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Corpi intermedi, concretezza e limite: ridar vita alla fraternità

1 Apr


Cattolici in politica e democrazia. Il 29 marzo a S.Giacomo ap. l’incontro di AC, ACLI e altre sigle su temi di forte attualità

La crisi della politica, in Italia e in tutto l’Occidente, è sicuramente conseguente anche alla crisi delle forme organizzate della politica e del ruolo dei cattolici in essa.

Su questi e altri temi sempre di forte attualità lo scorso 29 marzo hanno riflettuto Italo Sandrini (vicepresidente nazionale delle Acli e fino ad alcuni mesi fa Assessore a Verona nella giunta di Damiano Tommasi), e Andrea Bonini (costituzionalista e coautore del libro “Democrazia: la sfida della fraternità” curato da Padre Francesco Occhetta, gesuita e segretario generale della Fondazione “Fratelli tutti”).

L’incontro svoltosi nel salone del complesso parrocchiale di San Giacomo Apostolo a Ferrara aveva come titolo “Democrazia e fraternità. Profezia di un mondo di Pace” ed era il secondo dedicato a questi temi, dopo quello svoltosi lo scorso 6 febbraio su “Scelte di pace”. Gli incontri sono stati organizzati da Azione Cattolica diocesana ed Acli Provinciali Ferrara, con il supporto di Agesci, Masci, Pax Christi e Centro di Ateneo per la Cooperazione allo Sviluppo Internazionale di UniFe. 

Il 29 marzo, dopo i saluti di Francesco Ferrari (ACdiocesana) e Paolo Pastorello (ACLI Ferrara) è intervenuto per una breve introduzione Dario Maresca, moderatore dell’incontro, per dimostrare, anche attraverso ricerche statistiche, di come siano una minoranza nel mondo i Paesi che si possono definire “democratici” e di come nella percezione pubblica, anche italiana, si faccia sempre più spazio la legittimità di «sperimentare forme di governo nazionale tendenzialmente autoritarie».

Il primo relatore, Andrea Bonini, ha innanzitutto illustrato l’Associazione “Comunità di Connessioni”, rete a livello nazionale nata grazie a parte dell’associazionismo laicale cattolico per unire tra loro esperienze territoriali simili ma slegate. Associazione che opera prevalentemente attraverso «la formazione e l’autoformazione» e anche nelle istituzioni, ma «in seconda linea». Venendo al tema dell’incontro, Bonini ha riflettuto su come la fraternità sia «un termine lasciato fuori dalla politica», schiacciato tra il dominio del concetto di libertà (dal liberalismo-capitalismo-liberismo) e quello di uguaglianza (social-comunismo).«Per definirsi “fratelli”, innanzitutto – ha detto -, bisogna riconoscere un padre/Padre comune, e questo è molto difficile». La fraternità, però, tra i due termini sopracitati «ristabilisce una verità e un equilibrio, ridando anche forza ai corpi intermedi (partiti e sindacati, in primis)», per tornare a un’idea di pluralismo «che crea ponti e non lacci». Ma i corpi intermedi, per Bonini, «vanno ripensati», tornando ad esempio al «finanziamento pubblico diretto ai partiti e aumentando la loro democraticità interna». Questi, insieme alla «concezione personalista», possono oggi ridare valore alla fraternità attraverso «la riscoperta del concetto di “limite” che la possibilità tecnica – e l’individualismo – stanno distruggendo».

Per Bonini occorre, inoltre, «superare la divisione dei cattolici in politica fra destra e sinistra, frutto di un bipolarismo della seconda Repubblica», conseguente alla fine della DC. I cattolici in politica possono portare ancora «pragmatismo e verità, non per rinnegare i conflitti esistenti ma per ricomporli, come ad esempio sul complesso tema dell’immigrazione e dell’inclusione».

Nei suoi interventi, Italo Sandrini ha invece posto l’accento sul «problema generazionale», a partire dal fatto che molti giovani danno per scontato il poter vivere in un Paese democratico. In generale, è fondamentale in politica «la concretezza», cioè il «sporcarsi le mani». Altro problema sollevato da Sandrini sul tema “democrazia” è l’esistenza a livello elettorale dei listini bloccati.

