«Nostra figlia non è una Sindrome, noi vediamo lei»

8 Feb

Giornata per la Vita. A Ferrara il convegno sulla Sindrome di Down: testimonianze e voci dalla ricerca

«Nostra figlia non è una Sindrome, noi vediamo lei». È questa la frase che meglio sintetizza l’emozionante pomeriggio di racconti e testimonianze che gli oltre 100 partecipanti hanno potuto vivere lo scorso 3 febbraio. L’occasione era l’annuale Convegno organizzato dal SAV – Servizio di Accoglienza alla Vita di Ferrara in occasione della Giornata per la Vita. Quest’anno il nostro SAV ha scelto di narrare le vite delle persone con Sindrome di Down (Trisomia 21), un disturbo cromosomico dovuto alla presenza di un cromosoma 21 supplementare che causa deficit intellettivo e anomalie fisiche.

IL VESCOVO: «LA VITA ACCOLTA DIVENTA RISORSA»

Dopo i saluti dell’Assessora Cristina Coletti del Comune di Ferrara (che ha dato il patrocinio all’iniziativa) e di Alessandra Cescati Mazzanti (Presidente SAV), è intervenuto il nostro Arcivescovo: «la Giornata per la Vita non è una giornata confessionale ma dell’intero popolo della vita», ha detto. «La vita ci sorprende sempre, anche quando è fragile, affaticata, segnata. Si stima che in Italia siano circa 50mila le persone con Sindrome di Down: sono persone vive, che non sono state rifiutate, cioè abortite. Questo Convegno è un momento di verità, per contrastare le falsità», ha aggiunto mons.Gian Carlo Perego. «IlSAV e i CAV ogni giorno ci fanno comprendere cosa significa difendere la vita». «La vita delle persone in alcune stagioni o momenti – l’anziano, il migrante, il malato, il bambino indesiderato, il diversamente abile – è particolarmente faticosa, perché “negata”, cioè non considerata o sfruttata o dimenticata, priva di attenzioni e cure»,  ha detto invece nell’omelia della S.Messa presieduta domenica 4 nella Basilica di San Francesco. «Di fronte a queste fatiche che generano la negazione del valore della vita riconosciamo, però, come nonostante tutto la forza della vita, che viene accolta, che cresce, che si realizza, diventa una risorsa per la comunità, costruisce la comunità».

LEJEUNE E RASTELLI

Chiara Mantovani del SAV che ha moderato gli interventi e guidato l’intero Convegno, è quindi intervenuta per accennare all’impegno nella lotta alla Trisomia 21 di due figure fondamentali. Il primo, Jérôme Lejeune (1926-1994), padre nobile della genetica come disciplina autonoma, nel trentennale della sua morte, «sapeva riconoscere la realtà, non voleva crearla». Un approccio che fa la differenza. «Ogni persona umana in qualsiasi momento della sua vita è una persona», diceva Lejeune: «quando questo semplice principio non viene applicato, accadono situazioni negative», ha commentato Mantovani. Nel ’58 è proprio Lejeune a scoprire la Trisomia 21, iniziando quindi a cercare la cura per la Sindrome di Down. Ma gli onori e gli applausi saranno destinati a scemare: nel 1969 a San Francisco, infatti, tiene un importante discorso all’Assemblea dell’ONU mentre accetta uno dei più prestigiosi riconoscimenti per un genetista, il Premio William Allan. Lejeune non perde l’occasione per difendere la vita, condannando anche l’aborto, ricevendo quindi molte critiche. Quel giorno stesso scrive alla moglie: «Oggi ho perso il Premio Nobel per la medicina».

«Non spetta alla scienza decidere della dignità della persona», ha aggiunto Mantovani, la quale ha ricordato come spesso Lejeune invitasse a pranzo a casa propria (e della moglie Birthe  anche il card.Carlo Caffarra. «Grazie a te, sono fiero di me» disse un giovane con Sindrome di Down, Bruno, alle esequie di Lejeune. Una sintesi perfetta di una vita dedicata a queste persone e ai loro familiari.

Il secondo modello proposto è il cardiochirurgo Gian Carlo Rastelli (1933-1970), ideatore di due tecniche chirurgiche (Rastelli e Rastelli 2) ancor oggi insuperate nel correggere malformazioni cardiache pediatriche, comprese quelle che talvolta sono presenti nei bimbi Down. «In ogni ammalato vedeva l’impronta di Dio», ha detto Mantovani. Rastelli, che lavorò nella nota Clinica Mayo nel Minnesota, amava dire: «La prima carità al malato è la scienza», dimostrando così «un grande realismo, una grande concretezza, unita a una grande fede in Dio». Lo scorso ottobre è ripartito il processo per la sua Causa di Beatificazione.

