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Donne e bimbi in fuga. Ma Igor è militare in Ucraina

24 Mar
Olga e la sua famiglia uniti in Ucraina prima dell’inizio della guerra

Famiglie divise dalla guerra. La storia di Olga, di Tatiana e dei loro figli. Da una vita serena alle porte di Kiev, al rifugio nei sotterranei. E ora l’accoglienza a Porotto. «Un’odissea per scappare dalle bombe russe. Chissà cosa troveremo al nostro ritorno»

Dal 12 marzo a Porotto vivono due famiglie scappate da Kiev, dove hanno lasciato familiari, parenti, amici. Ogni affetto e ogni luogo della loro vita.

Olga è scappata da Boryspil’, a 30 km dalla capitale, insieme ai figli, Daria di 17 anni e Ivan di 11. A Ferrara hanno raggiunto la madre Ludmila – che vive nella nostra città dal 2000 e lavora nella cucina del ristorante “Le nuvole” – e la sorella Caterina, dal 2004 a Ferrara, impiegata come cameriera all’Hostaria Savonarola.

Le due donne vivono insieme e non avendo spazio nel loro bilocale per ospitare Olga coi figli, han dovuto trovare un’altra soluzione: grazie all’Associazione Nadiya di piazza Saint Etienne, ora sono al sicuro in un appartamento nella frazione fuori città. Ma Olga non è scappata solo coi figli ma anche con l’amica Tatiana e i suoi due figli, Vitaliy di 17 anni e Lilia di 13, che vivono nella stessa località, dove si trova anche l’aeroporto internazionale di Kiev- Boryspil’.

Il marito di Tatiana è morto lo scorso luglio, mentre quello di Olga, Igor, è un militare impegnato nel Servizio di Coordinamento e Controllo dell’Aeronautica ucraina. «Ci sentiamo con lui ogni giorno, più volte al giorno – mi racconta Caterina -, e questo allevia molto la preoccupazione».

Dal 24 febbraio Olga, Tatiana e i loro rispettivi figli non si sono più separati. Da quel maledetto giorno in cui iniziarono i bombardamenti russi, hanno vissuto nel seminterrato di una signora loro vicina di casa: «di giorno mia sorella e Tatiana andavano a lavorare» – Olga è commercialista in una rete di poliambulatori -, e alle 17 rientravano» nel rifugio, dove quindi vivevano in sette.

Il viaggio per arrivare nella nostra città

«Abbiamo dovuto mettere tutta la nostra vita in un bagaglio a mano e partire, senza sapere se al ritorno ritroveremo la nostra casa e i nostri affetti». Così Olga e Tatiana cercano di spiegare la consistenza del dramma che stanno vivendo.

È Caterina a raccontarci la loro odissea da Kiev a Ferrara: «sono partiti la mattina del 9 marzo e sono arrivati a Ferrara alle 22 del 12. Da Kiev avrebbero dovuto arrivare col pullman a Trieste, ma loro e altre persone sono state prima scaricate alla frontiera con la Polonia, che quindi hanno attraversato a piedi, poi alcuni volontari le hanno portate a Varsavia e successivamente a Lubiana». Hanno trovato, nel frattempo, altre difficoltà nel trovare pullman disponibili e con gli ostelli dove poter alloggiare, dormendo anche in stazione. «Dopo tante telefonate abbiamo trovato un autobus privato diretto a Napoli, con 90 posti, a pagamento, che quindi le ha lasciate all’Autogrill Po Ovest».

Un approdo in un posto sicuro, anche se la sofferenza e l’angoscia rimangono. «Daria, mia nipote, il giorno dopo l’arrivo a Ferrara ha avuto un crollo psicologico, piangeva ed era molto triste. Almeno, però, riesce a rimanere in contatto anche con le compagne di scuola. Ora lui e il fratello sono un po’ più sereni».

A breve dovrebbero iniziare ad andare a scuola, e per ora hanno potuto seguire alcune lezioni registrate su Zoom.

Piccoli passi per riabituarsi a una vita normale, se così si può dire, in attesa che dall’Ucraina possano arrivare notizie migliori.

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 25 marzo 2022

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A Ferrara per tornare a respirare, a Kiev per resistere e sperare

24 Mar
Galina, Vyacheslav e i figli

Famiglie divise dalla guerra. A Ferrara, nella sede dell’Associazione Nadiya abbiamo  parlato con Galina, scappata con i figli di 6 e 7 anni. A Kiev ha lasciato il marito Vyacheslav, in attesa di essere chiamato a combattere. Lo abbiamo contattato per farci raccontare il dramma in corso

di Andrea Musacci

Galina e i figli in salvo a Ferrara

Kiev così lontana, Kiev mai stata così vicina. Vicina nel cuore, nelle viscere di una donna, di una moglie, di una madre. Vicina nello strazio che vive il cuore di Galina, una delle donne che fino a un mese fa vivevano una vita normale, in una grande capitale europea. E che ora sono qui a Ferrara, a oltre 2mila km di distanza, con i due figli piccoli, sperduti, spaventati pur non del tutto consapevoli di ciò che sta accadendo. Consapevolezza che invece ha lei, nei suoi occhi che presto si bruciano di lacrime. 