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 4 aprile 2025

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AC, tanti i propositi per il nuovo anno

4 Ott


L’Assemblea unitaria diocesana: più spazio ai giovani, corresponsabilità, pastorale d’ambiente

Un pomeriggio per ritrovarsi, guardarsi in faccia.Come sempre, con franchezza e rispetto, confrontarsi.Questo e molto altro è stata l’Assemblea Unitaria dell’Azione Cattolica diocesana svoltasi lo scorso 29 settembre a Casa Bovelli, Ferrara. Assemblea alla quale mons. Perego ha portato il proprio saluto auspicando come questo terzo anno del cammino sinodale sia di «conversione personale e comunitaria».

NATALI: «ANDIAMO DOVE ANCORA NON SIAMO»

Dopo la preghiera iniziale guidata dall’Assistente diocesano don Michele Zecchin, Alberto Natali, da alcuni mesi Presidente diocesano di AC, ha introdotto il pomeriggio di confronto: «l’Azione Cattolica vuole continuare a essere presente nella nostra Arcidiocesi, soprattutto in quelle parrocchie dove ancora non c’è», ha spiegato. Al riguardo, importante sarà il rapporto coi parroci, «con i quali non siamo in competizione ma in un rapporto di corresponsabilità». Il solo livello locale può, però, essere riduttivo: «Non dimentichiamo che più che l’AC diocesana noi siamo l’AC italiana in questa Arcidiocesi. Il centro nazionale è l’humus sul quale si sviluppa l’albero dell’AC diocesana».

Natali ha poi brevemente illustrato il Documento di programmazione 2024-2027, i cui ambiti centrali sono “Persone e Comunità”, “Comunione e Responsabilità”, “Formazione e Cultura”, “Spiritualità e Sinodalità”. Fra i temi accennati dalPresidente, l’importanza di tornare a pensare, come AC diocesana, alla cosiddetta «Pastorale d’ambiente», ragionando sulla possibilità di ricostruire il MSAC (Movimento Studenti di Azione Cattolica) e il MLAC (Movimento Lavoratori di Azione Cattolica).

GLI APPUNTAMENTI IN PROGRAMMA

Oltre ai diversi interventi dai partecipanti, sono poi intervenuti Andrea Rimondi (ACR), Francesco Ferrari (Settore Adulti), Claudia Vannella e Paolo Luciano Ferrari (Settore Giovani), per presentare ognuno i progetti dell’anno nei rispettivi ambiti.

Fra gli appuntamenti in calendario per il 2024-2025, segnaliamo il ritiro d’Avvento degli Adulti in Seminario il 1° dicembre, la Veglia dell’Adesione il 7 dicembre, la Giornata della Pace il 26 gennaio, il ritiro di Pasqua il 9 marzo e il Giubileo dei Giovani dal 28 luglio al 3 agosto. Miriam Turrini ha poi anticipato altre due importanti iniziative: dal 3 al 5 novembre prossimi a Tresigallo gli Esercizi spirituali dell’AC guidati da mons.Andrea Turazzi: il 15 e 16 novembre a Ferrara il convegno di “Teologia della pace”, sostenuto anche dall’AC.

DON MARTINELLI: «AFFIDARCI PER GENERARE»

A nome dell’AC nazionale è intervenuto don Michele Martinelli, Assistente Nazionale del Settore Giovani. All’Assemblea in via Montebello hanno partecipato una 50ina di persone, fra cui una decina di giovani. E  proprio dai giovani ha preso le mosse don Martinelli: «spesso come AC corriamo il rischio di coinvolgerli e poi di metterli da parte perché non li consideriamo ancora maturi. Invece, il momento dei giovani è questo, è adesso, dev’essere sempre il presente». Non a caso, per don Martinelli, «il nostro modello rimane Laura Vincenzi che incarna il “Voi stessi date loro da mangiare” (Mc 6, 37, ndr), avendo donato totalmente se stessa». 

