Al via il Seminario “Il cuore non basta”: nel primo incontro, Anna Bianchi ha riflettuto sulla “Fides et ratio” di Giovanni Paolo II
Sta nell’essenza della ragione di desiderare di spingersi sempre al di là, sempre oltre sé stessa. Ma questo non può non portare allo scontro/incontro col mistero dell’Essere, con qualcosa che la supera infinitamente. Lì entra in gioco la fede. Questa riflessione ha tanto diviso filosofi e pensatori nel corso dei secoli e rimane, anche nella società dell’ultrarazionalismo e del relativismo, un pungolo inevitabile.
E proprio al rapporto fede-ragione è dedicato il Seminario di tre incontri organizzato dalla Scuola di teologia per laici della nostra Arcidiocesi, dal titolo “Il cuore non basta. Filosofia e fede oggi: un legame da riscoprire”. Il coordinatore del Seminario, Maurizio Villani, ha introdotto il primo dei tre incontri svoltosi on line il 23 febbraio. Sul tema “Fides et ratio: una sfida per la filosofia? Considerazioni a margine dell’Enciclica di Giovanni Paolo II” è intervenuta Anna Bianchi, Docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
È il concetto di verità quello centrale per indagare, come viene fatto nell’enciclica, il rapporto tra ragione e fede: se è vero che «la fede è recepita dal soggetto non passivamente, ma attraverso appunto la ragione», dall’altra parte la Rivelazione «è la base del rapporto tra fede e ragione»: la ragione, quindi, «non è autosufficiente, ma arriva a verità fondamentali attraverso la Rivelazione».
Da qui la critica nell’enciclica a una «filosofia separata» tipica dell’età moderna e contemporanea, che ha, cioè, abdicato a ricercare una dimensione soprannaturale.
Bianchi ha poi spiegato come nel testo si riflette su come «la ragione può comprendere l’ordine razionale della realtà, il suo aspetto ontologico, andando oltre gli aspetti empirici, cercando quindi la verità: se la filosofia vuol essere un pensiero autentico, deve cercare la conoscenza di ciò che è vero sempre, della realtà in sé, deve trascendere il piano fattuale ed empirico per attingere ai principi primi e universali dell’essere». Questa «capacità metafisica» della filosofia, per san Giovanni Paolo II è una sorta di «filosofia perenne e destoricizzata, una filosofia implicita attraverso i secoli», ma ancora oggi molto dibattuta in ambito filosofico.
La relazione di Bianchi si è poi concentrata sull’aspetto antropologico, quindi sul soggetto-persona nel quale fede e ragione si incontrano. Nell’enciclica l’uomo è definito «come colui che cerca la verità e come colui che vive di credenza»: da una parte, quindi, il «desiderio di verità appartiene alla natura dell’uomo, quindi non può essere del tutto inutile e vano», dall’altra parte, insito nell’uomo vi è anche il bisogno di «abbandonarsi fiduciosamente all’altro, se riconosciuto come testimone credibile». Ciò avviene, in maniera simile, nell’ambito della fede.
Ma l’unione di questi due desideri – della ricerca della verità e dell’abbandono – come spiegò ad esempio San Tommaso d’Aquino, «derivano da una comune origine, Dio». Solo nel supremo Creatore, quindi, possiamo ritrovare, ancora, la risposta a ogni anelito di trascendenza, sia nella forma della ragione, sia in quella della fede.
Andrea Musacci
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 3 marzo 2023
Sacra Famiglia: il 29 novembre la Messa con mons. Perego e mons. Turazzi per il Cuore Immacolato di Maria e i 70 anni della parrocchia. La storia della comunità, la cronaca del tempo e i restauri eseguiti
di Andrea Musacci
Era nel destino della Sacra Famiglia di diventare Santuario del Cuore Immacolato di Maria. La speranza – poi frustrata – nacque già alla nascita, 70 anni fa, ma poi, per motivi burocratici e finanziari non se ne fece più niente. Ora il grande momento è arrivato: il 29 novembre è avvenuta l’erezione ufficiale della chiesa di via Bologna a Santuario mariano (rimane, però, la parrocchia), con la S. Messa presieduta da mons. Gian Carlo Perego e dall’ex parroco (dal 2005 al 2014) mons. Andrea Turazzi, Vescovo di San Marino-Montefeltro. Prima dell’inizio della liturgia, è stato benedetto il quadro a olio “Maria col Bambino Gesù e i Santi Margherita, Girolamo e Petronio” e letto il decreto di erezione a Santuario.
