Archivio | giugno, 2024

«Ecco la mia Africa, dove curo i bambini più poveri»

21 Giu

Andrea Franchella col Direttore della Clinica Pediatrica “Sao Josè en Bor”

Andrea Franchella, chirurgo pediatrico ferrarese in pensione, da 30 anni gira il mondo per salvare la vita ai bambini nelle zone più povere. Alla “Voce” racconta i suoi ultimi progetti in Uganda e Guinea 

di Andrea Musacci

A fine maggio scorso, Andrea Franchella è tornato dall’ultimo suo viaggio in Africa, per la precisione in Uganda, dov’è stato assieme alla moglie Angela per sei settimane. Non un viaggio di piacere, ma di carità. Franchella, infatti, è un “medico missionario”, un chirurgo pediatra in pensione da 6 anni, che porta la sua “chirurgia solidale” (come lui stesso la chiama) in quei Paesi dove la cura specialistica per i bambini non esiste o è largamente inadeguata. 

Franchella, la prima volta lo abbiamo intervistato nel febbraio 2023 (v. “Voce” del 17 febbraio 2023). Ora lo abbiamo rincontrato per aggiornarci sugli importanti progetti che sta portando avanti in Guinea Bissau e, appunto, in Uganda.

CHI È FRANCHELLA

Ferrarese, parrocchiano di Santa Francesca Romana (ma cresciuto tra San Benedetto e Casa Cini), Franchella ha iniziato nel 1995 le sue missioni professionali in giro per il mondo: le prime vennero realizzate grazie a finanziamenti e collaborazioni con la Fondazione per la Ricerca Pediatrica “Renzo Melotti”, Rotary International e WOPSEC (World Organisation of Pediatric Surgery for Emerging Countries). Dopo alcuni anni comprende la necessità di una maggiore organizzazione per avere strumentazioni, strutture adeguate, per formare il personale medico locale: assieme all’Unità Operativa di Chirurgia Pediatrica di Ferrara, Franchella nel luglio 2003 crea, quindi, una propria Associazione, “Chirurgo & Bambino Onlus”, oggi ODV, da lui stesso diretta, che dal 2011 collabora anche con Emergency. In questi 20 anni ha creato e portato avanti progetti medico-chirurgici solidali in tanti Paesi, fra cui Guatemala, Bangladesh, Yemen, Armenia, Georgia, Haiti, Tanzania.

GUNIEA BISSAU: PROGETTO OTORINO

Per i progetti ancora in corso, iniziamo dalla Guinea Bissau, dove Franchella sta lavorando a un progetto per l’otorinolaringoiatria (ORL) nella Clinica Pediatrica “Sao Josè en Bor” a Bissau: dopo la missione da lui svolta assieme al figlio Sebastiano, otorinolaringoiatra, nel febbraio 2023, il prossimo viaggio quest’ultimo lo compirà il prossimo novembre.

«In Guinea Bissau – ci spiega Andrea – non esiste la specializzazione in ORL e men che meno in ORL pediatrica. Non esistono specialisti e quindi manca il servizio: c’è un vuoto totale in questo ambito». Qui l’ORL pediatrica riguarda soprattutto le sordità: «non vengono fatte né diagnosi né screening e non vi è quindi nessuna possibilità di trattamento, né attenzione specifica nei confronti delle adeno-tonsilliti, che possono essere causate dallo Streptococco, il quale provoca lesioni all’endocardio e danni molto gravi alle valvole cardiache e a livello renale. La missione alla quale parteciperà mio figlio – prosegue – riguarderà, quindi, la cura di questi malati e il tentativo di far nascere una sensibilità sull’ambito dell’ORL, formando tecnici e specialisti locali per la Clinica Pediatrica “Sao Josè en Bor” e per l’Hospital Nacional Simao Mendes». Verrà quindi eseguita un’analisi delle risorse – poche – esistenti, mentre parte della strumentazione verrà portata dall’Italia.

UGANDA: CURA E ISTRUZIONE

In Uganda, invece, Andrea Franchella è responsabile per la parte clinica del “Children’s Surgical Hospital” a Entebbe, attivo dal 2021. Qui Emergency ha costruito quest’ospedale di chirurgia pediatrica, progettato da Renzo Piano e con 74 posti letto, 6 letti di terapia intensiva, 16 di terapia semi-intensiva. Un esempio di medicina d’eccellenza, nel quale Franchella coordina l’ambito chirurgico e forma il personale locale. 

