
Utile per l’emergenza ma non può diventare abitudine: parlano le associazioni studentesche di Unife
A cura di Andrea Musacci
In parte perché già preparata, in parte perché incline alla prudenza, l’Università degli Studi di Ferrara sta garantendo, con l’inizio del nuovo anno accademico dopo l’estate, in modo discretamente efficace la didattica online. Una modalità che, se i numeri dell’emergenza sanitaria continueranno a galoppare, tornerà, come nel periodo da fine febbraio a maggio, l’unico modo per le studentesse e gli studenti del nostro Ateneo di accedere alla vita universitaria.
Uno scenario desolante all’interno di una drammatica pandemia. Ma se la didattica a distanza (in streaming e/o tramite registrazioni) si è presentata e potrebbe ripresentarsi come necessaria, la paura di molti studenti e dei loro rappresentanti è che diventi norma, una cattiva abitudine anche nel nostro Ateneo.
Le scelte di Unife
A metà luglio scorso, l’Università ferrarese dirama un comunicato riguardante lezioni e laboratori: le attività didattiche di tutte le lauree triennali, magistrali e magistrali a ciclo unico saranno video-registrate o erogate in streaming. Nello specifico, per gli studenti iscritti al primo anno (di ogni corso), si organizzeranno approfondimenti didattici in presenza sugli argomenti svolti durante le lezioni online per consentire di interagire con il docente e fra di loro. Per gli altri anni di corso e per il post laurea, le attività di didattiche saranno svolte con modalità a distanza, seguite da approfondimenti didattici, se possibile in presenza o in alternativa in streaming. In ogni caso, ai singoli Dipartimenti è data libertà di gestire la situazione. Le attività di laboratorio potranno essere svolte in presenza a gruppi e potranno essere precedute e/o integrate da videoregistrazioni di attività pratiche.
Questo sulla carta. Nella realtà la situazione è in parte diversa: non tutti i laboratori sono in presenza, molte lezioni sono registrate e non in streaming, e in alcuni casi sono solo audioregistrate, senza nemmeno la possibilità di vedere il volto del docente.
Nella settimana in cui incontriamo le quattro principali associazioni studentesche di UniFe, sono usciti a breve distanza i due Dpcm del Governo (quelli del 13 e del 18 ottobre), che, pur non imponendo nuove disposizioni per gli Atenei, aumentano il livello di allerta e la conseguente preoccupazione in molti, spingendo, al di là delle singole norme, a una sempre maggiore prudenza. La situazione, infatti, è quella di un continuo ed esponenziale aumento dei contagi, dei decessi e di persone in terapia intensiva per il Covid-19. In ogni caso, in molti si chiedono perché Unife non abbia permesso che molte più lezioni potessero avvenire in presenza, pur con tutte le limitazioni necessarie.
Link. “La ripartenza del Paese deve avvenire dai luoghi del sapere”
Le falle della didattica online, DSA e disabili, la crescita integrale dello studente
C’è un concetto che torna sempre nel corso della nostra chiacchierata, quello della centralità della relazione diretta, “in presenza”, fra gli studenti e con i loro docenti, e la critica, invece, di rapporti umani inautentici, dominati da forme di «alienazione» di cui le nuove tecnologie di comunicazione sono una causa importante. Incontriamo due giovani studentesse, Virginia Mancarella, III° anno di Chimica e Gabriella Angelillis, II° anno di Biotecnologie mediche, rappresentanti di LINK, Coordinamento Universitario nato dal movimento studentesco l’Onda dell’autunno 2008.
Già a fine febbraio «Unife si è attivata subito e bene per la Didattica a distanza (Dad)», ma «non sempre il materiale didattico – slide, libri ecc. – era facilmente reperibile per colpe e negligenze di una parte dei docenti. Sicuramente – proseguono – il lockdown ha evidenziato ancora di più il ruolo importante delle associazioni degli studenti e dei loro rappresentanti».
Nei mesi scorsi, invece, sia a livello regionale sia comunale «abbiamo provato a ottenere risultati per calmierare i costi degli abbonamenti dei treni e gli affitti» per studenti con maggiori difficoltà economiche. Riguardo agli affitti «qui a Ferrara il contributo erogato dal Comune di Ferrara è stato insufficiente, perché l’ISEE non può essere uno strumento aggiornato di valutazione dell’effettivo calo di reddito sopraggiunto quest’anno in molte famiglie».
Riguardo alla didattica, «i Dipartimenti sono deserti in questo periodo. Il fatto che molte lezioni siano a distanza, addirittura videoregistrate, può portare per molti studenti un calo dell’attenzione, a perdersi. Per ora solo alcune lezioni di approfondimento sono in presenza, ma non è sufficiente».
«Per noi la Dad può essere utilissima se affiancata a quella in presenza, perché magari molti studenti non riescono a seguire perché lavorano o abitano lontano. D’altra parte, però, molti di loro hanno una connessione debole o problemi a seguire con calma le lezioni perché vivono con familiari o coinquilini». E poi ci sono problematiche legate ai singoli Dipartimenti, come quello di Gabriella, dove i laboratori in presenza verranno attivati solo a partire dal secondo semestre. «E ci chiediamo: perché Unife ha scelto di fare la Dad in presenza solo per le matricole?».
