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«Attendiamo la pace sotto le bombe»

30 Mar
Don Moreno insieme ad alcuni profughi accolti

Don Moreno Cattelan ci aggiorna da Leopoli: «siamo tra la paura crescente e piccoli segni di normalità». Il 26 tre bombe russe sopra la città

A un mese dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, ricontattiamo via WhatsApp don Moreno Cattelan, uno dei sacerdoti che vivono nella Casa della Comunità – Monastero di Leopoli (L’viv), nell’ovest del Paese, Monastero che ha un reparto di accoglienza per disabili chiamato Cafarnao e un ostello per giovani intitolato ai ss. Apostoli Giacomo e Giovanni. 

Sabato 26, appena 48 ore dopo la nostra telefonata, Leopoli è colpita da tre bombe russe.Questo il racconto di don Moreno: «Verso le 15,45 abbiamo ricevuto la visita da parte dell’ambasciatore italiano in Ucraina, Pier Francesco Zazo assieme  al  capo della cancelleria Sergio Federico Nicolaci. Sono venuti personalmente a ringraziare per il lavoro che svolgiamo in particolare per la collaborazione che  possiamo garantire nell’aiutare quanti si rivolgono all’Ambasciata  per raggiungere l’Italia. Mentre ci salutiamo scatta l’allarme bombardamenti. Non ci facciamo caso. Passano pochi minuti e sentiamo tre colpi secchi a ripetizione. Hai solo il tempo di mettere in salvo i bambini nel nostro sottoscala. Corri tu, come oltre la strada,  quanti cercano un riparo nei rifugi dei palazzi.  Sale il panico e la paura: “Ci bombardano! Ci bombardano!”.  È il grido dei bambini. Usciamo e notiamo una nube nera non lontano da noi. Il chierico Mykhailo con l’amico Arsen erano vicini alla fermata del tram e hanno visto i missili in cielo cadere sul bersaglio prestabilito. Un vecchio deposito di nafta. Alle 18 una seconda esplosione dalla parte opposta.  Dopo quattro ore l’allarme rientra.  Giusto il tempo di cenare e ci risiamo. Nuovo allarme. Ci troviamo tutti a Casa Cafarnao».  «Sembra passato un anno, non un mese, dallo scoppio della guerra», ci aveva confidato don Moreno. 

Lui e i confratelli nelle scorse settimane sono stati impegnati nell’organizzare viaggi per i profughi da Leopoli al confine con l’Ungheria e da lì per l’Italia o altri Paesi europei. «Sabato scorso è partito l’ultimo pullman, soprattutto di nostri parrocchiani. In molti fuggono perché hanno sempre più paura delle bombe. Ma il flusso di profughi è diminuito, prima facevamo 2-3 viaggi a settimana, ora meno». Il 21 marzo gli orionini di don Moreno avevano cercato di contattare una casa famiglia vicino Mariupol, a Melitopol, che ospita sei bambini orfani, proponendo loro accoglienza a Leopoli, ma il responsabile – che vive nel bunker con i bambini – si è rifiutato per il timore di attacchi durante il viaggio.

All’inizio di questa settimana dovrebbe partire da Leopoli un nuovo pullman con oltre 40 persone in direzione Italia. Ma ora l’incertezza e la paura aumentano. Inoltre, prosegue don Moreno, «da una settimana ospitiamo anche tre volontari italiani dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, provenienti da Rimini e Torino, venuti a Leopoli per assistere insieme ad altre associazioni (tra cui la locale BUR, che significa “Insieme costruiamo l’Ucraina”) i profughi alla stazione dei treni e a farli uscire dal Paese per raggiungere l’Italia in auto».

La solidarietà arriva anche dalla Romania e in particolare da alcuni confratelli orionini di Oradea – don Valeriano Giacomelli e don Gabriel Ciubotaru assieme ad una volontaria, Benedetta – la cui scuola, il Liceo don Orione, ha raccolto 4 tonnellate tra generi alimentari, medicine e materiale per l’igiene personale.

