
La lezione di don Dionisio Candido per la Scuola di teologia: lo sperare per l’Antico Testamento
La Scuola diocesana di teologia per laici ha visto lo scorso 27 marzo don Dionisio (Nisi) Candido, docente all’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Metodio” di Siracusa, intervenire su “Annunciare la speranza attraverso l’Antico Testamento” (AT).
Il tema della speranza è molto presente in AT e sono diversi i temi che la declinano. La speranza è innanzitutto «legata alla fede, alla fiducia in Dio», quindi «alle dinamiche della vita».La speranza è poi legata «alle promesse di Dio»: quella dell’AT è una «spiritualità della parola. Dio si è sempre comportato nei confronti di Israele in modo da costruire un futuro di speranza». Proseguendo, la speranza è legata al «ricominciare»: è una «promessa di rincominciare», quello di AT è «un Dio che riparte». È una «speranza di restaurazione» ed è la speranza «del ritorno a casa, che l’esilio non è definitivo, che nessuno può rischiare per sempre, che il debito, la pena non può essere eterna». L’AT, quindi, per don Candido «non aveva l’idea di un Dio punitivo, ma di un Dio paterno».
Inoltre, la speranza nell’AT è «messianica», quindi è «sinonimo di gioia». Gioia di sapere che «possiamo entrare in una comunione sempre più piena con Dio, in un’intimità con Lui che è sempre più segno di felicità».
E come c’è una speranza di restaurazione, c’è «la speranza di una gioia dopo la sofferenza, perché Dio agisce anche attraversando la sofferenza, i dubbi, le difficoltà»: è una «speranza escatologica, che non ci fa accontentare del contingente, ma ci chiede di avere uno sguardo divino»,Ci chiede di «non limitare il nostro orizzonte, ma di avere orizzonti lunghi»: la speranza è «proiettata lontana», quella dell’AT «non è una speranza intramondana ma che guarda al di là della vita (si pensi ad esempio al libro della Sapienza)»: passando attraverso la misericordia di Dio, «si prospetta una vita futura perché Dio è misericordioso e quindi potrà ricompensare i suoi figli nell’eternità. Israele aveva già quindi – per don Candido – intuito che la speranza non può essere la speranza di cose terrene».
Anche nell’AT, quindi, la speranza «ha un fondamento teologico, non avrebbe senso se si fondasse solo sull’uomo». Una speranza, quindi, «sinonimo di gioia, di felicità, una gioia comunitaria, qualcosa che ci permette di andare oltre noi stessi: questo dovremmo trasmetterlo soprattutto ai giovani. Noi cristiani dovremmo essere in ogni momento portatori di speranza».
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 4 aprile 2025
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