In tre anni di attività, in questa struttura sono stati visitati quasi 10mila bambini, di cui oltre 2mila non chirurgici. Di questi, ne sono stati ricoverati circa 4500 (un decimo dei quali in terapia intensiva) e altrettanti hanno subìto un intervento. Sono pazienti col labbro leporino, con la palatoschisi, patologie congenite del collo o con patologie gastrointestinali, urologiche o ginecologiche. I pazienti provengono quasi tutti dall’Uganda, e i restanti da Burundi e Sud Sudan, Paesi – ci spiega – «coi quali abbiamo accordi di collaborazione grazie ai quali li andiamo a visitare nei loro Paesi e poi loro vengono nel nostro ospedale in Uganda per essere operati».

Un progetto al quale Franchella sta lavorando è quello finalizzato a praticare in ospedale la chirurgia mininvasiva, ad esempio la tecnica della laparoscopia al posto della laparotomia. Entro fine 2024, questo progetto dovrebbe essere portato a termine: è necessario reperire le attrezzatture e formare tutto il personale. Sempre entro fine 2024, dovrebbe andare in porto anche il progetto di endoscopia, soprattutto digestiva.

Riguardo alla formazione del personale locale, un importante accordo col governo ugandese – prosegue Franchella – «permette di riconoscere il nostro ospedale come centro di formazione, accordo che ci consente di avere anche una collaborazione con la Makerere University di Kampala e col COSECSA (The College of Surgeons of East, Central and Southern Africa)». Attualmente con Franchella lavorano sei chirurghi (1 eritreo, 1 sudanese, 4 ugandesi) e si stanno formando, oltre a tecnici e infermieri, alcuni specializzandi italiani provenienti soprattutto dall’Ospedale dei bambini “Buzzi” di Milano. 

In Uganda lo accompagna sempre la moglie Angela, insegnante di matematica in pensione, che nel 2022 ha dato vita a un progetto di scuola in ospedale simile a quello esistente a Ferrara: «in circa 1 anno costruiremo anche un’area giochi nel giardino dell’ospedale, un progetto che dovrebbe essere finanziato dal Rotary, con capofila il club di Copparo». In Uganda, Franchella e la mia moglie ci torneranno in autunno.

JIMMY CHE SOGNA DI DIVENTARE MEDICO

La missione di Andrea, come della moglie Angela e del figlio Sebastiano, non è solo una questione di numeri, ma di persone. Per questo, ve ne raccontiamo una, quella di Jimmy.

Jimmy Kawesi, 17 anni, è uno dei tanti – troppi – bambini o ragazzi che necessitano di cure particolari se non di veri e propri interventi. La sua è una storia che accomuna tanti bambini ugandesi, con un’infanzia e un presente nella più totale povertà, abbandonato dalla madre. Due anni fa viene ricoverato nell’ospedale di Franchella a Entebbe, dove frequenta anche la scuola interna dimostrando un particolare interesse per lo studio.

Jimmy ha da tempo ripreso ad andare a scuola a Kiboga nel centro dell’Uganda e grazie all’Associazione “Chirurgo & Bambino odv” viene sostenuto nei suoi studi attraverso il pagamento delle rette, nelle spese per i libri e per tutto il materiale necessario. «Monitoriamo sempre il suo percorso: Jimmy sta avendo ottimi risultati. Il suo sogno è di diventare medico». Proprio come Andrea. E chissà quanto bene potrà fare, dopo averne ricevuto tanto.

Pubblicato sulla “Voce” del 21 giugno 2024

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Storia della centenaria tenda di canapa che un giorno divenne museo

19 Giu

Claudio Gualandi e Linda Mazzoni, collezionisti ferraresi, nel 2006 acquistano una tenda di canapa della Croce Rossa Italiana “modello 1909”. Storia della coltivazione e produzione di questa pianta nel Ferrarese e di quella tenda divenuta museo itinerante (prima di fare ritorno a casa)

di Andrea Musacci

Siamo nel 2006, e Claudio Gualandi, da appassionato collezionista qual è, cerca sempre chicche da aggiungere alla propria wunderkammer. Un giorno, al mercatino dell’antiquariato di Pieve di Cento conosce un signore comacchiese intento a vendere diversi prodotti militari realizzati con la canapa. Fra questi, un pezzo in particolare colpisce Claudio: una tenda di 9×11 metri sulla cui cima campeggia l’inconfondibile simbolo della Croce Rossa Italiana. Non ci pensa due volte e, con un po’ di follia (a volte necessaria), l’acquista. 