La sera del 4 maggio ’49 mons. Bovelli benedisse e pose la prima pietra della chiesa, che fu dedicata il 29 novembre 1952 dall’allora Vescovo assieme al parroco mons. Adriano Benvenuti, dopo poco più di un anno di lavori. Si ipotizza che venne scelta quella data in quanto primo giorno della Novena dell’Immacolata. Mons. Benvenuti era, infatti, particolarmente devoto alla Madonna di Fatima. Quest’ultimo divenne ufficialmente parroco della Sacra Famiglia nel ’56 (vi rimase fino al ’70), ma fino a quell’anno aveva guidato la vicina S. Luca. Le cronache del tempo (“Il resto del Carlino” del 30 novembre ’52) raccontano: «Alla cerimonia della consacrazione erano presenti molti fedeli e i bambini delle scuole elementari del rione Mosti. I riti, in mancanza ancora delle campane, sono stati trasmessi con altoparlanti a Borgo San Luca, Argine Ducale e dintorni. Tutta via Bologna per l’occasione era addobbata di festoni e di bandiere tricolori». Da alcuni documenti presenti nel nostro Archivio diocesano, si evince come la nuova chiesa di via Bologna fu progettata, costruita ed inaugurata come Santuario del Cuore Immacolato di Maria «a ricordo dell’Anno Mariano» (celebrato dal maggio 1948 al maggio 1949 in preparazione al centenario della proclamazione della Madonna delle Grazie a patrona della città e della Diocesi, atto compiuto da Pio IX nel 1849) e rimase tale fino al 1956 quando per vari motivi non si poté costruire una specifica chiesa per il “nuovo” beneficio parrocchiale della S. Famiglia.
«Nel 2020 – racconta il parroco don Marco Bezzi – mons. Perego era venuto qui alla Sacra Famiglia a celebrare a porte chiuse nel periodo del lockdown. A fine Messa siamo saliti sulla loggetta nell’abside dove si trova l’effigie del Cuore Immacolato di Maria (foto) e, leggendo la preghiera di consacrazione della Diocesi, ha definito la chiesa “Santuario”. Una volta usciti, gli ho fatto notare che la nostra non era Santuario, e lui mi ha risposto: “se non lo è, lo diventerà”. È stato di parola».
Per la duplice, storica, occasione, la parrocchia ha commissionato e portato a termine alcuni importanti lavori: la ridoratura del tabernacolo del presbiterio, che aveva perso lo smalto; il restauro e la tinteggiatura del campanile con la sostituzione della sfera di calcestruzzo sulla cuspide con una di polistirolo alta densità rivestita di resina al quarzo e tinteggiata, e la posa di una croce e di una banderuola col Cuore Immacolato di Maria. La vecchia sfera verrà posta in un angolo del piazzale.
Inoltre, è stato restaurato il sopracitato quadro, uno sposalizio mistico di Santa Margherita, con la Madonna che gli porge Gesù Bambino, copia realizzata a inizio del XVII secolo forse dal ferrarese Francesco Naselli, di un’opera su tavola del Parmigianino del 1529 conservata nella Pinacoteca Nazionale di Bologna. «A breve – ci spiega don Bezzi – commissioneremo una ricerca storica adeguata per l’attribuzione e la datazione». L’opera – donata a suo tempo da un parrocchiano, l’ing. Masotti – è esposta nel lato sud della chiesa. Il suo restauro, come di quello dell’immagine del Cuore Immacolato di Maria nell’abside, è stato realizzato da Natascha Poli con il contributo degli “Amici dei Musei e Monumenti Ferraresi”, in particolare del parrocchiano Maurizio Villani.
A proposito dell’immagine mariana nell’abside, di cui è stata restaurata anche la suggestiva cornice e ripulito il diadema, si tratta di un’opera donata da due coniugi molto facoltosi residenti in zona (forse Boldrini), fatta benedire da papa Pio XII nel ’52 e posta nella chiesa di via Bologna il giorno della dedicazione. Il sopracitato articolo del “Carlino” riporta: «Un lungo corteo di automobili si recherà a Gallo per ricevere l’immagine della Madonna del Sacro Cuore proveniente da Roma, dove è stata benedetta dal Santo Padre. L’immagine sarà portata in processione fino alla nuova chiesa». Un dipinto molto simile, inoltre, è conservato nella cappelletta della parrocchia, realizzato da un artista anonimo. Per l’occasione, l’immagine nell’abside splenderà di nuova luce grazie anche al nuovo impianto di illuminazione.
Il 29 novembre è stata anche inaugurata la mostra “Ti racconto i 70 anni della Sacra Famiglia”, esposta nella Cappella Revedin e affidata a un gruppo di giovanissimi della parrocchia che hanno selezionato una 40ina di foto fra le oltre 200 conservate nell’archivio parrocchiale per essere esposte insieme a un video nel quale scorrono altre immagini prestate per l’occasione da diversi parrocchiani. Una proposta espositiva, questa, per ripercorrere la storia della comunità e della chiesa, con anche immagini del vecchio presbiterio prima della riforma liturgica, della scuola materna e dei diversi parroci che si sono succeduti. La mostra è aperta nelle domeniche prima di Natale o su richiesta (segreteria parrocchia: tel. 0532 767748 – mail: segreteria@sacrafamiglia.fe.it).
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 2 dicembre 2022
Sabato 26 novembre la Messa di saluto. Accolto il nuovo parroco don Francesco Viali: «molta preghiera e niente chiacchiericcio»
Dopo 122 anni si conclude la presenza francescana a Santo Spirito e, nello specifico, dopo 12, quella dei Frati dell’Immacolata, due dei quali destinati al Santuario di Maria in Aula Regia a Comacchio.
