
Una vicenda inedita. Nato in Bulgaria, nel ’56 si iscrive a Farmacia all’Università di Ferrara, dove quattro anni dopo si laurea. Nel frattempo risolleva la decimata e anziana Comunità ebraica ferrarese, tanto da diventare un esempio virtuoso per le altre Comunità in Italia. È deceduto due mesi fa all’età di 98 anni a Tel Aviv, città dove ha vissuto negli ultimi 60 anni
[Qui potete trovare la seconda parte del mio servizio su Haim Bassan]
di Andrea Musacci
Lo scorso 7 settembre a Tel Aviv, all’età di 98 anni, è morto Haim Issak Bassan, detto Jacques.
Una notizia apparentemente di scarso interesse per il nostro territorio, ma che in realtà riguarda da vicino la storia di Ferrara. Nel 1956, infatti, il giovane Haim si trasferisce da Tel Aviv nella nostra città per studiare Farmacia all’Università. Riuscirà a laurearsi quattro anni dopo, nel 1960, e, nel frattempo, risolleverà la Comunità ebraica locale decimata dalla Shoah e dalle tante emigrazioni verso altre città o Paesi. Ma c’è dell’altro: Haim Issak Bassan è stato il primo studente israeliano iscritto all’Ateneo ferrarese.
Una storia affascinante sotto molti punti di vista, anche considerando il cognome, di cui “Bassani” è l’italianizzazione. Proprio in questi anni, per la precisione nel ’56, Giorgio Bassani pubblica da Einaudi le “Cinque storie ferraresi” e nel 1960 “Una notte del ’43”. Nello stesso anno Florestano Vancini comincia a lavorare alla versione cinematografica di “Una notte del ’43”.
Ma risaliamo alle vicende di Haim Bassan, per capire com’è arrivato a Ferrara.
Dalla Bulgaria a Ferrara (passando per Israele)
Haim nasce il 7 novembre 1921 a Plovdiv (nota anche come Filippopoli), seconda città per numero di abitanti in Bulgaria. Suo nonno era bulgaro, mentre la nonna turca di Istanbul, allora Impero Ottomano di cui faceva parte la stessa Bulgaria. Nel corso della vita acquisterà, per vicende ignote, anche il cognome Eskenazi.
Fino al ‘52 Haim vive nel suo Paese d’origine, dove si diploma al Ginnasio misto “Regina Giovanna” di Nova-Zagora (a circa 120 km da Plovdiv), con voto finale, ottenuto il 12 luglio 1941, di 5,08 su 6: qui studia bulgaro, francese, russo, psicologia, logica, etica, matematica, geometria descrittiva, storia, geografia, economia politica, fisica, chimica, storia naturale, disegno, canto, educazione fisica e stenografia. Dal ’48 al ’52 è iscritto alla Facoltà di Legge (dove studia anche il latino) dell’Università Statale “Kliment Okhridsky” di Sofia, nella quale otterrà la laurea. Nel fascicolo a lui dedicato conservato nell’Archivio Storico dell’Ateneo di Ferrara, che siamo riusciti a consultare, è presente anche il certificato rilasciato dall’Università di Sofia per la presentazione alle autorità universitarie in Israele. Dal 1952 al 1956 Haim vive quindi in Israele, forse a Tel Aviv, dove vi farà ritorno dopo il 1960, una volta laureatosi a Ferrara.
Una comunità da ricostruire
È Andrea Pesaro, Presidente della Comunità ebraica di Ferrara dal 2015 al 2019, ad aiutarci a inquadrare il periodo storico: «nel 1957 ho lasciato Ferrara per andare a Milano (città dove ancora vive, ndr), dove mi sono laureato al Politecnico». Gli anni ’50 sono stati anni «di ricostruzione» per la Comunità ebraica ferrarese, composta da 150 membri contro i 700 di prima della Seconda Guerra mondiale.
«Molte persone, soprattutto giovani – prosegue Pesaro -, lasciano Ferrara dopo il ‘45 perché poco sviluppata economicamente. Tanti, come me e le mie sorelle o le famiglie Tedeschi e Ravenna, si trasferiscono a Milano, Roma, nello Stato di Israele o negli USA. Di queste famiglie non è rimasto quasi più nessuno a Ferrara».
Ma dagli anni ’50 la Comunità ebraica ferrarese accoglie comunque «alcuni ebrei provenienti dal Nord Africa, soprattutto dalla Libia». Lo stesso Fortunato Arbib, attuale Presidente della Comunità, arrivò dalla Libia nel ’67, durante il decennio che segnerà la vera, seppur parziale, rinascita della Comunità, proprio in quegli anni, dal ’64 all’ ’85, guidata dal padre di Andrea, Marcello Pesaro (mentre il nonno Silvio Magrini la guidò dal 1930 fino alla sua cattura nel 1943).

«Aiutaci tu, Haim!»
Dalla Comunità Ebraica di Ferrara ci comunicano che nei loro archivi non risulta nessuna documentazione su Haim in quanto non nato né deceduto a Ferrara. È Roberto Matatia, nipote di Haim residente a Faenza, a raccontarci il suo periodo ferrarese, grazie ad aneddoti che suo zio stesso gli raccontò di persona.
