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Corpi intermedi, concretezza e limite: ridar vita alla fraternità

1 Apr


Cattolici in politica e democrazia. Il 29 marzo a S.Giacomo ap. l’incontro di AC, ACLI e altre sigle su temi di forte attualità

La crisi della politica, in Italia e in tutto l’Occidente, è sicuramente conseguente anche alla crisi delle forme organizzate della politica e del ruolo dei cattolici in essa.

Su questi e altri temi sempre di forte attualità lo scorso 29 marzo hanno riflettuto Italo Sandrini (vicepresidente nazionale delle Acli e fino ad alcuni mesi fa Assessore a Verona nella giunta di Damiano Tommasi), e Andrea Bonini (costituzionalista e coautore del libro “Democrazia: la sfida della fraternità” curato da Padre Francesco Occhetta, gesuita e segretario generale della Fondazione “Fratelli tutti”).

L’incontro svoltosi nel salone del complesso parrocchiale di San Giacomo Apostolo a Ferrara aveva come titolo “Democrazia e fraternità. Profezia di un mondo di Pace” ed era il secondo dedicato a questi temi, dopo quello svoltosi lo scorso 6 febbraio su “Scelte di pace”. Gli incontri sono stati organizzati da Azione Cattolica diocesana ed Acli Provinciali Ferrara, con il supporto di Agesci, Masci, Pax Christi e Centro di Ateneo per la Cooperazione allo Sviluppo Internazionale di UniFe. 

Il 29 marzo, dopo i saluti di Francesco Ferrari (ACdiocesana) e Paolo Pastorello (ACLI Ferrara) è intervenuto per una breve introduzione Dario Maresca, moderatore dell’incontro, per dimostrare, anche attraverso ricerche statistiche, di come siano una minoranza nel mondo i Paesi che si possono definire “democratici” e di come nella percezione pubblica, anche italiana, si faccia sempre più spazio la legittimità di «sperimentare forme di governo nazionale tendenzialmente autoritarie».

Il primo relatore, Andrea Bonini, ha innanzitutto illustrato l’Associazione “Comunità di Connessioni”, rete a livello nazionale nata grazie a parte dell’associazionismo laicale cattolico per unire tra loro esperienze territoriali simili ma slegate. Associazione che opera prevalentemente attraverso «la formazione e l’autoformazione» e anche nelle istituzioni, ma «in seconda linea». Venendo al tema dell’incontro, Bonini ha riflettuto su come la fraternità sia «un termine lasciato fuori dalla politica», schiacciato tra il dominio del concetto di libertà (dal liberalismo-capitalismo-liberismo) e quello di uguaglianza (social-comunismo).«Per definirsi “fratelli”, innanzitutto – ha detto -, bisogna riconoscere un padre/Padre comune, e questo è molto difficile». La fraternità, però, tra i due termini sopracitati «ristabilisce una verità e un equilibrio, ridando anche forza ai corpi intermedi (partiti e sindacati, in primis)», per tornare a un’idea di pluralismo «che crea ponti e non lacci». Ma i corpi intermedi, per Bonini, «vanno ripensati», tornando ad esempio al «finanziamento pubblico diretto ai partiti e aumentando la loro democraticità interna». Questi, insieme alla «concezione personalista», possono oggi ridare valore alla fraternità attraverso «la riscoperta del concetto di “limite” che la possibilità tecnica – e l’individualismo – stanno distruggendo».

Per Bonini occorre, inoltre, «superare la divisione dei cattolici in politica fra destra e sinistra, frutto di un bipolarismo della seconda Repubblica», conseguente alla fine della DC. I cattolici in politica possono portare ancora «pragmatismo e verità, non per rinnegare i conflitti esistenti ma per ricomporli, come ad esempio sul complesso tema dell’immigrazione e dell’inclusione».

Nei suoi interventi, Italo Sandrini ha invece posto l’accento sul «problema generazionale», a partire dal fatto che molti giovani danno per scontato il poter vivere in un Paese democratico. In generale, è fondamentale in politica «la concretezza», cioè il «sporcarsi le mani». Altro problema sollevato da Sandrini sul tema “democrazia” è l’esistenza a livello elettorale dei listini bloccati.