Un momento storico per la parrocchia di zona Montebello, che domenica 27 novembre ha visto il nuovo parroco don Francesco Viali celebrare la prima S. Messa con la comunità affidatagli.
La sera precedente, la S. Messa d’addio ai Frati (il parroco padre Massimiliano Degasperi, fra Filippo M. Casamassima e padre Felice M. Nori) e di “benvenuto” alla nuova guida, Messa presieduta dal nostro Arcivescovo e celebrata, oltre che col parroco uscente e quello entrante, con rappresentanti del Vicariato e della città. Presenti molte persone, fra cui i tre gruppi Scout parrocchiani e le Suore della Carità.
All’Aula Regia di Comacchio andranno padre Degasperi e padre Nori, mentre fra Casamassima è destinato al santuario di Campocavallo vicino a Osimo (AN).I due, nel Santuario comacchiese troveranno padre Ave Maria Lozzer e fra Juan Maria, che dunque restano, mentre padre Stefano M. Miotto è stato trasferito al convento francescano di Trieste. P. Miotto era all’Aula Regia dal 2016, mentre dal 2013 al 2016 è stato a S. Spirito.
«Emotivamente oggi è un giorno molto toccante», ha detto Vinicio Bighi a nome del Consiglio Pastorale.«Siamo grati alla Provvidenza per averci dato subito un nuovo pastore e assicuriamo che la tradizione francescana nella nostra comunità rimarrà più viva che mai. In questi anni insieme a voi – ha proseguito rivolto ai Frati – abbiamo imparato il coraggio e la fiducia in Dio, il saper seminare bene e l’affidarci a Lui per il raccolto. Voi francescani avete sempre provato a seminare, in un modo convinto, fedele e coerente». E rivolto a don Viali: «ti abbiamo già accolto nei nostri cuori e nelle nostre preghiere.Per noi sarai padre, maestro e fratello, vogliamo condividere con te ogni gioia e ogni fatica».
Il secondo saluto, a fine Messa, l’ha rivolto padre Immacolato Acquali, primo Francescano dell’Immacolata parroco di S.Spirito, dal 2010 al 2013, e da maggio scorso Ministro Generale dell’intero Istituto dei Frati dell’Immacolata: «sono stati 12 anni bellissimi, carichi di esperienze, con una ventina di Frati che si sono succeduti. Grazie a tutti: in questi anni ci siamo confermati a vicenda nella fede. Il raccolto fatto, ora lo mettiamo nelle mani di Dio, con l’intercessione dell’Immacolata.Alei affidiamo tutti i volti incontrati qui. Non dimentichiamo il cuore della nostra fede: tutto è per il nostro bene». Oltre a padre Acquali era presente anche il Vicario Generale dell’Istituto P. Massimiliano M. Zangheratti.
«Mi auguro che cammineremo insieme, alla luce del Signore», ha detto un emozionato don Viali, “accompagnato” da un pezzo della sua ormai ex UP: don Ruffini, don Bovina e diversi parrocchiani. In questo periodo di passaggio di consegne, ha proseguito, «mi ha molto edificato lo stile che ognuno ha tenuto:molta preghiera e niente chiacchiericcio». Il ringraziamento del neo parroco è poi andato al Beato Alberto Marvelli, “manovale della carità”: «ognuno di noi dev’essere un manovale della carità: in parrocchia, in città, nella Diocesi».
La serata di festa si è conclusa con un lauto rinfresco offerto dai parrocchiani nel campetto retrostante la chiesa. Campetto che, da alcune settimane, è stato abbellito con numerosi murales (religiosi e non), realizzati dall’artista Stefania Frigo, di Negrar di Valpolicella, nel veronese.
Le parole del Vescovo
«La chiesa è la casa della preghiera», ha detto mons. Perego nell’omelia. «Al tempo stesso, il monte e il tempio invitano a seguire uno stile nuovo di vita, uno stile di pace e di dialogo: “non impareranno più l’arte della guerra”». «Il dialogo e la pace sono beni di cui sentiamo l’importanza anche noi oggi – ha proseguito -, in un mondo dove la guerra ritorna, anche alle porte dell’Europa, la violenza entra in famiglia e nei luoghi quotidiani di vita. La Chiesa, casa di Dio, è il luogo dove s’impara la pace, si costruisce la pace, si dona la pace, s’incontra il Dio della pace».
Andrea Musacci
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 2 dicembre 2022
Aperta in Cattedrale l’esposizione sulle preziose scoperte medievali: diverse migliaia di persone nei primi giorni hanno visitato la Cattedrale di Ferrara per la mostra a lei dedicata. Turisti e cittadini accorsi ad ammirare l’esposizione, e a rivivere finalmente la casa di tutti. Giovani, famiglie, studenti e stranieri affollano il Duomo
Visitatori in Duomo lo scorso 28 ottobre
di Andrea Musacci
La bellezza torna a splendere a oltre tre anni dalla chiusura: la Cattedrale di Ferrara, inagibile a causa dei danni del sisma 2012, è stata riaperta lo scorso 27 ottobre in occasione della mostra che presenta lo stato dei lavori e in particolare le scoperte – dopo tre secoli – dei dieci capitelli e fregi medievali delle colonne romaniche inglobate nel XVIII secolo all’interno di alcuni pilastri dell’edificio.