LA RICERCA OGGI

Chiara Locatelli è Responsabile dell’Ambulatorio Pediatrico per la salute del piccolo paziente con Trisomia 21 al Policlinico Sant’Orsola di Bologna e fa parte del CEPS – Centro Emiliano Problemi Sociali per la Trisomia 21. Locatelli fa parte anche dell’équipe del prof. Pierluigi Strippoli che, assieme alla dott.ssa Lorenza Vitale dell’Università di Bologna, hanno lanciato “Genoma 21”, innovativo progetto di ricerca sulla Trisomia 21. «Importante nella nostra ricerca – ha detto in Sala Estense -, non è solo il tempo passato in laboratorio ma quello trascorso in ambulatorio a contatto con i pazienti affetti da Sindrome di Down». Inoltre, ha raccontato, «nella mia esperienza, lavorando anche nell’Unità di Neonatologia del Sant’Orsola, ho a che fare anche con donne in gravidanza che portano in grembo un bambino con Trisomia 21». Diverse sono le pubblicazioni su riviste scientifiche realizzate dall’équipe di Strippoli, che sta lavorando a una nuova sperimentazione clinica.

Ma le ragazze e i ragazzi conSindrome di Down si sono “presi il palco”, essendo loro i protagonisti dell’iniziativa: un intermezzo musicale è stato proposto da Francesca, che al clarinetto ha eseguito il Capriccio italiano di Cajkovskij,e Alessio che alla tastiera ha eseguito un brano della colonna sonora del film “Titanic”.

TESTIMONIANZE DI VITA 

Spazio poi alle testimonianze. La prima l’hanno portata Chella Vavalle Padovani e il marito Marcello, la cui quarta e ultima figli, Maria Claudia, 11 anni, è nata con la Sindrome di Down. «Quando, in gravidanza, lo abbiamo scoperto, non ci è mancata la salda certezza di accogliere questa vita, anche se dopo paura, smarrimento e preghiera sono stati il nostro pane quotidiano. Ma ci siamo detti: un essere così piccolo e miracoloso non poteva farci paura. E una nostra amica suora ci disse: “è perfetta e meravigliosa così com’è”. Ora sappiamo che si può essere molto felici con una figlia con Sindrome di Down. Maria Claudia non è una Sindrome, noi vediamo lei», hanno aggiunto. «È arrivata per tutti noi come un dono, nonostante le paure e le incertezze rimangano. In famiglia fa uscire il meglio di noi, crea amore attorno a sé. Grazie a lei, il Signore ci ha cambiato la vita».

Maddalena Anzaghi Esposto è invece la fondatrice dell’Associazione “7 x Te 21” diGorgonzola (MI):«Tabata è la mia  quarta figlia, i primi tre li ho persi, e dopo di lei ne ho persi altri due. Da ultimo, è nato Taddeo. La nostra associazione vuol far conoscere la quotidianità di queste persone». Antonella Misuraca, dell’Associazione G.R.D. (Genitori Ragazzi Down) di Bologna è invece madre di quattro figli.«Ci guida la fiducia e la sicurezza che stiamo costruendo un futuro positivo e felice per i nostri figli». Ma il pensiero non è rivolto solo al “dopo di noi”, anche al “durante noi”: fra le attività dell’associazione (da poco nata anche a Ferrara grazie alla coppia Chella-Marcello), vi sono incontri periodici con i genitori per supportarli e condividere i nostri rispettivi sentimenti e, dall’età di 11 anni, ai ragazzi viene proposto un percorso affettivo-relazionale e un percorso verso l’autonomia abitativa (per circa 60 ragazzi): vengono, quindi, abituati a fare la spesa, a cucinare e mangiare assieme, a fare le pulizie. Inoltre, fanno corsi di fotografia, teatro, danza e seguono progetti di inserimento lavorativo.

Il pomeriggio si è concluso proprio con l’esibizione “Diamoci da fare!” del Gruppo di teatro dell’Associazione “G.R.D.” guidati dal maestro Filippo Plancher. Un commovente e divertente momento per ricordarci il rispetto e la pace in un mondo dominato da guerra e arroganza. Un altro bell’insegnamento datoci da questi ragazzi e da queste ragazze.

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce” del 9 febbraio 2024

La Voce di Ferrara-Comacchio

Lascia un commento