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Basso Ferrarese, ecco la ricerca CISL-CDS

31 Gen

Impresa, demografia, infrastrutture non vanno. Servono interventi pubblici. Una proposta seria

È ora disponibile il Rapporto finale del progetto di ricerca “Sulla sostenibilità socio-economica ed ambientale nell’Area Interna del Basso Ferrarese”, promosso da CISL Ferrara e a cura di CDS – Centro Ricerche Documentazione e Studi Economico Sociali OdV, con la Collaborazione Scientifica di Aurelio Bruzzo, già afferente al Dipartimento di Economia e Management UniFe. Qui il testo completo della Ricerca: urly.it/3149s2

Risulta evidente – è scritto nel testo – che nell’Area Interna Basso Ferrarese è presente «un circolo vizioso che ovviamente andrebbe interrotto, per poter lanciare un vero e proprio processo di sviluppo». Circolo vizioso «alimentato dallo spostamento al di fuori dell’area in oggetto di importanti risorse – come il capitale umano e presumibilmente anche il capitale finanziario» che «contribuiscono all’ulteriore impoverimento dell’Area Interna, soprattutto in termini di potenzialità circa un futuro sviluppo socio-economico. L’interruzione di tale circolo non può che avvenire attraverso l’adozione di una serie di misure d’intervento pubblico».

L’Area Interna – «anche a causa dello spostamento verso l’esterno – gode di una minore quantità di forza lavoro rispetto all’area rimanente che compone la provincia di Ferrara; inoltre si è appurato che nell’Area Interna sono maggiormente presenti le imprese di piccola o piccolissima dimensione, le quali molto spesso sono diffuse sul territorio, anziché essere agglomerate in apposite aree attrezzate destinate alle attività produttive (industriali e terziarie), come quella di San Giovanni di Ostellato. Tutto ciò comporta che le imprese localizzate nell’Area interna non usufruiscono né delle economie di scala né di quelle di agglomerazione; conseguentemente, esse sostengono costi di produzione molti elevati che vanno a ridurre i margini di guadagno registrati nei bilanci aziendali. La disponibilità di manodopera non particolarmente formata – salvo le debite eccezioni – contribuisce ad ottenere dalle iniziative imprenditoriali operanti nell’Area livelli di produttività e di redditività inferiori a quelli possibili, che si riesce invece ad ottenere al di fuori dell’Area».

Per quanto riguarda le famiglie, «a causa del basso livello di reddito pro capite goduto dai residenti nei Comuni dell’Area, i consumi che in parte potrebbero essere costituiti da autoconsumo, sono anch’essi limitati, per cui la domanda di beni di consumo avanzata nei confronti delle imprese produttive, locali e non, sarà anch’essa limitata», e quindi queste «riusciranno a produrre una quantità altrettanto limitata di beni».

Proseguendo, l’Area interna Basso Ferrarese si caratterizza per «un elevato livello di fragilità socio-demografica, a causa dello spopolamento e dell’invecchiamento della popolazione che rimane a risiedere, di frammentazione territoriale delle attività produttive e di una elevata, quanto paradossale differenziazione fra i Comuni che la compongono, che sono di diversa dimensione demografica e specializzati in attività tra loro diverse, ma non complementari».

Un’altra caratteristica propria di quest’area è rappresentata dalla «carenza di infrastrutture, sia materiali che immateriali, rispetto al resto del territorio provinciale in settori come quelli delle telecomunicazioni, del trasporto pubblico e, di conseguenza, della mobilità, mediante le quali si potrebbe favorire delle relazioni più intense e strette sia all’interno dell’Area stessa, sia con le aree contermini presenti nella provincia, a ovest e a sud, nonché con quelle delle province circostanti (in particolare Rovigo, Modena, Bologna e Ravenna). Le maggiori, sia in termini di frequenza che di intensità, relazioni consentirebbero ovviamente di incrementare gli scambi commerciali, sia con le attività produttive localizzate nelle aree menzionate, sia con quelle straniere attraverso infrastrutture logistiche e di trasporto – come le ferrovie e le banchine portuali – presenti in altre aree della regione, come la provincia di Ferrara». A tal proposito, importante è il recente progetto di Zona Logistica Semplificata, imperniata sul porto di Ravenna, «della quale però le attività produttive localizzate nell’Area Interna che volessero effettuare attività di import-export non potrebbero avvalersi di un collegamento diretto attraverso la Strata statale Romea (S.S. 309) o una adeguata rete ferroviaria, per ricorrere al polo logistico di Bondeno, situato molto più a ovest».