Diverse migliaia di persone fin dalle prime ore di venerdì 28 hanno varcato il portone d’ingresso: gente di ogni età, tanti i giovani, anche universitari, e molti anche i turisti, francesi, giapponesi, tedeschi, anche in comitive. I primi ad entrare sono stati alcuni studenti del Liceo Carducci di Ferrara con i loro insegnanti, seguiti poi da una classe V^ del Liceo Roiti.
La presentazione dell’esposizione “Il Cantiere della Cattedrale” – ideata e curata dall’Ufficio Comunicazioni Sociali (Ucs) della nostra Arcidiocesi (in collaborazione con l’Ufficio Tecnico diocesano) -, ha visto nella mattina di giovedì 27 gli interventi dell’Arcivescovo mons. Gian Carlo Perego, del Vicario generale e Direttore Ucs mons. Massimo Manservigi, di don Stefano Zanella (Direttore Ufficio Tecnico diocesano), di mons. Ivano Casaroli (Presidente del Capitolo della Cattedrale), del Prefetto Rinaldo Argentieri, dell’Assessore comunale Matteo Fornasini, dell’Assessora regionale Marcella Zappaterra e dell’Arch. Alessandra Quarto, Dirigente della Soprintendenza. Il progetto è stato possibile grazie anche al contributo del Comune di Ferrara, Ferrara Arte e al Trust Negri-Malacarne.
Nel dicembre 2020 vennero alla luce frammenti di alcune delle colonne (con capitelli e fregi) medievali che sostenevano l’antico matroneo prima della ristrutturazione settecentesca (1712-1728) guidata da Francesco Mazzarelli. Opere più o meno conservate (alcune sono state rovinate dai lavori svolti nel XVIII sec.), raffiguranti leoni, grifoni e figure antropomorfe, che verranno analizzate, e di cui non si conserva alcuna documentazione. La costruzione del Duomo, chiuso da marzo 2019 coi lavori assegnati alla ditta “Leonardo”, iniziò nel 1132 e si pensa fu diretta dall’architetto e scultore Nicholaus. Una scoperta particolarmente significativa, quella delle antiche colonne, e che, unita al protrarsi dei lavori, hanno convinto l’Arcidiocesi dell’importanza di renderne partecipe l’intera comunità, permettendo anche la devozione alla Madonna delle Grazie – Patrona dell’Arcidiocesi e della Città -, la cui icona è posta nel primo altare a destra dell’ingresso principale.
La speranza, come ha spiegato mons. Perego, è che «l’edificio possa tornare totalmente agibile in occasione del Giubileo del 2025». Possibile apertura già a dicembre 2023.
Nel frattempo, la mostra in Duomo è visitabile tutti i giorni dalle ore 9 alle 12 e dalle 15 alle 18. A breve sarà disponibile anche un depliant illustrativo.
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 4 novembre 2022(dove è possibile trovare il servizio completo sul Duomo, di 3 pagine)
L’8 ottobre a Casa Cini la presentazione della nuova edizione del libro “Un cristiano senza aggettivi” dedicato al dirigente dell’AC. Una vita appassionata ripercorsa tra storia collettiva e personale
L’8 ottobre il salone di Casa Cini a Ferrara ha ospitato la presentazione del libro “Bruno Paparella. Un cristiano senza aggettivi”, appena edito dalla nostra Diocesi (Ufficio comunicazioni sociali – Ucs) nella collana “Con occhi nuovi – Profili”. Lo stesso Ucs ha realizzato i quattro pannelli esposti durante l’incontro, al quale hanno partecipato una 60ina di persone. Libro e incontro sono stati resi possibili grazie all’iniziativa e all’organizzazione di Francesco Paparella, nipote di Bruno.
Bruno Paparella (Ferrara, 14 settembre 1922 – Roma, 29 ottobre 1977) è stato Segretario Generale dell’Azione Cattolica. Fu anche partigiano nella 33ª brigata Ferrara, presidente dell’AC di Ferrara e dei Comitati Civici ferraresi nelle elezioni del 1948, vice Segretario generale dell’AC dal 1948 al 1952 e responsabile della formazione permanente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Giorgio Vecchio (già Ordinario di Storia Contemporanea all’Università di Parma) ha ripercorso la biografia di Paparella, sottolineando ad esempio, nella sua giovinezza, la forte partecipazione alla vita parrocchiale, che significava «forte dimensione popolare, nonostante l’ambiente benestante dal quale Paparella proveniva».
Paolo Trionfini (docente di Storia Contemporanea all’Università di Parma, Direttore ISACEM – Istituto per la storia dell’Azione Cattolica) si è invece soffermato in particolare sul periodo romano di Paparella.
