi, dire che quello di Ferrara è un carcere qualitativamente elevato». Secondo la Gadaleta, «la partita rappresenta tanto un esempio concreto di integrazione e di solidarietà fra i detenuti, di diverse etnie, quanto un segnale di forte accoglienza rispetto ai componenti della squadra ospite. Intendo ringraziare Fratini per la consueta attenzione al mondo del carcere, e l’Assessore Merli per essere stato presente, oltre che per il suo impegno per altre attività sportive all’interno della nostra Casa Circondariale, come, ad esempio, per la creazione di alcuni campi da pallavolo, per i quali ha donato diverse attrezzature». «Grazie all’Amministrazione Comunale e ai giocatori per la loro sensibilità sui temi dell’integrazione sociale – sono, invece, le parole di Malato –, e per spendersi in attività come questa utili al reinserimento sociale dei detenuti della nostra Casa Circondariale».
La squadra di Corlo per l’occasione ha donato ai detenuti alcuni pacchi di biscotti, oltre a divise da calcio, una dozzina di palloni, e un gagliardetto in ricordo della giornata. I detenuti hanno ricambiato donandogli una piccola imbarcazione in legno da loro realizzata. Per la cronaca, “impietoso” è stato il risultato finale: 6 a 0 a favore dei detenuti, punteggio tennistico specchio di una partita quasi interamente dominata dai padroni di casa.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara l’11 giugno 2017

Gli artisti ferraresi sono protagonisti a Firenze e a Lucca

11 Giu
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I manichini di Gualandi-Mazzoni a Firenze

Un altro fine settimana ricco di mostre attende il nostro terriorio, o vede ferraresi impegnati fuori provincia.
Oggi alle 19 all’Hotel Annunziata di Ferrara (in Piazza Repubblica, 5) inaugura “Entropia”, nuova personale di Rita Mazzini, in parete fino al prossimo 3 settembre. In parete 15 sue opere astratte. Oggi verrà proiettato un video artistico, ideato dall’artista e con la direzione grafica di Dino Marsan. A seguire, critica di Roberta Filippi e presentazione di Matteo Pazzi, Presidente del Gruppo Scrittori Ferraresi.
Oggi alle 16, invece, l’artista ferrarese Tiberio Savonuzzi espone nella sede dell’Associazione “Ideamondo” in via Bassini, 49 a Milano.
La mostra di acquerelli “La Magia delle trasparenze e del colore” sarà inaugurata oggi alle 17 nella sala Nemesio Orsatti, in via Risorgimento, 4 a Pontelagoscuro. Ad esporre saranno Letizia Minotti e Maria Pia Sabbioneda. La mostra rimarrà aperta fino a domenica 25 giugno, da martedì a domenica dalle 10 alle 12 e dalle 16.30 alle 19, lunedì chiuso. L’ingresso è libero.
Domani alle 16, invece, al Mondo Agricolo Ferrarese (MAF) di San Bartolomeo, in via Imperiale, 265 inaugura la mostra fotografica di Giuliana Bertini e Roberto Del Vecchio, in parete fino al 29 giugno, e realizzata con il patrocinio della FIAF. A seguire incontro di studio su “I pittori ferraresi e il paesaggio”, a cura di Corrado Pocaterra, con lo stesso, Gabriele Turola e Lucia Boni.
Fuori provincia, alla Villa “Al Console” a Carignano (Lucca) domani alle 16, in collaborazione con la MLB Maria Livia Brunelli di Ferrara, inaugura la mostra della fotografa Silvia Camporesi e di Ketty Tagliatti, artista e scultrice. La mostra sarà visitabile fino al 30 settembre.
Sempre domani, sempre fuori città viene presentata la mostra fotografica “Piccola geografia della memoria-Taramot” del ferrarese Emiliano Rinaldi, con Villiam Covasso e Sandra Calzolari, in parete fino al 18 giugno nella sala mostre della Società del Mutuo Soccorso Imbriani di Borgo Val di taro (Parma), nell’ambito del 66° Raduno Sezionale degli Alpini.
Infine, “I fiori e i luoghi di Loredana”, quadri di Loredana Grossi, sono esposti presso ‘Il piacere del pane da Luigi’ in Piazza Castello, 2 a Ferrara fino al 30 giugno. Ingresso libero, negli orari di apertura del negozio.