La storia di questa tenda si intreccia fortemente con la vita di Gualandi, noto grafico e illustratore ferrarese (sue, ad esempio, le locandine di 16 anni di Buskers Festival) e della moglie Linda Mazzoni, con la quale condivide lo Studio di via Carlo Mayr. E si intreccia, naturalmente, con la storia del nostro territorio.

UNA PIANTA TORMENTATA

RADICI

Prima di addentrarci nelle vicende della tenda militare, delimitiamo il campo (è proprio il caso di dire) di uno dei protagonisti di questa vicenda: la canapa. Molto tristemente associata agli stupefacenti, questa pianta (la Cannabis sativa) vanta una storia millenaria (fino all’8000 a. C.) e molteplici usi. Limitandoci al nostro Paese a partire dagli anni ’30 del secolo scorso, possiamo dire che nel Ventennio l’Italia era al vertice nella produzione di questo tessuto particolarmente tenace: secondo Coldiretti, a quei tempi in Italia erano ben 100mila gli ettari coltivati a canapa, estensione superata solo in URSS.

Negli anni dell’industrializzazione e della ripresa economica, vennero introdotte sul mercato nuove fibre sintetiche come il nylon, portando – assieme alla campagna internazionale contro gli stupefacenti – all’abbandono della canapa. 

ESALAZIONI

«…Inoltre i ferraresi sono anche terribilmente libidinosi»: così Giorgio De Chirico nelle sue Memorie della mia vita ricorda quel “popolo” spesso rinomato per la propria torpidezza. «Il prof. Tambroni, insigne frenologo, che allora dirigeva il manicomio di Ferrara e che io conobbi – scrive ancora De Chirico -, mi spiegò che questo stato anormale dei ferraresi è dovuto alle esalazioni della canapa ed alla continua umidità; infatti tutta la città è costrutta su antichi maceri…». 

Non sappiamo la fondatezza di questa teoria ma è certo che negli anni ’30 e ’40 del secolo scorso la “metafisica” Tresigallo era uno dei centri nazionali per la produzione della canapa: vi erano la CELNA (uno degli stabilimenti più grandi d’Europa), la MA.LI.CA (Manifattura Lino Canapa), il Consorzio Nazionale Produttori Canapa, la CAFIOC (per la trasformazione della canapa in fiocco).

RINASCITE

Dopo la fine di un’epoca nel 1975, assistiamo a una prima rinascita tra fine anni ’90 e l’inizio del 2000. E ancora una volta è il Ferrarese a essere protagonista: nel 2001 nella Valle del Mezzano vengono seminati dalla cooperativa Sorgeva 50 ettari di canapa; a Comacchio, viene aperto il primo centro di trasformazione della canapa tessile, realizzato dalla società cooperativa Ecocanapa, che però fallisce nel 2008. A una seconda rinascita stiamo assistendo dal 2018, con una rinnovata produzione e vendita in ambito alimentare, dell’abbigliamento e della cosmesi.

