Due avventori nello stand di Cryos (“World’s largest Egg Bank and Sperm Bank”, così si presenta) alla fiera “Wish for a baby” di Milano (foto tempi.it)
Confermati gli allarmi sulla fiera della riproduzione assistita “Wish for a baby”, tenutosi lo scorso fine settimana a Milano. I racconti dei giornalisti infiltrati negli stand: un mercato sfacciato
La scorsa settimana vi avevamo illustrato, con un ampio servizio (v. “La Voce” del 19 maggio, pag. 4), che cosa avrebbe rappresentato la fiera della riproduzione assistita svoltasi a Milano il 20 e 21 maggio . “Wish for a baby” – questo il nome dell’iniziativa – ha raccolto da ogni parte d’Italia e d’Europa cliniche e società specializzate nel combattere l’infertilità e in pratiche di commercio di gameti (spermatozoi e ovociti) e di maternità surrogata: pratiche, queste ultime, vietate nel nostro Paese.
Vi proponiamo ora una piccola rassegna stampa attingendo dai siti e quotidiani i cui giornalisti si sono “infiltrati” nella fiera per testimoniare come, al di là delle promesse, al suo interno si facesse promozione di pratiche illegali in Italia.
«TI PROPONIAMO L’ACQUISTO DI OVULI»
Viviana Daloiso su “Avvenire” del 20 maggio racconta di Laura e Stephan, coppia di attivisti che fanno capo alla Rete per l’inviolabilità del corpo femminile, movimento femminista che raccoglie numerose associazioni in Italia e all’estero, contrario all’utero in affitto e a ogni mercificazione del corpo:«Stephan – si racconta nell’articolo – dopo una breve tappa allo stand della Pronatal, dove gli assicurano donatrice, inseminazione e maternità surrogata, ma solo con donne della Repubblica Ceca – s’è spostato dai consulenti ateniesi del Garavelas medical group. Qui gli viene spiegato candidamente che può acquistare ovuli ed eventualmente anche il seme da altri e trasferirli in una clinica in Grecia dove potrà presentarsi con una donna che può fingere d’essere la sua compagna (e che può dimostrare d’essere sterile con un certificato ottenuto da un qualsiasi medico) e procedere alla maternità surrogata. Gli viene suggerita la possibilità di trovare qualche agenzia albanese, magari su Facebook, visto che lì è facile incontrare donne particolarmente “altruiste”. In alternativa gli viene prospettato sottovoce anche un facile, sebbene altrettanto costoso, trasferimento di ovuli fecondati negli Stati Uniti “dove non avrete alcun problema sotto il profilo legale”».
UN PRODOTTO “SANO”, SENZA DIFETTI
Caterina Giojelli e Leone Grotti su tempi.it, invece, scrivono:«Il bambino da sogno nasce su internet, “dovete solo creare un account sul nostro sito e potrete accedere ai profili dei nostri donatori”, dicono a Tempi le gentilissime referenti di Cryos (banca internazionale del seme, ndr) rimandandoci al portale che propone il seme di studenti, uomini d’affari, appassionati di musica e sport, tutti “mentalmente stabili, fisicamente sani” e con “un seme di alta qualità” garantito da tutte le certificazioni del caso.
C’è il profilo “base” – prosegue l’articolo -, con informazioni su etnia, altezza e peso, colore di pelle, occhi e capelli, titolo di studio e storia medica, oppure c’è il profilo “esteso” grazie al quale si può sapere anche il numero di piede, il colore di barba e sopracciglia, che tipo di capelli ha “e soprattutto vedere le foto del donatore da bambino, osservare la sua calligrafia, ascoltare una registrazione della sua voce, scoprire il suo quoziente intellettivo, il suo albero genealogico”, continuano.
Il bambino da sogno non può essere “difettoso”: il medico del Barcelona Ivf continua a ripetere in conferenza: “noi vogliamo un bambino sano”, “vogliamo selezionare un embrione sano”, “ovociti di qualità”, “gravidanze di qualità”. Scongiurare la possibilità di creare un “bambino malato”, ovvero un prodotto guasto, è l’obiettivo di tutti a Wish for a Baby, in ogni segmento della catena di montaggio. La referente di Ivf Couriers, che fornisce trasferimenti internazionali di embrioni, sperma, ovuli in tutto il mondo ci assicura che con 15 mila euro la qualità del trasporto fino alla Grecia, meta ambita, è garantita: “Facciamo tutto a mano, non siamo mica FedEx”.