Andando avanti nell’analisi, si registra la totale assenza di un adeguato coordinamento tra i progetti di investimento pubblico finanziati mediante il PNRR, la politica di coesione europea e la STAMI (Strategie territoriali per le aree montane e interne, ndr), in sede di programmazione iniziale e a livello di intera Area interna». Andrebbe invece «individuata una sede o un soggetto istituzionale che riesca a svolgere una simile funzione di coordinamento».

Per concludere, i sopracitati necessari interventi finalizzati allo sviluppo reddituale e a quello del benessere sociale «dovrebbero essere effettuati in vari ambiti di competenza pubblica (dall’assistenza socio-sanitaria all’istruzione, dalla creazione di nuovi posti di lavoro duraturi e di qualità alla salvaguardia dell’ambiente, dalla valorizzazione turistica e culturale delle numerose località dotate di caratteri di attrattività, ecc.)»; e «dovrebbero puntare all’inversione del trend demografico e a favorire l’inclusione della nuova popolazione che volesse trasferirsi in questa area, che presenta numerose e inestimabili ricchezze ambientali». Il «recupero dell’attuale patrimonio residenziale, attraverso la sua ristrutturazione e l’adeguamento dal punto di vista energetico» è un intervento «mai stato preso in debita considerazione» ma significativo per il futuro di quest’area che ancora vive difficoltà e contraddizioni profonde che la rendono povera e poco attrattiva.

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 31 gennaio 2025

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«Il lavoro è il motore della società»: la voce dei sindacati verso il 1° maggio

26 Apr

La parola ai Sindacati confederali: dignità, persona e comunità sono i termini più ricorrenti. Abbiamo interpellato i tre Segretari provinciali per ragionare sui fronti aperti, sul senso del 1° maggio e sul ruolo del sindacato

a cura di Andrea Musacci
“L’Italia Si Cura con il lavoro” è il tema scelto a livello nazionale da CGIL, CISL e UIL per il 1° maggio di quest’anno. Per l’occasione ci siamo rivolti ai Segretari ferraresi delle tre sigle per fare il punto sulla situazione nel nostro territorio e ragionare su che senso ha una Festa come quella del 1° maggio in un’epoca dove il lavoro è spesso precario, sommerso e “disperso”.
Agricoltura, sanità, scuola, chimica sono solo alcune delle categorie storicamente tutelate ma nelle quali l’azione sindacale è sempre necessaria. E poi ci sono i nuovi fronti, come quello dei riders e del cosiddetto smart working.Insomma, dove il lavoro manca o è sfruttato o precario, è la democrazia stessa a venir meno o a essere indebolita. Con conseguenze nella vita di tutti.


Cristiano Zagatti (CGIL): «anche nel ferrarese tanti lavoratori non sono tutelati. Diamo voce a loro, agli sfruttati e ai precari di ogni categoria»

«La ricchezza prodotta concentrata in sempre meno “tasche”, il profitto come unico fine, lo sfruttamento della forza lavoro, la violenta e sleale competizione tra aziende contrapposta alla cooperazione e al rispetto della legalità, la politica dello scarto applicata alla persona sono alcune scelte politiche nate ben prima della pandemia». Una lucida analisi sul perché è importante il 1° maggio e il sindacato ce la propone Cristiano Zagatti, Segretario Generale CGIL Ferrara.
Lo schema dell’attuale sistema economico «è sempre quello: rendere meno tutelate le persone per sfruttarle e metterle in contrapposizione tra loro. Quando riusciremo a comprendere che non è un problema solo degli ultimi, allora potremo sperare in qualche miglioramento per tutte/i». In questi anni, «come CGIL abbiamo difeso il valore dei Contratti Collettivi Nazionali, con la contrattazione nelle aziende organizzate, sottoscritto importanti contratti provinciali sottoscritti, oltre al patronato e alla tutela fiscale, ma non è sufficiente». Infatti, per Zagatti, «la maggior parte del lavoro in provincia di Ferrara è fuori dalle grande aziende e dalla tutela sindacale. Decisamente meno efficace, quindi, è stata la nostra azione di contrasto al processo di frammentazione del mondo del lavoro e alla tutela di chi l’ha subito». A chi parla, quindi, nel 2021 la Festa del 1° maggio? «Questo 1° Maggio deve dar voce al lavoro a rischio, maltrattato, sfruttato, precario, insicuro e perso. Non sarà l’egemonia del capitale economico e finanziario ad offrire ai più nuova ricchezza. La Festa ha senso per far rientrare di nuovo il lavoro al centro della percezione e dell’immaginario collettivo. Il lavoro come motore della società e non solo visto come produttore di ricchezza. Il lavoro di chi non può fermarsi per garantire prodotti, servizi, cura ed assistenza primari e, allo stesso tempo, il lavoro di chi è obbligato ad attendere o a rallentare e oggi è disperato».


