
Tracce di Vangelo nella comunità di S. Agostino è il titolo del volume che racconta la vita dagli inizi difficili negli anni ’70, tra Messe nei garage ed elemosine davanti la Coop…
di Andrea Musacci
Una conchiglia rovesciata in un quartiere residenziale come tanti: questa fu la novità architettonica che rappresentò 50 anni fa la costruzione della chiesa nel quartiere Krasnodar di Ferrara. Non un vezzo formale, ma la tenda, la nuova casa di una comunità nata, e di continuo in cammino, attorno all’Eucarestia. E che ha cambiato e continua a cambiare il quartiere, e ad accogliere i suoi abitanti.
Tutto questo viene raccontato nel libro appena uscito dal titolo Tracce di Vangelo nella comunità di S. Agostino (dicembre 2025). Sottotitolo: «Conosco le tue opere / Ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere» (Ap 3,8). Il volume a cura di Nicola Martucci, Federica Pintus e Patrizia Trombetta, è edito come Quaderno n. 56 del CEDOC – Centro Documentazione Santa Francesca Romana.
Libro che è il frutto di un lavoro di raccolta e organizzazione del materiale durato oltre due anni e che esce in un periodo speciale, alla fine dell’Anno Santo, e col cambio dopo dieci anni del parroco (don Saverio Finotti ha preso il posto di don Michele Zecchin alla guida dell’Unità Pastorale col Corpus Domini). Il volume è stato presentato il 13 dicembre con gli interventi di alcuni ex parroci.
Questa è una storia che prende avvio nel periodo postconciliare, in quegli anni ’70 nei quali nasce il quartiere Krasnodar nella zona sud della città, così chiamato per il gemellaggio nel ’74 con l’allora centro sovietico, 20 anni dopo gli aiuti da quella città in seguito alla “rotta” del Po. Insieme alle case e alla scuola, fu costruita la chiesa, dedicata solo nel 2004.
PRIMI ANNI TRA FREDDO E CATINI IN RAME
L’atto costitutivo della parrocchia si realizza nella Celebrazione Eucaristica del 15 dicembre 1974 (ma l’atto costitutivo è del 1° gennaio ’72); tutto, però, nasce prima: «i documenti parlano di una necessità». La progettazione è affidata nel ’72 all’arch. Aldo Cotti di Bologna e all’ing. Vittorio Mastellari di Mirabello. Prima viene costruita la canonica, consegnata nel ’74, poi nel ’78 la chiesa (inaugurata dal Vescovo Franceschi con la celebrazione delle prime comunioni), infine le opere parrocchiali. L’impresa costruttrice è la ditta Battaglia Romeo di Dogato: «furono gli stessi muratori che, consegnando l’edificio al grezzo, donarono la croce di legno fissata nel punto in cui si trova ancora oggi e che sostiene il prezioso crocifisso ligneo proveniente dalla chiesa di Santa Maria in Vado» e donato nel ‘92.
Una genesi particolare, dato che chiesa e canonica sorgono sull’antico letto del canale Mambro, tombato negli anni precedenti: per effetto di successivi fenomeni climatici, si resero necessari lavori strutturali, prima nel 2016 e poi nel 2022-2024. Un inizio a tappe, e non facile, sicuramente curioso: «Il grezzo delle strutture rimase visibile a lungo, almeno fino ai primi anni Ottanta. L’edificio fu consegnato privo di impianti elettrico e di riscaldamento; alcuni parrocchiani (…) posero i primi fili volanti e montarono i faretti. Successivamente si installò la cisterna del gasolio per il riscaldamento. Nei primi anni, la chiesa risultava particolarmente fredda. Il pavimento rimase una gettata di cemento polveroso e difficile da pulire fino al 1984, quando, grazie all’artigiano e parrocchiano Carlo Droghetti, fu posata la prima pavimentazione (…)». Nello stesso anno nasceva il Consiglio pastorale e l’anno dopo, di fatto, quello economico. In seguito vengono intonacate le pareti. E all’inizio, per i Battesimi «si adoperava un catino in rame su un tavolino, e il cero pasquale era in materiale plastico».
GARAGE ED ELEMOSINE
Il primo parroco, allora 38enne, è don Giancarlo Pirini. Così ricordava quei primi tempi: «Mi ricordo che quel 15 dicembre 1974 era un giorno pieno zeppo di nebbia e la zona di viale Krasnodar non aveva nulla da invidiare ad una località sperduta: era là, ai confini, dopo le due ferrovie». Fin da subito, la vicinanza agli ultimi è l’essenza della missione nel quartiere: «andavamo davanti alla Coop, di sera, a chiedere l’elemosina», con annessa recita del S. Rosario. Don Pirini viene affiancato, fin da subito, da don Ivano Casaroli, prete da 6 anni. Quest’ultimo ricorda la sua prima notte a Sant’Agostino: «I muri della casa non avevano avuto il tempo di asciugarsi; il riscaldamento al massimo provocò l’uscita di tanta acqua dai muri (…). Ricordo tanto fango attorno alla canonica e agli altri palazzi; le amicizie che cominciavano a nascere; il catechismo in casa nostra, nei garage e nelle case (…); l’entusiasmo che, crescendo, spingeva le persone a passare dall’osservazione al coinvolgimento». Una storia fatta anche di tanti sacerdoti che, per più o meno tempo, hanno prestato servizio in questa parrocchia: una trentina, con stili e provenienze diverse.
