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«Riscoprire il tempo di Dio, tempo di festa e di ascolto»

4 Dic


L’intervento a Casa Cini di suor Elena Massimi: «la liturgia come memoria di Eterno»

Il tempo della liturgia e quello della festa come tempo di rottura, di apertura all’Altro, “inutile”. Sono state tante, e affascinanti, le suggestioni proposte lo scorso 27 novembre a Casa Cini da suor Elena Massimi, intervenuta per una lezione della Scuola diocesana di teologia per laici. “La speranza nel tempo della liturgia”, il titolo della religiosa delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Docente di Teologia Sacramentaria alla Pontificia Università Salesiana e all’Istituto di Liturgia Pastorale Santa Giustina in Padova, oltre che Presidente dell’Associazione Professori di Liturgia (APL) e Coordinatrice della sezione Musica per la Liturgia dell’Ufficio Liturgico Nazionale CEI.

Oggi – per la relatrice – viviamo nel tempo della «perdita della memoria», quindi «del legame del presente col passato». Tutto ciò è difficilmente conciliabile con la liturgia, che è «tempo lento». Ma la liturgia è «una grande risorsa: la liturgia, e così il concetto autentico di festa, interrompe infatti il ciclo feriale». Come ha ben analizzato il filosofo tedesco-coreano Byung-Chul Han, il cosiddetto “tempo libero” serve ormai come «mera pausa per tornare poi a essere ancora più prestanti lavorativamente». Il tempo libero, invece, dovrebbe essere «tempo di rottura dall’ordinario, tempo differente, tempo dell’esperienza di senso, tempo comunitario». La festa è «qualcosa di originario sia rispetto al tempo libero sia rispetto al tempo di lavoro», è «memoria di un tempo fondamentale per la comunità», memoria dell’origine e della meta (individuale e collettiva), «memoria della nostra identità originaria». Questo discorso a maggior ragione vale per la festa religiosa, nella quale «si fa memoria del tempo della salvezza». La festa è “a perdere”, «non segue una dinamica economica, eccede il quotidiano» e, come diceva Guardini, è di per sé «gioco: dà, cioè, senso e gratuità alla vita». E così, la liturgia «dà senso, ci fa vivere in un tempo sacro, nel tempo di Dio». L’aver tolto la festa – quindi – «ci fa vivere l’ansia di prestazione e ci fa essere succubi di tutto quel che bruciamo, cioè produciamo e consumiamo. Viviamo nel culto dell’attivismo, forma di idolatria in quanto pensiamo che tutto dipenda da noi e non da Dio», ha proseguito suor Massimi.

Nella liturgia legata al giorno di festa, «camminiamo, cantiamo e leggiamo in modo diverso». La liturgia, ricordandoci che esiste «un Ulteriore», è essa stessa «anticipazione dell’eternità, rallentamento del tempo e apertura a una dimensione altra». Nella liturgia, tutto – anche il tempo – diventa «simbolico». E tutto ci fa capire che «siamo fatti per la relazione con gli altri e con Dio. È un tempo santificato, quindi, il suo».

Così, anche la liturgia quotidiana, la Liturgia delle ore, possiamo viverla dalla lode mattina alla sera come cammino da una sempre rinnovata speranza, da un «sempre nuovo inizio», a un ritorno in sé per abituarci a prepararci alla morte. Un tempo di silenzio e di ascolto, come potrà essere l’Anno Santo alle porte: «tempo di speranza, di lode, di grazia, di letizia, di rinascita». Tempo santo e di pellegrinaggio, quindi – come detto prima riguardo la festa – tempo rallentato, di rottura, tempo condiviso coi fratelli e le sorelle, in una osmosi unica di «intensità vitale e contemplazione».

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 6 dicembre 2024

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