Bruna Barberis (CISL): «costruiamo insieme una società solidale dove nessuno resti indietro»

«Siamo in una fase storica in cui c’è bisogno di costruire un modello di società responsabile, coesa e solidale. Una società oltre confine, dove nessuno resta indietro e dove il lavoro da sempre è emblema di dignità, realizzazione, crescita per la persona e per la comunità». Così riflette a “La Voce” Bruna Barberis, Segretaria Generale CISL Ferrara.«A livello locale – prosegue -, la CISL assieme a CGIL, UIL e alle Federazioni di categoria, affronta tutti i temi che coinvolgono la centralità della persona. Il confronto, spesso difficile e a volte impedito dalla non volontà di riconoscere il ruolo delle Organizzazioni Sindacali, rimane comunque lo strumento principe della nostra azione». «La pandemia ha messo in evidenza i limiti strutturali dell’economia della nostra provincia. Abbiamo davanti a noi una straordinaria occasione legata alle risorse economiche previste dal PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr), ma solo se sapremo cogliere l’opportunità per costruire un progetto condiviso che affronta i temi della salute, delle donne, dei giovani, degli anziani, se sapremo indirizzare l’economia e il tessuto produttivo nel rispetto della sicurezza, della legalità e dell’ambiente, se agiremo come una sola intelligenza collettiva». Per questo, «la CISL, assieme a CGIL e UIL – conclude -, è impegnata a dare il proprio contributo alla discussione iniziata al Tavolo provinciale dell’Economia e del Lavoro, confronto che abbiamo subito richiesto come Organizzazioni Sindacali».


Massimo Zanirato (UIL): «siamo dove c’è un sopruso. Dai riders al Petrolchimico: ecco i fronti»

«I compiti della UIL – ragiona con noi Massimo Zanirato, Segretario Generale UIL Ferrara – sono tanti e si concentrano in particolare dove viene meno un diritto, dove c’è un sopruso, un’ingiustizia o una discriminazione (come nel caso dei migranti). I tempi sono cambiati ma la necessità di rivendicare nuovi diritti è attualissima: penso al diritto di disconnettersi per il lavoratore in smart working o il diritto alle ferie e alla malattia dei riders».  Tanti i fronti aperti: «a livello nazionale cito ad esempio la campagna “Zero morti sul lavoro” a tutela delle troppe vittime e sul mantenimento del blocco dei licenziamenti e degli ammortizzatori sociali per tutto il periodo pandemico». Nel ferrarese, invece, «le nostre categorie hanno fatto intese per il distanziamento sociale nei luoghi di lavoro, per la Cassa integrazione per il Covid, fornito assistenza nei licenziamenti individuali. Ci siamo occupati di vertenze aziendali come ad esempio Berco, ma anche di tutelare i lavoratori agricoli discontinui che nella nostra provincia sono tanti. La categoria dei chimici, poi, è impegnata nella vertenza che vede il Petrolchimico rischiare il proprio futuro a causa della chiusura del cracking di Porto Marghera che alimenta le produzioni ferraresi. Bisogna evitare – conclude – che i tempi della giusta conversione “green” del Petrochimico veneziano penalizzi le nostre produzioni tradizionali mettendo a repentaglio non solo i 1600 dipendenti del Petrolchimico estense, ma anche le diverse migliaia di addetti delle imprese della logistica, dei servizi e delle manutenzioni che al Petrolchimico lavorano e delle aziende della trasformazione della plastica delle nostra regione».

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 30 aprile 2021

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