
La tradizionale fotografia socio-economica di fine anno, fra disuguaglianze e possibilità
I dati, si sa, sono sempre interpretabili, non sono mai dogmi assoluti. Forniscono, però, alcune chiare indicazioni sulla realtà. Realtà che spesso stentiamo a riconoscere, come nel caso della situazione socio-economica del territorio Ferrarese.Anche quest’anno, come negli ultimi 37, il CDS di Ferrara (Centro ricerca Documentazione e Studi economico sociali) ha presentato il proprio Annuario, il 13 dicembre nella Sala Convegni CNA di via Caldirolo, realizzato con il Patrocinio di ISCO, Provincia di Ferrara e ASviS-Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile. L’Annuario 2024 – che ha come sottotitolo “Osserva Ferrara”- è stato presentato da Annalisa Ferrari e Gianpiero Magnani (Direttivo CDS). Quest’ultimo ha spiegato come al suo interno vi siano i contributi di 50 autori che hanno utilizzato oltre 180 fonti per i dati e le informazioni necessarie. Il pomeriggio – molto partecipato – si è concluso con un ricordo di Paolo Micalizzi da parte di Sergio Foschi e la proiezione di “Lo sguardo e la memoria.Il sogno infinito di Paolo Micalizzi“, a cura di Roberto Fontanelli e Riccardo Modestino.
BRACCI: «SERVE CAMBIO DI PASSO»
Dopo i saluti di Anna Quarzi (Presidente ISCO) e Diletta D’Andrea (Consigliera Provincia di Ferrara) (assenti il Presidente provinciale Garuti e quello regionale De Pascale), ha relazionato la Presidente del CDS Cinzia Bracci. Che ha innanzitutto fatto un piccolo annuncio: «stiamo pensando di tornare a realizzare anche un Annuario ad hoc sulla città di Ferrara». L’analisi della situazione socio-economica della nostra Provincia è impietosa: innanzitutto, com’è noto, in Regione il Basso Ferrarese è una delle zone più povere assieme a quelle montane. La distanza dalla via Emilia, insomma, fa la differenza. A livello demografico, la nostra Provincia in 20 anni ha registrato un calo da 360mila a meno di 340mila abitanti e siamo la Provincia con l’indice di vecchiaia più alto in tutta l’Emilia-Romagna. «E fino al 2031 la popolazione calerà ancora e pesantemente». A Ferrara, poi, l’età media è di 49 anni, 2 sopra quella regionale. «Con questi dati – ha proseguito Bracci – vi sono seri problemi di sostenibilità: servirebbero, soprattutto a livello nazionale, incentivi alla natalità e che impediscano l’emigrazione dei nostri giovani, oltre a politiche per una vecchiaia più attiva». Al riguardo, la Presidente ha citato una proposta di Pino Foschi, fondatore del CDS, di lasciare i lavoratori in età di pensionamento per alcuni anni in tandem sul luogo di lavoro coi più giovani.
A fianco della crisi demografica, vi è quella sociale: la nostra Provincia, in Regione, è quella con meno stranieri e «ciò è segno di poca attrattività produttiva». Spesso, poi, i lavoratori stranieri presenti sono stagionali.Forti differenze vi sono anche all’interno del Ferrarese, ad esempio nella percentuale di laureati/e (ad es., l’8,3% a Goro e il 38% a Ferrara). In ogni caso, in questo ambito «siamo ben al di sotto sia della media regionale sia di quella nazionale, nonostante un Ateneo in crescita». AUniFe, secondo Bracci, manca ad esempio «un Dipartimento di Agraria», in un territorio come il nostro ancora fortemente agricolo. Ancora sui giovani: il 16,1% non studia né lavora, altro «dato pesante». La fragilità economica, di conseguenza, è inevitabile: siamo la penultima Provincia come reddito imponibile medio, e come livello occupazionale nell’industria e nel terziario siamo sotto la media nazionale. Inoltre, il 62,9% delle imprese ferraresi è piccola come dimensioni. «È necessario – ha aggiunto Bracci – un cambio di passo, con innovazione e politiche serie. Altrimenti per la nostra Provincia sarà un disastro». Gli aiuti, da alcuni anni, ci sono ma «dei Fondi di coesione, appena l’1% lo usiamo in innovazione, contro il 33% a livello regionale, e quelli del PNRR non sappiamo se le future generazioni saranno in grado di restituirli», dato che in parte sono prestiti.
Anche a livello morfologico, il nostro è un territorio fragile, che va conservato e protetto: «non possiamo pensare che ce la caveremo per sempre».
BIANCHI E CALAFÀ: «TUTELARE IL LAVORO»
«Quello sulla nostra Provincia è, naturalmente, uno sguardo limitato ma nel suo piccolo ci fa comunque comprendere alcune trasformazioni in corso a livello nazionale, europeo e mondiale», ha riflettuto poi Patrizio Bianchi (Cattedra UNESCO “Educazione, Crescita ed Eguaglianza”, UniFe). «Oggi nei Paesi avanzati sempre più assistiamo a un fenomeno per cui in aree sviluppate si creano aree povere, bolle di svuotamento». Bianchi si è quindi concentrato sul tema del lavoro, che sta cambiando, soprattutto «nella percezione dei giovani, i quali non concepiscono più di poter svolgere lo stesso impiego per tutta la vita». Questa flessibilità, però, «ha bisogno di essere tutelata». Ma servono anche «reti infrastrutturali e comunicative per attrarre le imprese». In ogni caso, ha ribadito Bianchi, attenzione perché la crescita economica spesso negli ultimi decenni ha portato a «un aumento delle disuguaglianze, come ad esempio in Cina». La «scarsa partecipazione» e quindi la «scarsa democrazia» sono un rischio nelle società avanzate e all’interno dei luoghi di lavoro. Sul tema del lavoro e dei suoi diritti si è concentrata anche Laura Calafà (Docente di diritto del lavoro, UniVr): «serve la tutela di un lavoro dignitoso» contro «le ricadute in basso della globalizzazione», contro i cosiddetti “contatti collettivi pirata“, quelli cioè sottoscritti non dalle grandi organizzazioni sindacali e quindi con una corsa al ribasso nei trattamenti economici e normativi del lavoro.
MORELLI: DONNE E DELTA
SCANDURRA: FORMAZIONE PARTECIPATIVA
«Nessuno si salva da solo, è fondamentale lavorare assieme», ha poi chiosato Aida Morelli (Presidente Parco Delta del Po Emilia-Romagna), che si è concentrata sul tema della parità di genere («è un fatto sostanziale, ne va della stessa democrazia») e sul Delta del Po, «che ha grandi potenzialità di crescita, con possibili ricadute positive indirette anche a livello occupazionale». L’ultimo intervento è poi spettato a Giuseppe Scandurra (Docente di Antropologia culturale, UniFe), il quale ha accennato alla collaborazione tra Dipartimento di Studi Umanistici (Laboratorio Studi Urbani) di UniFe e CDS. «Da anni – ha detto – i miei studenti e le mie studentesse li coinvolgo in progetti di ricerca sul nostro territorio»: un’esperienza importante soprattutto dopo 1 anno e mezzo di dad causa Covid e con «il crescere delle università telematiche», fondate proprio sulla dad e sulla privatizzazione e lo svilimento del sapere.
Andrea Musacci
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 20 dicembre 2024
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