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Le donne al sepolcro e l’incontro personale col Risorto: riflessioni

20 Mar

La lezione di Annalisa Guida per la Scuola di teologia per laici diocesana

L’incontro con la Parola è sempre incontro col Risorto. Ce lo ha ricordato lo scorso 14 marzo Annalisa Guida, biblista e Docente incaricata di Esegesi del Nuovo Testamento presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – Sezione “San Luigi” di Napoli. “«Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore» (Mc 16, 8)” il titolo del suo intervento (tenutosi solo on line) per l’11^ lezione della Scuola diocesana di teologia per laici. Prossimo appuntamento (sia in presenza sia on line) il 21 marzo con Francesca Pratillo su “Una lectio divina su Emmaus”.

LO SGUARDO E LA SEQUELA

Questo racconto di Marco, secondo Guida, «mette al centro figure fino ad allora marginali: le donne». Donne fin dall’inizio alla sequela di Gesù e «testimoni di eventi importanti»: la sua crocifissione, deposizione e sepoltura, e poi l’annuncio del Risorto. Donne che, lungo il Suo ministero, «Lo servivano nel senso della diaconia: nel Vangelo, la diaconia si riferisce solo alle donne e agli angeli nel deserto. Una presenza, questa delle donne, spesso silenziata nella tradizione della Chiesa». Molte, poi, in Mc 15-16 «le indicazioni di quanto le donne guardino, osservino», ad esempio quando si dice che «videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca» (Mc 16, 5). Qui si richiama anche il giovinetto che subito prima dell’arresto di Gesù era con lui al Getsemani e che quando lo arrestano, fugge via (Mc 14). E anche quel giovinetto aveva una veste bianca: «non si tratta di un angelo e assume una dimensione connotativa molto forte, fuggendo come gli altri discepoli». In Mc 16, invece, il giovinetto «la veste bianca la indossa ed è un’immagine simile a quella del Risorto». Il giovane di Mc 14, quindi, «non riesce a condividere il peso della sindone, del lenzuolo funebre, mentre in Mc 16 condivide la Gloria della Resurrezione». Inoltre, in Mc 16 «l’angelo alle donne annuncia un legame tra ciò che è appena accaduto – l’esistenza terrena di Gesù – e il suo epilogo» – «il crocifisso»: per Marco – ha aggiunto la relatrice, «è nella Croce che si rivela davvero il Figlio di Dio». «Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto», dice, poi, l’angelo alle donne: «Cristo, nel suo ministero, le ha sempre precedute. Il Vangelo, quindi, «torna ai luoghi del “primo amore”. È, però, un’esperienza completamente nuova». E poi, l’ultimo versetto, quello centrale (Mc 16, 8). Qui, per Guida, «le donne hanno la percezione di aver vissuto qualcosa al di fuori della loro portata, quindi la loro reazione è assolutamente normale». Non seguono l’indicazione di andare a dire ciò che han visto ai discepoli e Pietro «perché erano impaurite», sono cioè «l’ultima coda di un discepolato che più volte ha avuto dubbi e paure, anche se sicuramente fino ad ora sono state più coraggiose dei discepoli». Ma ora «c’è qualcosa che supera la loro capacità di comprensione: non l’hanno capito prima e non lo capiscono ora. Il sepolcro vuoto dice loro solo assenza. Per capire veramente il Risorto, quindi – è il messaggio per ogni lettore – devo incontrarLo, non basta che me Lo annuncino». Il racconto, quindi, «ci porta oltre l’annuncio: ci invita all’incontro personale col Risorto».