Riguardo l’Icona Biblica di quest’anno associativo – il passo del Vangelo secondo Luca, cap. 5,1-11 – don Martinelli ha spiegato come «la nostra vita all’improvviso può essere travolta da qualcosa che ci sembra insormontabile. Ma il Signore ci chiede di fidarci di Lui, di affidarci a Lui. Solo così capiremo cosa fare, senza la pretesa di risolvere tutto, superando fatiche e tiepidezze spirituali»; e comprendendo davvero che «ci chiede di dare, di darci – proprio come Laura Vincenzi -, non di trattenere, non di trattenerci, ma di condividere e generare».

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 4 ottobre 2024

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«Riprendiamoci il tempo e le nostre responsabilità»: ecco la nuova AC diocesana

5 Apr

Il nostro Arcivescovo ha nominato Alberto Natali nuovo presidente dell’AC diocesana, scegliendolo da una terna di nomi: «Eredito un’AC tenace, con forti radici e tradizioni. La voglio capace di leggere con efficacia e amore il tempo in cui vive, che sappia sempre partire dai più deboli, innanzitutto i bambini». E«in AC dobbiamo dare più fiducia ai giovani, non guidarli in eterno, ma farci guidare da loro»

Natali, partiamo dalle “basi”: qual è la formazione ecclesiale del nuovo presidente diocesano di AC?

«Sono cresciuto e mi sono formato nella Chiesa che accoglieva la nuova Azione Cattolica nata dalla riforma voluta da S. Paolo VI e affidata a Vittorio Bachelet, accompagnato dall’esempio di mia madre che fu attivista di AC negli anni del dopoguerra, ma che accolse con semplicità e rigore le novità introdotte dal nuovo Statuto. Troppo piccolo per partecipare e comprendere la forza dirompente del ’68, ma abbastanza grande a metà degli anni ’70 per iniziare a partecipare attivamente alla vita della mia comunità, allora la parrocchia della Madonnina, e vedere il fermento di un mondo giovanile cattolico che cercava di accompagnare la Chiesa locale, con tutti i limiti che i giovani possono avere, ma anche con tutto il loro entusiasmo, dentro un mondo che era e stava continuamente cambiando. Sono stato educatore ACR, ho seguito gruppi giovanissimi e giovani, l’impegno e l’esperienza educativa è stata fin da ragazzo la mia più profonda vocazione».

Quali sono i suoi punti di riferimento, i “maestri”?

«Ho un debito verso moltissime persone. Ne citerò alcune, consapevole di far torto ad altre. Non posso che partire da mons. Giulio Malacarne, il mio vecchio parroco, un innamorato della Chiesa e dell’AC che ha speso ogni briciola di energia educativa per i giovani della sua parrocchia; mons. Andrea Turazzi, allora assistente diocesano ACR, che mi ha praticamente inventato come educatore; mons. Ivano Casaroli, che è stato assistente generale di AC, e ha sempre seguito ed accompagnato con rigore ed entusiasmo i campi giovanissimi a cui ho partecipato; mons. Francesco Forini, assistente diocesano del settore giovani negli anni ’80, che ha guidato e formato in quegli anni un gruppo di scapestrati ventenni, tra cui il sottoscritto, che si erano incoscientemente assunti il compito di guidare i giovani della diocesi nel loro percorso formativo».

Alberto Natali

E personalità che non ha avuto modo di conoscere personalmente?

«Gli anni più intensi della mia formazione hanno coinciso con gli anni più violenti del terrorismo: avevo 17 anni quando fu rapito ed ucciso Aldo Moro, 19 quando venne assassinato Vittorio Bachelet: se erano state, fino ad allora, figure significative, divennero, nel momento del loro sacrificio, soggetti di un confronto ineludibile».

L’AC, anche nella nostra Arcidiocesi, viene da un periodo difficile, soprattutto legato alla pandemia: come l’ha vissuto personalmente e come AC?

