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Gesuiti missionari in Paraguay: evangelizzare senza violenza

6 Dic

Il nuovo libro di Simonetta Sandra Maestri (con prefazione di don Andrea Zerbini) indaga, tra il 1609 e il 1768, l’opera educativa e spirituale in Sud America

Si intitola “Gesuiti e missioni in Paraguay (1609-1768). Evangelizzazione ed educazione dei guaraní” il nuovo libro di Simonetta Sandra Maestri, con prefazione di don Andrea Zerbini, Moderatore dell’Unità Pastorale Borgovado ed ex Direttore del nostro Centro Missionario diocesano. Il libro è stato presentato lo scorso 21 novembre in Biblioteca Ariostea a Ferrara e Maestri ne ha inviato copia al Santo Padre Francesco il quale, tramite la Segreteria di Stato, le ha risposto in tempi brevi con un ringraziamento e la Benedizione Apostolica. 

L’autrice è stata Cultrice della materia a UniFe, docente alle Superiori e oggi fa parte della Redazione della rivista letteraria “L’Ippogrifo”, del Direttivo del Gruppo Scrittori Ferraresi, ed è Presidente dell’Associazione di promozione sociale “Baffo John Potter”. 

AUTONOMIA E OBBEDIENZA

L’elezione a Pontefice del gesuita Jorge Mario Bergoglio – scrive nel libro – ha «incentivato ancor più il mio desiderio di rivedere e pubblicare uno studio affrontato negli anni ‘93/’94 in occasione della mia tesi di laurea in Pedagogia», relatore il prof. Carlo Pancera. Ricca la bibliografia utilizzata, con testi conservati in archivi, biblioteche e presso la Casa Madre dei Gesuiti per consultare la Litterae Annuae, lettere che i missionari da oltreoceano inviavano a Roma per la rendicontazione ai loro superiori. Di particolare importanza e utilità nel suo studio, un manoscritto spagnolo del XVIII secolo custodito presso la Biblioteca Ariostea di Ferrara, l’Exacta relación de las missiones del Paraguay, «scritta da chi ha vissuto direttamente l’esperienza e, una volta espulso dal Paraguay, è stato mandato nello Stato pontificio». Da questo studio – spiega – «è emersa una pedagogia gesuitica nella quale convivono il rigore delle regole e dell’obbedienza, l’autonomia e la flessibilità degli esercizi spirituali, voluti dal fondatore della Compagnia di Gesù Sant’Ignazio di Loyola nel 1534. Un umanesimo ignaziano in cui il missionario sa aprirsi alla popolazione indigena guaranì».

MISSIONARI, UNO STILE DIVERSO

Tra la fine del XV e la metà del XVI secolo la Spagna e il Portogallo dettero avvio alla conquista e alla colonizzazione del continente americano recentemente scoperto: «da un lato – scrive Maestri – l’Europa esporta in Sud America i propri strumenti e modelli culturali, mentre dall’altro lato il contatto con il nuovo continente si traduce in occasione di sperimentazione di nuove forme di governo e di rinnovamento dell’Europa stessa». Questo processo riguarda soprattutto il Paraguay. «Alla conquista delle armi succede la conquista spirituale che, oltre al ruolo evangelizzatore, assume il compito di formulare nuovi strumenti di comunicazione e di omogeneizzazione della società indigena». I gesuiti avranno il monopolio sul Paraguay, dove daranno vita a collegi urbani, riduzioni (i nuovi villaggi creati dai missionari in cui gli indigeni vivevano in pace assieme ad altri gruppi), Università e centri di cultura, «assumendosi la tutela e la difesa degli indios dagli effetti devastanti della colonizzazione». Nelle riduzioni paraguiane «è certamente la Compagnia di Gesù che conduce il dialogo, ma il modello che esporta si coniuga con una pluralità di modelli (…). In pratica, accanto al disegno progettuale dirigisticamente perseguito, si instaura anche una sorta di processo osmotico, una dialettica tra le due culture». «Le riduzioni gesuitiche si proponevano per la trasformazione della società indigena e lavoravano per dare stabilità e continuità a questo processo», commenta don Zerbini nella Prefazione. «L’ambizione era di ricondurre un popolo bambino e indigente a una collettività urbana, strutturata come città educante capace di generare una cittadinanza laboriosa. Un nuovo modello sociale aperto all’autonomia e fondato sui diritti dell’altro (…). Ne risultò un modello poliedrico i cui elementi costitutivi erano radicati nell’umanesimo cristiano e recepivano, integrandoli, gli aspetti comunitari-collettivi mutuati dalla cultura incaica dei nativi».

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 6 dicembre 2024

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