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«Uniti nella preghiera e nella resistenza»: il racconto di Padre Roman Fedko dall’Ucraina

9 Mar

Testimonianza da Drohobych a “La Voce”. «Qui ognuno è volontario, tutti aiutano in qualche modo»

di Andrea Musacci

Drohobych è una località nella zona occidentale dell’Ucraina, a quasi 80 km da Leopoli e vicina al confine con Slovacchia e Polonia. Qui vive Padre Roman Fedko, sacerdote cattolico di rito bizantino, sposato e con tre figli di 16, 10 e 4 anni. Parla bene l’italiano perché dal 2001 al 2009 ha studiato e conseguito la licenza e il dottorato all’Istituto Patristico Augustinianum dell’Università Lateranense di Roma. 

Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per farci raccontare la situazione nella zona in cui vive. «Per il momento è relativamente tranquilla. Alle 4.30 del 24 febbraio scorso, primo giorno di guerra, siamo stati svegliati da missili esplosi a 25 km da qui. Solo dopo abbiamo saputo che ne sono stati lanciati quattro in una piccola zona militare», una delle tre del territorio. Missili che, però, hanno colpito anche tutti gli edifici circostanti, con diversi feriti. «Poi abbiamo visto aerei militari volare basso e velocissimi. Qui non se l’aspettava nessuno, fino al giorno prima si parlava di dialogo». Le giornate di padre Roman come di tutti gli abitanti di Drohobych sono impastate di paura, dolore, ma non di rassegnazione. «La notte, anche per due o tre volte sentiamo il suono delle sirene: le persone scappano nei sotterranei», negli scantinati, nei piani interrati. Padre Roman e la sua famiglia non ne hanno uno. «Ma anche i miei figli dopo più di una settimana di guerra in un certo senso si sono abituati».

«La popolazione qui è molto unita, tutti sono volontari: davvero enorme e commovente è stato il risveglio della gente. Tanti sono quelli che si arruolano volontari nell’esercito, c’è sempre la fila davanti alle sedi militari». Otto anni fa, durante la guerra in Crimea non fu così: «molti sentivano la guerra comunque come più lontana». Altri, invece, hanno combattuto anche in quel conflitto, e quindi hanno molta esperienza. Chi non impugna le armi prepara il cibo per chi ha bisogno, i pacchi con i beni di prima necessità, aiuta gli anziani di un ospizio, le famiglie povere, oppure costruisce barriere anti carro armato: «sono barricate con sacchi pieni di sabbia», ma anche veri e propri «blocchi di cemento armato che vengono posizionati su diverse strade che portano alla città per impedire ai carri armati russi di passare».

Per quanto riguarda, invece, l’accoglienza dei profughi, a Drohobych e Truskavets, quest’ultima nota città termale poco distante, «molti edifici, tra cui quelli termali, sono stati messi a disposizione dei profughi, e in tanti hanno aperto le porte delle proprie case alle famiglie che arrivano da Kiev o da altre zone». In molti, però, sono di passaggio, si fermano due giorni per proseguire verso il confine con la Polonia, nella speranza di arrivare in Europa. Ma la solidarietà e la resistenza si concretizzano anche in altri modi: «diverse donne della mia parrocchia realizzano reti, tende nere di diverse stoffe per mascherare gli edifici, in modo che gli aerei russi senza pilota non li possano vedere e colpire».

E naturalmente c’è la preghiera, diffusa, continua, popolare, 24 ore su 24: sia in chiesa sia on line sulla pagina Facebook di padre Roman, con collegate ogni giorno centinaia di persone. Ma i soldati, padre Roman, li aiuta anche confessandoli: «in questi giorni – ci racconta – avrò confessato e benedetto una 30ina di soldati. A ognuno di loro regalo anche il rosario. Ieri di rosari ne abbiamo benedetti un centinaio».

Insieme al dolore, da ogni parola di padre Roman si sente anche l’orgoglio. Quello di un popolo che i russi vogliono schiacciare. «O siamo uniti e resistiamo oppure l’Ucraina non ci sarà più. Ora i missili arrivano anche dalla Bielorussia (alleata di Putin, ndr), e temiamo che anche il loro esercito ci invada in appoggio alla Russia». Un ringraziamento nasce in lui spontaneo prima di lasciarci: «Grazie di cuore a voi ferraresi per tutto l’aiuto che ci state dando. E grazie all’Italia e all’Europa che ci sostengono».