«Il periodo della pandemia è stato per me un tempo molto pesante, da un punto di vista psicologico, ho sofferto terribilmente, più di quello che potevo immaginare, la mancanza di contatto con le persone. Ho sfruttato al massimo, per quello che le regole, da un certo punto in poi, permettevano, la possibilità di incontrare amici e di stare con loro. Va da sé che tutto questo ha avuto ripercussioni anche sulla mia vita associativa. Sono cresciuto in un’associazione che aveva fatto del detto “meno carta e più chilometri” il suo modo di operare. Mi è mancato il contatto con la gente, guardare le smorfie dei loro volti, sentire il loro fiato mentre pronunciavano le parole, il tocco delle loro mani. Abbiamo scoperto l’online, che ci è stato molto utile per mantenere i contatti con i nostri associati, ma l’online non è relazione e non la crea e l’AC o è relazione o non è».

Venendo al presente, che AC eredita in Diocesi?

«Come detto, veniamo da un periodo difficile e l’AC ne è uscita, direi, un po’ sfiancata, appesantita, ha imparato ed assunto, forse in modo un po’ acritico, nuove modalità comunicative. Dobbiamo tener presente che il modo in cui comunichiamo esprime il nostro essere e non è del tutto indifferente rispetto alle relazioni che creiamo. Soffriamo, inoltre, come tutto il mondo associativo, di una crisi nell’assunzione di ruoli di responsabilità. Ma eredito anche un’AC tenace, che non si dà per vinta, che è consapevole della bontà e del valore del proprio mandato nella Chiesa e nel mondo. Un’AC che pur in mezzo a tante difficoltà e fatiche è pronta a rinnovarsi per essere utile ed efficace strumento di testimonianza della presenza del Signore in mezzo a noi».

E invece che AC intende costruire nei prossimi anni? Quali proposte avanzerete?

«Viviamo in quello che molti hanno definito un mondo “liquido”, la pandemia ci ha instillato la paura dell’altro, i nuovi mezzi di comunicazione ci fanno essere in contatto con tutti, ma non ci fanno conoscere nessuno, abbiamo perso molti punti di riferimento senza averne trovati di nuovi altrettanto efficaci. Il mio desiderio è quello di un’AC che, forte delle proprie radici e tradizioni, sappia leggere con efficacia e amore il tempo in cui è chiamata a vivere, che sappia sempre partire dai più deboli, innanzitutto i bambini e tutte quelle persone a cui, per qualsiasi motivo, vengono negati i diritti fondamentali. Desidero un AC che sappia donare, ancora, ai giovani la speranza che il futuro si può scrivere e che anche loro hanno una penna in mano. Spero che sappiamo guidare la nostra gente a riappropriarsi del proprio tempo, perché troppo spesso siamo presi “dall’affanno” e non sempre scegliamo la parte migliore. Desidero e spero che si riesca a fare tutto questo lavorando insieme a tutte le altre realtà ecclesiali con le quali l’AC già collabora da anni e che nel rispetto dei carismi di ognuno si crei quel poliedro che rappresenta la realtà vitale della Chiesa».

Quali sono le grandi sfide che l’AC diocesana dovrà affrontare nei prossimi anni?

«Qui si potrebbero dire molte cose, ma ne indicherò una, che a mio avviso se non le racchiude tutte, ne comprende però molte. Sappiamo bene che la realtà della nostra Diocesi è costituita, a parte poche eccezioni, da piccole comunità, i paesi della nostra campagna tendono a spopolarsi ed inoltre soffriamo della carenza di sacerdoti. Ora di fronte a questo scenario il nostro Vescovo ci ha indicato la strada delle Unità Pastorali. Ritengo che le Unità Pastorali debbano diventare il metro per un profondo ripensamento del modo di essere dell’associazione. Attenzione, però, questa non è una mera questione organizzativa, ma è un modo nuovo di incarnarsi nel territorio, un modo di leggere le esigenze del popolo da una prospettiva diversa. Ancora, è un modo nuovo di collaborare con i nostri pastori, ci è chiesto di assumerci delle responsabilità in una prospettiva più ampia, di essere, insomma, corresponsabili nella vita della Chiesa».

Infine, i giovani: diversi di loro sono stati eletti nell’Assemblea dell’11 febbraio scorso. Soffrite anche voi il ricambio generazionale? E chi sono i giovani della nostra AC diocesana? Come vivono l’appartenenza all’AC e alla Chiesa?

