Morire da medico sotto le bombe: la storia di Andrea dall’Ucraina

6 Apr

Era chirurgo nell’est del Paese, nell’ospedale militare di Ochtyrka distrutto dai russi lo scorso 26 febbraio. La madre Anna, che da 15 anni vive nel ferrarese, ci racconta la sua storia

Andrea, medico ucciso a Ochtyrka

di Andrea Musacci

Morire mentre si tenta di strappare alla morte un soldato ferito. Morire in un ospedale, sotto le bombe russe. È la storia di Andrea, 45 anni, medico chirurgo nell’ospedale militare a Ochtyrka, nell’oblast’ di Sumy, a 60 km dal confine russo e a 100 da Kharkiv. Andrea ha lasciato la moglie Lidia, medico anche lei, e il loro figlio Antony, di 13 anni, che vivono a Husiatyn, nella zona ovest dell’Ucraina, oblast’ di Ternopil.

E ha lasciato anche la madre Anna, 71 anni, che da 15 anni vive nel ferrarese. La incontriamo nei locali della parrocchia di Santa Maria dei Servi, casa della comunità ucraina a Ferrara guidata da padre Vasyl Verbitskyy. Il volto è triste e gentile, pieno di orgoglio e di dolore per quel figlio che non vedrà più.

In Italia per aiutare la famiglia

Anna lavora come badante nell’assistenza di una signora di 98 anni, Anita Toselli, in via Comacchio a Ferrara, casa dove abita. In questi anni ha lavorato in altre quattro famiglie tra Formignana e la città. A Husiatyn, invece, era ragioniera. Nel 2007 ha scelto di venire qui in Italia per aiutare i suoi figli: «non riuscivano a trovare una casa, un lavoro, erano in crisi», ci spiega. È venuta a Ferrara perché consigliata da un amico del figlio, amico che viveva e ancora vive qui in città.

Anna 9 anni fa ha perso anche il marito, «il 23 febbraio», ricorda. «Dopo aver lavorato come autista di autobus, mi aveva raggiunto in Italia per due anni, nei quali era stato impegnato come bracciante in campagna, per poi tornare in Ucraina».

Andrea medico fino alla morte

«Andrea amava aiutare gli altri, era una persona umile, per nulla orgogliosa, aiutava anche i colleghi medici», ci racconta Anna. «L’ultima volta che l’ho visto è stato la scorsa estate: da giugno ad agosto sono stata da lui in Ucraina».

Fin da bambino Andrea sognava di lavorare come medico in una struttura militare, «”dove c’è più bisogno, dove c’è più necessità”, mi diceva sempre». Dopo la laurea in Medicina, viene assunto per un periodo in un ospedale civile a Husiatyn. 

Poi nel 2014, dopo l’occupazione russa della Crimea, chiede di prestare servizio in un ospedale militare, dove lavorerà due anni. Dal 2015 fino a pochi mesi fa ha lavorato in un ambulatorio vicino Ternopil, e poi, dal dicembre scorso, nell’ospedale militare a Ochtyrka.

«Lo scorso 25 febbraio ho parlato con lui al telefono, mi ha detto: “stai tranquilla”». Alle ore 12 del giorno dopo, il 26, un sabato, Andrea stava operando un soldato ferito quando l’esercito russo ha bombardato l’ospedale: nessuno si è salvato. «La mattina del 26 ho provato a chiamarlo e non mi ha risposto, perché stava lavorando», racconta Anna. «Poi ho riprovato nel pomeriggio, e ancora non mi rispondeva. Lunedì, due giorni dopo, alle ore 15 mia figlia mi chiama e mi dice che Andrea è morto». Ci hanno messo diversi giorni per recuperare tutti i corpi. «Martedì, il giorno dopo aver ricevuto la notizia, sono venuta qui da padre Vasyl per chiedergli aiuto». Il sacerdote ha celebrato una S. Messa per Andrea e diverse sono le preghiere per lui in queste settimane. «Grazie a lui e alla vicinanza di tante persone, un po’ mi era passata la tristezza», prosegue Anna. «Ma mio figlio mi dava tanta forza per vivere, per andare avanti». 

Le vittime sono state tutte sepolte nel campo dell’ospedale, troppa la paura di portare i corpi lontano. Ma il cognato della moglie di Andrea insieme a un amico, rischiando di essere attaccati dai russi, con un furgoncino sono comunque andati a recuperare il corpo di Andrea e lo hanno portato a Husiatyn per i funerali – svoltisi dieci giorni dopo la morte – ai quali hanno partecipato tante persone. Le esequie sono state documentate anche dalla tv locale INTB. Tutti i funerali degli eroi caduti in guerra in Ucraina, e così anche quello di Andrea, sono preceduti da un corteo lungo le vie della città, durante il quale la gente ai bordi delle strade si ferma e si inginocchia in segno di omaggio. Anna è riuscita ad andare al funerale del figlio grazie a uno dei pullman che periodicamente, anche prima dello scoppio del conflitto, vanno dall’Ucraina all’Italia e viceversa, dall’inizio della guerra portando persone in Italia e beni alimentari alla Caritas di Ternopil.

Anna è rimasta in Ucraina dieci giorni, rivedendo anche l’altra sua figlia, sposata con due figli e insegnante di scuola, e ora, come tanti, impegnata come volontaria per aiutare i profughi che arrivano dal Donbass. «Ho invitato lei e la sua famiglia, così come mia nuora e mio nipote a venire qui a Ferrara, ma non hanno voluto perché vogliono rimanere lì per aiutare e difendere il loro Paese».

Anna ci tiene a ringraziare padre Vasyl, la comunità ucraina e le tante persone che le sono state vicino: Pierluigi Trevisani, la moglie Agnese e il fratello Davide; Claudio Travagli e la moglie Anna. E soprattutto Vanes Magnanini e la moglie Anna della famiglia di Anita, l’anziana che accudisce, oltre ai medici e agli infermieri di Cona e di San Rocco.

Una rete di amicizia che non potrà lenire l’enorme dolore  di una madre che perde un figlio in guerra, ma che perlomeno la fa sentire meno sola nell’affrontare un dramma senza senso.

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” dell’8 aprile 2022

https://www.lavocediferrara.it/

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