A seguire, vi sono state diverse testimonianze: Corrado Truffelli, ex politico DC parmense (e padre di Matteo, ex Presidente nazionale AC) ha ricordato il suo «senso dell’accoglienza» e la sua pazienza. Letizia Fallani (figlia di Giovanni, caro amico di Paparella negli anni romani, ex Direttore del Sir e capo ufficio stampa dell’AC) ha ricordato «l’allegria e la voce gentile» di Paparella durante le cene tra le due famiglie. «Verità e autenticità erano le due parole che contraddistinguevano mio padre e Bruno», ha aggiunto. Gianfranco Maggi, albese, successore – dal ’72 al ’74 – di Paparella come Segretario generale dell’AC italiana, ha ripercorso il filo di continuità presente in Paparella, dall’immediato dopoguerra al nuovo Statuto dell’AC alla fine degli anni ’60. Infine, hanno portato una loro breve testimonianza anche Maria Bellucci (figlia di Vittorio, dirigente dell’AC) e Chiara Ferraresi (ex Presidente dell’AC diocesana e figlia di Pino Ferraresi, che ricoprì lo stesso ruolo dall’83 all’89). Durante le testimonianze, sono state proiettate alcune foto e brevi frammenti video di Paparella, a cura di Carlo Magri.
L’incontro – introdotto e moderato da Riccardo Modestino – si è concluso con le considerazioni finali di mons. Gian Carlo Perego. «Paparella, come tanti altri – ha riflettuto -, ha trovato nell’AC un luogo decisivo di formazione e di azione. In un certo senso, è stato anche erede della testimonianza di Giovanni Grosoli, della sua attenzione per il mondo economico e la stampa». «Laicità e missionarietà», per mons. Perego, hanno sempre contraddistinto il suo impegno nella Chiesa e nella società, senza dimenticare il suo attivismo antifascista. A tal proposito, il Vescovo ha annunciato come si stia lavorando per presentare l’allora Vescovo di Ferrara mons. Ruggero Bovelli come “Giusto fra le Nazioni” per la sua attività a favore di tanti ebrei.
Andrea Musacci
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 14 ottobre 2022
L’interessante confronto tra i movimenti e le associazioni della nostra Diocesi sul percorso sinodale
Mescolarsi, concretizzare, uscire. Sono questi i tre verbi che ricorrono nel confronto in atto nella nostra Diocesi sul tema del Sinodo.
L’incontro on line della Consulta delle aggregazioni laicali svoltosi lo scorso 11 gennaio (di cui in parte abbiamo già parlato nel numero scorso) ha confermato da più parti la volontà profonda di dialogare sull’anima e la missione della Chiesa, contaminandosi appunto – nel giusto equilibrio tra unità e rispetto delle differenze -, pensando a iniziative comuni e rivolgendosi, com’è nello spirito sinodale, a chi la Chiesa non la conosce, non la vive o l’ha abbandonata.
Tanti i presenti all’incontro dell’11: Massimo Minichiello (CVX), Francesca Ferretti (Agesci), Monica Rivaroli, Giorgio Maghini, Marcello Musacchi (Uffici pastorali diocesani), Pia Rovigatti (Cooperatori Salesiani), Massimo Martinucci (Unione Preghiera Beato Carlo), Franca Malini Poggi (Movimento dei Focolari), Leonardo Gallotta (Alleanza Cattolica), Alberto Mambelli, Grazia Fergnani (Rinascita Cristiana), Umberto D’Antonio, Luciano Giuriola, Chiara Benvenuti (Le Bissarre), Alice Baserga (Incontro Matrimoniale), Lorenzo Lipparini (Neocatecumenali, presenti per la prima volta), Grazia Ansaloni (Ass. Suor Veronica), Chiara Ferraresi (AC), Carlo Tellarini (CL).
Conoscersi, mescolarsi
«L’invito è a mescolarsi nel rispetto di ogni carisma ed esperienza, per far circolare le varie ricchezze o povertà verso la scoperta di una nuova forma di Chiesa», ha esordito Minichiello. Tema ripreso anche da Martinucci: «quando si parte per camminare insieme non si parte mai dall’inizio perché tutti noi stavamo già camminando, non occorre ricominciare da capo. Faccio presente che sul tema della famiglia, esiste già qualcosa che si è mescolato in questi anni: il Forum delle Associazioni Famigliari». Ferraresi ha rimarcato: «Mi piacerebbe il fatto di mescolarsi e di lavorare in piccoli gruppi», quest’ultima, fase che potrebbe partire dopo la Giornata del Laicato (GdL) di febbraio. E a proposito della GdL, Maghini ha spiegato come «la Giornata del Laicato potrebbe favorire questo incontro tra noi». Sul delicato equilibrio tra comunione e valorizzazione delle differenze, positivo è stato l’intervento di Malini Poggi: «è un’occasione bellissima per continuare a conoscerci. Questo Sinodo dovrebbe essere l’occasione per approfondire certi argomenti, per conoscerci di più e dire le nostre esperienze». «Da una parte non c’è cammino se non si tiene conto delle singole esperienze», ha incalzato Musacchi. «Dall’altro, si deve tenere conto che quello che le singole realtà fanno diventa un cammino comune, nello stile sinodale. Non è semplice, perché mettere insieme le cose non viene automatico».