«Difficile parlare della realtà giovanile in poche parole, esprimerò un mio parere generale consapevole della sua assoluta opinabilità. Innanzitutto, è vero, anche noi soffriamo del ricambio generazionale e i giovani che passano in AC sono i giovani che noi vediamo per le strade della nostra città e dei nostri paesi. Dobbiamo, però, dire che in AC si fa un’incredibile esperienza di intergenerazionalità che ha pochi eguali. Ritengo che non esista una questione giovanile in sé, come spesso si dice, ma esiste una questione giovanile perché legata ad una questione del mondo adulto. Molti giovani si sono disaffezionati all’impegno in associazione e nel mondo civile perché noi adulti continuiamo a non dare loro fiducia, perché continuiamo a credere che debbano essere eternamente guidati, perché li trattiamo da bambini, e si comportano, quindi, come tali anche se hanno vent’anni. Se noi adulti avessimo il coraggio, almeno una volta, di lasciarci guidare dai giovani, penso resteremmo piacevolmente sorpresi della loro fantasia, della loro forza ed anche della loro lungimiranza. A noi adulti è chiesto di camminare al loro fianco e, se dovessero inciampare, di allungare una mano ed aiutarli a rialzarsi e, senza troppe paternali, riprendere gioiosamente il cammino insieme».

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce” del 5 aprile 2024

La Voce di Ferrara-Comacchio

Unità e responsabilità: l’AC diocesana ha eletto il nuovo Consiglio 

12 Feb

Domenica 11 febbraio nella storica sede di Casa Bovelli a Ferrara erano presenti una 70ina di persone: eletti 20 consiglieri su 105 candidati.Gli interventi del Presidente uscente Martucci, del nostro Arcivescovo e del Delegato nazionale Francesco Vedana

Di responsabilità si è parlato lo scorso 11 febbraio a Casa Bovelli a Ferrara in occasione della 18^ Assemblea elettiva del nuovo Consiglio diocesano di Azione Cattolica.E di senso di responsabilità, nei fatti, ne abbiamo vista tanta in questi anni dentro l’AC. Responsabilità che significa gioia ma anche fatica, fraternità e sacrificio. Memoria e futuro. Proprio alla fine del pomeriggio dell’11 in via Montebello a Ferrara, veniamo a sapere il nome della tesserata AC di Ferrara-Comacchio più anziana: è Ada Cecchi, detta Nives, di Porotto. Non una semplice curiosità ma la testimonianza di come si possa vivere l’adesione all’Azione Cattolica come momento imprescindibile pur nei differenti periodi della propria vita.

E così, a Casa Bovelli, in un pomeriggio finalmente illuminato dal sole dopo due giorni di pioggia, si sono ritrovate una 70ina di persone, fra cui una 15ina di giovani.Fra i presenti, 57 avevano anche diritto di voto per scegliere, tra i 105 candidati, i 20 membri del nuovo Consiglio diocesano.Consiglio che darà l’indirizzo alla vita associativa, che poi a sua volta eleggerà chi dirigerà l’associazione durante il prossimo mandato (2024-2027) e andrà a comporre la Presidenza diocesana. Di solito l’Assemblea elettiva diocesana si svolge ogni tre anni, ma questa volta, eccezionalmente, si è svolta dopo quattro anni dall’ultima in quanto, causa Covid, quella nazionale è stata rimandata e  quindi, a cascata, tutte quelle locali.

DON ZECCHIN E FANTINATO: «RIPARTIRE DA CRISTO»

L’Assistente Unitario don Michele Zecchin ha introdotto la giornata con un commento di At 10,34-43:«la Chiesa è sempre il suo farsi – ha riflettuto -, non è mai qualcosa di già definito. E importante per l’AC è «il continuo rifarsi al suo fondamento,cioè a Cristo e alla sua storia, senza perdersi nelle discussioni sulle strutture e sull’organizzazione. In tanti, anche nella nostra città, nei nostri territori, aspettano da noi l’annuncio del Vangelo». Riflessione ripresa nel suo breve intervento da Chiara Fantinato, vice Presidente diocesana uscente e Presidente dell’Assemblea di domenica 11: «è necessario ripartire dalla centralità della Parola, da Lui», ha detto.«Corresponsabilità è il nostro concetto di base, come AC e come Chiesa», tema ancora più importante in un contesto di «crisi motivazionale del servizio dentro l’AC e di crisi di adesioni» alla stessa Associazione.