Uno dei missili esplosi non lontano dal Monastero di don Moreno

La vita, quindi, a Leopoli, e nel Monastero stesso, prima delle bombe cercava di riprendere, quanto più possibile, con sembianze di normalità: «abbiamo riaperto l’oratorio – ci spiega don Moreno -, i bambini vengono a giocare a ping pong, a calcetto, sono ripresi gli allenamenti della squadra di calcio dei ragazzi di 11-13 anni». E poi proseguono i lavori, iniziati nel 2018, per la nuova grande chiesa, ora sostituita da una provvisoria. A non essersi mai fermate sono le liturgie: «sempre più persone vi partecipano, per un conforto, per ritrovarsi, per non stare sempre davanti alla tv a sentire notizie di guerra. Al mattino facciamo la veglia di preghiera per i defunti e durante la Quaresima, la Messa la celebriamo solo il sabato e la domenica, oltre alla Via Crucis il venerdì». 

Ma la scuola, come il catechismo, è sospesa, e anche i beni alimentari iniziano a scarseggiare. «Nonostante ci riforniamo alla Metro, l’acqua è razionata, il grano saraceno scarseggia e così, ad esempio, anche i sacchi per la spazzatura». Insomma, nonostante tutto, prosegue, «se riesci a cacciare dalla testa che siamo in guerra, per alcuni aspetti sembra di essere tornati ad alcuni mesi fa», ci diceva il 24, due giorni prima delle bombe. 

«Quanto resta della notte?», è scritto in Isaia 21. Gli rivolgiamo la domanda a lui: «È una notte un po’ lunga, ci affidiamo a Dio. Quello che doveva essere una guerra-lampo si è trasformata in un lungo temporale, anzi in un terremoto. Aspettiamo il giorno in cui questo terremoto si fermerà e allora ci guarderemo attorno e inizieremo a ricostruire, non solo gli edifici, ma soprattutto i cuori e le vite delle persone». 

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 1° aprile 2022

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Nel cuore dell’esodo: la situazione a Leopoli

17 Mar

Don Moreno Cattelan: «accoglienza e profughi al confine, ma intanto le bombe si avvicinano»

Don Moreno con una famiglia di profughi accolta

Quando riusciamo a metterci in contatto con lui via WhatsApp (l’11 marzo) la voce è sempre calma. Calma nonostante tutto. Da alcuni giorni erano sempre più chiare le intenzioni degli invasori russi: bombardare sempre più nell’ovest dell’Ucraina, verso la regione di Zhytomyr. E poche ore prima di parlare con don Moreno Cattelan, verso le 5.30 del mattino le forze di Mosca hanno lanciato un attacco con missili a lungo raggio ad alta precisione contro due aeroporti militari nelle città di Lutsk e Ivano-Frankivsk, distruggendoli, provocando morti e feriti. Lutsk si trova a 150 km a nord da Leopoli, dove don Moreno vive da alcune settimane con i suoi confratelli della comunità di “Don Orione”, mentre Ivano-Frankivsk è ancora più vicina, a 130 km verso sud. «Sono scattate le sirene, era ancora notte», ci racconta don Moreno. «Noi possiamo dirci ancora tranquilli, ma la paura e la tensione crescono». 

Inoltre, la notte tra il 12 e il 13 marzo i russi hanno colpito l’International Center for Peacekeeping and Security, di Yavoriv, a 30 km a nord ovest di Leopoli e a 25 km dal confine con la Polonia.

Continua l’afflusso di migliaia e migliaia di profughi da Kiev e dall’est del Paese verso Leopoli, per sfuggire alle bombe, ai combattimenti e alla miseria, per poi o rimanere lì oppure passare il confine ungherese, polacco o moldavo. «Ci sono 2 km di fila per entrare in stazione», per controllare ogni persona. Molti arrivano dalle campagne, da piccole località, gente semplice, che non si è mai spostata dal proprio paese, come la donna, ci racconta don Moreno, «che aveva con sé ancora il passaporto dell’URSS». Il flusso alle frontiere in questi giorni, però, diminuisce, chi voleva fuggire l’ha fatto la scorsa settimana.