UN MUSEO ITINERANTE

ATTENDAMENTI

Ma torniamo alla nostra misteriosa tenda di canapa. Nel 2003, per il Consorzio Canapa Italia, Gualandi e Mazzoni curano l’allestimento di un padiglione espositivo di 1000 metri quadri sulla canapa al SANA alla Fiera di Bologna. Nello stesso anno, a Ostellato curano grafica e allestimento per il grande evento nazionale “Canapa: ritorno al futuro” del Consorzio Canapa Italia. Nel 2005 sono, invece, tra i soci fondatori dell’Associazione “Galleria della Canapa”, con sede ufficiale a Milano e sede legale-amministrativa a Ferrara, chiusa nel 2014. Come detto, l’anno successivo l’incredibile acquisto in un mercatino di provincia. E la scoperta del gioiello che si ritrovano fra le mani: una tenda da ricovero “modello 1909”, che rappresenta molto probabilmente l’anno di produzione della stessa. Un manufatto, casse di legno comprese, che pesa 548 kg, necessita di essere sostenuta da pali di legno di 10 cm di diametro, e con all’interno una controtenda di cotone verde con aeratori e predisposta per la stufa. Una tenda, quindi, potenzialmente utile per la prima guerra mondiale ma – pare – mai utilizzata. Durante il primo conflitto mondiale, il cosiddetto “Ospedaletto da campo” comprendeva 1 tenda da medicazione, 2 da ricovero di metri 9×11 (come la nostra) e altre 2 da ricovero di metri 7×7. L’“attendato” era una delle due tipologie di ospedale da guerra (l’altro era l’“accantonato”). La tenda “modello 1909” era, quindi, destinata principalmente per il ricovero di feriti o ammalati con una capacità di 25 posti, due porte d’accesso e 12 finestre scorrevoli. Per rizzare questa tenda occorrevano cinque uomini e quasi un’ora di tempo, mentre si smontava quasi in tre quarti d’ora ed era trasportabile con un autocarro o 5 muli.

VAGABONDAGGI

Gualandi e Mazzoni partoriscono un’idea geniale, naturalmente per “usi civili”…: utilizzare la grande tenda come Museo itinerante della canapa, con all’interno pannelli esplicativi sulla storia e l’utilizzo della pianta, e l’esposizione di prodotti (capi di abbigliamento, alimentari, cosmesi). La prima “uscita ufficiale” è subito, nel settembre-ottobre del 2006: la tenda staziona per un mese nel cortile della sede dei Marinati di Comacchio in occasione della Sagra dell’anguilla; diverse anche le scolaresche che visiteranno la mostra in essa ospitata. Mostra che poi arriverà, nel novembre dello stesso anno, fino all’Antica Fiera della Canapa di Gambettola (Forlì-Cesena).

I nostri due ambasciatori ferraresi della canapa possono vantare anche due comparse televisive sull’argomento: nel 2009 nella trasmissione Report, per le “Good News” di Giuliano Marrucci, e in un’inchiesta svolta da Antonio Cianciullo per Repubblica Tv nel 2011. Sia Marrucci sia Cianciullo vennero ad intervistarli con le rispettive troupe nel loro studio di via Carlo Mayr. Inoltre, nel settembre 2022 Gualandi e Mazzoni prestano per un mese la loro tenda a Villa Imoletta, progetto di comunità vicino Quartesana per il sostegno ai giovani con disabilità. 

RITORNI

Recentemente, però, i due hanno deciso che il destino di questo antico tendone fosse quello di tornare in famiglia: per questo, lo hanno donato alla Croce Rossa Italiana (CRI). Per la precisione, è stata ritirata dalla Croce Rossa di Scandicci, vicino Firenze, per poi andare sotto la responsabilità dell’Ufficio storico della Croce Rossa della Toscana (in particolare di uno dei suoi responsabili, Riccardo Romeo Jasinski), che ha il compito di conservare e divulgare la storia della CRI. 

La tenda avrebbe dovuto essere esposta il 22 giugno a Solferino per il grande evento mondiale di celebrazione della nascita della Croce Rossa Internazionale, in seguito alla nota Battaglia del 24 giugno 1859 (la Croce Rossa nasce proprio 160 anni fa, nel 1864). Evento che vedrà, sulle colline dell’Alto Mantovano, anche la presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella (e che il 18 giugno ha visto la staffetta ciclistica della CRI diretta a Solferino passare anche per Ferrara). Ma i necessari lavori di restauro sul manufatto, lo renderanno utilizzabile solamente per la manifestazione nazionale della CRI del giugno 2025. Poco male: l’importante è, dopo tanto girovagare, ritrovare la propria “casa”.

