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Nadiya a Ferrara, assistenza a tutto tondo

17 Mar
Corso di italiano nella sede dell’Associazione Nadiya (14 marzo 2022)

Crisi Ucraina: accoglienza di nuclei famigliari, corsi di italiano, aiuto per ogni tipo di pratica e assistenza psicologica

Non un grande momento per festeggiare i primi 20 anni di vita. L’Associazione Nadiya di Ferrara è da settimane in prima linea nell’assistenza e nell’accoglienza delle donne ucraine. In totale, in questi anni Nadiya ha assistito 2974 persone, di cui ben 1959 ucraine.

Lo scorso 12 marzo, come ci spiega Roberto Marchetti, fondatore dell’Associazione, «abbiamo accolto sei persone da Kiev, due donne entrambe con due figli. Le ospitiamo a Porotto in un appartamento che abbiamo preso in affitto». Per ora sono 700 i profughi ucraini arrivati a Ferrara.

In termini di accoglienza di donne straniere in condizioni di difficoltà lavorative o con problemi di salute, Nadiya vanta una certa esperienza: in via Frescobaldi, 54 gestisce una Casa di accoglienza composta da 6 monolocali avuti in affitto dal Comune dove attualmente ospita 6 profughe nigeriane, alcune badanti malate o in difficoltà e due persone fuori convenzione. 

«Questa casa di accoglienza – ci spiega Marchetti – non è solo d’aiuto per le donne ospitate ma anche per le famiglie dove queste hanno svolto badantato e che non possono più tenerle con sé. Siamo anche in contatto con i reparti di ematologia e oncologia di Cona, che ci avvisano quando una donna gravemente malata non ha più speranze di sopravvivere. A quel punto, anche se non è per nulla facile, la avvisiamo chiedendole se vuole rimanere ospite della nostra struttura o preferisce tornare nel suo Paese d’origine». 

Alcune donne vengono accolte in questa Casa perché non possono permettersi neanche un appartamento in affitto. Per avere la pensione ci vogliono almeno 20 anni di badantato, e spesso alcune badanti svolgono appena 4 ore al giorno di servizio, insufficienti per avere una pensione dignitosa. Spesso capita anche che in Ucraina non abbiano versato i contributi.

Tornando ai profughi giunti in questa settimana a Ferrara dall’Ucraina, l’Associazione li aiuta anche per l’iscrizione a scuola dei bambini e dei ragazzi, con un corso di italiano (foto del 14 marzo) tenuto da Marchetti con un’interprete bilingue loro ospite, oltre che per le pratiche legate alle vaccinazioni o di altro tipo. Inoltre, Nadiya promuove una serie di incontri di gruppo liberi e gratuiti gestiti da uno psicologo-psicoterapeuta, con l’obiettivo di aiutare gli ucraini in questo drammatico momento che vede tanti loro familiari sotto le bombe. Finora sono stati due gli incontri, il 4 e l’11 marzo. Si sta valutando se proseguire in questa modalità oppure organizzarne anche per i profughi arrivati in città.

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 18 marzo 2022

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Ivan a Cernivci guida la macchina della solidarietà

17 Mar
Donne a Leopoli cuciono reti per coprire i mezzi militari

A “La Voce” spiega: «le difficoltà aumentano giorno dopo giorno». I contatti quotidiani con l’Italia (anche con IBO)

Ivan Sandulovich fa parte dell’Associazione Italia-Ucraina di Bologna, città dove ha vissuto 15 anni. Di solito ogni anno almeno per 6 mesi si reca in Ucraina per coordinare progetti di cooperazione internazionale, ad esempio per bimbi disabili. Ora, però, il periodo nel suo Paese d’origine si prolungherà.

Ivan si trova a Cernivci, a un’ora di macchina da Siret in Romania. Insieme ad altri 30 volontari dell’Associzione e agli operatori e ai volontari del Comune di Cernivci, organizza nel Centro regionale (gli altri due nell’ovest del Paese sono a Leopoli e Uzhorod) la raccolta e lo smistamento dei beni di prima necessità per i profughi, l’aiuto agli stessi durante il loro viaggio verso il confine rumeno, oltre a mantenere i contatti con enti, istituzioni e associazioni in Italia. Fra questi vi è IBO, che a Ferrara sta organizzando una raccolta di beni di prima necessità da inviare in Ucraina grazie anche ad Amos Basile e Agnese Di Giusto, i due volontari che sono dovuti rientrare da Kitsman a causa della guerra (ne abbiamo parlato nel numero scorso), dov’erano impegnati nel Centro Campanellino “Dzvinochok” per minori disabili.

