Intervista al poeta Davide Rondoni, ideatore e Direttore Artistico della rassegna in programma il 10 e l’11 giugno tra il Castello Estense e il Giardino delle Duchesse. La prima sera verrà consegnata la cittadinanza onoraria ad Antonia Arslan
di Andrea Musacci

«La fantasia va coltivata, aiuta a far crescere il senso critico e a meglio conoscere e amare la realtà nella sua essenza».
L’idea di organizzare un Festival della Fantasia a Ferrara a Davide Rondoni è venuta un paio di anni fa. Poeta e scrittore forlivese classe ’64, Rondoni è di casa nella nostra città, dove viene invitato spesso per incontri culturali. Nel 2019 del progetto – pensato per tutte le fasce d’età – ha parlato al Sindaco Alan Fabbri e alla Fondazione Zanotti (diretta da Riccardo Benetti), con la quale collabora da diversi anni in quanto amico personale di Enrico Zanotti. Il Festival rappresenta, infatti, la prima di diverse iniziative in occasione dei 20 anni dalla scomparsa di Zanotti, avvocato e consigliere comunale di Ferrara deceduto a 36 anni nel gennaio 2001 a seguito di una rara malattia.
La prima edizione della rassegna è in programma giovedì 10 e venerdì 11 giugno tra il Castello Estense e il vicino Giardino delle Duchesse, e vedrà tra gli ospiti più noti l’attore Gioele Dix, lo scrittore e docente dell’Università IULM di Milano Luca Doninelli, il musicista Ambrogio Sparagna e Antonia Arslan, scrittrice e saggista armena (nota soprattutto per il romanzo “La masseria delle alloddole”), protagonista lo scorso 4 novembre dell’incontro “Siamo tutti armeni” in streaming proprio con Rondoni e organizzato dalla stessa Fondazione Zanotti.
La sera del 10 giugno in Castello la Arslan riceverà dal Sindaco Fabbri la cittadinanza onoraria di Ferrara. Una decisione maturata dal primo cittadino lo scorso aprile in seguito alle forti critiche rivolte dall’ambasciatore turco in Italia, Murat Salim Esenli, allo stesso Fabbri per aver ospitato il 23 aprile al Teatro Comunale lo spettacolo “Metz Yeghern. Il genocidio degli armeni tra memoria, negazioni e silenzi” con la stessa Arslan. Uno spettacolo che fece luce sulle deportazioni e le eliminazioni degli armeni perpetrate dall’Impero ottomano tra il 1915 e il 1916, che causarono circa 1,5 milioni di morti (nella stima degli storici, i due terzi degli armeni dell’Impero).
Tornando al tema del Festival, Rondoni nei giorni scorsi ha accettato di rispondere ad alcune domande de “La Voce” sul significato profondo del termine “fantasia”.
Il termine “fantasia” richiama il “mostrare”. Di solito si mostra ciò che è. La fantasia, quindi, permette di svelare il reale, oppure creando, va oltre la realtà già data?
«La fantasia, innanzitutto, è diversa dalla creatività, termine che non amo molto usare. La fantasia è il motore della creazione, mette in questione ciò che la realtà è, nella sua essenza più vera. Perché la realtà non è ciò che si vede, ma qualcosa di più profondo. Nella nostra epoca, domina, invece, una visione empiristica e materialistica: per questo è importante valorizzare la fantasia, che non è per nulla da intendere come fuga dalla realtà, anzi».
Recentemente ho letto una frase di Marco Pannella del ’73: “Non credo al potere, e ripudio perfino la fantasia se minaccia d’occuparlo”. Lei cosa ne pensa? Meglio la fantasia al potere o il potere della fantasia?
«Concordo con Pannella…La fantasia al potere è stato uno slogan del ’68 purtroppo rivelatosi vuoto. Il potere della fantasia, al contrario, permette di vedere e amare meglio le cose, la realtà».
È possibile “educare” alla fantasia?
«La fantasia può essere educata come tutte le qualità, o meglio, può essere coltivata. Il metodo educativo più adeguato, come per la pazienza o la tenacia, è quello dell’esempio, dell’osmosi. Un giovane non si innamora della poesia, della letteratura, o di qualsiasi altra disciplina, perché glielo dice, se non impone, l’insegnante, ma perché è attratto dalla passione e dall’amore che l’educatore ha per ciò che insegna, per ciò che vuole trasmettergli. Oggi, invece, spesso, anche nella scuola, l’educazione viene intesa come mero passaggio di nozioni, ma di vera educazione ce n’è poca».
Venendo al Festival, perché è stata scelta Ferrara come luogo dove organizzarlo?
«Un festival così si può fare solo a Ferrara, città magica e che tanto ha stimolato la fantasia di poeti, letterati e registi. Qui non si corre il rischio, come per altre città, che la città venga usata solo come scenario. Ferrara è la capitale della fantasia».
Questo Festival cos’ha di diverso dagli altri?
«Non è una scatola vuota, una “scatola di intrattenimento”, come a volte rischiano di essere i festiva, ma una provocazione editoriale per far crescere il senso critico. La cultura, in generale, ci tengo a sottolinearlo, non deve servire al turismo, non ha come fine quello di richiamare turisti. Semmai al contrario, il turismo deve far da volano per far meglio conoscere e comprendere la cultura di un territorio».
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” dell’11 giugno 2021
Rispondi