
Case popolari a Ferrara. La recente Sentenza della Corte Costituzionale dichiara illegittimi il criterio dell’impossidenza di immobili all’estero per gli stranieri e quello della residenzialità storica. Cadono quindi i due pilastri della narrazione fondata sul “prima i nostri”
di Andrea Musacci
È dello scorso 2 febbraio l’annuncio da parte del Sindaco di Ferrara Alan Fabbri e dell’Assessora alle politiche sociali Cristina Coletti della delibera di Giunta (numero GC-2021-19 del 26 gennaio) che modifica il criterio dell’impossidenza in merito all’assegnazione degli alloggi di residenza popolare, eliminando l’obbligo per il richiedente di fornire adeguata documentazione per provare di non possedere immobili nel proprio Stato di origine o in qualunque altro Stato.
Ricordiamo che lo scorso 4 gennaio è stata definita la nuova graduatoria (la 32ª) di assegnazione delle case popolari, la prima formulata in base ai criteri di assegnazione aggiornati dal nuovo Regolamento, elaborato lo scorso marzo dalla Giunta ferrarese, che per la prima volta nella storia della città pone la residenzialità storica dei richiedenti e l’assenza di proprietà immobiliare nel territorio nazionale o all’estero come elementi decisivi nell’assegnazione. Le prime 157 posizioni della graduatoria di assegnazione delle case popolari risultano, di conseguenza, assegnate ai cosiddetti residenti “storici”.
La delibera comunale annunciata il 2 febbraio – che vale per la 32ª e per la 33ª graduatoria -, arriva in seguito alla Sentenza n. 9/2021 della Corte Costituzionale (Udienza del 12 gennaio depositata il 29 gennaio 2021) che, accogliendo il ricorso del Governo contro la Regione Abruzzo (del gennaio 2020), ha dichiarato incostituzionale l’obbligo – posto a carico dei soli cittadini extra UE, quindi del tutto simile a quello presente nel sopracitato Regolamento del Comune di Ferrara di marzo 2020 – di presentare documenti che attestino l’assenza di proprietà immobiliari nei Paesi di origine e in quelli di provenienza. Così recita la Sentenza: la norma in questione «è impugnata in quanto determinerebbe “una disparità di trattamento tra cittadini italiani/comunitari e cittadini non comunitari, poiché viene richiesta solo a questi ultimi la produzione di documentazione ulteriore per l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica”».
Non solo. La stessa Sentenza dichiara illegittima anche la sopravvalutazione della durata della residenza in un Comune: «il peso esorbitante assegnato al dato del radicamento territoriale nel più generale punteggio per l’assegnazione degli alloggi, il carattere marginale del dato medesimo in relazione alle finalità del servizio di cui si tratta, e la stessa debolezza dell’indice della residenza protratta quale dimostrazione della prospettiva di stabilità, concorrono a determinare l’illegittimità costituzionale della previsione in esame, in quanto fonte di discriminazione di tutti coloro che – siano essi cittadini italiani, cittadini di altri Stati UE o cittadini extracomunitari – risiedono in Abruzzo da meno di dieci anni rispetto ai residenti da almeno dieci anni». Queste norme, quindi, «determinerebbero “un aggravio procedimentale che rappresenta una discriminazione diretta, essendo trattati diversamente soggetti nelle medesime condizioni di partenza e aspiranti alla stessa prestazione sociale agevolata”». Sempre il 2 febbraio il Gruppo consigliare del PD, in seguito alla Sentenza, ha presentato un’interpellanza sulla modifica dei criteri in questione. Pochi giorni dopo, identica richiesta è stata avanzata dalle associazioni degli inquilini Sunia CGIL, Sicet CISL e Uniat UIL.
Vengono dunque sconfessati due dei pilastri portanti della narrazione della Giunta guidata da Alan Fabbri sulla ragionevolezza del nuovo Regolamento fondato sul principio “Prima gli italiani” (o meglio: “Prima i ferraresi”).
Sulla questione abbiamo rivolto alcune domande ad Alberto Guariso, avvocato del Servizio antidiscriminazione di ASGI – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, in prima linea in questa battaglia.
