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Procida e i suoi Misteri, «ecco la nostra mostra»

20 Apr

Maria Grazia Dainelli e Carlo Midollini hanno immortalato la suggestiva processione del Venerdì Santo nell’isola napoletana. A “La Voce” raccontano questa esperienza

di Andrea Musacci

Un evento collettivo, manifestazione profonda della cultura di una terra, alchimia originale di fede e folclore, storia e devozione popolare. Dal 23 al 28 aprile, l’ex chiostro olivetano di San Giorgio fuori le Mura a Ferrara ospita la mostra fotografica dedicata alla processione dei “Misteri” che ogni Venerdì Santo si svolge a Procida. La mostra – finora esposta solo nell’isola a cui è dedicata – sarà inaugurata alle 10.30 del 23 aprile prima della S. Messa presieduta dall’Arcivescovo mons. Perego alle ore 11.15. Trenta gli scatti in bianco e nero esposti, oltre alla proiezione di un audiovisivo sulla costruzione degli stessi Misteri. Abbiamo contattato i due autori di questo progetto, i fiorentini Maria Grazia Dainelli e Carlo Midollini, fotografi e giornalisti per il mensile di arte e cultura “La Toscana Nuova” (di cui lei è anche Caporedattrice), per farci raccontare il loro progetto. 

CHE COSA SONO I MISTERI

Procida – appena 4 km2, a 40 km dal capoluogo Napoli – è un’isola che solo negli ultimi anni sta diventando un’ambìta meta turistica, dopo che, dal XVIII secolo fino al secolo scorso, è stato un importante centro cantieristico navale. Quella dei Misteri è un’antica tradizione che si svolge fin dal XVII secolo (ai tempi in funzione penitenziale, con anche autofustigazioni). Durante le prime ore del mattino del Venerdì Santo, al risuonar di tre squilli di tromba (che richiamano quelli per i condannati a morte in epoca romana) a cui si risponde con altrettanti colpi di tamburo, da Terra Murata (il centro medievale dell’isola, sul suo punto più alto, dove si trova l’Abbazia di San Michele Arcangelo) parte la processione: a sfilare sono proprio i Misteri, “carri” allegorici costruiti dai procidani, che rappresentano la Passione di Gesù e altri episodi del Nuovo e dell’Antico Testamento. I Misteri sono costituiti da una o più tavole di legno (dette “basi”) lunghe fino a 8 metri e larghe 2, sulle quali vengono allestite le rappresentazioni scultoree. I materiali utilizzati sono perlopiù poveri: cartapesta, legno e stoffa. In passato, i Misteri venivano costruiti nei portoni delle case e svelati solo il Venerdì Santo.

INNAMORARSI DI PROCIDA

Maria Grazia e Carlo iniziano a frequentare l’isola due anni fa: «da lì si è aperto un mondo», ci dicono. La prima mostra che le dedicano è su Palazzo d’Avalos, edificio del XVI secolo, dal 1830 fino al 1988 adibito a carcere, esposta nello stesso Palazzo e a Firenze (una terza mostra su Procida è prevista per il 2025). «Alcuni procidani iniziarono a raccontarci la storia dei Misteri del Venerdì Santo», tipici di varie località del Meridione. L’interesse per questa antica tradizione li cattura, e contattano, quindi, le associazioni che nell’isola li organizzano. L’anno scorso viene loro permesso di assistere alla costruzione dei Misteri, un lavoro collettivo che coinvolge, oltre alla Congregazione dell’Immacolata Concezione dei Turchini, parrocchie e associazioni laiche e dura tutto l’anno. Un grande momento aggregativo, quindi, che vede lo stesso Comune sempre più coinvolto. «Siamo stati in più occasioni a Procida – proseguono i due fotografi – intervistando molte persone che ci hanno permesso di comprendere l’intreccio fra religione, storia e associazionismo sia religioso che laico».