Tre teste di manichino di alcuni collezionisti ferraresi fanno parte della prestigiosa mostra “1927. Il ritorno in Italia” esposta al museo Salvatore Ferragamo di Firenze. Si tratta di alcuni pezzi della corposa e unica collezione dell’illustratore Claudio Gualandi e della moglie Linda Mazzoni, già esposti tra fine 2015 e inizio 2016 nella Palazzina Marfisa di Ferrara per l’esposizione “Il manichino e i suoi paesaggi. Una storia (quasi) metafisica”. Come ci racconta Gualandi, «proprio consultando il catalogo della nostra mostra sui manichini, alcuni mesi fa gli organizzatori hanno deciso di contattarci per chiederci in prestito le tre teste di manichino». Un’ulteriore occasione, per Gualandi e Mazzoni, di portare la bellezza dei loro manichini in una mostra di respiro internazionale com’è quella fiorentina, ospitata a palazzo Spini Feroni presso il ponte Santa Trinita.
Nel 1927 Salvatore Ferragamo fece ritorno in Italia dagli Stati Uniti a bordo del transatlantico “Roma”, dopo 12 anni trascorsi a Santa Barbara in California, dove era diventato famoso guadagnandosi il soprannome di “calzolaio delle stelle” e aver aperto nel 1923 un negozio a Hollywood. In occasione dei 90 anni da quella data, il Museo di Firenze propone dunque questa mostra, visitabile fino al 2 maggio 2018.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 10 giugno 2017

«La sicurezza nasce dall’inclusione»: Perego alla Caritas di Ferrara

11 Giu

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«Bisogna guardare il mondo come si guarda la propria casa, per comunicare una cultura dell’incontro che sappia vincere i tanti pregiudizi». Nonostante abbia fatto il suo ingresso nella nostra Arcidiocesi da meno di una settimana, Mons. Gian Carlo Perego riesce già a conquistare il cuore di non pochi ferraresi. L’ha fatto anche ieri mattina in quella che possiamo dire sia la sua “casa”, la sede della Caritas diocesana, per il suo passato dal ’97 al 2009 (anno della nomina a Direttore della Fondazione Migrantes) nella Caritas, prima cremonese, poi nazionale. In via Bravasola, e nell’annessa Casa Betania, l’antico chiostro del complesso di Santa Maria in Vado, il nuovo Vescovo ha ascoltato i tanti presenti (quasi un centinaio) e visitato la struttura, accolto – è proprio il caso di dirlo – come in famiglia. Fra i presenti, vi erano rappresentanti dell’Ufficio Missionario diocesano, di Viale K, Amici di Kamituga e Città del Ragazzo.
Durante l’incontro nel chiostro con gli operatori, i volontari e i presenti, accompagnato dal Vicario Generale Mons. Massimo Manservigi, dal Direttore Caritas Paolo Falaguasta, dall’Assistente spirituale don Paolo Valenti e dal Responsabile diocesano dell’Ufficio Migrantes, il diacono Roberto Alberti, Mons. Perego ha esordito mettendo innanzitutto in chiaro il cuore della sua missione pastorale: «come in una famiglia, bisogna amare di più, chi più soffre, chi più ha bisogno di essere amato». In concreto, però, « l’amore dev’essere continuamente aggiornato e adattato» ai cambiamenti personali e collettivi. Anche per questo, Caritas e Migrantes «non sono e non possono essere solo uffici, ma luoghi di vicinanza e di relazione». ll “bersaglio” di Mons. Perego è quell’insieme di pregiudizi che impediscono un approccio realistico e umano alle vicende delle persone. «Spesso incontriamo gente con gli occhiali del pregiudizio, mentre un’esperienza autentica ci permette di incontrare le persone nella concretezza della loro storia». Realismo e concretezza sono, dunque, necessari, «altrimenti – ha proseguito Perego – vincono quegli slogan che fanno solo male alle persone e non permettono una continua costruzione della città». A seguire, i presenti hanno rivolto alcune domande all’Arcivescovo, il quale nel rispondere ha affrontato anche il tema spinoso del difficile equilibrio tra accoglienza e sicurezza nelle città: «dobbiamo impedire – ha risposto alla domanda di un’anziana signora residente sola in via Battisti – che anche nella nostra città vi siano sacche di disagio abbandonate a se stesse. La sicurezza nasce anche da un’organizzazione urbana che non lasci fuori nessun luogo».
La mattinata si è conclusa con la visita completa della struttura, gli appartamenti dove sono ospitate 34 persone tra donne e minori, la mensa, la sala pranzo, la sala lavatrici, i due ambulatori e il piccolo “emporio” dove vengono distribuiti vestiario e coperte.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 10 giugno 2017

