
Lunedì 8 aprile, alle 17.30, presso il Ridotto del Teatro Comunale in Corso Martiri della Libertà, 5, si è tenuta la seconda conferenza del ciclo “L’orizzonte di Antonioni”, organizzato dalla Fondazione Ferrara Arte, dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, dalla Fondazione Teatro Comunale e dall’Università di Ferrara. Protagonista dell’appuntamento è stato il prof. Alberto Boschi, il quale ha tenuto una conferenza dal titolo “Usare i mezzi più semplici e il minor numero di mezzi. Lo stile cinematografico di Michelangelo Antonioni”.
Il docente ha subito spiegato come il titolo del suo intervento sia una citazione del regista presa da un’intervista collettiva, “La malattia dei sentimenti”, contenuta nella rivista «Bianco e Nero» (1961). Qui Antonioni spiega la sua ostilità nei confronti dell’uso dell’accompagnamento musicale nel cinema, “perché – dice – sento il bisogno di essere asciutto, di dire le cose il meno possibile, di usare i mezzi più semplici e il minor numero di mezzi”.
Questa semplicità stilistica è evidente nella prima parte della sua produzione, negli anni ’50, e si caratterizza anche per la linearità, l’oggettività e l’esteriorità della narrazione. Rappresenta un’eccezione il ricorso del regista al piano-sequenza, presente in “Cronaca di un amore” (1950) e nel finale di “Professione: reporter” (1975). Tra questi due film è invece dominante un uso originale del montaggio, un uso non ortodosso del campo-controcampo e del raccordo dello sguardo e della direzione, oltre all’uso di inquadrature semi-soggettive.
Il prof. Boschi ha concluso spiegando come Antonioni, “al di là delle apparenze sia un regista psicologico, fortemente interessato all’interiorità dei suoi protagonisti”. Questo spiega la presenza di pochi dialoghi per rappresentare i sentimenti, valorizzati al contrario attraverso la “dimensione mimico-gestuale” e i paesaggi, naturali o urbani.
Andrea Musacci
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