
Si chiama “La Scuola come scelta” il docu-film di Alejandro Ventura girato all’Arginone grazie al CPIA di Ferrara
di Andrea Musacci
Il desiderio di riscatto attraverso una nuova comprensione di sé e del mondo. È questa la molla che spinge ogni anno tante persone detenute nella Casa Circondariale “C. Satta” di Ferrara a partecipare alla scuola dentro il carcere gestita dal CPIA (Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti) di Ferrara.
Questa appassionante esperienza è stata raccontata nel docu-film “La Scuola come scelta” – diretto da Alejandro Ventura – e a cura di Marzia Marchi, docente in carcere – in occasione dei dieci anni del CPIA. La pellicola è stata presentata in anteprima a Bologna, in occasione della 6^ edizione di Fierida (13-15 ottobre), la più importante manifestazione sull’Istruzione degli Adulti del nostro Paese, nella quale è intervenuto il dirigente del CPIA ferrarese Fabio Muzi. Il docu-film sarà proiettato in carcere e a disposizione delle scuole e di iniziative di promozione culturali. Dal 13 al 15 ottobre si è celebrato il decennale dell’emanazione del Regolamento che riorganizza il sistema di Istruzione degli Adulti (DPR 263/2012), la legge 92/2012 che istituisce il sistema nazionale dell’apprendimento permanente e la nascita della rete nazionale dei CPIA, la RIDAP.
La scuola in carcere
La scuola all’interno del carcere esiste da molto tempo: la Legge n. 503 del 1958 ha istituito le Scuole carcerarie elementari, ma anche durante il fascismo, un Regolamento del 1931 prevedeva l’obbligatorietà di corsi d’istruzione elementare per i detenuti.
I CPIA, istituiti appunto dieci anni fa, nel 2012, a Ferrara esistono dall’a. s. 2015-2016. Prima si chiamava CTP ed era la Sezione adulti di un Istituto comprensivo. Ogni anno il CPIA di Ferrara certifica in lingua italiana al livello A2 circa 5 persone che poi proseguono il percorso scolastico, per un numero di 10-15 detenuti-studenti ogni anno.
Essere docenti all’Arginone
Abbiamo avuto la possibilità di vedere in anteprima il bel docu-film realizzato da Ventura nel carcere di via Arginone. Un’emozionante testimonianza dell’importanza dell’incontro come possibilità di crescita per tutti, docenti e studenti. Partiamo dai docenti.
Marzia Marchi, dopo 20 anni di insegnamento nella scuola primaria, 7 anni fa ha iniziato a insegnare alfabetizzazione in lingua italiana agli stranieri in carcere e nella scuola serale. «Sfida importante», dice, perché la persona che viene a scuola in carcere «si mette in una condizione di evidenza del proprio fallimento, delle proprie difficoltà. Cerco sempre di entrare in carcere col sorriso per portare una leggerezza e aumentare l’efficacia dell’insegnamento: devo motivarli perché desiderino scendere in classe anche la mattina successiva». Oltre al raggiungimento del titolo di studio, la scuola anche qui serve per «possedere le parole per interpretare la società in cui hanno vissuto in maniera sbagliata», «quindi cerco di dare loro una chiave di accesso per comprendere il mondo».
«La scuola in carcere è occasione di dialogo», spiega Irene Fioresi, un’altra insegnante. «La classe è uno spazio sociale ma anche di silenzio per gli studenti per riflettere su sé stessi. Anche per me ogni giorno è una sfida e mi permette di interrogarmi sulla mia stessa posizione nella società».
Carlo Tassinari, invece, è docente di cucina dall’IIS Vergani-Navarra. «La scuola in carcere – spiega – è occasione di riscatto dopo una sconfitta, un rimettersi in discussione, per vedere davanti a sé nuove possibilità». Dal Vergani viene anche Alessandra Gunalachi: «per un’insegnante quella nella Casa Circondariale è un’esperienza molto gratificante. I miei studenti-detenuti li ho sempre trattati come i miei studenti fuori, e quindi vi è un rapporto di reciproco rispetto e fiducia».
Le voci dei detenuti
Kelmen è un detenuto-studente: «ho una pena lunga, e frequentare la scuola mi ha ricordato la mia infanzia, le mie radici. Da piccolo non ho avuto la possibilità di frequentarla ma mi sono reso conto che la scuola ci insegna valori veri, e di poter migliorare la nostra vita e quella della società».
Dopo Stephen, fra i detenuti interviene anche Asiruwa, nigeriano: «studiando, puoi conoscere i tuoi diritti. Ora sono felice. Voglio essere un bravo ragazzo quando uscirò da qui, vorrei diventare un politico nel mio Paese».
Per Gianni la scuola in carcere, invece, è «uno scambio culturale. Più studi più hai voglia di imparare. Consiglio a tutti di frequentare la scuola qui in carcere. Non è mai troppo tardi».
Infine, nel video, oltre a due testimonianze di stranieri che frequentano i corsi serali del CPIA – Joelle e Amadou -, vi è anche il racconto personale di un ex detenuto: «la scuola in carcere è stata una grande opportunità per essere, una volta uscito, inserito nella società. Fra noi detenuti facevamo a gara a chi imparava di più».
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 21 ottobre 2022