Essere Chiesa nella carne e in profonda comunione

16 Ott


Madre Noemi Scarpa, la testimonianza alla S. Famiglia: «annunciamo a tutti la salvezza del Signore»

Nel mese dedicato alle missioni, la parrocchia della Sacra Famiglia di Ferrara fa una scelta solo apparentemente controcorrente, invitando per un doppio incontro Madre Noemi Scarpa, 45enne Abbadessa del Monastero delle Benedettine di S.Anna a Bastia Umbra (PG).  L’11 ottobre la religiosa ha incontrato gli adulti (prima di cena) e poi i giovani dopo cena (foto).

Ora et labora, adagio antico che si crede appartenente a un passato lontano: «proprio stamattina raccoglievo le olive nel nostro orto e ora, eccomi qui in mezzo a voi», ha detto M.Scarpa all’incontro con gli adulti. La sua è una vera e propria missione: portare il Signore – missione di ogni cristiano – tanto nella preghiera quanto nella semplicità del lavoro quotidiano.Ora et labora, appunto. E, nel suo caso specifico, anche girando l’Italia per spiegare a giovani e a meno giovani la bellezza di vivere nella propria carne il Vangelo.Che significa amare e perdonare, a partire dal proprio familiare, dal conoscente o parrocchiano che ci ha offesi. «Io stessa – ha raccontato – alcuni giorni fa ero “tentata” da non fare gli auguri di buon compleanno a una persona che mi aveva seriamente offesa e trattata male.Poi glieli ho fatti e tutto è cambiato». Sì, perché la nostra diversità – che è la bellezza e l’immensa grandiosità del Signore  -è di amare i nostri nemici, chi porta il male nelle nostre vite.

DAL DESERTO ALLA CHIAMATA

Sveglia alle 5, tre ore di preghiera, lavoro, pranzo, ancora preghiera e condivisione: questa la giornata tipo di Madre Scarpa e delle sue consorelle. Lei in monastero ci vive da 26 anni, e da 10 è Abbadessa. Originaria dell’isola di Murano (Venezia), è nata e cresciuta in una famiglia «molto cattolica», seconda di sette figli. «Ero una ragazzina vivace e da piccola volevo fare…la santa. Con la Bibbia donatami per la Prima Comunione, volevo andare nel “deserto” – l'”abbandonato” di Murano, dietro il cimitero – e vivere lì». Ma a 18 anni il richiamo del mondo diventa più forte: Noemi smette di andare a Messa, continua a giocare a basket. E d’estate gira le capitali europee con una cugina. A metà del viaggio, però, l’Imprevisto che sconvolge la sua vita: «vengo a sapere della morte di Madre Teresa di Calcutta. Mi chiedo: come questa donna così piccola è riuscita a donare la sua vita e a essere più felice di me? Allora prego Santa Teresina e sento forte dentro la chiamata del Signore ad abbracciare la vita religiosa.Sempre sarò grata a Lui per tutti i doni che mi ha fatto, nonostante le fatiche che non mancano».

DALL’ARCIPELAGO ALLA COMUNITÀ VIVA DI CRISTO

Questa la testimonianza personale, importante per ricordarci come Dio ci chiami per nome, dentro le nostre vite, in modo inatteso. Ma ogni vocazione non è nulla senza la comunione coi fratelli e le sorelle in Cristo: «siamo chiamati a essere Corpo di Cristo, cioè Chiesa». Essere Chiesa «non coincide con l’andare in chiesa ma col sentirsi un unico Corpo. La Chiesa non è un arcipelago ma una comunità fondata sull’amore, nella quale ognuno cerca di essere cristiano e non di “fare” il cristiano». Solo l’amore, quindi, ci fa essere veri testimoni del Signore: «innanzitutto, a partire dalle nostre comunità ecclesiali, è importante sospendere il giudizio sugli altri».Giudizio che «spetta solo a Dio». Parallelamente, non ci è chiesto di essere indifferenti ma di andare verso chi è solo, malato, povero, infelice. Verso chi ha scelto di non far più parte della Chiesa. «Queste persone non deve conoscerle solo il parroco, ma ogni parrocchiano». “Dov’è tuo fratello?” Questa domanda dobbiamo continuamente sentircela rivolta. «Siamo tutti custodi l’uno dell’altro», ha proseguito Madre Scarpa. Questo significa essere cristiani: «dopo la Messa, portare fuori, a tutti, quello che assieme abbiamo celebrato». Andando a cercare il dolore, per alleviarlo, e «portando la gioia di essere cristiani, essendo in questo senso contagiosi.La salvezza, la vita eterna è il bene più grande che possiamo ricevere».Eche possiamo annunciare al mondo.

Andrea Musacci 

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 18 ottobre 2024

Abbònati qui!

Lascia un commento