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” dell’11 marzo 2022

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«Dio è pace, Slava Ukraini!»

2 Mar
Don Vasyl (a destra) e alcuni uomini della comunità ucraina ferrarese prima della spedizioni di aiuti in Ucraina

Ferrara a fianco del popolo ucraino e in appoggio alla comunità cattolica ucraina guidata da don Vasyl  Verbitskyy: la possibilità di donare cibo e medicine da spedire in Ucraina, le bandiere solidali realizzate dalla parrocchia di  Comacchio, la preghiera in piazza a Ferrara, quelle nella chiesa di via Cosmè Tura e a Copparo, il sit in della Rete per la Pace…

di Andrea Musacci

La rabbia e l’orgoglio di un intero popolo, la risposta solidale e nella preghiera della città di Ferrara e dell’intera Arcidiocesi.

Anche nel nostro territorio i circa 3500 ucraini residenti vivono giorni di angoscia e di paura per i tanti cari in Ucraina e per il loro amato popolo. Oltre alla nostalgia della terra lontana, grande è ora il dolore per l’invasione russa scatenata il 24 febbraio dal Presidente Vladimir Putin.

Cibo e medicine: chi vuole può donare

La comunità cattolica ucraina di Ferrara da giovedì scorso sta raccogliendo generi alimentari a lunga conservazione (pasta piccola, sughi, biscotti, latte, tonno, caffè, zucchero, carne in scatola ecc.), medicinali (antidolorifici tipo oki, tachipirina, ibufrofene e similari) e materiali di primo soccorso (garze, bende, cerotti, disinfettanti ecc.) da spedire in Ucraina. Tutto quanto raccolto verrà trasportato via terra attraverso corridoi sicuri già attivi, che possono garantire il recapito diretto, il tutto in sinergia con Caritas diocesana e Caritas italiana. Sabato sera sono partiti i primi tre furgoni carichi di donazioni, arrivati alla chiesa della comunità greco-cattolica a Ternopil, nell’ovest del Paese. Altri sono partiti domenica. Come ci spiega don Vasyl, «una famiglia che conosciamo porterà parte dei beni raccolti con un pulmino alla dogana sul confine con la Polonia. La maggior parte del materiale raccolto, invece, verrà portato in Ucraina grazie alla Caritas dell’Esarcato apostolico ucraino in Italia», il cui Direttore don Volodymyr Medvid risiede a Cattolica. 

Il materiale da donare si può portare nella chiesa di via Cosmé Tura oppure si può far avere chiamando don Vasyl al 366-3958892. 

Anche diversi studenti universitari di Unife in questi giorni stanno aiutando gli ucraini nella raccolta del materiale e nella chiusura degli scatoloni da spedire. Il Comune, inoltre, si sta organizzando tramite le Farmacie comunali per donare farmaci, mentre Iper Tosano e altri supermercati cittadini doneranno alimentari.

Il gesto da Comacchio: bandiere e foulard fatti a mano

Il desiderio di aiutare il popolo ucraino ha stimolato la creatività di molti. Da Comacchio don Guido Catozzi ci spiega l’idea di alcune parrocchiane di realizzare a mano bandiere dell’Ucraina e foulard con gli stessi colori che chiunque può acquistare a offerta libera. Il ricavato verrà dato a don Vasyl per l’acquisto di beni alimentari e medicine da inviare in Ucraina. Un’iniziativa, questa, portata avanti dalla comunità di Comacchio insieme alle Chiese di Cervia, Cesenatico e di altre della Romagna.