Sono decine di migliaia – circa 60mila – le persone giunte a Cernivci da altre zone del Paese in guerra. «Molte – ci racconta Ivan – arrivano con solo uno zainetto, non hanno nulla. Spesso sono donne coi loro bambini. Vengono accolte in strutture di accoglienza, arrivano stremate, non mangiano da giorni». Ma uno dei compiti di Ivan è anche quello di fare in modo che gli aiuti dall’estero arrivino il prima possibile dove sono destinati. «Controllo cosa arriva, la destinazione e organizzo il trasporto, rendicontando tutto». 

I volontari della sua Associazione assistono anche i profughi durante il loro viaggio verso il confine, muovendosi ad esempio con mezzi agili nel traffico in mezzo alle lunghe file di macchine. «Capita spesso di dover assistere madri con bambini piccoli», ci spiega Ivan. In generale, la situazione in città non è facile. «Scarseggiano i carburanti, lunghe sono le file di auto davanti ai benzinai, che li esauriscono in poche ore. Gli alimentari si trovano, pur con prezzi maggiorati, molti farmaci bisogna prenotarli ma non si sa quando verranno recapitati». La speranza è che le bombe non arrivino anche qui. «La gente non può più lavorare, temo ci saranno tanti casi di crolli psicologici».

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 18 marzo 2022

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Nel cuore dell’esodo: la situazione a Leopoli

17 Mar

Don Moreno Cattelan: «accoglienza e profughi al confine, ma intanto le bombe si avvicinano»

Don Moreno con una famiglia di profughi accolta

Quando riusciamo a metterci in contatto con lui via WhatsApp (l’11 marzo) la voce è sempre calma. Calma nonostante tutto. Da alcuni giorni erano sempre più chiare le intenzioni degli invasori russi: bombardare sempre più nell’ovest dell’Ucraina, verso la regione di Zhytomyr. E poche ore prima di parlare con don Moreno Cattelan, verso le 5.30 del mattino le forze di Mosca hanno lanciato un attacco con missili a lungo raggio ad alta precisione contro due aeroporti militari nelle città di Lutsk e Ivano-Frankivsk, distruggendoli, provocando morti e feriti. Lutsk si trova a 150 km a nord da Leopoli, dove don Moreno vive da alcune settimane con i suoi confratelli della comunità di “Don Orione”, mentre Ivano-Frankivsk è ancora più vicina, a 130 km verso sud. «Sono scattate le sirene, era ancora notte», ci racconta don Moreno. «Noi possiamo dirci ancora tranquilli, ma la paura e la tensione crescono». 

Inoltre, la notte tra il 12 e il 13 marzo i russi hanno colpito l’International Center for Peacekeeping and Security, di Yavoriv, a 30 km a nord ovest di Leopoli e a 25 km dal confine con la Polonia.

Continua l’afflusso di migliaia e migliaia di profughi da Kiev e dall’est del Paese verso Leopoli, per sfuggire alle bombe, ai combattimenti e alla miseria, per poi o rimanere lì oppure passare il confine ungherese, polacco o moldavo. «Ci sono 2 km di fila per entrare in stazione», per controllare ogni persona. Molti arrivano dalle campagne, da piccole località, gente semplice, che non si è mai spostata dal proprio paese, come la donna, ci racconta don Moreno, «che aveva con sé ancora il passaporto dell’URSS». Il flusso alle frontiere in questi giorni, però, diminuisce, chi voleva fuggire l’ha fatto la scorsa settimana.

«Nella nostra comunità “Don Orione” in questi giorni accogliamo 35 persone, siamo pieni e quindi le indirizziamo ad altri centri in città. Qui a Leopoli siamo ancora autonomi nell’approvvigionamento dei beni essenziali. Se a volte ci manca qualcosa per i nostri ospiti, chiediamo al centro di accoglienza allestito nella scuola qui vicina, e quando possono ci donano patate, polpette o altro». 

E poi il missionario padovano insieme ai confratelli don Egidio Montanari e Mykhailo Kostivdon continua a organizzare i viaggi per portare i profughi al confine ungherese. «Ad oggi abbiamo fatto 6 pullman, per un totale di circa 200 persone, e con un altro partiamo fra mezz’ora». Molti arrivano da Kiev (impiegando 3 giorni per fare 550 km), da Poltav, da Kharkiv. Su quest’ultimo pullman ci saranno bambini, disabili, malati, alcuni di loro si fermeranno all’ospedale “Burlo Garofalo” di Trieste. Altri arriveranno a Mestre per poi raggiungere altri profughi ucraini nelle comunità orioniane di Tortona e Fano, oppure a Milano, altri ancora andranno a Genova. «Abbiamo accompagnato al confine anche 7 famiglie italiane, indicateci dalla nostra Ambasciata», che a Leopoli si è trasferita, da Kiev, il 1° di marzo.

La guerra aiuta, per forza, anche a crescere in fretta, a volte troppo. È il caso, ad esempio, di due ragazzine ucraine di 16 anni che hanno raggiunto, da sole, le nonne in Italia, una a Trento l’altra a Novara.

