
Giornata di Ateneo per la Cooperazione internazionale: credenti e laici per rapporti diversi tra i popoli
Pace, ecologia, difesa dei diritti umani.Temi più che mai al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica mondiale che, per essere affrontati seriamente e in profondità, necessitano di un approccio diverso fra Stati e non solo.Questo approccio si può riassumere nel termine “cooperazione”, concetto al centro della seconda Giornata di Ateneo per la Cooperazione internazionale dal titolo “Democrazia, diritti e cooperazione”, organizzata dal Centro di Ateneo per la Cooperazione allo sviluppo internazionale di UNiFe, in collaborazione con l’Istituto di Cultura Diocesana “Casa G.Cini” di Ferrara. L’iniziativa si è svolta nel pomeriggio del 20 settembre proprio a Casa Cini. L’evento è anche parte del programma “Aspettando la notte europea dei ricercatori 2024” promossa dall’Università degli Studi di Ferrara.
L’introduzione e la moderazione dei diversi interventi è stata di Alfredo Alietti, docente UniFe e direttore del Centro di Ateneo per la Cooperazione allo sviluppo internazionale).
Dopo i saluti della Prorettrice Evelina Lamma (intervenuta al posto della Rettrice Laura Ramaciotti, impossibilitata a essere presente), ha preso la parola il nostro Arcivescovo mons. Gian CarloPerego: «in una visione liberista o socialista – ha detto quest’ultimo -, il tema della cooperazione rischia di essere slegato dal tema dei diritti e della democrazia, mentre invece i tre termini van tenuti assieme». È ciò che fa la Chiesa. Mons.Perego ha quindi ripercorso la nascita del movimento cooperativo nella seconda metà del XIX secolo, in ambito socialista, anarchico o cattolico, e di quest’ultimo, ha citato in particolare il ruolo di Giovanni Grosoli. Da questo movimento popolare si è arrivati alla formulazione nella Costituzione del nostro Paese (art. 45): «La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata (…)». La cooperazione rimanda quindi a un «mutuo aiuto, a una mutua solidarietà e alla democrazia dal basso».Cooperazione che, tra la fine degli anni ‘50 e gli inizi degli anni ‘60 del secolo scorso, ha caratterizzato anche il Piano Mattei, nato dopo diversi anni di studio e preparazione, e finalizzato allo sviluppo economico e democratico dell’Africa. Un modello virtuoso di cooperazione, ben diverso dal «falso Piano Mattei» proposto dall’attuale Governo italiano, «calato dall’alto e fatto per il controllo delle migrazioni e per determinati interessi economici, non certo per quelli dei Paesi africani».
Nella seconda parte del suo intervento, il nostro Arcivescovo ha invece delineato a grandi linee lo sviluppo del concetto di cooperazione nel Magistero della nostra Chiesa, dalla Gaudium et spes (1965, Paolo VI) alla Fratelli tutti (2020, Francesco), passando per la Populorum Progressio (1967, Paolo VI), la Sollicitudo Rei Socialis (1987, Giovanni Paolo II) e la Caritas in veritate (2009, Benedetto XVI). Una storia che ha portato, e continua a portare, a una vera e propria «rivoluzione culturale, con un’attenzione alle persone e alle comunità, contro ogni forma di assistenzialismo». Centrale è il tema della «fraternità» e della «cittadinanza globale», contro le «strutture di peccato» che creano «povertà, disuguaglianza e nuove forme di schiavitù».
Silvia Sitti, presidente Associazione Ong Italiane (AOI), è fra i promotori della campagna “Il mondo ha fame. Di sviluppo”, portata avanti da Focsiv, AOI, CINI e Link 2007, con il patrocinio di ASVis, Caritas Italiana, Forum Nazionale del Terzo Settore e MISSIO. Fra gli obiettivi, l’introduzione nella legislazione italiana di un preciso vicolo per il raggiungimento dello 0,70% per l’aiuto pubblico allo sviluppo entro il 2030. Nel suo intervento Sitti ha riflettuto sulla legge 49/1987 dedicata proprio alla cooperazione, «legge fondamentale ma spesso non applicata, con conseguenze serie sulla democrazia. Non vi è – ha aggiunto – solidarietà senza reciproca mutualità, e ciò vale anche per la cooperazione», compresa quella internazionale. «Ma la pandemia del Covid sembra non averci insegnato nulla riguardo all’importanza della dimensione globale nell’affrontare i problemi».
L’ultimo intervento prima del dialogo col pubblico presente, è spettato ad Agostino Petrillo, docente del Politecnico di Milano: «dagli anni ’90 del secolo scorso – ha riflettuto – si è avuta una crisi dell’associazionismo e una deriva affaristica della grande cooperazione». Negli anni della globalizzazione, quindi con la trasformazione degli equilibri economico-geopolitici, «non possiamo più concepire una cooperazione come intervento esterno di un Paese verso un altro ma come reale reciproco scambio», per affrontare la nuova «questione sociale planetaria, anche attraverso il sistema universitario. Vi è dunque – ha concluso – la necessità di aprire una nuova epoca della cooperazione».
Andrea Musacci
Pubblicato sulla “Voce” del 27 settembre 2024
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