Perego incontra i carcerati: «vicino a chi è in difficoltà»

7 Giu

La prima visita ufficiale del nuovo Arcivescovo con i detenuti dell’Arginone. «Chi sbaglia ha diritto a un supplemento di protezione, la libertà inizia da dentro»

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Annalisa Gadaleta, Paolo Malato, Mons. Gian Carlo Perego, Mons. Antonio Bentivoglio

«Il carcere è un pezzo di Chiesa, dove come Vescovo ho scelto di entrare subito, perché, come un padre, prima mi occupo dei figli più in difficoltà». È arrivato poco dopo le 10 ieri mattina Mons. Gian Carlo Perego all’interno della Casa Circondariale di Ferrara, per quella che è la sua prima visita dopo l’ingresso ufficiale sabato scorso in Cattedrale. E in un luogo di sofferenza com’è il carcere, è stato accolto da un affetto collettivo quasi inaspettato. Accompagnato dal Vicario Generale Mons. Massimo Manservigi e dal Cerimoniere Emanuela Maria Pirani, nel piazzale della Casa Circondariale gli hanno fatto gli onori di casa il Direttore Paolo Malato, la Comandante di Reparto Annalisa Gadaleta, il cappellano Mons. Antonio Bentivoglio e il suo possibile successore, don Giovanni Polezzo.
“Ero carcerato e siete venuti a trovarmi”: è partito da questo versetto del Vangelo secondo Matteo, Mons. Perego nella sua meditazione tenuta davanti a una settantina di detenuti, i volontari, le educatrici e i catechisti, nella chiesa interna all’Istituto. «La libertà non è solo dalle costrizioni fisiche, dai muri ma è anche una libertà interiore, il primo cammino di libertà bisogna farlo dentro di noi». Da questo passo fondamentale ogni detenuto può recuperare il senso della famiglia e dei legami affettivi, e «mantenere la memoria dei propri errori per costruire un futuro gesto di libertà». Il prosieguo della riflessione ha colpito ancora più nel profondo i presenti: «tante volte fuori da qui la multietnicità è vissuta come un problema, mentre qui spesso diventa motivo di incontro. Per questo, il carcere può essere un esempio positivo per la città, e la Chiesa può trovare in voi persone che insegnano a tutti quei valori che rischiano di essere perduti, come la libertà, la responsabilità e la solidarietà».
Mons. Perego ha poi citato il Cardinal Martini per portare a termine il proprio intervento, mettendo a fuoco quello che a suo dire dev’essere il ruolo della Chiesa nei confronti delle persone detenute: «vi è bisogno di un accompagnamento speciale nel cammino di libertà, perché chi sbaglia ha bisogno di un supplemento di protezione». A seguire, alcuni detenuti, italiani e non, hanno rivolto domande a Mons. Perego riguardanti alcuni temi della fede. La visita si è conclusa nella sala teatrale del carcere dove alcuni volontari insieme al cappellano hanno organizzato un pranzo condiviso tra i detenuti e il Vescovo. Su una parete, i “fratelli ristretti” hanno appeso un cartellone con una foto di Perego e la scritta “Benvenuto!”. Alcuni carcerati hanno preparato i piatti e servito a tavola, e, sia all’inizio dell’incontro in chiesa, sia prima del pranzo, hanno eseguito alcune canzoni.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 07 giugno 2017