
A 5 anni dalla scomparsa, un volume raccoglie le sue parole e i ricordi di chi l’ha conosciuto, di chi ha avuto la grazia di camminare assieme a lui
di Andrea Musacci
«Sì, anche la sofferenza, a modo suo, se impari ad ascoltarla, pur nella durezza del suo linguaggio, ti riconduce a ciò che conta ed è essenziale: crescere nell’amore!»
(Don Alessandro Denti, lettera alla parrocchia, febbraio 2016)
“Don Alessandro Denti. Tutto passa, solo l’amore resta” è il nome della pubblicazione appena edita dedicata all’indimenticato sacerdote della nostra Arcidiocesi, prematuramente scomparso il 4 marzo 2017. Il volume, con prefazione di don Emanuele Zappaterra e postfazione di don Andrea Zerbini, è curato da alcuni parrocchiani: Alda Lucci, Sabina Marchetti, Simonetta Montanari, Bruno Quarneti e Silvia Veronesi. Il libro verrà presentato domenica 8 maggio alle ore 18.30 nella chiesa di Malborghetto. Distribuito ad offerta libera, il ricavato della diffusione andrà alla Parrocchia stessa. Nel volume se ne ripercorre la vita attraverso le sue riflessioni, alcune sue lettere del 2016, testimonianze di parrocchiani, di appartenenti a Rinascita Cristiana, delle Carmelitane di Ferrara, di amici sacerdoti.
Riguardo in particolare al suo ministero a Malborghetto, i curatori scrivono: «non si è mai imposto come “capo” della parrocchia, ma si è proposto accanto alla sua gente». «Con pazienza e delicatezza don Alessandro è riuscito a farsi ben volere e a proporre iniziative che hanno contribuito a rendere più uniti gli abitanti del paese». «Don Alessandro ha non solo contribuito in maniera decisiva a rendere il paese di Malborghetto più unito, ma soprattutto ha reso la parrocchia “casa di tutti”, luogo in cui le differenze sono state considerate un’opportunità positiva e non un ostacolo».
Un passaggio di una sua preghiera per l’inizio della Sagra nel 2014 ben rappresenta questo suo spirito: «Bambini e giovani, adulti e anziani, siamo un popolo in cammino… siamo insieme in questi giorni per aprire vie sempre nuove alla pace, per essere segno del sogno che è dentro di noi: dipingere un mondo dove il calore della fraternità dia luce ai nostri volti, slancio al nostro cammino…».
Una personalità a un tempo umile e carismatica, capace di attirare a sé, a Cristo e alla sua Chiesa, persone tra le più diverse. Don Zappaterra, che con lui collaborò al Centro Missionario Diocesano, scrive nella prefazione, raccontando la prima volta che lo vide, quand’ero studente liceale e lui giovane sacerdote, sull’autobus n. 11: «mi colpì non solo per quei lunghi jeans che indossava e per i capelli piuttosto lunghi, ma soprattutto per quel volto mite e sereno, che poi, dopo vari anni, capii esprimere la bellezza e la bontà della sua persona». Del primo incontro nel suo studio parrocchiale poco tempo dopo, ricorda «quel piccolo prete, umile e sobrio nell’aspetto: un padre e fratello, vero pastore, che con Cristo cammina insieme alla sua gente».
E proprio il camminare insieme, a fianco alle persone, se necessario un passo indietro, emerge dalle pagine del volume. Nel 2009 don Alessandro scrive: «Spiritualità dell’Esodo. Esodo da dove? Dal nascondiglio di una fede rassicurante, intimistica, senza sussulti». E nel 2012: «Dio non si trova solo alla fine del cammino ma ci è compagno di viaggio nel deserto meraviglioso e struggente, ma anche grande e spaventoso della vita». Grande e spaventoso, scriveva nella sua lucidità quasi profetica. «La missione sicuramente è risposta libera ad un invito ad “alzarsi e andare”, ma perde tutta la sua forza ed efficacia se non è attraversata dal desiderio profondo di offrire e donare a tutti, con passione e simpatia, tutto ciò che a nostra volta abbiamo ricevuto in dono». E le pagine che raccolgono i ricordi di chi l’ha conosciuto trasudano questa commozione che la sua grande umanità e smisurata fede trasmettevano. «Nei momenti liberi – ricorda don Alessio di Francesca, che lo conobbe come Direttore spirituale quand’era seminarista – parlava con tutti, ci colpivano quello sguardo profondo, quella voce delicata e quel sorriso che ti metteva a tuo agio. Senza che ce ne accorgessimo, sembrava che ci fossimo conosciuti da sempre…».
