Siamo tutti legati (per fortuna): relazioni e fraternità nella Chiesa

1 Dic

La quinta lezione della Scuola diocesana di teologia con Simona Segoloni: comunità, gioia e femminile

Siamo tutti legati in reti invisibili ma fondamentali, che intessono la nostra essenza personale, la nostra esistenza. Su questo lo scorso 23 novembre ha riflettuto a Ferrara la teologa Simona Segoloni, intervenuta a Casa Cini per la quinta lezione dell’anno della Scuola diocesana di teologia per laici. Tema, “Fratelli tutti! La comunità espressione di gioia”. Il prossimo appuntamento sarò il 14 dicembre con “Sacramenti tra il dire e il fare, paradossi celebrativi”, relatore don Manuel Belli. Poi la Scuola rinizierà il 22 febbraio con don Paolo Bovina e “Le sette chiese, una lettura pastorale di Apocalisse”.

Segoloni è Docente invitata al Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia, e insegna anche alla Facoltà teologica del Triveneto, alla Pontificia Facoltà teologica San Bonaventura (Roma) e alla Facoltà teologica pugliese. Nella sua lezione a Casa Cini, ha preso le mosse dalla «sostanziale vulnerabilità degli esseri umani, dal loro essere toccati dalla realtà»: questa loro «apertura fondamentale» permette di legarsi, di «dar vita a legami». In questo, l’essere umano si scopre «a immagine di Dio, che è relazione, è un Dio che stringe legami, crea alleanze». Ed è un Dio che, come si nota nelle Scritture, «viene toccato dal grido dell’uomo, dalle sue sofferenze». Dio, quindi, si fa conoscere come «un legato, come uno che stringe legami, non come uno sciolto da questi, assoluto».

Di conseguenza, l’annuncio del Vangelo, cuore della fede cristiana, determina «un noi, l’essere tutti legati dalla Parola crea legami tra le persone e tra queste e Dio, l’Assente che si fa Presente e che ci vuole salvare assieme, come Suo popolo». Questi legami, questo popolo è il solo «che ci fa sperimentare una gioia vera, cioè quella data dal legame col Risorto». L’Eucarestia, gesto centrale della nostra fede, non a caso «è un gesto che non si può non fare assieme agli altri, perché è un gesto di comunità, di condivisione». Ma incontrare il Risorto significa «cercare di comprenderLo secondo il suo stile», che è quello indicato ad esempio in Matteo 18, con il «se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli», con la parabola della pecorella smarrita e con quella del servo malvagio. In sintesi, quindi, con la necessità dell’umiltà, con l’importanza del custodire i legami e di saper perdonare.

L’ultima parte della propria riflessione,Segoloni ha deciso di dedicarla a un ambito che le sta particolarmente a cuore e al quale ha dedicato diverse pubblicazioni: quello del femminile e della sua condizione all’interno della Chiesa e della società. Un aspetto, dunque, per nulla secondario quando si parla di legami e di fraternità. Ed è proprio sul linguaggio, che spesso (come appunto nel caso del termine “fraternità”) appiattisce, o ingloba, il femminile nel maschile, che la relatrice si è soffermata, spiegando come non sia una questione di lana caprina, ma come il modificare il linguaggio sia importante «per dare la legittima visibilità alle donne, valorizzandone i carismi e custodendo quindi i legami» anche all’interno delle nostre comunità.

Quasi tutte le domande rivolte dai presenti alla relatrice, si sono concentrate proprio sul tema del rapporto femminile-maschile (ad esempio, in termini di disuguaglianze, di ministeri nella Chiesa, di violenza), a dimostrazione di quanto la questione sia sentita – dalle donne e dagli uomini – e quindi diventi necessario creare momenti ad hoc di discussione e confronto. 

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce” del 1° dicembre 2023

La Voce di Ferrara-Comacchio

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