Il loro portale si apre con una cicogna in volo che invece di un fagotto ha annodato al becco un contenitore di azoto liquido diretto alle più blasonate cliniche di Pma o maternità surrogata del mondo. Lo stesso contenitore d’acciaio che la signora smonta davanti a noi per mostrarci dove alloggerà senza sbalzi di temperatura il nostro “prezioso materiale genetico” fino a destinazione: penseranno loro a tutto, dai permessi alla burocrazia».
PREZZARIO IVA INCLUSA
Anche Nicolò Rubeis per “Il Giornale” è stato in fiera e nello specifico nello stand di Cryos, sulla cui brochure «invita a ordinare direttamente online scegliendo da un catalogo la foto del donatore e richiedere il suo seme in esclusiva. Gli esponenti di FdI denunciano che sul sito web dell’azienda c’è un listino di ovuli e gameti in cui “è singolare che vi sia un prezzario Iva inclusa, indirizzato al mercato italiano – dice Grazia Di Maggio (giovane deputata di FdI, ndr) – Una commercializzazione vietata dalla legge 40 del 2004”».
PER AFFITTARE UN UTERO BASTANO 5 MINUTI
Infine, riportiamo alcuni stralci dell’inchiesta in incognito compiuta da Francesco Borgonovo per il quotidiano “La Verità”:«a prendere un appuntamento per organizzare l’affitto di un utero all’estero, per la precisione in Grecia o a Cipro, impiego circa cinque minuti (…). Vado quasi a colpo sicuro allo stand della clinica Garavelas. Mi regalano una bella agenda e una brochure in italiano in cui, a pagina 25, illustrano il loro servizio di surrogazione (…).
Anche alla clinica Acibadem, come previsto, sono ben disponibili a organizzare tutta la procedura al di fuori dei confini italiani. Possono provvedere loro a tutto: dal viaggio al soggiorno. In fiera, in ogni caso, c’è solo il proverbiale imbarazzo della scelta». E «più o meno tutte le società presenti si occupano di donazione di ovuli, manco a dirlo una pratica che in Italia è proibita ma che Barcelona Ivf reclamizza con apposito flyer».
Come riporta Borgonovo, Roberta Osculati, consigliera comunale Pd di Milano, ha dichiarato: Nel nostro ordinamento giuridico «non esiste un modello di genitorialità diverso da quello fondato sul legame biologico tra genitore e figlio o di quello alternativo che passa dall’adozione. Non c’è un paradigma genitoriale fondato esclusivamente sulla volontà degli adulti di esser genitori».
Dichiarazioni che si accompagnano a quelle di diversi esponenti di Lega, Fratelli d’Italia e di alcuni di Alleanza Verdi-Sinistra, a dimostrazione di come questa possa essere una battaglia bipartisan, trasversale agli schieramenti politici e all’appartenenza di fede.Anche se, è la nostra impressione, non ci sia ancora una consapevolezza così generalizzata sulla reale posta in gioco di una visione della vita e dell’umano totalmente alla mercè della logica del profitto e del mero desiderio egoistico.
Andrea Musacci
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 26 maggio 2023
Ecco cos’abbiamo scoperto indagando sugli ospiti e i promotori della fiera dedicata alla riproduzione assistita in programma a Milano: una propaganda continua all’utero in affitto
di Andrea Musacci
Il confine tra desiderio soggettivo e diritto da rivendicare è sempre più spesso al centro del dibattito pubblico. In una società libera dove l’affermazione di sé è un’aspirazione giustamente da perseguire, si fa però sempre più strada un rischio: quello che l’autodeterminazione diventi invasione della libertà altrui, deformata ed egoistica imposizione di qualcosa che va a snaturare il concetto di diritto, oltre alla dignità di altri soggetti.
Un tema, questo, dominante nell’ambito della bioetica, in particolare sui temi riguardanti la procreazione medicalmente assistita e la maternità surrogata (delle implicazioni etiche ne abbiamo parlato sulla “Voce” del 31 marzo 2023).