Infine, a don Moreno, prima che raggiunga il pullman per un nuovo viaggio della sperranza verso l’Ungheria, gli chiediamo come stanno i ragazzi disabili che dal loro centro a Leopoli sono stati trasferiti due settimane fa nelle comunità di Fano e Tortona: «stanno bene, cercano di integrarli e di tenerli impegnati, gli fanno fare piccoli lavoretti, come realizzare collane con perline. Quand’erano qui a Leopoli facevano anche un laboratorio per realizzare icone». 

A Tortona, poi, è stato realizzato un piccolo reparto dove gli ospiti ucraini dispongono di una piccola cucina, in modo da essere autonomi, e tra loro solidali.

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 18 marzo 2022

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A Drohobych aumenta la tensione e insieme la fede e il coraggio

17 Mar
Famiglia aiutata da padre Roman

Padre Roman Fedko, sacerdote cattolico di rito bizantino, ci aggiorna sulla situazione nell’ovest del Paese. Ogni giorno aumentano i profughi e i poveri ma la solidarietà regge

La paura, giorno dopo giorno, cresce anche nell’ovest dell’Ucraina. E di pari passo aumenta la solidarietà e la preghiera. Abbiamo ricontattato Padre Roman Fedko, sacerdote cattolico di rito bizantino che con la famiglia (la moglie e i tre figli) vive a Rychtyci, a pochi km da Drohobych, vicino al confine con la Slovacchia e la Polonia.

«Noi stiamo bene – ci dice l’11 marzo -, i generi di prima necessità si trovano ancora, ma ieri notte hanno bombardato i due aeroporti militari nelle città di Lutsk e Ivano-Frankivsk», quest’ultima a 120 km da Leopoli, la distanza che divide Ferrara da Reggio Emilia.

«Da qualche giorno qui gira una brutta voce», prosegue: «la Russia accusa l’Ucraina di voler usare armi chimiche. Non solo è una fake news usata dai russi ma di solito quando loro accusano gli altri di qualcosa significa che cercano un pretesto per compiere loro stessi quell’azione. È successo così in Siria, ad esempio. Temiamo, quindi, che prima o poi siano loro a usare armi chimiche contro il nostro popolo. E poi c’è il terrore che possa accadere qualcosa dalla centrale di Chernobyl», ora in mano agli uomini di Putin. 

Nonostante ciò, la zona non ha ancora conosciuto combattimenti o bombardamenti. «Abbiamo un po’ più di paura ma col tempo la gente si sta abituando anche a questa situazione straordinaria. In zona ci sono tanti profughi, scuole e altre strutture pubbliche vengono usate per dare alloggio a chi scappa da Kiev e da altre città. Molti decidono di non proseguire verso il confine polacco o ucraino perché si ritengono già fortunati di essere arrivati sani e salvi qui».  

Quasi quotidiana è l’opera di assistenza da parte di Padre Roman di poveri, anziani e profughi. «Oggi sono andato a Drohobych in una scuola allestita come centro di accoglienza che ospita oltre 200 profughi e ho portato riso e altri alimenti». Ieri, invece, «qui a Rychtyci sono tornato a trovare alcune famiglie povere con bambini, tra cui alcune di rom – di cui mi occupo da oltre 10 anni -, che naturalmente con la guerra hanno peggiorato la loro situazione. Poi, regolarmente faccio visita, sempre qui nel mio paese, a un hospice, un centro palliativo che ospita più di 20 anziani allettati». 

Continua anche la difesa territoriale, con tutti gli uomini dai 18 ai 75 anni d’età che si sono arruolati. Ogni giorno si vive col pensiero che la guerra possa iniziare, del tutto, anche qui. Anche le strategie di difesa come le barriere anti carro armato rispetto ai primi giorni vengono organizzate meglio e in maniera più efficace, con la supervisione dei militari. Prosegue anche la realizzazione di teli neri, spesso fatti con poveri stracci, per metterli sugli edifici e altri punti importanti in modo che i caccia russi non riescano a vedere bene dove eventualmente bombardare.

Poi, però, c’è il problema dei russi che «girano da civili, anche da prima della guerra, spacciandosi per ucraini e cercando di raccogliere informazioni importanti. Oppure «sappiamo di persone pagate dalla Russia per compiere attentati alle centrali elettriche o del gas».  

Infine, proseguono le veglie di preghiera: «aumenta sempre di più il flusso di persone che viene per pregare, il doppio rispetto a prima. E continuo il Rosario sul mio profilo Facebook, al quale si collegano circa 200 persone la mattina e 400 la sera. Per molte persone – conclude Padre Roman – venire in chiesa significa trovare un po’ di pace, riacquistare un po’ di tranquillità. Ogni giorno, poi, confesso circa 70 persone e tante altre mi chiamano per chiedermi aiuto, dei consigli, per parlare e sfogarsi, per chiedere come poter essere utili».  
Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 18 marzo 2022

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