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Rigenerazione urbana sì, ma contro le opposte retoriche

5 Mar

Il libro di Romeo Farinella “Le fragole di Londra”

di Andrea Musacci

Né retorica sviluppista né retorica della città smart, ma seri progetti per riappropriarsi in modo democratico delle proprie città, quindi delle proprie vite.

È stato un pomeriggio di importanti riflessioni quello svoltosi lo scorso 25 febbraio nell’Oratorio San Crispino al secondo piano della libreria Libraccio diFerrara.L’occasione, la presentazione del libro dell’architetto-urbanista Romeo Farinella, “Le fragole di Londra”, con gli interventi del sociologo di UniFe Alfredo Alietti e dell’ex Ministro Patrizio Bianchi (titolare Cattedra Unesco UniFe), e l’introduzione di Diego Carrara (Direttore ACER Ferrara).

UNA CITTÀ, DUE MONDI

«La tendenza che non si arresta – ha detto Farinella – è quella di un mondo sempre più urbanizzato, con una popolazione sempre più concentrata in grandi agglomerati urbani». Già dalla rivoluzione industriale, le grandi città andavano strutturandosi in quartieri poveri dove vivevano quei lavoratori «che producevano la ricchezza per i ricchi» residenti in altre zone della città. È in questo contesto che nasce l’urbanistica, con l’obiettivo di «curare questo modello malato di città». Emblema di ciò erano le workhouse, gli “ospizi dei poveri” nati in Inghilterra già nel XVII secolo e impostati sul modello del panopticon, nelle quali, ad esempio i figli vivevano separati dai genitori. Una visione paternalistico-repressiva frutto della nascente mentalità capitalistico-borghese che vedrà come naturale «l’arricchimento di una classe a spese dell’altra, salvo poi – grazie a vaghi “doveri morali” – poter aiutare le classi meno abbienti attraverso la filantropia». Ma «la lotta strutturale alle disuguaglianze» è ben altro, ha aggiunto Farinella. Come già in nuce vi era la questione ambientale con «l’uso massiccio del carbone».

Oggi, dunque, prosegue questa «migrazione di massa» dalle aree rurali alle città, dove nascono inevitabilmente sempre più “quartieri informali” (ad es. le favelas), che «vanno governate» ma sono comunque «luoghi di vita, vivaci, creatori di socialità».

«La soluzione a ciò – ha però specificato con forza il relatore – non sono ipotesi astratte di rigenerazione urbana, progetti eco-tecnologici, di città smart (anche in Africa ne stanno costruendo una 20ina), tipiche di chi vive nel benessere» e non conosce la realtà di queste masse di persone.Retoriche, queste, concepite su una «forte privatizzazione di spazi pubblici, progetti selettivi pensati per i ricchi». Esempi di ciò sono New Cairo in Egitto, The Line in Arabia Saudita, Dubai negli Emirati Arabi Uniti.

TUTTI SULLA STESSA BARCA?

Un’altra retorica l’ha intesa smontare Alietti: queste e altre «dinamiche critiche» che colpiscono le metropoli – ha riflettuto il docente -, «colpiscono allo stesso modo le piccole e medie città».Ne è riprova il fatto che la tremenda crisi economica del 2008 nacque da «una bolla immobiliare riguardante ogni tipo di città». Allo stesso modo, «le conseguenze della crisi climatica colpiscono indistintamente le une e le altre».

Per questo motivo, «il progetto “città di 15 minuti”» (divenuto famoso grazie all’ex Sindaca di Parigi Anne Hidalgo), nella quale tutto dovrebbe essere raggiungibile a piedi o in bicicletta, è sì interessante ma cozza con la vita reale di molte persone «costrette a spostarsi per il lavoro o i figli».Ciò che serve è «una seria riappropriazione democratica della città, contro queste retoriche pseudoprogressiste e contro l’opposte retorica della crescita smisurata».

IL SENSO DELLA CITTÀ

Dalla doppia critica a questa retorica dello sviluppo e a quella della sostenibilità («mera pezza per non domandarsi come si è arrivati a questo punto») ha preso le mosse Bianchi nel proprio intervento, ricordando come uno degli uomini più potenti del mondo sia «l’immobiliarista» Trump, incarnazione del modello delal gentrificazione (di cui il video realizzato con l’IA – e divenuto virale – su “Trump GazaCity” è solo l’ultima, delirante espressione).

«Dobbiamo – ha ribadito Bianchi – riappropriarci della città, che significa anche ritrovare il senso di ciò che è città, quindi riappropriarsi della propria vita e della propria comunità».

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 7 marzo 2025

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