Nel quotidiano
Riconoscersi, non mescolarsi, ha puntualizzato Tellarini: «è il dialogo di Cristo con l’uomo che ci interessa». «Mi piacerebbe – ha proseguito, introducendo il secondo verbo, quello del concreto dell’esperienza – che quando ci incontriamo si potesse anche entrare nel merito e fare emergere la diversità e la particolarità con cui oggi la nostra Chiesa vive l’incontro con l’uomo. Negli ambienti che viviamo quotidianamente, come la nostra presenza è segno di Cristo?». Di «lavoro costruttivo e non semplice condivisione di esperienze» ha parlato Gallotta, riflettendo anche sull’importanza di «definire verso dove vogliamo camminare e che cosa vogliamo raggiungere». Sulla stessa linea, Mambelli: «dovremmo cercare di dirci la fatica della nostra fede, la fatica dell’affrontare ogni giorno i problemi. Cosa ci aspettiamo dalla nostra Chiesa? Come noi siamo Chiesa? Dobbiamo ragionare sull’uomo di oggi».
E fuori dalla Chiesa?
Il Sinodo nasce soprattutto per ripensare nuove forme per far conoscere Cristo (e la sua Chiesa) a chi non lo conosce o lo rifiuta. «Mi ha spinto a partecipare a questi incontri l’idea di portare l’annuncio al di fuori dalla Chiesa», ha spiegato Lipparini. «Per molti la porta è chiusa, per altri è necessario mettere il piede per tenerla aperta». «Dobbiamo avvicinarci alle motivazioni di chi si è allontanato dalla Chiesa», ha ripreso D’Antonio».Un mondo spesso ostile o inesplorato è quello giovanile. «Attenzione ai contenuti che si sceglieranno, se li vogliamo vicini ai giovani», è il pensiero di Ferretti. «La Giornata del Laicato non riscuote molto successo tra i giovani, possiamo fare qualcosa?». «Certamente la nostra Diocesi ha bisogno di incontrare e capire i giovani, si gioca lì il nostro futuro e il nostro essere Chiesa», ha riflettuto Rovigatti. «Certamente, può essere il caso di leggere le tematiche del Sinodo in un’ottica di futuro e di coinvolgimento dei giovani. Occorrono rapporti e tempo, non basta invitarli alle nostre iniziative».
Andrea Musacci
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 28 gennaio 2022
Il 7 ottobre presentato “Cantiere Pomposa”: il saluto del Vescovo e l’intervento di Riccardo Piffanelli (Archivio storico diocesano) sul “Fondo San Benedetto”, «custode del passaggio da Pomposa a Ferrara»
“Cantiere Pomposa” «ci aiuta a valorizzare maggiormente quel gioiello di arte, architettura e storia del monachesimo che è l’Abbazia di Pomposa».
Con queste parole mons. Gian Carlo Perego, Abate di Pomposa oltre che Arcivescovo della nostra Diocesi, ha introdotto i lavori del pomeriggio di studio svoltosi lo scorso 7 ottobre in Biblioteca Ariostea a Ferrara. L’occasione è stata la presentazione del portale dedicato al Monastero di Pomposa, una cornice per studi e ricerche sull’antica fondazione benedettina, un’iniziativa promossa dalla Deputazione provinciale ferrarese di storia patria in collaborazione con Comperio srl. Il “Cantiere” vede avviato un primo progetto, “L’abbazia di Pomposa e le sue scritture. L’archivio e la biblioteca tra X e XII secolo: una ricostruzione virtuale”, per ricostruire virtualmente l’unità originaria dell’archivio e della biblioteca tra X e XII secolo. «Pomposa – ha proseguito mons. Perego – caratterizza la storia del Delta e dell’intero nostro territorio. È importante che diverse istituzioni collaborino per mettere in luce un tassello così importante della storia medievale. Si tratta, quindi, di un lavoro che merita grande attenzione e sostegno». Presenti in sala anche don Andrea Malaguti (Direttore entrante dell’Archivio storico diocesano), Mauro Fogli (Biblioteca del Seminario vescovile di Comacchio) e Giovanni Lamborghini (Commissione diocesana per l’Arte sacra e i Beni culturali).Dopo il Vescovo, hanno portato i loro saluti Angelo Andreotti (Dirigente Biblioteche e Archivi Comune di Ferrara), Claudio Leombroni (Dirigente Biblioteche e archivi, Servizio Patrimonio culturale Regione Emilia-Romagna), Cesare Bornazzini (Presidente Associazione Caput Gauri) e Franco Cazzola (Presidente della Deputazione provinciale ferrarese di storia patria), che ha anche chiuso i lavori e ricordato due grandi studiosi di Pomposa, mons. Antonio Samaritani e Adriano Franceschini.
Poi via coi vari interventi, fra cui quello di Riccardo Piffanelli dell’Archivio Storico Diocesano di Ferrara-Comacchio, la cui relazione ha redatto insieme a Rachele Zacchini, laureanda dell’Università di Bologna e tirocinante nel nostro Archivio diocesano.