La maternità e la paternità sono sempre, e a qualsiasi costo, un diritto da rivendicare, a prescindere dalle conseguenze?
L’EVENTO: UNA FIERA POCO TRASPARENTE
Il prossimo 20 e 21 maggio nello “Spazio Antologico” di Milano si terrà un evento espositivo con diversi incontri dal titolo “Wish for a baby”. «Nel nostro evento “Wish for a baby” potrete incontrare gratuitamente i migliori esperti di fertilità di tutto il mondo»: così si presenta sul sito dedicato. «Venite a partecipare alla celebrazione di una nuova vita!», lo slogan enfatico scelto per l’occasione. L’iniziativa avrebbe dovuto svolgersi un anno fa, sempre a Milano, col titolo meno ambiguo “Un sogno chiamato bebè”. Come a dire, i sogni son desideri. Non da interpretare, ma da realizzare. A tutti i costi. L’anno scorso l’iniziativa fu rimandata a causa delle proteste di alcuni partiti, reti e associazioni.
Diversi saranno gli stand espositivi di cliniche, enti e associazioni, italiane e non, che presenteranno le proprie offerte sul mercato della procreazione. E diversi gli incontri programmati con gli stessi soggetti coinvolti. Il convitato di pietra, in tutto ciò (come denunciato da associazioni – sia cattoliche sia femministe – e partiti – sia di destra che di sinistra) è la famigerata “maternità surrogata” (tecnicamente ed enfaticamente: GPA, Gestazione per Altri), la pratica dell’utero in affitto. Pratica abominevole e quindi vietata in Italia e nella maggior parte dei Paesi del mondo, e la cui stessa promozione è quindi illegale. Ma alla “fiera della vita” (così sarebbe meglio chiamarla) forte è la paura che verrà, in qualche modo, promossa e incentivata.
I PRECEDENTI: UTERO IN AFFITTO PUBBLICIZZATO
“Five Senses Media” è l’agenzia inglese che sta curando non solo l’edizione milanese di “Wish for a baby”, ma che ha organizzato e organizzerà le edizioni anche in altri Paesi: sul sito dei due eventi in Germania (a Berlino il 18-19 marzo scorso, a Colonia il prossimo ottobre) è scritto chiaramente che fra gli argomenti trattati e su cui poter chiedere informazioni, vi è la «maternità surrogata». E il 2-3 settembre prossimi, l’evento sarà a Parigi. Nel sito dedicato vi è scritto che, oltre ad avere informazioni sulla fecondazione assistita e l’adozione, sarà possibile «discutere questioni legali relative alle alternative per diventare genitore». È facile immaginare a cosa si allude. A Parigi l’evento si era già svolto nel settembre 2021: per l’occasione, su “Avvenire” uscì un’inchiesta curata dal quotidiano assieme alla Coalizione internazionale per l’abolizione della maternità surrogata (Ciams), nella quale si documentava la presenza di diversi stand di cliniche americane e ucraine che sponsorizzavano l’utero in affitto, e come del tema se ne parlasse apertamente in diversi incontri.
Lo scorso febbraio “Wish for a baby” si è svolto anche in India: sul sito campeggia la scritta: “Wish for a baby è un nuovissimo spettacolo sulla fertilità” (sic!) (“Wish for a baby is a brand new fertility show”). E ancora, si parla esplicitamente di “India as a Market”. Il mercato della vita. Lode alla schiettezza.
GLI INCONTRI: MERCATO DEI BAMBINI, DIFFICILE NASCONDERLO
Fra gli incontri in programma a Milano, ne segnaliamo alcuni: “Ovodonazione nel 21° secolo” (20 maggio), col dr. Raul Olivares della Barcelona IVF (clinica spagnola per la riproduzione assistita): nel sito della clinica, troviamo una testimonianza dal titolo “Esperienze reali: ‘Ho deciso che avrei inseguito il mio sogno di essere madre, anche se da sola’ ”. Sempre il 20 maggio, si potrà assistere a “Le tecniche innovative e la personalizzazione dei trattamenti di PMA”, con la dr. Priscilla Andrade della clinica Fertilab di Barcelona: nel sito web, tra le varie tecniche offerte, vi è quella dell’adozione di embrioni. Nella due giorni milanese verrà presentato anche “One of Many”, libro e progetto di Loredana Vanini, sul cui sito è scritto: «One of many è inclusività: donne, uomini, coppie etero o omosessuali, donne single, adozioni, GPA».