Don Casaroli ricorda anche la prima Messa, in un garage, il 15 dicembre ‘74: «venne l’Arcivescovo Mosconi e insieme a me e a don Giancarlo, celebrammo la Messa di inizio dell’attività parrocchiale. Davanti a un gruppetto di persone, più amiche di noi preti che residenti nel quartiere, iniziammo la nostra attività tra entusiasmi, scoraggiamenti, prime conoscenze. La domenica successiva alla prima Messa non si presentò nessuno e non capitò solo la prima domenica». I due sacerdoti non si abbatterono: «io e don Giancarlo avevamo deciso di andare a spasso insieme, non ognuno per conto proprio. E la gente piano piano è arrivata…». Continuarono le Messe in luoghi anomali, negli stenditoi condominiali e nei garage. Un altro aneddoto di questo periodo riguarda il canto liturgico: «I primissimi giovani, quelli dai capelli lunghi degli anni Settanta, sapevano suonare la chitarra (…). Il repertorio iniziale era vario e, tra i canti di Giombini e Chieffo, talvolta si cantava anche Dio è morto di Guccini». Nel ’75 a S. Agostino si insedia anche, nell’ambito della carità, la Conferenza San Vincenzo de’ Paoli mentre la Caritas “arriverà” nel ‘92.
MILLE VOLTI DELL’ACCOGLIENZA
E a proposito degli anni ’90, nel quartiere un altro complesso residenziale viene tirato su nella prima metà di quella decade, ma senza esercizi commerciali. Per questo, 30 anni fa «l’impegno parrocchiale (…) si estese su molti fronti della vita sociale: dalla lotta alla tossicodipendenza alle sollecitazioni verso l’Amministrazione comunale per la carenza di servizi nel quartiere». E nel 1988 in seno alla parrocchia nasce l’Associazione Arcobaleno, per minori a rischio, e nel ‘92 l’Associazione Viale K, per affrontare povertà e disagio sociale.
Insomma, un pezzo di Chiesa, questa parrocchia, cresciuta e che continua a crescere e a trasformarsi seguendo anche lo sviluppo e le contraddizioni del quartiere nel quale è insediata: non, quindi, un corpo estraneo, ma tessuto vivo nella trama della vita dei residenti (e non solo). Parrocchia come “casa tra le case”, luogo di accoglienza e di condivisione, di ricerca e di sperimentazione, di memoria e di costruzione di bene comune. Nasce poi anche il giornalino parrocchiale Insieme a favore di tutti, ancora attivo e cresciuto molto, e dal Giubileo del 2000 l’esperienza dei Laboratori pastorali: nati nel 2002, furono «occasioni aperte di analisi, confronto e progettazione della pastorale parrocchiale, strutturate in fine settimana residenziali, che offrirono tempi adeguati e uno stile adatto alla costruzione di veri e propri cammini». Dopo gli attentati islamisti in Francia, nel 2015 in parrocchia nasce il Gruppo Incontro di amicizia tra cristiani e musulmani, ancora presente.
Facendo un passo indietro nel tempo, nei primi anni ’80, in accordo con la Caritas Diocesana, vengono inviati in parrocchia gli obiettori di coscienza: uno dei primi è Patrizio Fergnani, che poi va a vivere nel quartiere Krasnodar con la sua famiglia (dove ancora risiede). Così racconta nel libro: «Dal settembre 1983 al febbraio 1985 ho svolto il servizio civile come obiettore di coscienza, assegnato alla Caritas di Ferrara. Eravamo un gruppo di obiettori, a tempo pieno in parrocchia. Dormivamo in una stanza delle opere parrocchiali».
Ci sarebbe tanto altro da raccontare: lo si fa, per quanto possibile, in questo libro che è un pezzo fondamentale della storia della nostra Chiesa in Ferrara-Comacchio. Quel che è l’essenza di tutta questa storia – e lo scegliamo come finale di questo nostro articolo – lo spiega bene don Michele Zecchin nella sua Postfazione: «Una sola trama, un solo Popolo: la parrocchia è un cammino condiviso che attraversa i decenni e supera i cambi di guida, perché il Pastore è Cristo».
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 19 dicembre 2025
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(Foto: don Pirini e don Casaroli coi bimbi della parrocchia)