«Nella nostra comunità “Don Orione” in questi giorni accogliamo 35 persone, siamo pieni e quindi le indirizziamo ad altri centri in città. Qui a Leopoli siamo ancora autonomi nell’approvvigionamento dei beni essenziali. Se a volte ci manca qualcosa per i nostri ospiti, chiediamo al centro di accoglienza allestito nella scuola qui vicina, e quando possono ci donano patate, polpette o altro». 

E poi il missionario padovano insieme ai confratelli don Egidio Montanari e Mykhailo Kostivdon continua a organizzare i viaggi per portare i profughi al confine ungherese. «Ad oggi abbiamo fatto 6 pullman, per un totale di circa 200 persone, e con un altro partiamo fra mezz’ora». Molti arrivano da Kiev (impiegando 3 giorni per fare 550 km), da Poltav, da Kharkiv. Su quest’ultimo pullman ci saranno bambini, disabili, malati, alcuni di loro si fermeranno all’ospedale “Burlo Garofalo” di Trieste. Altri arriveranno a Mestre per poi raggiungere altri profughi ucraini nelle comunità orioniane di Tortona e Fano, oppure a Milano, altri ancora andranno a Genova. «Abbiamo accompagnato al confine anche 7 famiglie italiane, indicateci dalla nostra Ambasciata», che a Leopoli si è trasferita, da Kiev, il 1° di marzo.

La guerra aiuta, per forza, anche a crescere in fretta, a volte troppo. È il caso, ad esempio, di due ragazzine ucraine di 16 anni che hanno raggiunto, da sole, le nonne in Italia, una a Trento l’altra a Novara.

Infine, a don Moreno, prima che raggiunga il pullman per un nuovo viaggio della sperranza verso l’Ungheria, gli chiediamo come stanno i ragazzi disabili che dal loro centro a Leopoli sono stati trasferiti due settimane fa nelle comunità di Fano e Tortona: «stanno bene, cercano di integrarli e di tenerli impegnati, gli fanno fare piccoli lavoretti, come realizzare collane con perline. Quand’erano qui a Leopoli facevano anche un laboratorio per realizzare icone». 

A Tortona, poi, è stato realizzato un piccolo reparto dove gli ospiti ucraini dispongono di una piccola cucina, in modo da essere autonomi, e tra loro solidali.

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 18 marzo 2022

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«Accompagniamo famiglie e disabili al confine»: il racconto di don Cattelan da Leopoli

9 Mar
Profughi in partenza dalla Comunità “Don Orione” di Leopoli

Don Moreno Cattelan racconta a “La Voce” l’impegno nell’aiutare le persone a raggiungere la frontiera ungherese per poi arrivare in Italia. La loro comunità è diventata centro di accoglienza dei tanti profughi

Sono veri e propri viaggi della speranza quelli che migliaia di ucraini da giorni stanno compiendo per sfuggire alla furia distruttiva dell’invasore russo. Viaggi che non sarebbero possibili senza il forte spirito solidale della popolazione e, nello specifico, senza l’aiuto dei tanti sacerdoti e delle tante opere cristiane radicate sul territorio. 

Fra i più attivi in questo senso c’è don Moreno Cattelan, missionario padovano della congregazione di Don Orione, la “Piccola Opera della Divina Provvidenza”, opera presente dal 2000 nella periferia di Leopoli, impegnata nell’animazione giovanile e nell’accoglienza di giovani disabili. Lo abbiamo contattato telefonicamente per farci raccontare la situazione. «La notte tra il 25 e il 26 febbraio da Kiev mi sono trasferito a Leopoli insieme a don Egidio Montanari», presente in Ucraina dal 2000. Un viaggio durato 18 ore. «Qui, abbiamo raggiunto il chierico Mykhailo Kostiv, mentre don Fabio Cerasa», altro sacerdote orioniano, «è andato a Tortona per dare una mano all’accoglienza dei profughi e per tenere i contatti tra noi e le comunità in Italia. A Kiev io e don Egidio in questi due anni abbiamo cercato di iniziare la nostra missione, ma prima il covid e poi la guerra non ci hanno aiutato». In ogni caso, «qualche progetto nel nostro quartiere l’avevamo iniziato, soprattutto coi bambini».