Pubblicato sulla “Voce” del 21 giugno 2024

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La preghiera: l’eterno in me, che esco dal mio tempo

7 Giu

Quel «canto che Cristo ha introdotto nel mondo»: l’ultimo incontro con don Federico Giacomin

La preghiera non è un mero «esercizio pietistico, “donabbondiano”» ma «l’ingresso del tempo della Pasqua nel mio tempo». Anche un ottimo oratore non è detto sia capace di trasmettere l’essenza…dell’orante. Don Federico Giacomin, presbitero della Diocesi di Padova, con la sua passione e l’originale talento oratorio che lo contraddistingue, vi è riuscito, appassionando i tanti partecipanti dei tre incontri da lui tenuti in questi mesi a Casa Cini, Ferrara. La sera del 29 maggio – sul tema “Come pregare?: Prega solo chi si compromette. L’ecclesiologia dell’orante” – si è tenuto l’ultimo dei tre, parte del progetto dedicato alla preghiera organizzato proprio tra Casa Cini e il Duomo.

ANTI-TECNICA E RIBELLIONE

Come pregare, quindi. Ma un “come” tutto da definire, trattandosi di un mistero, anzi del Mistero più grande. Mistero che – ha spiegato il relatore – «esula dalla “tecnica” del pregare. A forza di spiegarle, le tecniche distruggono il mistero». 

Se il mistero/sacramentum è «quell’azione che mentre la fai realizza qui e ora la presenza viva e vera del Signore Gesù», allora «tantissime nostre azioni, anche quotidiane, sono sacramento». Per questo, la domenica quando ci ritroviamo per la liturgia diventiamo realmente, nella nostra comunione, «Chiesa come Corpo di Cristo, ecclesia». La preghiera, che portiamo anche nella liturgia domenicale, è un vero e proprio «atto di ribellione»: sì, «ribellione al proprio tempo personale per entrare in quello di Cristo» e ribellione al tempo in cui ci è dato di vivere, così dominato dall’individualismo.

NELLA NOSTRA MANCANZA ESPLODE L’ETERNO

È necessario uno sguardo diverso, un tempo diverso. Un modo diverso di vivere il proprio corpo: «la preghiera del cristiano – ha proseguito don Giacomin – non è semplice, e non è sua». È una lotta continua, qualcosa di «non naturale». «L’uomo non prega volentieri, ogni altra cosa lo attrae», scriveva Guardini. Ed è il Corpo di Cristo che prega in noi. 

«O Dio vieni a salvarmi, Signore vieni presto in mio aiuto»: con questo Salmo inizia la preghiera nella Liturgia delle ore, a rappresentare la nostra mancanza, il nostro «non essere Dio», il nostro essenziale stato di «necessità». «Pregando vivo – quindi – una situazione estatica, nella quale, cioè, sto fuori di me, nel Corpo di Cristo». La Liturgia delle ore – pur nella sua «semplicità, canonicità, regolarità» – mi chiede di «andare in un altro Corpo, in un altro tempo». Di compiere, come accennato, qualcosa di non naturale, di particolarmente «difficile». Non si tratta di cercare a ogni istante la «concentrazione» ma di sentire quel «canto intra-trinitario che Cristo, incarnandosi, ha introdotto nel tempo»: la preghiera, dunque, «riempie di eternità il mio tempo». La partecipazione dei fedeli alla liturgia non consiste, dunque, semplicemente nel cantare o nel ripetere formule ma nel pregare con l’anima e col corpo, nel «partecipare alla Pasqua di Cristo, come corpo unico», il Suo. La preghiera è quindi «labbra e ritualità»: tutto ciò che viviamo, se vissuto in Lui, diviene pasquale.

***


Percorso sulla preghiera: gli incontri rimanenti

Il 12 giugno alle ore 21 nella Cattedrale di Ferrara è in programma l’ultimo dei tre momenti di adorazione, guidato dal gruppo Taizè. I primi due sono stati guidati dalla Comunità Shalom.

Inoltre, sono previste due esperienze di preghiera in cammino in città accompagnati da Gian Maria Beccari (Insegnante di filosofia, religione e del metodo Feldenkrais): la prima si è svolta il 13 maggio, la seconda sarà il 17 giugno, ore 18-20, su “Mi fido di te?: Pregare attraverso il corpo nella relazione con l’altro”. Partenza dal Monastero del Corpus Domini di Ferrara.

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce” del 7 giugno 2024

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Vero pane dei figli: Corpus Domini, Festa di popolo a Ferrara

5 Giu

Oltre 300 persone riunitesi il 30 maggio prima nella Cattedrale poi insieme per la Processione fino alla chiesa di San Paolo. Il racconto

di Andrea Musacci

Quaranta minuti prima dell’inizio della S.Messa in Duomo, su Ferrara si scatena un forte temporale. È il 30 maggio, l’atteso giorno della Celebrazione diocesana della Festa del Corpo e Sangue del Signore.