VEDANA: «TESSERE RAPPORTI DI COMUNIONE»

E proprio di responsabilità ha parlato Francesco Vedana, delegato del Centro nazionale di AC e originario della Diocesi di Belluno-Feltre. Il responsabile di AC, ha riflettuto, «tesse continui rapporti di comunione con tutti e fa trasparire sul territorio il valore dell’Associazione come esperienza comunitaria». Inoltre, si occupa di «conservare l’unità» nell’Associazione, evitando sia lo spontaneismo quanto la burocratizzazione della stessa. «Lavora assieme agli altri sapendo di non essere indispensabile, valorizza l’intergenerazionalità e la scelta democratica». Da due sondaggi istantanei tra i presenti all’Assemblea è emerso poi come la responsabilità dentro l’AC possa far paura perché richiede «fatica», sacrificio e non per il timore di essere giudicati: quest’ultimo è senz’altro segno del rispetto e della fiducia che domina tra i membri dell’Associazione.Le parole più usate dai presenti per descrivere, invece, la bellezza della responsabilità in AC sono state, non a caso, “cura”, “dono”, “sfida” e “relazione”.

MARTUCCI: «FARE IL PRESIDENTE È UNA SCUOLA DI UMILTÀ»

Non poteva che essere sentito e commosso l’intervento di Nicola Martucci, Presidente diocesano uscente di AC dopo quattro, difficili anni: «ho sempre vissuto l’AC come luogo di crescita e di nutrimento spirituale. In questi quattro anni mi sono lasciato guidare, ho intessuto legami, favorito la comunione, ascoltato», ha detto. Il ruolo del Presidente diocesano è «una grande scuola di umiltà». Un mandato, quello di Martucci, iniziato con «l’uragano» della pandemia da Covid, che «ci ha insegnato la preziosità del tempo, che le relazioni sono il centro della nostra vita, che gli strumenti digitali non solo non possono sostituire il contatto umano ma che possono diventare gabbie dorate nelle quali nascondersi».

Non dimentichiamo, invece – ha proseguito – «che dietro ogni persona si celano domande di senso e una grande sete di infinito a cui dare risposte. E poi – ha incalzato i presenti -, «siamo capaci di farci sorprendere da chi non fa parte dei nostri soliti circuiti?». In questi quattro anni, ha riflettuto, «abbiamo provato a porci in ascolto, a interrogarci e ad essere interlocutori di tutti. È comunque sempre necessaria una seria rilettura della propria presenza nella Chiesa e nel mondo e della propria vocazione».

AlConsiglio entrante Martucci ha quindi rivolto queste parole: «serve il coraggio di scegliere quale futuro costruire assieme, abbandonando quel modello a cui siamo affezionati ma che ormai appartiene a una minoranza». Vi è, poi, la «necessità di vivificare le nostre AC parrocchiali e delle Unità pastorali: senza queste, l’AC diocesana entra in crisi.Senza questo cammino concreto nelle parrocchie e nelle UP, perdiamo il contatto con la realtà, rischiamo di essere generici. Occorre, quindi, una proposta, un “vieni e vedi”».A tutti, parroci compresi, ha quindi rivolto un appello: «c’è bisogno dell’AC, di un associazionismo solido, che formi le persone alla corresponsabilità ecclesiale. Essere responsabili e prendersi cura è bello: questo ho imparato».

MONS. PEREGO: «GUARDIAMO ALLA CITTÀ»

«Ci tengo a ribadire l’importanza di camminare insieme.Continuiamo a confrontarci per guardare meglio il cammino da intraprendere, e tendiamo la mano a chi ha bisogno, che significa anche vivere concretamente la responsabilità, sempre nel contatto diretto con le persone, per capire chi sono, sentire la loro presenza, donare loro uno sguardo di compassione». Così mons. Gian Carlo Perego nel suo intervento conclusivo all’Assemblea. Importante è, poi, lo «sguardo alla città, luogo fatto di sempre più anziani, di tanti giovani che vengono da fuori, e di bambini. Grazie – sono state le sue parole finali rivolte all’AC -, perché in questi anni vi ho sentito vicino».