Ma l’ospite dell’evento di Milano più sfacciatamente pro-utero in affitto è il dr. Attanasio Garavelas dell’omonima clinica. Sul suo sito leggiamo: Garavelas, «il suo centro di maternità surrogata in Grecia. Siamo qui per lei in ogni fase del suo viaggio…lo pianifichi oggi stesso! Possiamo aiutarla se ha bisogno di affidarsi a una madre surrogata per avere un bambino». E ancora: «Perché scegliere la maternità surrogata a IOLIFE IASO (Institute of Life – IASO, uno dei suoi centri, ndr): il nostro centro è orgoglioso di esser stato il primo ad Atene ad aver aggiunto ai suoi servizi quello della maternità surrogata». Ricordiamo che dal 2004 in Grecia è legale la maternità “altruistica” (non commerciale), e dal 2015 la pratica è aperta anche ai cittadini stranieri.
I PROMOTORI DELL’EVENTO, AGENZIE PER L’ACQUISTO DI BEBÈ
L’evento di Milano è stato realizzato in collaborazione con diverse cliniche ed enti che si occupano di riproduzione assistita, fra cui IVF Babble: una pagina del suo sito è totalmente dedicata alla maternità surrogata, con informazioni e testimonianze. Qui, fra l’altro, vi è scritto: «Sebbene la maternità surrogata retribuita sia legale in una manciata di paesi, la maggior parte dei surrogati sceglie di offrire questo servizio sulla base di un profondo senso di compassione e del desiderio di aiutare gli altri ad avere una famiglia». È un atto caritatevole, insomma, strappare un bambino alla propria madre.
“Wish for a baby” a Milano è organizzato in collaborazione anche con Pride Angel, sito nato nel Regno Unito dedicato alle varie forme di procreazione assistita. Non poteva, quindi, mancare anche la pubblicità dell’utero in affitto, attraverso webinar ad hoc. Leggiamo: «Growing Families (una rete per l’assistenza di singoli e coppie alla maternità surrogata, ndr) ha oltre un decennio di esperienza nell’assistere i futuri genitori a impegnarsi in sicurezza nella maternità surrogata transfrontaliera in tutto il mondo. Abbiamo assistito oltre 2000 single e coppie con il loro sogno di creare una famiglia». Come a voler dire: se nel tuo Paese l’utero in affitto è vietato, contattaci che ti organizziamo l’acquisto in piena libertà di “tuo” figlio.
LE PROTESTE BIPARTISAN: «È UNA GRAVE OFFESA ALLE DONNE»
«Non possiamo accettare che vengano surrettiziamente passati contenuti contrari alle norme in vigore nel nostro Paese, che con l’art. 12 della Legge 40/2004 vieta e sanziona qualsiasi forma anche solo di pubblicizzazione della maternità surrogata». Queste parole sono state scritte – in modo bipartisan – dalle consigliere comunali di Milano Roberta Osculati (Pd) e Deborah Giovanati (Lega). All’iniziativa si è opposta anche Alleanza Verdi-Sinistra, con la capogruppo alla Camera Luana Zanella che ha presentato un’interrogazione al Ministro della Salute Orazio Schillaci: «noi ci opponiamo – scrive – totalmente ad una manifestazione che, utilizzando gli strumenti tipici del marketing e della pubblicità più accattivante, propone di fatto una idea di bambini trasformati in merce e del corpo delle donne in contenitore. È una grave offesa alle donne».
Non meno dura Carolina Varchi, capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Giustizia della Camera e prima firmataria della legge contro la maternità surrogata, che parla di iniziativa «che va fermata come prevede la legge 40 che vieta anche la sola propaganda dell’utero in affitto in Italia. L’auspicio è che il Prefetto ne disponga immediatamente la chiusura perché contraria alla legge e all’ordine pubblico». La mattina del 20 maggio a Milano davanti alla sede dell’evento è prevista una manifestazione di protesta dal titolo “La vita umana non è una merce” organizzata da RadFem Italia e Rete per l’Inviolabilità del Corpo Femminile.