«Per moltissimi studenti si perde il contatto col docente, non c’è possibilità di confronto e discussione con gli altri studenti, e anche in streaming non sempre c’è la possibilità di porre domande». Un uso eccessivo della Dad «rischia di far diventare ancor più distaccata la figura del docente, di ridurlo quasi a una voce, senza possibilità di relazione e di confronto con gli studenti». Invece, «non ci può essere sapere senza dialogo».
Un capitolo di questa discussione, quasi mai trattato a livello mediatico e di rappresentanza, lo inaugura Virginia, direttamente impegnata su questo tema anche in quanto membro del Consiglio di Parità d’Ateneo: è quello riguardante gli studenti disabili o con disturbi specifici di apprendimento (DSA): «per loro, se manca la didattica in presenza, è una difficoltà ancora maggiore. Il nostro Ateneo è attento alle loro esigenze, ma diversi docenti non li riconoscono come persone da aiutare, e con una loro diversità, ma li ignorano e li discriminano».
In generale manca – continuano -,«l’idea dell’università come luogo di crescita integrale della persona, e non invece solo in vista di un futuro professionale, che non fa che accentuare di anno in anno la settorializzazione del sapere, perdendo l’idea dello studente soprattutto come persona e cittadino. Importante è quindi «che la pandemia non diventi una scusa per modellare diversamente la società, eliminando momenti e luoghi di relazione in presenza, anche riguardo alla Dad».
Student Office. “Non ci riconosciamo in un’università dove si impara solo una professione, senza poter vivere pienamente luoghi e relazioni”
Elena Ferrucci, III° anno di Scienze della Comunicazione e Filippo Tiozzo Bon, studente di Fisioterapia, sono i due membri di Student Office che accettano di parlare con noi di didattica e futuro dell’Ateneo.
«Durante il lockdown, Unife, nonostante le normali difficoltà iniziali, ha risposto bene. Con la Dad vengono però meno la socialità, molte dinamiche di relazione, spesso si è soli davanti al computer a seguire una lezione. Il lockdown è stato comunque, per quanto ci riguarda, un periodo attivo, molti studenti ci contattavano per avere aiuto, informazioni sulla didattica e non solo. Questo ci ha fatto sentire in maniera ancora più forte l’importanza di stare di fronte alle esigenze di tutti. Avevamo anche aperto un profilo su Instagram, “The Place”, dove raccogliere e condividere idee, citazioni, riflessioni di artisti e letterati. Abbiamo quindi cercato di usare bene il tempo, senza rimanere passivi». «La pandemia – proseguono – ci ha insegnato molto, facendoci vedere le cose in modo diverso, a non darle per scontate».
Una volta conclusa la quarantena, «abbiamo riflettuto insieme dentro Student Office, condividendo l’idea che l’università dovesse tornare, se possibile, luogo di incontro, senza accontentarci di seguire la lezione e ricevere un voto». Centrale – proseguono – è la possibilità «di incontrarci per approfondire alcune materie studiate» e in generale il senso del vivere l’università, «per avere uno sguardo più ampio sulle cose». Così anche i tradizionali pre-test estivi – ai quali hanno partecipato una 60ina di matricole, equamente distribuiti tra Medicina e Architettura, – «abbiamo scelto di farli in presenza, per l’importanza, soprattutto per una matricola, della conoscenza diretta con gli altri studenti, in particolare in questo periodo difficile».
Con la ripresa delle attività, sono ancora parole di Elena e Filippo, «sentivamo quindi in maniera forte la voglia di tornare a vivere l’università insieme, a pieno, condividendo esperienze» con amici e colleghi. E poi -, aggiunge Elena – «anche solamente in una lezione vi può essere l’inaspettato, come, banalmente, la domanda di un tuo collega che ti spiazza. C’è quindi la possibilità di crescere, di essere educati come persone».
Purtroppo nei corsi ai quali sono iscritti come durante la quarantenale le lezioni sono ancora registrate, non in streaming. «La lezione in diretta, pur a distanza, almeno permette a docenti e studenti un approccio immediato, di avere dei riscontri, mentre nella lezione registrata – in tanti casi nemmeno video, ma composta solo dall’audio e dalle slide del docente – c’è molto meno coinvolgimento».
Rua-Udu. “Attività via web peggiorate e non rese sostenibili”. La malagestione di Unife
«L’impressione che permane è che, per quanto all’inizio Unife si sia dimostrata reattiva nell’organizzare la Dad, si sia poi adagiata sugli allori, facendo fattivamente poco, o nulla, perché l’esperienza telematica ne uscisse implementata e sostenibile». Non usa giri di parole Mariantonietta Falduto, iscritta al III° anno di Biotecnologie della salute, che incontriamo come rappresentante di RUA (Rete Universitaria Attiva) – UDU.