Haim abbandona Tel Aviv, lasciando temporaneamente la sua farmacia in gestione a un polacco, per venire a studiare in Italia, per la precisione a Modena. Ma arrivato nella città emiliana alcuni coetanei lo dissuadono a iscriversi perché considerata l’Università più impegnativa. «La via più facile resta Ferrara, piccola, prestigiosa, senza stranieri», gli dicono. «Giungo, così, pieno di speranze», racconta Haim al nipote; «e, dove va un ebreo quando arriva in un posto dove non conosce nessuno e ha bisogno di tutto e di tutti? In Comunità!».
Così descrive il suo arrivo a Ferrara: «Arrivato davanti alla Sinagoga, vidi un edificio cadente, così come cadenti erano gli ebrei di quella piccola Comunità: dei vecchi poco entusiasti, stanchi, componenti di un nucleo destinato ad estinguersi, anche perché i pochi giovani sopravvissuti in buona parte avevano lasciato Ferrara. Quando vengono a sapere che sono israeliano, mi accolgono come fossi un messia: mi viene dato, senza esitare, un bell’appartamento del Ghetto, grande, arredato, completo di qualsiasi agio, forzatamente lasciato libero da una famiglia deportata e mai tornata». Affittare quei tanti appartamenti rimasti vuoti a non ebrei, sono le parole degli anziani della comunità ricordate da Haim, «vorrebbe dire rassegnarsi in ogni senso all’inesorabile fine». Haim probabilmente, almeno per un primo periodo, vive in via Vignatagliata, 43, a due passi dall’ex scuola ebraica: nella domanda d’iscrizione che nel ’56 consegna all’Ateneo di Ferrara, infatti, in fondo scrive: “Haim Bassan presso M. Borsetti, via Vignatagliata, 43, Ferrara”. Nell’attestato di ritiro dei documenti di laurea, quindi nel ’60, però, Haim indica un altro domicilio, sempre nell’ex ghetto: via Vittoria, 39. Allo stesso indirizzo, dalla seconda metà dell’Ottocento agli anni ’70 del Novecento, vi era anche la sede dell’ospizio israelitico.
Nel ’56 gli ebrei ferraresi gli chiedono un favore enorme: di far rinascere quel che di ebraico è sopravvissuto in città. «Accetto con entusiasmo, cercando di riportare in vita le festività comandate, organizzando riunioni, corsi di ebraico, ripulendo il cimitero. La notizia della ritrovata vitalità degli ebrei ferraresi raggiunge velocemente anche le Comunità più lontane. I locali adiacenti alla Sinagoga ritrovano una nuova vitalità. Vengono organizzati incontri, feste da ballo e in maschera. Arrivano ragazzi ebrei da ogni parte d’Italia, e, molto presto, tutti vengono a conoscenza del fatto che a Ferrara vi era un israeliano che aveva fatto un miracolo. Finché un giorno – prosegue Haim – vengo convocato a Roma, dall’Ambasciatore dello Stato d’Israele in Italia. Erano venuti a conoscenza del mio lavoro e ne erano entusiasti: così, mi affidano un incarico retribuito per portare in giro per le Comunità Ebraiche italiane l’esperienza di Ferrara. Accettai al volo!».
Per la quasi totalità degli ebrei il legame con Israele è viscerale, non si dimentica. Così, i suoi risparmi Haim li investe in beni non deperibili – alimentari, apparecchiature elettriche, medicinali – da inviare a Tel Aviv, «inventandomi, così – ha raccontato -, un piccolo commercio che mi consente di studiare e di mantenere mia madre senza problemi». Un contributo importante per uno Stato come Israele nato pochi anni prima.
Una laurea da 110 sugli anticolesterolemici
Questo impegno per le comunità ebraiche della nostra Penisola non fa, però, perdere di vista ad Haim i suoi studi all’Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica allora diretto dal prof. G. B. Crippa, mentre ai tempi il Rettore di UniFe è Giuseppe Olivero (lo sarà dal 1956 al 1959, sostituito fino al ’65 da Gioan Battista Dell’Acqua). Haim si immatricola il 30 ottobre 1956, matricola n. 1617, e conclude gli studi con una media voti del 28,222 / 30.
Il 23 novembre 1960 discute la sua tesi, di oltre 70 pagine, dal titolo “Caratteri chimici e analitici di anticolesterolemici di sintesi”, relatrice la prof.ssa Gilda Cavicchi Sandri. Voto finale: 110.
La vita di Haim dopo Ferrara
Haim vivrà successivamente tutta la sua esistenza in Israele. Lo vedrà nascere, partecipando a tutte le sue guerre sino a quella del Kippur nel ‘73: «la vita di mio zio rappresenta la storia delle origini dello Stato di Israele», ci spiega il nipote Roberto Matatia. «Persona coltissima e profonda, parlava agevolmente 7 lingue. Circa 60 anni fa sposò Ruth, ora 88enne, elegante signora russa colta e discreta». I due hanno avuto insieme due figli, Amir e Sarit, anch’essi residenti a Tel Aviv.
Una storia straordinaria quella di Haim Bassan, degna di essere raccontata, che attraversa anni della storia ebraica ferrarese ancora poco indagati e che meriterebbero maggior risalto. È la storia di una vita che, nel pieno della sua formazione, vive la ricostruzione di una piccola e antichissima comunità, quella ebraica ferrarese, e la nascita di un piccolo Stato, quello di Israele, incarnando così la speranza di una risurrezione, dopo l’orrore della Shoah, tanto per gli ebrei di Israele quanto per quelli del nostro Paese.
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 27 novembre 2020