Insospettisce e preoccupa che come reazione a queste legittime proteste, gli organizzatori di “Wish for a baby” abbiano inserito nel Regolamento di accesso alla manifestazione limiti molto severi. Nel testo, ad esempio, vi è scritto: «Nessun visitatore o membro della stampa è autorizzato a scattare fotografie o a effettuare qualsiasi forma di registrazione (audio o video) durante l’evento, indipendentemente le circostanze. Nessun ingresso sarà consentito con una fotocamera o una videocamera».
Qualcosa da nascondere?
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 19 maggio 2023
Lotta contro l’utero in affitto: una battaglia non solo della Chiesa. Intervista a Marina Terragni. Focus sulla rete femminista contro la maternità surrogata: è del 2015 l’Appello internazionale “Stop Surrogacy Now” firmato da oltre 100 persone e 16 organizzazioni per la difesa dei diritti delle donne. In Italia esiste la Rete “RUA – Resistenza all’Utero in Affitto”
A cura di Andrea Musacci Il 27 gennaio si è svolta l’udienza pubblica della Corte Costituzionale sulla costituzionalità o meno del divieto, in base all’attuale diritto italiano, di riconoscere le sentenze straniere che attestano il legame di filiazione tra un minore nato all’estero con le modalità della Gestazione per Altri. Tutto è partito dal caso di un bimbo nato in Canada da “madre surrogata”, figlio biologico di uno solo dei due uomini sposati tra loro, e riconosciuti in Canada come suoi genitori. In attesa degli sviluppi della vicenda e del deposito della sentenza della Corte, ci siamo confrontati con Marina Terragni (foto), femminista, scrittrice e giornalista milanese esperta di differenziazione sessuale, mercificazione dei corpi, e quindi anche dell’orribile pratica della “surrogazione di maternità”. Le chiediamo innanzitutto a che punto è la discussione nel nostro Paese. «Gran parte del femminismo in Italia, anche tra le transfemministe – ad esempio il collettivo “Non una di meno” -, in realtà non si è mai pronunciato a favore dell’utero in affitto: è certa narrazione dominante a dire che è una battaglia portata avanti solo da un gruppetto di femministe critiche. In Italia è il movimento LGBT a difendere l’utero in affitto insieme alla quasi totalità della sinistra politica». Rarissime sono le eccezioni, dal Segretario PD Zingaretti, «che però non ha mai fatto gesti conseguenti», ad Aurelio Mancuso, cattolico ex Presidente nazionale Arcigay, da Stefano Fassina (Deputato di Liberi e Uguali), all’attivista omosessuale Giovanni Dall’Orto. Segnaliamo anche il comunicato di 9 deputate/i del PD uscito lo scorso novembre: «Condividiamo l’appello del Forum delle famiglie e di Scienza & Vita, affinché siano prese tutte le opportune iniziative per oscurare i siti che pubblicizzano la maternità surrogata», recita all’inizio. «Magari anche nel mondo LGBT in molti sono contrari ma, come spesso accade, vince la logica di lobby», prosegue Terragni. Attualmente nel nostro Parlamento due sono le proposte di legge, tra loro simili, che sanciscono la punibilità del reato di maternità surrogata anche se compiuto da un italiano all’estero: una a prima firma Giorgia Meloni (FdI), l’altra Mara Carfagna (Forza Italia), da settembre in Commissione Giustizia della Camera per la discussione. In Spagna, però, ad esempio la situazione è diversa: nel programma di governo siglato un anno fa dal Partito Socialista del Primo Ministro Pedro Sánchez e da Unidas Podemos (la Sinistra radicale) vi è la netta condanna delle «pance in affitto» («los vientres de alquiler»). «Le pance in affitto – si legge nell’accordo – minano i diritti delle donne, soprattutto di quelle più vulnerabili, mercificando i loro corpi e le loro funzioni riproduttive. E per questo, agiremo di fronte alle agenzie che offrono questa pratica sapendo che è vietato nel nostro paese». Da noi, in ogni caso, rimane ancora un dibattito di nicchia. «Sì – commenta Terragni -, perché riguarda pochi omosessuali e