La memoria di un precedente simile – e nemmeno troppo remoto – non dava molte speranze: nel 2018, circa 1 anno prima della chiusura della Cattedrale per i lavori, la Processione fu costretta all’interno del tempio a causa del violento acquazzone abbattutosi sulla città. Il dispiacere, in quell’occasione, fu ancora maggiore vista la presenza dell’allora presidente CEI card. Gualtiero Bassetti.

Quest’anno, grazie a Dio, il “concerto” d’acqua e tuoni dal cielo ha rispettato i tempi della liturgia: alle 19, ora d’inizio della S. Messa, dal microfono don Paolo Galeazzi (alla guida della Cappella Musicale della Cattedrale) annuncia, per giusta precauzione, che il corteo si sarebbe svolto all’interno dell’edificio da poco riaperto. Ma a conclusione della liturgia, l’inatteso nuovo annuncio, dalla stessa voce: come programmato, la processione può snodarsi lungo le vie del nostro centro cittadino.

Un ritorno, quello nel cuore di Ferrara, dopo 2 anni, dato che l’anno scorso la processione – serale – si svolse nella meravigliosa Comacchio dopo la Messa in Concattedrale. Giovedì scorso, a ora di cena, circa 300 persone uscite dal Duomo, alla sequela del Signore, hanno prima raggiunto piazza Trento e Trieste per poi proseguire lungo via San Romano, via Carlo Mayr, corso Porta Reno e giungere nella chiesa di San Paolo. Qui, la celebrazione si è conclusa con il canto del Tantum Ergo Sacramentum e la Benedizione Eucaristica.  

In Cattedrale, nel primo banco vi erano 5 bambine e bambini che quest’anno hanno ricevuto la Prima Comunione nelle parrocchie cittadine di Santa Caterina Vegri e Quacchio. Gli stessi che lungo il tragitto, scansando le pozze d’acqua, hanno gettato sull’asfalto i petali di rose raccolti prima della S.Messa e donati dalle varie parrocchie.

Impeccabile come sempre il servizio d’ordine, attento e discreto, curato da Unitalsi e Comunione e Liberazione, entrambi distinguibili dallo sguardo vigile e dalle “divise d’ordinanza”. In testa al corteo, alcuni appartenenti al Terz’Ordine francescano (della Basilica di San Francesco) con tanto di stendardo con l’emblema araldico Francescano: il braccio del Cristo e quello di San Francesco che si incrociano, entrambe con le stimmate sul palmo, e in mezzo la Croce. Corpo e Sangue di Cristo.

Pubblicato sulla “Voce” del 7 giugno 2024

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Reinserire, aiutare, integrare: le proposte della Caritas Ferrara

1 Giu

8xmille, una firma che fa bene. Intervista al Direttore Falagausta sui diversi progetti in cantiere: centro diurno per senza fissa dimora, Segretariato sociale, dormitorio di emergenza. E proseguono le iniziative per detenuti e mamme straniere coi loro bimbi. Visita il sito https://www.8xmille.it/come-firmare

Direttore Falaguasta, partiamo da come i fondi dell’8xmille li utilizzate per i servizi “classici”: mensa, distribuzione alimenti ecc.

«I fondi 8xmille utilizzati per i servizi primari (mensa, distribuzione alimenti, distribuzione indumenti, servizio docce e igiene personale e ambulatori medici), servono essenzialmente per tre motivi: per il mantenimento della strumentazione dei locali come ad esempio acquisto di frigo, frullatori, piano cottura industriali, tavoli, sedie, presidi medici per gli ambulatori, computer ecc. Tutti oggetti usati quotidianamente e che di conseguenza hanno la necessità di essere aggiornati o sostituiti periodicamente con un alto impatto economico; per l’acquisto di generi alimentari, vestiario invernale e farmaci nei momenti di particolare richiesta; per aiutare economicamente a far fronte al pagamento di utenze, ticket sanitari, assicurazioni, affitti». 

Leggi il resto dell’intervista qui.

Pubblicato sulla “Voce” del 31 maggio 2024

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