Prima della proclamazione degli eletti (v. box a fianco), sono intervenuti anche Miriam Turrini per ricordare la Causa di beatificazione della Serva di Dio Laura Vincenzi, e Matteo Duò per parlare della neonata Associazione “La pulce nel cuore”, da lui presieduta, per la cura della Casa di Loiano (ne abbiamo parlato sulla “Voce” dello scorso 9 febbraio).

Ricordiamo, infine, che il prossimo 25 aprile tutta l’Azione Cattolica italiana si troverà in piazza San Pietro insieme con Papa Francesco.L’incontro aprirà idealmente la XVIII Assemblea nazionale dell’associazione (“Testimoni di tutte le cose da Lui compiute”), che proseguirà da venerdì 26 fino a domenica 28 aprile.

***

Ecco i 20 Consiglieri eletti. Diversi i giovani presenti

VICARIATI

Vicariato S.Caterina de Vigris: Chiara Fantinato e Francesco Ferrari. 

Vicariato SanMaurelio: Giacomo Forini e Aurora Righi. 

Vicariato Beato Tavelli: Elena Orsini e Fausto Tagliani. 

Vicariato San Giorgio: Emanuela Celeghini e Maria Cecilia Gessi. 

Vicariato Sant’Apollinare: Marina Guidoboni e SaverioAnsaloni. 

Vicariato San Cassiano: Cecilia Cinti e Luca Bianchi. 

Vicariato San Guido: nessun eletto. 

Vicariato urbano Madonna delle Grazie: Monia Minghini e Sara Ferioli.

Per l’ACR sono stati eletti Matteo Duò e Cristina Scarletti. 

Per i Giovani, Paolo Luciano Ferrari e Claudia Vannella. 

Infine, per gli Adulti, Chiara Ferraresi e Bernardetta Forini.

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce” del 16 febbraio 2024

La Voce di Ferrara-Comacchio

(Foto Pino Cosentino)

Missionaria e sperimentale, ecco come sarà l’Azione Cattolica: intervista al neo Presidente Martucci

26 Giu

Insegnante di religione, 42 anni, Nicola Martucci prende il posto di Chiara Ferraresi: “L’emergenza ci ha fatto capire che dobbiamo crescere nel settore della carità e del volontariato. Punteremo molto sulla formazione, aiuteremo lo sviluppo delle Unità Pastorali e cercheremo di far nascere o rifondare il Movimento Studenti, la FUCI e il Movimento Lavoratori”

di Andrea Musacci

Pubblicato su “la Voce di Ferrara-Comacchio” del 26 giugno 2020

Nicola Martucci

Martucci, qual è la sua formazione ecclesiale?

Al 100% parrocchiale. Ho avuto la fortuna di crescere in una comunità radicata in un territorio difficile, che dalla sua fondazione ha dovuto e voluto essere una porzione del popolo di Dio caratterizzata dal modello ecclesiale narrato dal Concilio Vaticano II. Ho vissuto Lumen Gentium, Sacrosanctum Concilium, Gaudium et Spes e Dei Verbum fin da ragazzo prima di studiarle sui documenti. Questo senza dubbio ha dato al mio percorso di fede un orientamento preciso, nel quale sono radicato e che cerco di rendere bussola a tutt’oggi. A questo l’Azione Cattolica ha aggiunto consapevolezza e irrobustito il cammino formativo, l’esperienza fondamentale della democraticità, di uno stile che va oltre l’appartenenza parrocchiale e soprattutto la dimensione diocesana dell’essere Chiesa, aprendo le porte e abbattendo l’idea di orticelli e fazioni inutili e dannose. Il percorso di studi in Scienze religiose ha fatto crescere ancora di più nei miei interessi la teologia, l’attenzione alla dimensione culturale della fede, l’amore per la Sacra Scrittura.

Leggi l’intervista integrale sul sito de “la Voce”: https://www.lavocediferrara.it/post/missionaria-e-sperimentale-ecco-come-sar%C3%A0-l-azione-cattolica-intervista-al-neo-presidente-martucci