una parte più ampia di eterosessuali, ma di fatto un numero limitato di persone. E poi soprattutto perché è un mondo che in molti hanno interesse a tenere nascosto. Per la maggior parte delle coppie etero che vi ricorrono non è come per le coppie omosessuali che hanno anche il desiderio di rivendicare pubblicamente il loro “diritto” ad avere un figlio». E che se ne parli poco dipende anche dal fatto, purtroppo, che riguarda donne povere che abitano in Paesi lontani. Occhio non vede cuore non duole? «Certo, se le gestanti fossero italiane ci sarebbe più interesse, già è raro conoscere coppie omosessuali che ne hanno usufruito, anche perché essendo una pratica molto costosa riguarda ceti medio-alti…». Un’alternativa, è l’opinione di Marina Terragni, sta nell’istituto dell’adozione: «il senso di maternità o paternità, naturalmente, ce l’hanno anche le persone omosessuali, quindi pur con tutte le necessarie tutele e i criteri di severità che sempre debbono esserci quando si parla di adozione, permetterei l’adozione anche alle coppie omosessuali. Penso che due donne o due uomini possano crescere benissimo un bambino». In ogni caso, se è possibile un’alleanza tra credenti e non credenti sulla lotta contro l’utero in affitto, le chiediamo su quali basi antropologiche può poggiare. «Noi femministe siamo donne che lottano contro il dominio di un sesso sull’altro, quindi non vedo nulla di strano sul fatto che su temi come questo ci sia una lotta comune tra noi e il mondo cattolico». Anche su altre questioni, la incalziamo, come la lotta contro la prostituzione o contro l’identità gender, forte è l’alleanza tra il femminismo e i cattolici: «il Covid – ragiona – ci ha messo di fronte alla necessità di un cambio di civiltà». È ancora più evidente, cioè, come «l’alternativa sia oggi più che mai fra transumanesimo e un umanesimo che ha una radice femminile, non nel senso di un dominio delle donne, ma che si ispiri alle poche antiche civiltà matriarcali di cui è rimasta traccia». Civiltà in cui la maternità era al centro, come la nostra. «La relazione madre-figlio, una relazione di cura, amore e responsabilità dovrebbe essere dunque la base per una convivenza umana più giusta». Oggi invece il transumanesimo «spinge fino all’estremo la cancellazione dei corpi e della differenza sessuale, quindi innanzitutto della femminilità e della maternità. La ricostruzione dell’umano dovrebbe, invece, partire da uno sguardo trasformativo», non riduzionista, omologante o distruttivo. Femminismo italiano e Chiesa cattolica, quindi, per Terragni è normale si trovino alleati sulla difesa del corpo, che è inevitabilmente corpo sessuato. «Spesso, però, – prosegue con rammarico – i cattolici non vogliono ammettere le gravi responsabilità maschili, non vogliono riconoscere e analizzare il dominio maschile. Sarebbe fondamentale che lo facessero», ma spesso oggi, anche fuori dalla Chiesa, «siamo in una fratria di maschi prepotenti che non si assumono nemmeno le proprie responsabilità». Una civiltà a radice femminile, invece, sarebbe in netto contrasto con «l’idea fittizia dell’individuo isolato», perché «noi nasciamo in relazione». L’utero in affitto è un tema paradigmatico appunto perché «tocca le radici dell’umano: la gestante rimane inevitabilmente legata al bambino che porta in grembo. L’epigenetica ha dimostrato che in quei 9 mesi avviene tra madre e figlio uno scambio continuo di informazioni e umori». La madre “genetica” è fondamentale perché contribuisce col proprio ovulo, ma mai quanto la madre “epigenetica”, gestazionale. «Insomma, bisogna dirlo con chiarezza: l’utero in affitto porta al mercato dei bambini e alla schiavitù delle donne. Il denaro c’è sempre, basti solo pensare al business tra cliniche, studi legali, alberghi… Non esiste la GPA “solidale”, è parte del mercato internazionale della carne umana». Un mercato enorme, dietro solo a quello delle armi e della droga, ma che punta ormai dritto al secondo posto.