L’Amministrazione comunale di Ferrara ha dichiarato di aver sospeso temporaneamente il criterio dell’impossidenza per l’assegnazione degli alloggi Erp: una scelta condivisibile?
«La delibera di dicembre dichiara che “cambia strada” perche l’emergenza COVID impedisce la mobilità e dunque impedisce di procurarsi i documenti: un’ottima scelta. Ma poi viene il pasticcio: dice che “assume per analogia” i criteri previsti per il reddito di cittadinanza per il quale un DM del 2019 ha stabilito che solo 18 Paesi nel mondo possono fornire i documenti che attestano i redditi e i patrimoni all’estero (per gli altri non esiste una autorità che li possa fornire). Secondo il Comune, quindi, per queste 18 nazionalità l’emergenza Covid non vale e chi appartiene ad esse dovrebbe andare in giro per il mondo alla ricerca dei documenti. Ovviamente la cosa è assurda: se il motivo è il COVID, l’obbligo dei documenti dovrebbe essere cancellato per tutti. In pratica ciò non avrà grande rilevanza – poiché le 18 nazionalità sono numericamente poco rilevanti -, ma va comunque cambiato».
In ogni caso il Sindaco Alan Fabbri ha dichiarato che questa scelta non modificherà la graduatoria dell’ultima assegnazione. È così?
«No, non è vero. La graduatoria aveva mantenuto iscritti “con riserva” gli stranieri che non avevano presentato i documenti ma prevedeva che i documenti andassero presentati al momento dell’assegnazione della casa. Se non li avessero presentati, sarebbero stati “scavalcati” e non avrebbero ottenuto l’alloggio. Ora che non li devono presentare possono invece ottenerlo. La graduatoria dunque non cambia formalmente ma sostanzialmente sì».
Secondo lei sarebbe auspicabile che l’Amministrazione comunale rivedesse il requisito della dimostrazione dell’impossidenza non solo in modo temporaneo ma definitivo?
«Non solo sarebbe opportuno, ma ora è obbligatorio. C’erano già pronunce in tal senso, e ora a maggior ragione dopo la Sentenza 9/2021 della Corte Costituzionale con la quale ha dichiarato incostituzionale la norma della Regione Abruzzo, identica a quella del Bando di Ferrara. A questo punto tutti i Comuni d’Italia sono obbligati a modificare i propri bandi tenendo conto dei principi stabiliti dalla Corte Costituzionale: è un fatto nuovo che abbiamo segnalato al Comune con la lettera inviata al primo cittadino lo scorso 3 febbraio».
Riguardo all’altro punto dichiarato illegittimo dalla Corte, possiamo essere ottimisti sul fatto che l’Amministrazione arrivi anche a modificare il criterio di assegnazione del punteggio attinente la residenzialità storica, riducendolo?
«La stessa sentenza 9/2021 ha dichiarato incostituzionale la legge abruzzese nella parte in cui attribuiva un punto all’anno fino a un massimo di 6 punti per residenza nel Comune. La Corte ha detto che non si possono utilizzare criteri che siano estranei alla considerazione del bisogno: e la residenza non c’entra col bisogno. È la fine del criterio “Prima i nostri”. Si consideri anche che il criterio di Ferrara è molto peggio di quello abruzzese perché assegna 0,5 punti l’anno senza un tetto: quindi chiunque sia nato a Ferrara e ivi sia rimasto arriva a 20 punti (se ha 40 anni) o di più, mentre per i bisogni più gravi (povertà, disabilità ecc.) vengono riconosciuti solo 5 o 6 punti. Anche questo criterio, dunque, dopo la sentenza 9/2021, deve essere modificato».
Come ASGI le vostre azioni legali le porterete comunque avanti? Ci potete aggiornare?
«Si tratterebbe di un’azione collettiva contro la discriminazione. ASGI è, infatti, un’associazione legittimata ad agire in giudizio e a rappresentare dunque gli interessi di tutti gli stranieri in quanto è iscritta nell’elenco presso il Ministero previsto dall’art. 5 del d.lgs. 215/2003. Non ci sono termini per ricorrere quindi potremmo farlo anche a breve».
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 12 febbraio 2021
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