Piffanelli ha illustrato il rapporto esistente fra Pomposa e il cosiddetto “Fondo S. Benedetto” conservato proprio nell’Archivio ubicato in Arcivescovado. Fondo che è «custode del passaggio da Pomposa a Ferrara». «Nel 1553 i benedettini lasciarono Pomposa per trasferirsi nel monastero di S. Benedetto entro le Mura di Ferrara, portandosi con sé il loro archivio», ha spiegato. «Il monastero di S. Benedetto fu soppresso nel 1797 e le sue carte presero strade diverse. A Ferrara esse furono protocollate una ad una secondo una prassi consolidata dell’epoca». Il Protocollo dell’Archivio di questo Monastero, forse del 1799, «sancì ufficialmente la nascita del fondo S. Benedetto all’interno dell’archivio demaniale del Dipartimento Basso Po prima, di quello pontificio poi». Il nostro Archivio storico diocesano «conserva anche gli Atti di Protocollo del Vice Commissariato dei Residui Beni Ecclesiastici e Camerali di Ferrara, da cui è possibile ricavare alcune notizie anche sulla chiesa di S. Benedetto». Proseguendo, «nel 1853 il Ministero delle Finanze del Governo pontificio consegnò il “Grande Archivio dei Residui Beni Ecclesiastici”, fino a quel momento custodito nell’ex Casa dei Teatini, al card. Luigi Vannicelli Casoni, allora arcivescovo di Ferrara». Fu così che il “Fondo S. Benedetto” e le sue carte pomposiane giunsero, insieme ad oltre un centinaio di altri fondi, nel Palazzo arcivescovile dove sono ancora conservati.
Andrea Musacci
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 15 ottobre 2021
Quasi 300 persone il 17 settembre hanno partecipato al Convegno “Pandemia: sfide per l’etica della salute e dell’imprenditoria nel territorio ferrarese”, organizzato dalla nostra Arcidiocesi e dall’UCID Ferrara. Sono intervenuti Stefano Bonaccini (Presidente Emilia-Romagna), il card. Matteo Zuppi (Arcivescovo di Bologna) e Andrea Crisanti (Università di Padova). Conclusioni affidate a mons. Gian Carlo Perego
A cura di Andrea Musacci
Una rete di prossimità, un intarsio di servizi, saperi e professionalità necessarie per imparare la lezione fondamentale della pandemia: uscirne migliori di come c’eravamo entrati.
Sono queste le riflessioni emerse da ognuno dei relatori intervenuti la sera dello scorso 17 settembre in occasione del Convegno intitolato “Pandemia: sfide per l’etica della salute e dell’imprenditoria nel territorio ferrarese”, moderato dal Presidente UCID Ferrara Antonio Frascerra. L’incontro tenutosi al Teatro Comunale di Ferrara alla presenza di circa 290 persone, è stato organizzato dagli Uffici diocesani Pastorale della Salute e Pastorale Sociale, Lavoro, Giustizia, Pace e Salvaguardia del Creato, dalla Sezione UCID di Ferrara, con il patrocinio della Fondazione “Dott. Carlo Fornasini” e di BPER.
Presenti diverse autorità, fra cui il Prefetto Michele Campanaro e l’Assessore Regionale Paolo Calvano, oltre all’Assessore Marco Gulinelli, intervenuto per un breve saluto iniziale e presente al posto del Sindaco a rappresentare l’Amministrazione comunale. Ricordiamo che il convegno è il primo dei tre previsti sul tema “Salute e territorio”. Il secondo è in programma tra febbraio e marzo 2022 e avrà come titolo “Sanità e imprese: un dialogo necessario nella sostenibilità”, mentre il terzo e ultimo è previsto per ottobre-novembre 2022 e verterà sul tema “Sanità: per una valida risposta sociale”.
«Fraternità e speranza per i beni comuni»: Mons. Gian Carlo Perego Soprattutto in un periodo complesso come l’attuale, «è importante avere visioni condivise, atteggiamenti e risposte responsabili da parte di tutta la comunità», ha riflettuto il Vescovo nel suo intervento conclusivo. Citando La Pira, mons. Perego ha ribadito come vadano difesi i beni comuni – «il tempio, la casa, la scuola, l’officina e l’ospedale, contro le tre pestilenze della violenza, della solitudine e della corruzione». Per il Vescovo va superata la «visione corporativistica e protezionistica», sviluppando «un nuovo modello di cura», innovativo e di prossimità (a tal proposito ha elogiato in particolare il ruolo fondamentale delle badanti), non dimenticando «la cura di tutti i beni comuni» del territorio – a partire dalla nostra Cattedrale, «da troppo tempo chiusa». «Fraternità e speranza», «condivisione verso obiettivi comuni»: questo serve al nostro territorio per non sprecare la lezione della pandemia.