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce” del 22 marzo 2024

La Voce di Ferrara-Comacchio

Se Gesù “ci mette in crisi”…

4 Mar

Presentato a Ferrara l’importante lavoro di Nicholas Naliato di traduzione e commento del Vangelo secondo Marco

gesùUna certosina opera di commento del Vangelo secondo Marco, per dare al lettore sempre nuovi motivi di interrogarsi, “obbligandolo” a uscire da sé “per seguire Cristo, incontarlo e comprenderlo, affinché cambi la nostra vita”. Con questo intento Nicholas Naliato – classe 1982 originario di Lendinara, con alle spalli studi teologici ma anche ingegneristici – ha affrontato il secondo dei Vangeli canonici nel volume “Come sigillo sul tuo cuore”, edito dalla casa editrice La Carmelina di Ferrara e presentato lo scorso 25 febbraio nella Sala Agnelli della Biblioteca Ariostea di Ferrara. “Pur tenendo conto degli studi esegetici, della critica testuale – ha spiegato l’autore -, il mio commento non è pensato per specialisti, ma ha un taglio più teologico-spirituale: vuole interrogare il lettore più che dare risposte”. Come scrive nella prefazione don Torfino Pasqualin, suo “maestro” spirituale, questo commento “vuol essere una conversazione serena, una guida affabile e accattivante per un lettore credente, per condurlo ad acquisire una consuetudine abituale e continua con il testo del Vangelo”. “La Sacra Scrittura – ha spiegato Naliato – è una storia interpretata da persone che hanno vissuto una determinata esperienza, e la raccontano dopo l’evento della resurrezione, che è il fulcro delle vicende umane”. L’esperienza del Risorto apre dunque al “fare memoria”. La memoria è ricordare, ed etimologicamente significa “riportare al cuore”. “Il passato – sono ancora parole dell’autore – serve quindi come cifra interpretativa presente e come apertura al futuro, come speranza. La vita del credente è dunque una tensione tra presenza e memoria. Presenza – quella di Gesù – che si dà come assenza fisica, per cui la resurrezione, evento unico nella storia, permette un incontro, un incontro particolare, perché non avviene direttamente, ma attraverso dei testimoni”, gli evangelisti appunto. “È solo l’incontro col Risorto – ha proseguito Naliato – che stravolge la storia e il suo senso, aprendo a un futuro di salvezza, aprendo un tempo di attesa del compimento, che però è un’attesa fattiva, operosa”, piena di speranza. Nello specifico, il Vangelo tradotto e commentato “si pone come racconto dell’amore di Dio per l’uomo, e si basa sulla domanda: ’chi è Gesù?’ ”. “Meditare sul Vangelo secondo Marco significa dunque mettere in gioco la nostra idea di Gesù, idea che tante volte rischia di essere soggettiva e quindi falsata”. Ogni Vangelo non va letto “credendo di sapere già cosa vi è scritto, e quello secondo Marco, in particolare, ci mette in crisi, proprio come il giovane ricco (Mc 10,17-31). Il Gesù di Marco – ha proseguito – ci fa capire che è necessario passare attraverso questa crisi per capire davvero chi è Gesù, per riconoscerlo”, il quale vive, lui stesso, nel corso della sua esistenza terrena, “un processo di maturazione”. “Gesù è dinamico e sfuggente – ha riflettuto Naliato -, e questo ci ’obbliga’ a ’uscire da noi stessi’ per seguirlo, per cercarlo, per capire, per incontarlo, per poi rientrare in noi stessi, ma nuovi, diversi, cambiati”. “L’identità di Gesù – scrive nel volume – non può, strettamente parlando, essere indagata con occhi solamente umani; essa è qualcosa che ci viene rivelata dal cielo”. Il Vangelo secondo Marco, scrive ancora, “è il Vangelo del Padre che ci guida a Gesù, perché solo nel Figlio possiamo accedere al Padre. Marco non vuole descriverci il Padre, ma vuole che la Parola del Padre giunga a noi perché possiamo comprendere che solo nella sequela del Figlio possiamo giungere a Lui”. L’identità di Gesù è dunque mistero, mistero inteso come “realtà che ci supera e superandoci ci contiene”. Per concludere, Naliato scrive ancora: “Gesù non ci chiama solo ad inserirci nel profondo mistero d’Amore di Dio, egli vuole incontrarci affinché questo mistero così insondabile ci possa stare di-fronte. […] Di-fronte a Gesù noi stiamo di-fronte alla totalità immensa del mistero di Dio che ci chiede di ‘ascoltare’ ”.

Andrea Musacci

Pubblicato su “la Voce di Ferrara-Comacchio” dell’8 marzo 2019

La Voce di Ferrara-Comacchio