
Conferenza del Gramsci nel 60° dell’enciclica: ecco alcune criticità
Un importante momento di dialogo fra credenti e non credenti è stato rappresentato dalla conferenza “L’enciclica Pacem in terris e il laboratorio fiorentino” svoltasi lo scorso 22 settembre in Biblioteca Ariostea a Ferrara. Organizzata dall’Istituto Gramsci Ferrara all’interno del ciclo “Anatomia della pace”, è stata pensata in collaborazione con Isco Ferrara, CGIL Ferrara, Biblioteca Ariostea, Runipace e con il patrocinio di UniFe e Comune di Ferrara.
Ricorre quest’anno il 60° anniversario della pubblicazione dell’enciclica di San Giovanni XXIII, ultimo suo testo prima del ritorno alla Casa del Padre.
Nella relazione introduttiva, Alessandra Mambelli ha ripercorso brevemente le vicende di Pax Christi a Ferrara e i 30 anni di Convegni di “Teologia della pace” organizzati dallo stesso movimento, interrottisi nel 2019 (nella speranza che possano riprendere quanto prima). L’intervento principale è stato quello di Fiorenzo Baratelli (Istituto Gramsci Ferrara), il quale ha anche ricordato alcune figure del cattolicesimo fiorentino di quegli anni – Giorgio La Pira, padre Ernesto Balducci, Mario Gozzini e Gian Paolo Meucci.
TERRA E CIELO
«La Pacem in terris – ha riflettuto Baratelli – parla di un mondo da costruire, cercando di leggere i segni dei tempi e guardando lontano, con una sconvolgente attualità profetica». Cinque, secondo il relatore, gli ambiti “rivoluzionari” del testo. Il primo: il trattare «della terra, della carne, della storia», e non dell’aldilà. Concetto opinabile, questo, se riguarda una fede, come quella cristiana, nella quale da una parte l’Incarnazione è centrale – con tutto ciò che ne consegue – e, dall’altra parte, altrettanto imprescindibile è la consapevolezza che la pace che dobbiamo costruire qui e ora è sì una necessaria preparazione del Regno ma non sarà mai la Pace piena della Comunione con Dio. La stessa Pacem in Terris inizia così: «La Pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio». E nella parte finale (n. 90), Giovanni XXIII spiega come la costruzione della pace sulla terra è «impresa tanto nobile e alta, che le forze umane (…) non possono da sole portare a effetto», ma «è necessario l’aiuto dall’alto».
QUALE DIGNITÀ?
Secondo: il concetto di “dignità” che «lega tra loro pace e giustizia, pace e libertà».Concetto, per la Pacem in Terris centrale, ma che andrebbe letto in questi termini (n. 5): se «si considera la dignità della persona umana alla luce della rivelazione divina, allora essa apparirà incomparabilmente più grande» (corsivo nostro). Terzo: l’indicare nei «rapporti di dominio l’ostacolo principale alla realizzazione della pace e alla valorizzazione della dignità».E ancora: i cosiddetti «segni dei tempi», e l’importanza di «abbattere i muri distinguendo tra ideologie e movimenti reali».
GUERRA GIUSTA/LEGITTIMA DIFESA
Da qui, le parole chiare dell’enciclica sul disarmo e sul «superamento – secondo Baratelli – del concetto di guerra giusta». Ma nella Gaudium et spes (n. 79), Costituzione fondamentaledel Concilio Vaticano II, è scritto: «Fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa». Ed è utile anche ricordare come nello stesso Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2309 si parli delle «strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente: che il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo; che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci; che ci siano fondate condizioni di successo; che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare».
Venendo all’attualità, lo stesso Papa Francesco nel Messaggio in occasione del Convegno sulla Pacem in terris organizzato dall’Accademia delle Scienze Sociali, scrive: «La preoccupazione per le implicazioni morali della guerra nucleare non deve far passare in secondo piano i problemi etici sempre più urgenti sollevati dall’uso nella guerra contemporanea delle cosiddette “armi convenzionali”, che dovrebbero essere utilizzate soltanto a scopo difensivo e non dirette ad obiettivi civili».
Spunti utili per proseguire anche la riflessione sulla guerra d’invasione russa in Ucraina, cercando di non dimenticare chi è l’invasore e chi l’invaso, e come il primo rifiuti da oltre un anno e mezzo ogni accordo che non leda ulteriormente la dignità e la libertà del secondo.
Andrea Musacci
Pubblicato sulla “Voce” del 29 settembre 2023