– Qui il video della visita al Museo –
A Ferrara l’ottanta per cento del patrimonio non è ancora accessibile al pubblico. La direttrice Desantis: «più eventi per farci conoscere anche fuori dalle mura»
Un vero e proprio museo nel museo, un deposito sterminato di reperti inventariati e conservati nei sotterranei e nel sottotetto del Museo Archeologico Nazionale, ospitato a Palazzo Costabili, detto di Ludovico il Moro, in via XX settembre a Ferrara. È una vera e propria avventura quella concessa dalla Direttrice Paola Desantis in esclusiva a la Nuova Ferrara, la possibilità di ammirare quei pezzi non esposti al pubblico, circa l’80% del patrimonio totale, un immenso museo nascosto, quasi 80.000 reperti tra vasi, anfore, oggetti di ogni tipo e ossa umane. È la stessa Desantis a usare una metafora calzante: «i depositi, non aperti al pubblico, sono come la cucina di un ristorante. Il cliente vede solo il piatto finito, non tutto il lavoro complesso che c’è dietro».
Il nostro viaggio nei luoghi segreti del Palazzo prende avvio dall’enorme sottotetto, diviso in diversi ambienti più o meno facilmente accessibili, e nei quali sono conservati gli oggetti rinvenuti nelle necropoli di Spina. Sono più di 4.000 le tombe scoperte nei due siti di Valle Trebba e Valle Pega fin dal 1922: solo i reperti appartenenti a poco più di 200 sepolcri sono esposti nelle sedici sale al piano nobile. I pezzi non esposti, conservati in armadi compattabili, sono inventariati seguendo innanzitutto una divisione per dossi (ad esempio, Valle Pega ne ha cinque), e quindi ulteriormente suddivisi per numero di tomba. Qui si possono ammirare vasi – funerari, cinerari e di altro tipo –, balsamari e anfore vinarie provenienti dall’isola di Chio. Autentici capolavori, quindi, come i vasi di ceramica a figure rosse su sfondo nero. Inoltre, negli armadi vi sono anche alcune aree speciali: le sezioni “sequestri”, pezzi confiscati ai cosiddetti tombaroli, i cui furti sono documentati fin dal ’22, e, seppur in misura minore, ancora oggi. Vi sono poi le sezioni degli “erratici” – materiali ritrovati nelle necropoli, ma non riconducibili a queste – e le sezioni “crateri”.
Nei sotterranei, invece, oltre a parti del settecentesco organo dell’adiacente ex chiesa di Sant’Apollonia, in fase di restauro, vi sono numerosi reperti provenienti da varie zone di Ferrara (ad esempio, da corso Giovecca, piazza Repubblica, via Boccacanale di Santo Stefano), oltre che da Cento, Pilastri, Argenta, Ariano Ferrarese, Comacchio (Bocca delle Menate), e dall’abitato di Spina. Infine, un accenno ai laboratori, dove è stata restaurata la maggior parte dei reperti e anche buona parte del migliaio di pezzi che, a partire dalla prossima primavera, verranno ospitati nel Museo Delta Antico dell’ex Ospedale degli Infermi a Comacchio. Nel nuovo Museo andrà, in prestito per un anno, anche un grande vaso, alto 91 cm., ritrovato a Valle Pega, ancora in fase di studio. Lo stesso verrà esposto anche nel Museo ferrarese a partire dal prossimo ferragosto.
Per concludere, la Desantis ci spiega come nei tre anni che le spettano alla guida del Museo intenda «continuare l’egregio lavoro di valorizzazione del patrimonio iniziato da chi mi ha preceduta, prima Fede Berti, poi Caterina Cornelio. Dobbiamo fare più eventi e maggiore pubblicità al museo, per attirare soprattutto più persone da fuori Ferrara». Al netto dei problemi di personale (servirebbero più tecnici e amministrativi), le idee non mancano: tra queste, una rivalorizzazione della biblioteca, i lavori sul labirinto e sul giardino, la possibilità di assegnare i loggiati per feste di matrimoni, alcune sale in appalto per servizi di caffetteria e ristorazione, la rivalorizzazione di alcuni ambienti a scopo didattico e la pulizia del cortiletto interno.
LA SEDE
Il cinquecentesco palazzo – tradizionalmente attribuito a Ludovico Sforza detto “il Moro”, ma che in realtà appartenne al suo segretario Antonio Costabili – fu ideato da Biagio Rossetti. In questa sede il Museo Archeologico Nazionale fu inaugurato, col nome di “Regio Museo di Spina”, il 20 ottobre 1935. Risale al 1922 l’eccezionale scoperta della necropoli di Valle Trebba e al 1924 l’istituzione della Soprintendenza alle Antichità dell’Emilia e della Romagna. Fu il primo soprintendente, Salvatore Aurigemma, ad impegnarsi per far nascere un Museo che accogliesse i numerosi ritrovamenti. Il Museo, riallestito nel 1970, fu chiuso alla fine degli anni ‘80 per una completa ristrutturazione del palazzo, e riaprì al pubblico nel 1997 con sei nuove sale, mentre nel 2007 sono stati inaugurati, sempre al piano nobile, altri otto ambienti.
Al piano terra del Palazzo, oltre all’abitato di Spina, si trova la Sala del Tesoro, decorata da Benvenuto Tisi, la Sala degli Stucchi (proprio in questi giorni ripulita), la Sala dei Profeti e delle Sibille, la Sala con le storie di Giuseppe e la Sala Piroghe. Al piano nobile, invece, sono conservati reperti della necropoli di Spina: quindici le sale, tra cui la suggestiva Sala degli Ori, oltre alla Sala delle Carte Geografiche, dipinta nel 1935, una sala studio, un’area didattica ed espositiva, e una cappella, piccolo gioiello cinquecentesco.
Andrea Musacci
Pubblicati su la Nuova Ferrara il 16 luglio 2016
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