“Le donne non sono contenitori di prole. Difendiamo il legame materno”
Soprattutto negli ultimi dieci anni il NO all’utero in affitto ha assunto sempre più una forma collettiva e concreta a livello internazionale. Le prime crepe nel mondo femminista le ha provocate nel 2015 l’Appello “Stop Surrogacy Now”, che riunisce 16 organizzazioni e oltre 100 singoli firmatari da 18 Paesi, tra cui USA, India, Nigeria, Bangladesh, Australia, vari Stati europei, Canada e Pakistan. Fra i primi firmatari vi sono la femminista francese Sylviane Agacinski, l’ateo Michel Onfray, Farida Akhter (attivista per i diritti delle donne nel Bangladesh), la femminista radicale inglese Julie Bindel. “Stop Surrogacy Now” chiede la cessazione totale della pratica della GPA, al fine di proteggere le donne e i bambini di tutto il mondo, e di porre fine alle azioni che cerchino di legittimare e normalizzare il traffico di bambini. «Noi siamo convinti che non vi sia differenza tra la pratica commerciale della gestazione per altri e la vendita o l’acquisto dei bambini», recita un passo dell’Appello. «Anche se non c’è scambio di denaro (la cosiddetta gestazione non remunerata o “altruistica”), ogni pratica che espone le donne e i bambini a tali rischi deve essere vietata. Nessuno ha diritto a un bambino: né eterosessuali, né omosessuali e neppure chi ha scelto di rimanere single». Sempre nel 2015 esce un Appello italiano contro l’utero in affitto: «Noi rifiutiamo di considerare la “maternità surrogata” un atto di libertà o di amore», recita il testo. «Oggi, per la prima volta nella storia, la maternità incontra la libertà. Si può scegliere di essere o non essere madri. La maternità, scelta e non subìta, apre a un’idea più ricca della libertà e della stessa umanità: il percorso di vita che una donna e il suo futuro bambino compiono insieme è un’avventura umana straordinaria. I bambini non sono cose da vendere o da “donare”. Se vengono programmaticamente scissi dalla storia che li ha portati alla luce e che comunque è la loro, i bambini diventano merce». Tra i primi firmatari, intellettuali della sinistra come Giuseppe Vacca e Peppino Caldarola, la scrittrice Dacia Maraini, Grazia Francescato (Verdi), Mariapia Garavaglia e Livia Turco (PD), le suore orsoline di Casa Rut (Caserta), l’associazione “Slaves no more” di Anna Pozzi, Aurelio Mancuso (già presidente di Arcigay), Cristina Gramolini (presidente di ArciLesbica), Gi.U.Li.A (Rete nazionale delle giornaliste unite libere autonome), Vittoria Doretti (Codice Rosa), Claudio Magris, Nadia Zicoschi (giornalista RAI). Due anni dopo nasce la Rete “RUA – Resistenza all’Utero in Affitto”, che raccoglie i diversi gruppi sostenitori dell’Appello: «Le donne non sono macchine da riproduzione», recita l’atto fondativo. «Difendiamo l’autodeterminazione delle donne mantenendo l’attuale situazione in cui la madre legale è colei che partorisce, cioè colei che ha avuto l’esperienza della gravidanza (…). Esigiamo il rispetto del diritto umano dei neonati alla continuità della propria vita familiare e il rispetto delle donne, che non devono essere trattate come contenitori di prole altrui (…). Non c’è un diritto alla genitorialità sociale» ma esiste «invece un diritto, universale, a crescere (a partire dalla gravidanza accettata dalla futura madre), nascere ed esistere nelle condizioni migliori (“sufficientemente buone”) avendo garantito anche il legame materno». Sempre nel 2017, a marzo, la Sala Regina della Camera dei deputati ospita un importante appuntamento: il convegno internazionale “Maternità al bivio: dalla libera scelta alla surrogata. Una sfida mondiale“ organizzato dal collettivo “Se non ora quando – Libere”. Nell’aprile del 2019 nasce la Coalizione internazionale contro la maternità surrogata: il mese dopo a Roma si tiene un incontro con i promotori dell’Appello italiano e, fra gli altri, Marie Josèphe De Villers, promotrice del movimento transnazionale. «Nel concetto