Nicola Ruo, pellegrino: «sempre in cammino, verso la vera Meta»

17 Set

Commercialista, 48 anni, frequenta la parrocchia di Santa Chiara a Ferrara: «il cammino a piedi ti cambia ma il difficile è portare il cambiamento nel quotidiano». «Con alcuni pellegrini l’amicizia diventa profonda». «Quella volta che in Spagna in un paese ci han donato il pane…».

di Andrea Musacci

Nicola Ruo, 48 anni, dottore commercialista, residente a San Pietro in Casale, da anni ogni agosto parte, zaino in spalle, e compie un pellegrinaggio. Nicola è legato a Ferrara in quanto frequenta la parrocchia di Santa Chiara perché – ci spiega – «sono attratto dalla bellezza della liturgia antica, mi aiuta a vivere con più raccoglimento la messa e la partecipazione ai sacramenti». Lo abbiamo incontrato per farci raccontare le sue esperienze in giro per l’Italia, e non solo, e il senso di tutto ciò.

Qual è il suo rapporto con la fede? 

«La fede ha sempre caratterizzato la mia vita, sono nato e cresciuto in una famiglia che me l’ha trasmessa, ho continuato a frequentare la parrocchia anche dopo il catechismo perché sentivo e sento la necessità di partecipare alla Messa per ricevere con frequenza i sacramenti senza i quali il rischio di perdersi per strada è molto grande e per cercare di approfondire la parola di Dio, che riesce a dire al cuore qualcosa di nuovo ogni volta che la si riascolta».

Quando è iniziata questa sua passione per i pellegrinaggi a piedi? 

«Fin da giovane sono stato incuriosito dalla storia e l’idea di poter raggiungere le grandi mete della cristianità a piedi come un pellegrino medievale mi ha sempre affascinato. Il timore di affrontare una prova che mi pareva complessa e faticosa e più grande delle mie capacità mi ha a lungo fatto desistere. Solo da adulto ho avuto il coraggio di affrontare per la prima volta il cammino…e da allora non ho più smesso». 

Qual è stato il suo primo pellegrinaggio di questo tipo? 

«La prima esperienza a piedi è stata verso Santiago de Compostela, raggiunto lungo il Camino Francés percorrendo quasi 800 km dai Pirenei francesi alla Galizia».

Cosa rappresenta per lei il pellegrinaggio? 

«Non una prova fisica o di resistenza ma un’esperienza di fede. Anche se oggi il cammino è diventato per molti una moda, rimane un’occasione di ricerca spirituale per riflettere e interrogarsi. Mettersi in cammino è accettare di cambiare. La cosa complessa è portare il cambiamento positivo vissuto lungo il cammino nella vita di tutti i giorni. Il pellegrinaggio si può dire che sia devozione verso il santo che si venera raggiunta la meta del cammino ed è anche occasione per rendere grazie. Proprio quest’anno lungo la strada verso Roma, raggiunta Bolsena, ho visitato il Santuario di Santa Cristina nel quale è avvenuto il miracolo eucaristico che ha portato all’istituzione della festa del Corpus Domini. Durante la visita al Santuario ho incontrato un ragazzo molto giovane con una grave malformazione che poteva muoversi solamente con una carrozzina elettrica. Mi sono reso conto che è un privilegio poter compiere a piedi un pellegrinaggio e che posso farlo anche per chi non ne ha la possibilità ricordandolo e portandolo così alla meta».

Qual è il legame tra la fede come mistero da indagare e il pellegrinaggio come esperienza anche dell’imprevisto, dell’ignoto? 

«Il pellegrinaggio è paradigma della vita dell’uomo, camminare verso una meta sacra ci ricorda che durante la nostra vita dobbiamo raggiungere un obiettivo ben più alto rispetto a quelli che il mondo ci fa ritenere essenziali. Quando si raggiunge la meta del cammino non si è arrivati alla vera Meta, occorre continuare. Raggiunta Santiago de Compostela, sulla facciata laterale della Cattedrale che si affaccia sulla piazza de Las Platerias è raffigurato un Crismon, il monogramma di Cristo affiancato dalle lettere greche omega e alfa, la fine e l’inizio, poste in ordine opposto rispetto a come solitamente siamo abituati a vederle rappresentate. Questo ci ricorda che il pellegrinaggio non termina alla meta, da lì si deve ripartire perché la vera Meta faticosa ed elevata è un’altra, offerta a tutti, camminatori o sedentari: la santità e il Regno dei Cieli».

E il farlo a piedi cosa rappresenta? 

«Aiuta a rendersi conto di quanto la Provvidenza sia presente nella nostra vita. Spesso non ce ne accorgiamo. E camminare a piedi comporta dover ridurre il più possibile il bagaglio sulle spalle, rendendo consapevoli che ciò che prima sembrava indispensabile è divenuto inutile; l’essenziale può ridursi a così poco da essere contenuto in uno zaino leggero». 