«La casa dev’essere luogo di cura»: Card. Matteo Zuppi «La pandemia ci ha dato lezioni severissime: sarebbe un peccato non ascoltarle». Non ha usato giri di parole il card. Zuppi, che ha scelto di partire da alcune gravi conseguenze dell’attuale emergenza sanitaria, come «l’aumento del disagio psichico e i tanti casi di solitudine e abbandono. Il diritto alla salute è anche il diritto a vivere una rete di relazioni: da soli, la fragilità diventa terribile. Serve una rete di prossimità per l’“emergenza ordinaria”» che vivono tutti i soggetti deboli, ha proseguito.Partendo dalla Dottrina Sociale della Chiesa, il card. Zuppi ha poi riflettuto su come «la speculazione non mette mai al centro la persona, è il contrario della stessa opportunità imprenditoriale, è senza volto e non considera i volti delle persone». Il diritto alla salute, invece, «dev’essere garantito a tutti, anche se non “conviene”». La persona per la Chiesa «“conviene” sempre, anche quando è debole, fragile», come nel caso degli anziani o nelle fasi terminali della vita. Se, invece, queste questioni vengono lette da un punto di vista economico, «si perde la centralità della persona e la situazione diventa davvero grave». Il card. Zuppi ha poi posto l’accento sugli anziani, in particolare proponendo l’assistenza domiciliare come pratica virtuosa da incentivare fortemente: «la casa deve diventare un luogo di cura».
«Più sorveglianza e tracciamenti»: Andrea Crisanti Distanziamento sociale, sorveglianza/tracciamento, vaccini sono ancora, per Crisanti, i tre strumenti fondamentali per controllare la pandemia. Riguardo al primo, nonostante abbia «un costo economico devastante e non serva, da solo, a controllare o eliminare la pandemia», è fondamentale perché «permette di prendere tempo per sviluppare gli altri due». Riguardo alla sorveglianza e al tracciamento, «a differenza di altri Paesi, in Italia le facciamo in modo inadeguato: con l’Ausl di Ferrara stiamo lavorando a un sistema più efficace». Il capitolo vaccini e Green pass: riguardo a quest’ultimo, pur essendo «uno strumento molto importante per incentivare a vaccinarsi», Crisanti ha sottolineato che «non dev’essere presentato come uno strumento di sanità pubblica, in quanto di per sé non può creare ambienti totalmente sicuri dai contagi». Sui vaccini, oltre a ribadire la necessità di una terza dose, Crisanti ha messo in guardia dal «non sottovalutare la possibilità che arrivi una variante resistente al vaccino».
Dalla pandemia si esce, quindi, «non sperando che il virus diventi più “buono”» ma continuando con Green Pass e vaccini e «sperando che i futuri vaccini siano più efficaci, più duraturi e vengano distribuiti anche ai Paesi più poveri».
Sanità, clima e digitale, le proposte della Regione: Stefano Bonaccini «Oggi iniziamo a vedere la luce in fondo al tunnel. In Emilia-Romagna sono 3milioni e 100mila le persone sopra i 12 anni vaccinate. Entro fine ottobre contiamo di avvicinarci al 90% dei vaccinati».
È partito dai dati, Bonaccini, da quei numeri che fotografano un presente positivo inducendo così all’ottimismo. «La nostra Regione può diventare la locomotiva d’Italia: qui la ripartenza potrà avvenire prima e meglio che altrove. I numeri dell’export e le previsioni di crescita sono più che positive», merito anche, ci tiene a dirlo il Presidente, «dei tanti bravissimi imprenditori del nostro territorio». Il fondamentale contributo dei privati alla crescita non deve, però, far venire meno l’intervento del pubblico – Stato e Regione – «per difendere due diritti fondamentali, come quello all’istruzione e quello alla salute». Su quest’ultimo, «investiremo ancora di più, anche grazie ai finanziamenti del PNRR, puntando su una nuova generazione di professionisti». Oltre alla costruzione di nuovi ospedali («nel piacentino nascerà uno dei primi post Covid»), l’idea è «di irrobustire maggiormente la sanità territoriale, a partire dalle Case della Salute – già 120 in Regione, destinate ad aumentare -, il pilastro della sanità del futuro» e puntando molto sull’«assistenza domiciliare».
Venendo al territorio ferrarese, Bonaccini ha sottolineato l’importanza di «una sanità territoriale più forte e radicata soprattutto nel Basso ferrarese». Più in generale, la nostra provincia, pur crescendo più lentamente rispetto alle altre province della Regione, «nei prossimi mesi avrà uno sviluppo deciso, recuperando lo svantaggio accumulato per ritardi storici». Il completamento della Cispadana e sopratutto il Patto per Ferrara sono per Bonaccini due importanti progetti per rilanciare il nostro territorio.In conclusione, il Presidente ha voluto affrontare due problematicità. La prima, la crisi demografica: «negli ultimi decenni le politiche per la famiglia sono state deboli, anche per responsabilità della mia parte politica, la sinistra. Abbiamo in cantiere diverse proposte per aiutare le famiglie numerose, gli studenti e i pendolari». La seconda seria questione riguarda l’emergenza climatica e digitale: «la transizione ecologica e lo sviluppo digitale possono rappresentare grandi opportunità di lavoro, un lavoro che sia di qualità e non precario».
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 24 settembre 2021
Mi chiamo Andrea Musacci.
Da aprile 2014 sono Giornalista Pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna.
Sono redattore e inviato del settimanale "la Voce di Ferrara-Comacchio" (con cui collaboro dal 2014: http://lavoce.e-dicola.net/it/news - www.lavocediferrara.it), collaboro col quotidiano "la Nuova Ferrara" (dal 2012) e col quotidiano nazionale "Avvenire" (dal 2015). Ho collaborato anche con il sito "Listone mag".
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