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 4 aprile 2025

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Che risposta dare al nichilismo? Dialogo fra Truffelli e don Carron

17 Mag


Il 13 maggio il presidente nazionale di AC e la guida di CL si sono confrontati sul tema della fraternità

Truffelli
don Carron

La pandemia è «un fatto epocale che sfida il nichilismo e l’individualismo delle nostre società». Per questo, la Chiesa e più in generale la società e la politica debbono dare risposte all’altezza di una prova così radicale. Non è così frequente vedere insieme sullo stesso palco il massimo rappresentante dell’Azione Cattolica Italiana, il presidente Matteo Truffelli, e la guida di Comunione e Liberazione don Julian Carron. Uno stare insieme che significa tanto l’uno a fianco all’altro – come si è o si dovrebbe sempre essere nella Chiesa -, quanto l’uno di fronte all’altro, differenti ma fraterni, uniti anche quando emergono i conflitti. Per questo dispiace che l’incontro pubblico fra i due tenutosi lo scorso 13 maggio sia passato un po’ sotto silenzio. Trasmesso in streaming dall’Università Cattolica di Milano e moderato da Ferruccio De Bortoli, verteva sul tema “Fraternità e amicizia sociale. La Fratelli tutti e il nostro compito”.


Questa nostra epoca complessa

«Come credenti dobbiamo vivere e condividere una visione differente della società, fondata sulla fraternità – ha esordito Truffelli -, proponendo ideali, non ideologie, e costruendo esperienze concrete». L’inizio del confronto sembra improntato sull’ottimismo. «La solidarietà» è l’antidoto al «principio individualista del “si salvi chi può” e al conformismo». Per cui, questa della pandemia «è una stagione in cui è più facile riconoscersi come fratelli». «L’aver sentito tutti il bisogno di essere uniti – ha condiviso con lui don Carron – ci ha resi più consapevoli che siamo tutti sulla stessa barca, che non possiamo cavarcela da soli. Il bisogno può far generare nuovi principi e unità, come dopo la seconda guerra mondiale». Anche oggi «si sono avviati processi di collaborazione – scientifico ed ecologico, ad esempio – impensabili fino a poco tempo fa. Si stanno avviando, o sono accelerati, cioè, processi diversi da quelli dati per assodati».


Ma quali risposte offrono i cristiani?

«Il mondo cattolico ha idee, proposte, esperienze e persone da mettere a disposizione del Paese, dell’Europa e del mondo? Sappiamo, cioè, tradurre tutto ciò in proposta politica?», ha incalzato Truffelli. «Ciò significa anche liberare i cattolici da alcune caselle entro le quali a volte vengono messi, come quelle della sola difesa dei migranti o della vita». Non bisogna, invece, dimenticare che «la politica è il senso dell’insieme, del complessivo» e che ai cattolici «è chiesto di viverla come seminatori di speranza: la politica deve innescare il futuro, non contrapponendo ma unendo». La problematizzazione del concetto di fraternità l’ha portata avanti anche don Carron, se possibile anche andando più a fondo della questione. Dato che «il desiderio di pienezza appartiene a ogni persona», la risposta «non può essere teorica ma reale, e non può essere l’individualismo, l’accumulazione di cose o il potere». La risposta sta in una testimonianza radicalmente diversa. «Se non viviamo davvero la fraternità – ha proseguito il sacerdote -, se cioè non abbiamo modalità, criteri diversi nel vivere il nostro quotidiano, allora siamo come gli altri». «Essere davvero “fratelli tutti” non è un mero sogno ma risponde al bisogno grande che abbiamo».


Che cos’è la libertà

La fraternità fa riflettere anche su quale sia la vera libertà. Per Truffelli la pandemia «ci ha fatto ripensare il senso della libertà intesa come scelta solitaria e relativista, cioè il modello fortemente prevalente in precedenza. La libertà non è tutto. Legato a ciò, c’è il tema dei diritti, che a volte rischia di essere difesa di privilegi», mentre «il diritto deve tutelare non solo me ma anche gli altri». «Dobbiamo essere consapevoli – ha ribattuto la guida di CL – che l’affermazione di sé è vera solo se avviene insieme all’affermazione dell’altro: partecipare a un gesto comune porta a un godimento del vivere nettamente più grande».


Sinodalità e pluralità

L’ultima questione posta da De Bortoli ha riguardato il tema della sinodalità ecclesiale: un percorso sinodale, come quello annunciato due mesi fa dal card. Bassetti, «può essere una grande occasione per la Chiesa italiana per maturare ancor più consapevolezza di ciò che vuol dire essere popolo dentro un popolo ancora più grande, e quindi il sapersi mettere in ascolto» e il «saper riconoscere la diversità come ricchezza, non come problema». «La sinodalità – ha poi concluso don Carron – è utile solo se ci mettiamo in ascolto dello Spirito. C’è qualcosa di davvero interessante che sfida questo nichilismo? Ascoltiamo la novità che il Mistero suscita rispetto al nulla che avanza».

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 21 maggio 2021

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