Come essere «satolli di Dio»? Riflessioni sulle Beatitudini

17 Nov

Scuola di teologia per laici: il 9 novembre la comunità dei beati al centro della relazione di Valeria Poletti

“Maestro cosa devo fare per essere felice?” è il titolo della terza lezione della Scuola diocesana di teologia per laici “Laura Vincenzi”, svoltasi a Casa Cini lo scorso 9 novembre. Relatrice, la docente e teologa Valeria Poletti. Le rimanenti lezioni di novembre sono in programma (ore 18.30, Casa Cini o in streaming) il 16 con don Paolo Mascilongo che relazionerà su “Immagini di sequela dal vangelo di Marco”; il 23 con Simona Segoloni su “Fratelli tutti! La comunità espressione di gioia”; il 30 con don Ruggero Nuvoli su “Immaginazione sacramentale”.

Nella sua lezione, Poletti ha analizzato nel dettaglio le Beatitudini (Mt 5,1-12 e Lc 6,20-23), ponendo innanzitutto l’accento sul fatto che Gesù «è venuto a parlare a tutti, a dar vita a una comunità completamente nuova», annunciando che «il Regno di Dio è già ora, si può sperimentare già nel presente». Ma com’è possibile ciò, in questa “valle di lacrime” che è l’esistenza umana?

Gesù quando ci chiede di essere poveri, «non ci chiede tanto di spogliarci, ma di vestire gli altri, di prenderci cura di chi è nel bisogno. “Signore”, quindi, è chi dà agli altri, e lo fa ora, perché il dare mi rende felice, beato già ora», ha spiegato Poletti.

Questo donarsi agli altri è anche il consolare chi è nel pianto, cioè «chi ha un dolore talmente grande da non poterlo tenere dentro. Costui è beato perché mostrandolo può essere consolato, aiutato dalla sua comunità. E la consolazione è già in sé un’azione liberante». È questa la chiave di tutto: il comprendere che «si è felici, beati solo quando si dà, la comunità di persone felici è tale quando non volta la testa dall’altra parte» davanti ai bisogni dei fratelli e delle sorelle.

Allo stesso modo – e proseguendo nell’analisi delle Beatitudini -, «i giusti sono coloro che hanno fame e sete di giustizia». Ma per giustizia non si intende tanto l’osservanza delle norme, ma «è qualcosa che va oltre la legge, e porta anche a subire la persecuzione». La beatitudine sta dunque «nell’essere sazi, satolli di giustizia, quindi di Dio: si sazia la propria fame saziando quella degli altri».

Questa misericordia, questo «chinarsi sull’altro sofferente per rialzarlo», non è dunque un mero sentimento ma «un’azione» concreta. Ed è una purezza del cuore, quindi non solo esteriore ma «interiore, completa, tipica di chi possiede quell’inquietudine che lo porta a giocarsi la propria pace per gli altri, per la pace della propria comunità». Una pace dunque in fieri, un Regno da costruire, vivendo così la propria figliolanza e somiglianza al Padre.

Da qui, solo da qui, può nascere quella «comunità dei felici, dei beati nel Signore», dei «satolli di Dio». 

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce” del 17 novembre 2023

La Voce di Ferrara-Comacchio

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