TRADIZIONE E ATTUALITÀ

Il silenzio è ciò che domina la lunga processione dei Misteri lungo le strade procidane. Nel serpentone del corteo risalta la “divisa” canonica della sopracitata Congrega dei Turchini, con saio bianco e “mozzetta” (mantellina) turchese. E poi ci sono i bambini, angioletti addobbati a lutto coi loro abitini neri arricchiti da ricami d’oro. Ma nei Misteri non c’è spazio solo per la storia: «negli ultimi anni – ci spiegano Maria Grazia e Carlo – non danno solo un’interpretazione strettamente religiosa ma li attualizzano: quest’anno, ad esempio, vi erano anche riferimenti alla guerra in Ucraina e alla violenza sulle donne». Negli anni scorsi, anche la pandemia è stata protagonista della processione. «Vi è quindi – proseguono i due – un pensiero, una progettualità, la ricerca di idee e temi sempre nuovi».

Una creazione collettiva, dunque, fra arte e artigianato, mai identica a sé stessa: «dopo ogni processione, i Misteri vengono distrutti. A volte, alcune componenti più artistiche rimangono come cimelio nel museo dei Misteri, ma il ciclo si rinnova e dopo la Pasqua inizia la progettazione per l’anno successivo». 

LO SGUARDO SEMPRE AL FUTURO

L’antica “penitenza” legata ai Misteri rimane nella dedizione appassionata, nei tanti sacrifici necessari per la sua realizzazione, nelle notti bianche, nel peso di questi manufatti da portare in processione lungo le strade dell’isola, un tempo anche dai detenuti. Il segno, indelebile, della tradizione come traccia viva nell’anima di chi la custodisce. Com’è viva nelle mani e nelle menti di queste persone, eredi degli operai e progettisti della stagione dei gloriosi cantieri navali.

Ma l’anima di un popolo, si sa, è sempre difficile da conservare, soprattutto in questi decenni in cui l’abisso fra generazioni si fa sempre più profondo e minaccioso. «Ora – proseguono i due fotografi – i Misteri sono poco più di 40, un tempo erano un centinaio. Negli anni è cresciuta la disaffezione dei più giovani, ma le associazioni dei Misteri cercano comunque di coinvolgerli, di farli maturare attraverso questa esperienza e di tenerli nella vita della comunità».

DA PROCIDA A FERRARA

La nostra città ha, come anticipato, l’onore di essere la prima a ospitare questa mostra sui Misteri al di fuori di Procida. Lo scorso settembre, in occasione della festa della Madonna del salice, il chiostro di San Giorgio ospitò un’altra mostra fotografica dedicata alla devozione popolare nel Meridione, “Matera in cammino: tra fede e cultura” di Cristina Garzone, sulla Festa della Bruna. E per Dainelli e Midollini si tratta di un ritorno nella nostra antica Cattedrale dopo che nel settembre del 2021 vi esposero la mostra “L’informalità. Cuba tra sogno e realtà”, sempre grazie all’intraprendenza del diacono olivetano Emanuele Maria Pirani, curatore delle esposizioni a San Giorgio. Pirani che ha presenziato, dopo Pasqua, al finissage a Procida della stessa mostra dei due fotografi fiorentini. All’inaugurazione del 23 sarà presente anche mons. Perego, la cui attenzione verso i migranti è nota: Procida è anche terra di accoglienza, e ospita il Muro dei Migranti dedicato a chi, oggi come ieri, lascia la propria terra per un futuro migliore.

Ma se San Giorgio richiama anche un’altra isola, quella veneziana (sede della Fondazione intitolata al ferrarese Giorgio Cini), così Procida richiama, in parte, il passato dell’antico borgo ferrarese: nel “Polesine di San Giorgio”, infatti, nell’antica biforcazione del Po nei rami del Volano e del Primaro (la “Punta di San Giorgio”), venne edificata nel 540 d. C. la prima chiesa di San Giorgio. Ora, le radici del nostro passato si intrecciano in profondità con quelle della lontana, ma solo fisicamente, isola dei Misteri.

(Foto: i due fotografi ai lati, al centro Emanuele Pirani)

Pubblicato sulla “Voce” del 19 aprile 2024

La Voce di Ferrara-Comacchio