
Federico Manzi (UniCatt) è intervenuto alla Scuola diocesana di teologia su linguaggio umano e non
Lo scorso 23 ottobre a Casa Cini si è tenuta la terza lezione del nuovo anno pastorale della Scuola diocesana di teologia per laici. Federico Manzi ha relazionato su “Linguaggio e linguaggi (Gen 11,1)”. Manzi è Ricercatore in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione alla Cattolica di Milano e Co-direttore dell’Unità di Ricerca in Psicologia e Robotica nel Ciclo di Vita.
«Agenti conversazionali come Chat GPT – ha riflettuto – sono sempre più utilizzati: a volte le risposte di queste “macchine” ci sembrano simil umane, ma è un’illusione, queste macchine non possono davvero comprendere ciò che abbiamo loro domandato». Non di rado la macchina «ci dà la risposta giusta ma essa è già stata addestrata attraverso i dati che contiene, già raccolti. Quindi in realtà non può davvero comprendere cosa c’è dietro la domanda che le poniamo».
Allora – si è chiesto il relatore – perché dovremmo fidarci di questi strumenti? In base a che cosa dovremmo riporre fiducia in essi? Innanzitutto, «la familiarità con questi strumenti può evitarci un approccio catastrofistico, pur conservando il senso critico nei loro confronti».
Manzi ha poi brevemente illustrato gli sviluppi della robotica nella storia, nella tecnica e nell’arte: sono diversi i tipi di robot, sempre più sofisticati e antropomorfizzati, fino ad arrivare agli androidi, ideati dall’uomo. A dominare è stato, nella storia, perlopiù, «una visione distopica, negativa». Ma il nostro approccio è mutato all’incirca intorno all’anno 2010».
Oggi strumenti come Chat GPT pur potenti «sono incapaci di entrare nella complessità dell’umano e delle relazioni umane: l’umano è estremamente imprevedibile e complicato nelle sue capacità relazionali, speculative e comunicative».
Riguardo all’utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle scuole e nell’ambito educativo, Manzi ha poi spiegato come innanzitutto «bisognerebbe coinvolgere gli insegnanti in eventuali scelte di questo tipo, ragionando con loro su come si trasformerebbe il ruolo dell’educatore». Poi vi è l’ambito dell’applicazione della robotica per gli anziani, che può essere utile «per la loro riabilitazione sociale e cognitiva».
Insomma, il rapporto tra l’uomo e robot e tra uomo e intelligenza artificiale «deve mettere al centro l’umano. per fare ciò, vi è la necessità di una formazione profonda al riguardo, anche se siamo ben lontani dal dominio dei robot e dell’intelligenza artificiale».
Andrea Musacci
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 31 ottobre 2025
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