Solitamente è da solo? 

«Dipende: ho camminato prevalentemente in compagnia di amici, ma a volte da solo. Può capitare che si avverta la necessità di camminare con un passo diverso da quello dei compagni di viaggio per ascoltare sé stessi oppure, in altri momenti, si avverte la necessità di procedere assieme, di parlare, di scherzare, di raccontare di sé, di pregare insieme. Inoltre se si parte da soli o in piccoli gruppi si incontrano altri pellegrini lungo la strada, si formano amicizie a volte profonde che rimangono anche dopo il cammino». 


Quali sono stati i suoi pellegrinaggi più significativi? 

«Certamente il cammino di Santiago, e raggiungere Roma partendo da casa, chiudendo la porta e poi iniziando a camminare, è stato particolarmente significativo. Per tre volte sono andato a Roma lungo la Francigena, nel 2013 e in occasione dei due ultimi Giubilei, quello straordinario della Misericordia nel 2016 e quest’anno. Ho raggiunto sei volte Santiago de Compostela, ho attraversato da est a ovest la penisola iberica l’anno dell’ottavo centenario del pellegrinaggio a Compostela di San Francesco d’Assisi. Nel 2020 sono stato alla Santa Casa di Loreto partendo da Ravenna e camminando lungo la riviera romagnola, nel 2021 ho camminato sulla via francigena del sud, da Roma a Benevento e nel 2023 ho percorso il cammino da Perugia all’Aquila, lungo la strada che San Bernardino da Siena fece prima di morire in cammino, per recarsi sulla tomba di San Celestino V, a Collemaggio. Lo scorso anno mi sono recato pellegrino a Loreto, questa volta percorrendo la via lauretana più classica che parte da Assisi».

Quali volti di persone incontrate lungo il cammino ricorda in modo particolare? 

«Voglio ricordare un signore francese molto simpatico, 72 anni, conosciuto quest’anno in cammino verso Roma. È partito da solo da Parigi. La sua fede semplice e profonda mi ha colpito, così come la sua tenacia e forza. Camminava rapidissimo, sembrava volare sulla strada. Sul cammino si riescono a parlare tutte le lingue d’Europa o quanto meno ci si riesce a capire. O alcuni aneddoti: ad Astorga, in Spagna lungo il Camino Francés, il pane viene consegnato direttamente a domicilio alla maggioranza delle famiglie che comunemente fanno una convenzione con il fornaio di fiducia. Un furgoncino che stava distribuendo pane, quando sono passato, ha visto arrivare noi pellegrini, 5 o 6 in fila indiana all’entrata del paese. L’autista ha aperto il finestrino e a ciascuno ha dato una pagnotta. Così alle porte di Pontevedra, in Galizia, lungo il cammino portoghese, una signora di ritorno dall’orto aveva un cesto di pere appena raccolte. Ha allungato ad ogni pellegrino che passava un frutto del suo albero. Sono piccoli gesti che toccano il cuore».


Qual è stato l’ultimo pellegrinaggio che ha fatto? 

«Il pellegrinaggio che ho appena concluso il 22 agosto: son partito da casa il 1° di agosto dopo aver partecipato alla Messa e ricevuto la benedizione del pellegrino e mi son diretto verso sud; raggiunta Bologna ho percorso la via Francesca della Sambuca, antica via di valico utilizzata dai pellegrini per raggiungere Pistoia, piccola Santiago italiana perché l’unica reliquia che proviene dal sepolcro di S. Giacomo a Compostela si trova lì, dove fu portata nel 1144. Da Bologna si raggiunge Pistoia. Con altre due tappe lungo lo splendido padule di Fucecchio abbiamo intercettato il percorso ufficiale della via Francigena. Si è proseguito per San Miniato, Gambassi Terme, San Gimignano, Abbadia Isola e poi Siena. Da Siena abbiamo raggiunto in tre tappe l’estremo confine sud della Toscana. Si è aperto poi il bel tratto nel Lazio e da Viterbo passando per Vetralla, Sutri e Campagnano siamo giunti alla periferia della città eterna. La domenica successiva abbiamo partecipato l’Angelus di Papa Leone: in una piazza gremita di persone dalle più disparate provenienze, ho percepito forte il senso di appartenenza alla Chiesa che è davvero cattolica, universale».

Quale e quando sarà il prossimo?

«La prossima estate, a Dio piacendo, mi piacerebbe camminare tra due santuari mariani a cavallo dei Pirenei: partire da Lourdes per dirigermi verso Saragozza al Santuario della Beata Vergine del Pilar».

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 19 settembre 2025

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