
All’Hotel Annunziata di Ferrara la mostra fotografica di Rosaria Anna Lardo, riflessione su ricordo e avvenire
«Nella luce del tardo pomeriggio, mi è sembrato che gli anni si confondessero e che il tempo diventasse trasparente».
(Patrick Modiano, da “Fiori di rovina”)
Un atto di intima archeologia familiare è quello compiuto da Rosaria Anna Lardo, che a Ferrara espone il suo progetto fotografico “Pianonobile – I fiori del bene”. La mostra è visitabile gratuitamente nell’Art Gallery all’interno dell’Hotel Annunziata (p.zza della Repubblica) fino al prossimo 4 gennaio, è curata da Margherita Franzoni e accompagnata da un catalogo omaggio.
Lucana ma residente a Roma, Lardo si ispira alla storia di una nobildonna vissuta nella sua terra d’origine a inizio Ottocento. Il percorso espositivo alterna interni di una grande villa ormai spoglia con esterni ariosi ma carichi di tensioni. La salvezza — sembra dirci in ultima analisi l’artista — viene sempre dall’altro, da fuori: fuori da quella finestra verso cui è rivolto non solo il viso della donna protagonista delle immagini, ma l’intero suo corpo, tenero ma potente nell’essere proteso verso la luce (foto). In un’altra immagine in parete, il fuori è invece rappresentato dalla stanza accanto, enigmatica perché solo accennata, rivestita di luce ma spoglia. Esterno/interno non è, però, l’unica tensione nelle foto di Lardo: una vestaglia da donna posata sul divano o, in un’altra opera, un velo candido (che pare un sudario) dicono di una presenza e assieme di un’assenza, di un tentativo di nascondere e di segnare. Di un ricordo e di una volontà di abbandono, ma non al passato.
La salvezza, infatti, è in questa attesa composta e mite ma profondamente dinamica. E l’attesa – nelle mani, nel volto pur celato – è sempre, anche, contemplazione, quindi non banale agire ma apertura, risposta, inquietudine mossa da un’affezione più grande. Non è esitazione ma consacrazione, un “dedicarsi a”. Si attende sempre ciò che è reale e presente, Colui che viene. E così la memoria – quella di chi ha saputo almeno una volta sperare – non è mai sterile, è anch’essa attesa di ciò che ancora vive, contemplazione creatrice. Fiori posati sul cuore, una conchiglia di luce.
La nostra baronessa, Donna P. P., madre di sette figlie, rivivendo nelle stesse parole di Lardo (il testo è presente nel catalogo) ci grida «voglio il fuori» e al tempo stesso il suo desiderio di «sprofondare». Il dolore ne pervade il corpo ma non è totalizzante: l’avvenire avrà casa nella «meraviglia» e nel «miracolo». Così l’artista, scavando nella vita di questa sua nobile ava, in realtà dissotterra tesori imprevisti nella propria esistenza, rendendola più trasparente e facendo entrare — anche per noi che ammiriamo le sue foto e leggiamo le sue parole – un po’ di luce da quel fuori che ci attende.
Andrea Musacci
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 15 novembre 2024
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