Conosciamo Galina il 17 marzo. Siamo in piazza Saint Etienne a Ferrara, di fianco alla chiesa di Santo Stefano. È da poco terminato uno dei corsi di italiano che l’Associazione Nadiya sta organizzando per i profughi provenienti dall’Ucraina. Roberto Marchetti alla fine della lezione domanda chi vuole lasciare una testimonianza per il nostro giornale. Tante le persone che si defilano, le teste che si abbassano, per pudore, tristezza. Galina invece dice: «io voglio raccontare cosa succede».

Arrivata lo scorso 6 marzo a Ferrara insieme ai figli Nazar di 7 anni e Tania di 6, nella Kiev sotto le bombe ha lasciato il marito Vyacheslav e una sorella. Col marito, ci spiega, si sentono quotidianamente tramite Viber o Skype, lui le invia anche immagini della città martoriata. In lei si capisce che combattono il bisogno di sapere e il dolore di conoscere quel che accade. Galina a deciso di venire a Ferrara perché qui sua madre lavora da oltre 10 anni. Lei e i bambini sono stati accolti dalla famiglia dove la madre lavora come badante.

«Alle 4.15 del mattino del 24 febbraio – ci racconta – la Russia ha iniziato a bombardare Kiev. Non ce l’aspettavamo. Abbiamo visto passare i razzi sopra le nostre case. Noi viviamo al 18° piano di un edificio di 22 piani, nel quartiere Darnyts’kyi», zona est di Kiev.

Il 3 marzo lei e i bambini hanno lasciato la città, pagando un privato perché li portasse fino a Ternopil. Un viaggio durato 19 ore. 

«Siamo stati un giorno in un parcheggio sotterraneo insieme a tante altre persone.  I genitori come me uscivano ogni tanto per comprare da mangiare. Poi per alcune ore siamo stati ospitati in un alloggio, prima che alcuni volontari ci portassero al confine con la Polonia. Ci tengo tanto a ringraziare le persone che ci hanno aiutato e quelle che ci hanno accolte». 

«Mio marito è rimasto a Kiev a fare la resistenza», prosegue Galina. «Mi racconta che lì la gente ha paura, si nasconde nei sotterranei, è terrorizzata dalle bombe e dai residui degli ordigni che cadono. Ma iniziano ad aver paura di andare anche nei sotterranei perché temono che le case possano crollare». 

«Non vorrei – conclude – che Kiev finisse come Mariupol o Kharkiv. Le persone nella mia città sono molto depresse dopo settimane di bombardamenti, pensano di morire, gli sembra di non avere vie d’uscita».

Vyacheslav aspetta di arruolarsi a Kiev

Prima mi invia le foto da Kiev dei palazzi dilaniati dalla furia russa. Poi mi inizia a scrivere su WhatsApp, Vyacheslav, marito di Galina, tre settimane fa ha dovuto farla partire con i bambini per un Paese lontano, il nostro. 

Le sue parole decide di anticiparle con le foto e i video della devastazione nel distretto di Podolsky e in quello di Lukyanovka, e dell’orrore dei corpi dilaniati a Mariupol.

«Sto aspettando di essere convocato per arruolarmi nell’esercito – ci spiega –, sono pronto per combattere». «Qui a Kiev in molti sono pronti ad arruolarsi ma attualmente non ci sono abbastanza armi per tutti. In ogni caso se i russi invadono la città, dobbiamo tutti combattere. Anch’io». 

Vyacheslav mi spiega che si è laureato al Dipartimento militare, ed è impiegato come contabile, anche se naturalmente ora la sua azienda è chiusa. Ora che la sua famiglia è dovuta scappare, vive con la madre di 82 anni nel suo appartamento nel Distretto di Nyvok a Kiev. «È anziana, non è riuscita a lasciare la città e in ogni caso non avrebbe voluto abbandonare la sua casa».

«Qui spesso i russi bombardano la città dalle 3 alle 8 del mattino, ogni giorno c’è il coprifuoco. L’azione della nostra difesa aerea è molto dura, Irpin e Gostomel sono vicine», rispettivamente a 50 e 70 km dalla capitale. «Il nostro Paese ha bisogno di una difesa aerea più imponente e di altri aerei perché la gente sta molto soffrendo sotto le bombe. Mariupol e Kharkiv sono state praticamente distrutte».

«Le nostre giornate le trascorriamo in casa, esco solo per comprare l’acqua e altri beni essenziali. All’inizio – prosegue – spesso ci rifugiavamo nel seminterrato della nostra casa, ma ora quando le sirene suonano non scappiamo nemmeno più, rimaniamo in casa. Tante persone, però, sono scappate nella metropolitana e ora vivono lì».

Vyacheslav poi mi racconta di suo figlio di 15 anni, avuto dal suo primo matrimonio. Lui vive con la madre e la nonna a Kherson, città occupata dai russi. «Mio figlio mi racconta che l’esercito russo bombarda i rifugi antiaerei dove le persone si rifugiano, quando l’esercito ucraino ha attaccato le loro truppe».

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 25 marzo 2022

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