
Carlo Maria Martini
Una vita benedetta raccontata con delicatezza da uno dei maestri del cinema italiano. Anche a Ferrara è stato proiettato (l’8 e 11 aprile al Cinema S. Benedetto) il film documentario di Ermanno Olmi “Vedete, sono uno di voi”, dedicato alla vita del Cardinal Carlo Maria Martini. Un’esistenza narrata magistralmente in questo film che si conclude con l’immagine del Cardinale, ormai prossimo alla morte, che ha ancora la forza e la fede per benedire. E una figura, la sua, legata indissolubilmente a quella Milano che lui stesso definì “questa benedetta, maledetta città”. La voce narrante, dello stesso Olmi, accompagna lo spettatore con le parole dette o scritte da Martini, partendo dall’immagine di un umile letto, rappresentazione del giaciglio della sua agonia e morte. Una suggestione visiva che ritornerà, come un filo rosso, più volte nel film. Dopo alcune brevi riprese dei funerali, si passa alle sue origini. Nato a Torino il 15 febbraio 1927 da Leonardo, ingegnere, e da Olga Maggia, Martini viene chiamato, adolescente, dal Signore (“da ragazzo capii che dovevo dedicare tutta la mia vita a Dio”): nel ’44, a 17 anni, entra nella Compagnia di Gesù presso la casa dei gesuiti di Cuneo, “che ci diedero un’educazione molto severa ma al tempo stesso ci educarono alla libertà”, e nel 1952 a Chieri riceve dal Card. Maurilio Fossati, Arcivescovo di Torino, l’ordine sacro. Tra i gesuiti nascerà anche il suo amore per la teologia e in particolare per lo studio degli antichi manoscritti. Ma non gli bastava: “cercavo un impegno pastorale oltre le barriere del pensiero colto: lo trovai nella Comunità di Sant’Egidio”.
Dagli anni ’60 la sua vita si interseca sempre più con la storia d’Italia. Sono gli anni del Concilio Vaticano II, delle lotte politiche, fino al 1980 col suo ingresso a piedi, Vangelo in mano (“l’unica cosa che mi apparteneva”), nella Diocesi ambrosiana come nuovo Arcivescovo. Emerge qui, in maniera non meno forte rispetto al passato, una rappresentazione umana di Martini, che, appena entra in carica visita il Carcere di San Vittore, e confida le sue paure: “temevo la solitudine, di diventare un burocrate lontano dalla gente. Dovetti ricredermi”. In una città come Milano, simbolo della frenesia produttiva e consumistica, un altro suo gesto “rivoluzionario” sarà quello di dedicare la prima lettera pastorale al tema della meditazione: “la Parola di Dio è semplice, per questo ha solo bisogno di silenzio”. Ma la “capitale morale” d’Italia sarà anche gorgo di male, cuore del terrorismo e della criminalità. Sarà la triste patria di Tangentopoli, ma anche dei piccoli immensi gesti di Martini, che battezza i due figli gemelli dei terroristi Chicco Galmozzi e Giulia Borelli, Nicola e Lorenza, o che nel 1987 dà vita alla “Cattedra dei non credenti”.
Una volta conclusa la sua esperienza come Pastore a Milano, dal 2002 al 2007 torna alla fonte della sua fede: “Gerusalemme, finalmente…sento che è la mia città. È un luogo dove si respira la storia biblica, centro della storia umana, non luogo di conflitto ma città della preghiera, di dialogo e amore”. Sarà l’inizio dell’ultimo cammino verso il “ritorno al Padre”, che avverrà il 31 agosto 2012 a Gallarate: “mi sono riappacificato con l’idea di morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremo mai a fare un atto di piena fiducia. Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre un’uscita di sicurezza. Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio”.
Andrea Musacci
Rispondi