«La Dad si è dimostrata di grande aiuto ma non può sostituire la vita universitaria canonica. Fare lezione in presenza, studiare in biblioteca, poter condurre attività laboratoriali a pieno ritmo sono tutte esperienze che la telematica non permette. Parecchio svilente e preoccupante, invece – prosegue -, rimane la gestione personale delle relazione umane, duramente inficiata dagli eventi e certamente non sanata dall’esperienza online per sua definizione solitaria».
Capitolo ancora peggiore quello degli esami: «dopo una partenza tardiva – ci spiega – si è pensato di sopperire le prime confuse sessioni scritte andando ad istituire appelli straordinari. Questi ultimi, però, essendo a discrezione del docente, sono rimasti spesso un miraggio». Per non parlare dei tirocini, inizialmente sospesi e poi svolti «in discutibili modalità online per gli studenti prossimi al conseguimento del titolo».
Con l’avvio dell’anno accademico 2020/2021, ben pochi sono rimasti i momenti in presenza. Scelta questa – continua Mariantonietta – presa dall’Ateneo anche in conseguenza delle «sregolate aperture dei numeri universitari» attuate negli ultimi anni da Unife, «più per una questione di entrate nelle casse d’Ateneo», ma con «poca attenzione per la qualità didattica». Critiche RUA le rivolge anche ai «pochi laboratori settimanali, in realtà momenti cruciali, accompagnati da qualche focus groups, a prenotazione fino a esaurimento posti, concordato sull’asse docente/studenti». E, prosegue Mariantonietta, «le tesi di laurea triennali vengono ancora discusse online con la proclamazione ridotta a una mail recante il voto di laurea».
Le sedi dei Dipartimenti, ci testimonia anche lei, sono diventate deserte, prive di tante attività quotidiane e non: «tutti quelli che erano punti focali d’aggregazione come mense, aule studio, biblioteche e corridoi ora non sono altro che spenti fabbricati di muratura. Per noi è soprattutto cambiato il modo di fare rappresentanza e, nel momento in cui gli studenti avevano più bisogno facessimo da ponte tra loro e i professori, abbiamo dovuto cambiare completamente il nostro modo di approcciarci: i social, rapidamente, hanno visto accresciuto il loro ruolo andando a sostituire stand, banchetti, workshop e apertitivi che era nostra abitudine organizzare».
Azione Universitaria. “Il lockdown periodo buio per molti fuori sede. Ma noi c’eravamo”
Edoardo Luigi Manfra, Gianpaolo Zurma, Giulio Braccioni, iscritti a Giurisprudenza, sono i tre ragazzi che incontriamo come portavoce di Azione universitaria (AU).
«Unife ha gestito bene l’emergenza iniziale, è stato uno dei primi atenei a chiudere (l’ultima settimana di febbraio, ndr) e a organizzare le lezioni online. Noi e altre associazioni studentesche abbiamo distribuito mascherine negli studentati. E in generale abbiamo cercato di sopperire alle difficoltà degli studenti, ad esempio legati alla connessione internet, o agli esami, realizzando anche una guida per l’emergenza».
«Anche personalmente abbiamo sentito di diversi casi di depressione tra gli studenti universitari. Molti fuori sede, ad esempio, sono rimasti a Ferrara, spesso magari in appartamento da soli. Ci chiamavano spesso, quindi l’assistenza di noi rappresentanti è stata ancora più importante durante il lockdown. In generale in città, soprattutto per le matricole, purtroppo mancano amcora luoghi di aggregazione».
In estate, invece – proseguono – «abbiamo organizzato alcuni eventi anche su tematiche non strettamente universitarie, come il concerto di Skoll, abbiamo realizzato e diffuso una guida per le matricole e raccolto firme per aiutare gli studenti in affitto, raccogliendone molte». A maggio il Comune ha stanziato 36mila euro per studenti con morosità incolpevole, valutando l’ISEE sotto i 35mila euro come criterio principale di accesso al fondo».
Con l’inizio del nuovo anno accademico, di positivo c’è che dal «15 ottobre, pur con le limitazioni, sono state riaperte biblioteche d’ateneo, importanti luoghi di ritrovo per gli studenti». Per il resto, «la vita universitaria è molto cambiata, ci sono meno punti di ritrovo, con conseguente perdita di molti contatti tra le persone».
«Come AU siamo per la didattica in presenza – sono ancora loro parole -, in quanto possibilità di convivialità, ma accettiamo queste regole come necessarie, e così è per molti studenti».
Guardando al futuro, l’auspicio è che «si ritorni alla normalità, alle lezioni in presenza e magari per i corsi molto frequentati dagli studenti si assicuri lo streaming, utile soprattutto per i fuori sede.
Negli ultimi Dpcm del Governo – riflettono con amarezza – purtroppo non si parla di università, mentre ad esempio nel Consiglio Nazionale Studenti Universitari, AU e altre associazioni hanno avanzato diverse proposte concrete».
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 30 ottobre 2020
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