Don Moreno Cattelan

A Leopoli il centro di accoglienza nel Monastero dispone di 30 posti letto e di un grande refettorio. In queste settimane è un flusso continuo di persone provenienti da ogni zona dell’Ucraina: alcuni si fermano, altri invece proseguono verso il confine con l’Ungheria per raggiungere l’Europa. 

E in questi viaggi verso il confine – finora un centinaio di persone hanno accompagnato da Leopoli -, in direzione dell’Italia e di altri Paesi europei, i due sacerdoti italiani sono attivi in prima linea. Solo nella giornata del 3 marzo, quando riusciamo a parlare per la prima volta con don Moreno, hanno portato al di là del confine 42 persone, di cui oltre la metà bambini. Ad attenderli, un pullman diretto in Italia: metà di loro, i ragazzi disabili ospitati nella comunità di Leopoli, sono stati accolti dal Centro “Mater Dei” di Tortona dell’Opera “Don Orione”, una decina in una struttura orioniana di Fano e altri a Torino. Altri ancora, invece, arrivati a Mestre, si sono fermati in zona da alcuni parenti. Domenica 6 hanno accompagnato al confine ungherese dieci bambini con le madri. 

Ma il viaggio da Leopoli all’Ungheria, normalmente di circa 7 ore, non è facile: «già per noi – ci racconta don Moreno – è stata un’odissea fuggire da Kiev», un lungo viaggio «su strade spesso bombardate». E ora questi viaggi quotidiani per portare i profughi al confine, spostamenti nei quali, «oltre alla difficoltà di trovare pullman disponibili, si aggiunge il fatto che molti sono sprovvisti di passaporto. «È gente umile, non abituata a viaggiare. Per fortuna, per loro scatta automaticamente la protezione umanitaria». Tra le persone che hanno accompagnato, anche una bimba di un anno e un mese provvista del solo certificato di nascita. E a proposito dei bambini, don Moreno sottolinea come da poche settimane avevano ripreso ad andare a scuola. «Quando li ho lasciati al confine diretti verso l’Italia, ci siamo promessi di rivederci fra una settimana. Ma sarà molto dura. In Italia vengono accolti e integrati bene», per ricostruirsi una normalità, ma per loro, soprattutto per loro, è stato uno sradicamento non da poco, feroce e improvviso. Ma le dogane sono intasate e quindi don Moreno ci spiega che stanno cercando altri punti di confine dove portare i profughi.

Non tutti però raggiungono la comunità orioniana di Leopoli per starci solo qualche giorno prima del viaggio verso il confine. Alcuni decidono di rimanervi, come le tre famiglie, tutte con bambini, fra cui un neonato nato i primi di febbraio, o alcune anziane, provenienti da Kiev e da Kharkiv, una delle città più martoriate dalla furia distruttiva russa. «Stasera – ci spiega don Moreno venerdì 4 – un’altra madre coi figli partirà da qui verso l’Ungheria, mentre il padre tornerà a Kiev per combattere con l’esercito di difesa cittadino. Alcune persone che arrivano qui da noi a Leopoli tremano dalla tensione, e dopo tre giorni senza aver mangiato. Qui si autogestiscono e si aiutano reciprocamente con la cucina e la lavanderia. C’è un forte senso di familiarità». 

Ma anche mentre scriviamo, tante sono le persone che continuano a raggiungere Leopoli, ormai centro di raccolta e smistamento delle migliaia di sfollati che lasciano le città di un Paese che il governo di Putin sta cercando di schiacciare e sottomettere.

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” dell’11 marzo 2022

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