S. Maria dei Servi santuario di pace

Da giovedì 24 febbraio la chiesa di Santa Maria dei Servi in via Cosmé Tura, 29 a Ferrara è diventata il punto di riferimento non solo per i tanti ucraini in città ma anche per tanti non ucraini che hanno scelto di esprimere la loro vicinanza. Anche questa settimana la chiesa è sempre aperta, dalla mattina alla sera. Lo scorso fine settimana dalle ore 9 alle 22 non è mai mancata una presenza. Si sono susseguite le preghiere per la pace, i Rosari, la Divina Liturgia. Sabato pomeriggio la preghiera ha visto anche la presenza di don Giacomo Granzotto, Responsabile dell’Ufficio liturgico diocesano, di p. Massimiliano Degasperi (parroco di S. Spirito) e di Marcello Panzanini, alla guida dell’Ufficio ecumenico.

Anche i Campanari Ferraresi hanno portato il proprio contributo suonando una volta al giorno da venerdì a domenica.

Domenica c’è stata anche una preghiera speciale, quella delle “Mamme in preghiera”, un gruppo della comunità ucraina ferrarese che da oltre 10 anni prima della Messa domenicale si ritrova per leggere e meditare un brano del Vangelo e per rivolgere una preghiera per i propri figli e nipoti in Ucraina. Un gesto che in questi giorni assume un significato ancora maggiore.

Ma non solo: mercoledì 2 marzo alle ore 19.30 nella chiesa di Copparo don Vasyl parteciperà a una preghiera per la pace invitato dal parroco don Daniele Panzeri. A Copparo da tanti anni risiede un nutrito gruppo di persone di origine ucraina. La sera del 25 febbraio diversi giovani si sono trovati a Casa Cini con don Paolo Bovina per un Rosario per la pace. Domenica 20 febbraio la comunità ucraina ferrarese si era ritrovata nella chiesa di S. Agostino per una veglia di preghiera trasmessa in tutto il mondo. In tante chiese in Diocesi si susseguono preghiere per la pace. La mattina di domenica 27 altro sit in spontaneo di una 30ina di ucraini in piazza Municipale.

«Non ci abbandonate!»

Nel tardo pomeriggio di venerdì 25 febbraio oltre 200 persone si sono ritrovate in piazza Repubblica per un momento di preghiera organizzato dalla comunità ucraina cattolica di tradizione bizantina guidata dal Cappellano don Vasyl Verbitzskyy. Lui stesso ci confessa che da quel maledetto giovedì non dorme, e come lui, tanti. Il pensiero è sempre al suo Paese, in particolare ai suoi genitori che vivono nell’ovest dell’Ucraina. Nei giorni scorsi, don Vasyl e altri si sono trovati di sera, di notte: «nessuno di noi riusciva a dormire, così invece almeno ci facevamo compagnia e ci sostenevamo a vicenda».

Il 25 presenti anche il Sindaco, il suo vice e alcuni Assessori. L’orgoglio patriottico e la profonda fede degli ucraini hanno trovato una spontanea espressione nei canti – civili e religiosi – intonati dai tanti presenti, molti fra le lacrime. Molti anche i bambini e i giovani, e tante quelle bandiere blu e gialle del loro amato Paese, gli stessi colori coi quali è stata illuminata la fontana della piazza.

Oltre all’orgoglio, però, c’è la rabbia. «È una vergogna che l’Europa non ci appoggi», grida una signora squarciando il silenzio fattosi pesante. «Non state zitti, ci sentiamo abbandonati. Ascoltate l’Ucraina!». Il suo grido è quello di un popolo martoriato che combatte fino alla morte contro l’invasore russo. “Stop alla guerra!”, urlano i presenti, una guerra non cercata né provocata. 

«Siamo qui per testimoniare la nostra volontà di pace», ha detto don Vasyl. «Il popolo ucraino è il popolo cristiano. Vi invito a pregare insieme a noi nella chiesa di via Cosmé Tura. Dio vi aspetta. Con Dio ci può essere la pace perché Dio è pace». 

Sit in per la pace (26 febbraio 2022) – Foto Andrea Musacci

Il sit in della “Rete per la pace”

Tantissime le persone che nel pomeriggio del 26 febbraio hanno riempito piazza Castello per il sit-in per la pace promosso dalle confederazioni sindacali e da diverse associazioni e partiti. Toccante, in particolare, la testimonianza di una donna ucraina che tra le lacrime ha raccontato di suo figlio soldato in Ucraina, richiamato nell’esercito lo scorso gennaio.

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 4 marzo 2022

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