di maternità surrogata – è scritto nel testo di presentazione – il ruolo della donna madre è ridotto, e forse questa è l’intenzione globale e nascosta, a qualcosa d’inesistente, a un semplice strumento meccanico di procreazione, mentre sappiamo quanto per ogni essere umano sia fondamentale l’origine della sua vita». Nel giugno 2019, invece, presso la sede romana della Federazione Nazionale della Stampa Italiana si riuniscono i promotori dell’Appello per un’importante conferenza stampa: presenti rappresentanti di “In Radice”, “Se non ora quando – Libere”, Udi, ArciLesbica Nazionale, RUA, RadFem Italia, Rete Gay contro l’utero in affitto, “Se non ora quando – Genova”, oltre a Marco Tarquinio, Direttore di “Avvenire” (foto qui sopra). Arriviamo così allo scorso maggio: sul sito della Biotexcom, un’agenzia per la maternità surrogata in Ucraina, un video mostra le immagini di una grande nursery improvvisata nella hall dell’Hotel Venezia a Kiev. Vi sono 46 neonati e neonate messe al mondo da gestanti a pagamento su commissione di cittadini di molti Paesi del mondo, tra cui l’Italia, e abbandonate/i lì, in quanto a causa dell’emergenza sanitaria i genitori committenti non possono recarsi a “ritirarli”. Passerà diverso tempo prima che tutti i genitori “acquirenti” riescano ad arrivare a Kiev dai neonati abbandonati senza madre né tutele. La battaglia delle donne e degli uomini a difesa della dignità della persona continua, in Italia e nel mondo.
Arcilesbica e UDI: critiche
«Le condizioni del contratto obbligano le donne che affittano l’utero a rinunciare alla propria autodeterminazione (…). Per funzionare, il business delle bambine e dei bambini su commissione deve cancellare il principio fondamentale e fino ad ora universale del mater semper certa est, secondo cui la madre legale è la donna che ha partorito. Questo svela che la maternità surrogata non è una pratica né tanto meno una tecnica medica (…), ma è un nuovo istituto giuridico di forte impronta patriarcale che esercita un controllo sulle donne» (Arcilesbica Nazionale, Documento Congressuale 2017). «Il desiderio di maternità e di genitorialità di coppie etero e omosessuali rischiano oggi di essere assoggettati ai criteri della potenza tecnologica e del rendimento produttivo, trasformando donne in contenitori economicamente definibili, figlie e figli in oggetti di investimento, senza alcuna coscienza del limite» (UDI nazionale, “Piattaforma per una contrattazione di genere”, 2017).
Un esempio di sito: Gestlife
“Gestlife” è uno dei più noti studi di consulenza legale (con sede in Spagna) per dare supporto agli aspiranti genitori “acquirenti” e metterli in contatto con le strutture che operano nei Paesi dove la maternità surrogata è legale. Sul sito http://www.surrogacyitaly.com la pubblicizzazione del commercio dei corpi delle donne e dei bambini è proposta senza scrupoli: «i costi di una maternità surrogata variano a seconda della gestante (…). Quando pagate meglio di chiunque altro una gestante, ottenete la migliore gestante. Quando si vuole pagare meno, le migliori gestanti andranno ad altri genitori, e quelle che le cliniche serie hanno rifiutato perché non soddisfacevano i requisiti medici o psicologici, finiscono per accettare cifre inferiori, perché nessun altro le accetta».
Andrea Musacci
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 5 febbraio 2021
Mi chiamo Andrea Musacci.
Da aprile 2014 sono Giornalista Pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna.
Sono redattore e inviato del settimanale "la Voce di Ferrara-Comacchio" (con cui collaboro dal 2014: http://lavoce.e-dicola.net/it/news - www.lavocediferrara.it), collaboro col quotidiano "la Nuova Ferrara" (dal 2012) e col quotidiano nazionale "Avvenire" (dal 2015). Ho collaborato anche con il sito "Listone mag".
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"L'unica cosa che conta è l'inquietudine divina delle anime inappagate."
(Emmanuel Mounier)