Profondità e delicatezza: due caratteristiche decisive per catturare il cuore di chi ci sta vicino. Due moti dell’animo sempre irradiati da una Luce più grande, da una fiamma inestinguibile. «Che bella l’immagine della Pentecoste – scriveva don Alessandro nel 2005 – , dove fra i vari simboli con cui viene descritto lo Spirito Santo, c’è quello della lingua di fuoco. Un fuoco che risveglia la vita, che riaccende in noi la brace che forse si sta spegnendo (…). A volte abbiamo la sensazione di contenere solo cenere. Ci sembra che da noi non esca più niente. La possibilità di incontrarsi in un tempo e in un momento altro rispetto alla routine, magari con le persone che vedo quotidianamente, può essere l’occasione per riscoprire che in me non c’è solo cenere consumata, ma un ardore e un desiderio di vita e di dono che può rinascere, riaccendersi, ridarmi pienezza. Attraverso la relazione, l’incontro e la parola sincera, questo può accadere».
Relazione che si esprimeva anche nell’accompagnamento spirituale, con la preghiera e la parola. «Ha lavorato – scrivono i curatori – perché ogni persona potesse crescere spiritualmente, trovando nella preghiera uno strumento di realizzazione umana in grado di fornire la possibilità di entrare in comunione con Dio e stabilire con Lui una vitale relazione esistenziale». «Non solo ciò che appare – scrive nel 2013 -, ma ciò che muove “dentro” la vita e gli avvenimenti ci riguarda, ci interessa, diviene indispensabile tesoro da scoprire e quando è buono da accogliere e valorizzare. Il pregare ci viene incontro allora come sorgente viva che abita il cuore di ciascuno di noi».
Cuore che lui, sempre vicino alle persone, sapeva spesso pieno di dubbi, dolori, fatiche. Anche per questo, «don Alessandro ha insegnato ai suoi parrocchiani a cercare costantemente nella Parola le risposte alle inquietudini e ai problemi dell’agire dell’oggi, ma anche a cercarvi le certezze che conducono a fondare la propria esistenza in sintonia e in armonia con Dio».
La sua vita sempre «intrecciata con Gesù»
Don Alessandro Denti nasce il 23 settembre 1959 ad Ambrogio. Nel 1970 decide di entrare nel Seminario di Ferrara. «Con Gesù da quel momento la mia vita si è intrecciata», disse. All’età di 24 anni, il 2 ottobre 1983, viene consacrato sacerdote nella cattedrale di Ferrara dall’arcivescovo mons. Luigi Maverna. È vicario parrocchiale a Pontelagoscuro (1983-1986), a San Gregorio, a S. Francesca Romana (1987-1988), a Voghiera e Montesanto (1989-1991). Riceve l’incarico di insegnante di Religione e nel ‘91 fa la sua entrata, con l’incarico di parroco, nella chiesa di Malborghetto di Boara. Nel 2006 succede a don Ivano Casaroli come assistente diocesano del Movimento di Rinascita Cristiana. Nel periodo 2007-2014 è vicario foraneo del vicariato di Santa Caterina Vegri che include la parrocchia di Malborghetto. Nel 2014 il suicidio dell’amato fratello Antonio. Nel 2015 inizia la collaborazione in Seminario come direttore spirituale. Nello stesso anno accetta dall’arcivescovo il mandato di esorcista per la Diocesi. A inizio 2016, di ritorno da uno dei pellegrinaggi che organizzava a Medjugorje, la diagnosi di un tumore alla cistifellea. l’8 dicembre 2016, nella cattedrale di Ferrara riceve da mons. Negri la nomina a canonico e il titolo di monsignore. Dopo lunga agonia don Alessandro si spegne il 4 marzo 2017 presso l’Hospice Casa della Solidarietà ADO di Ferrara per malati terminali. Il 10 novembre 2018 con una cerimonia ufficiale gli viene intitolata la piazza di Malborghetto.
Pubblicato sul “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 6 maggio 2022
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