
Don Moreno Cattelan racconta a “La Voce” l’impegno nell’aiutare le persone a raggiungere la frontiera ungherese per poi arrivare in Italia. La loro comunità è diventata centro di accoglienza dei tanti profughi
Sono veri e propri viaggi della speranza quelli che migliaia di ucraini da giorni stanno compiendo per sfuggire alla furia distruttiva dell’invasore russo. Viaggi che non sarebbero possibili senza il forte spirito solidale della popolazione e, nello specifico, senza l’aiuto dei tanti sacerdoti e delle tante opere cristiane radicate sul territorio.
Fra i più attivi in questo senso c’è don Moreno Cattelan, missionario padovano della congregazione di Don Orione, la “Piccola Opera della Divina Provvidenza”, opera presente dal 2000 nella periferia di Leopoli, impegnata nell’animazione giovanile e nell’accoglienza di giovani disabili. Lo abbiamo contattato telefonicamente per farci raccontare la situazione. «La notte tra il 25 e il 26 febbraio da Kiev mi sono trasferito a Leopoli insieme a don Egidio Montanari», presente in Ucraina dal 2000. Un viaggio durato 18 ore. «Qui, abbiamo raggiunto il chierico Mykhailo Kostiv, mentre don Fabio Cerasa», altro sacerdote orioniano, «è andato a Tortona per dare una mano all’accoglienza dei profughi e per tenere i contatti tra noi e le comunità in Italia. A Kiev io e don Egidio in questi due anni abbiamo cercato di iniziare la nostra missione, ma prima il covid e poi la guerra non ci hanno aiutato». In ogni caso, «qualche progetto nel nostro quartiere l’avevamo iniziato, soprattutto coi bambini».

A Leopoli il centro di accoglienza nel Monastero dispone di 30 posti letto e di un grande refettorio. In queste settimane è un flusso continuo di persone provenienti da ogni zona dell’Ucraina: alcuni si fermano, altri invece proseguono verso il confine con l’Ungheria per raggiungere l’Europa.
E in questi viaggi verso il confine – finora un centinaio di persone hanno accompagnato da Leopoli -, in direzione dell’Italia e di altri Paesi europei, i due sacerdoti italiani sono attivi in prima linea. Solo nella giornata del 3 marzo, quando riusciamo a parlare per la prima volta con don Moreno, hanno portato al di là del confine 42 persone, di cui oltre la metà bambini. Ad attenderli, un pullman diretto in Italia: metà di loro, i ragazzi disabili ospitati nella comunità di Leopoli, sono stati accolti dal Centro “Mater Dei” di Tortona dell’Opera “Don Orione”, una decina in una struttura orioniana di Fano e altri a Torino. Altri ancora, invece, arrivati a Mestre, si sono fermati in zona da alcuni parenti. Domenica 6 hanno accompagnato al confine ungherese dieci bambini con le madri.
Ma il viaggio da Leopoli all’Ungheria, normalmente di circa 7 ore, non è facile: «già per noi – ci racconta don Moreno – è stata un’odissea fuggire da Kiev», un lungo viaggio «su strade spesso bombardate». E ora questi viaggi quotidiani per portare i profughi al confine, spostamenti nei quali, «oltre alla difficoltà di trovare pullman disponibili, si aggiunge il fatto che molti sono sprovvisti di passaporto. «È gente umile, non abituata a viaggiare. Per fortuna, per loro scatta automaticamente la protezione umanitaria». Tra le persone che hanno accompagnato, anche una bimba di un anno e un mese provvista del solo certificato di nascita. E a proposito dei bambini, don Moreno sottolinea come da poche settimane avevano ripreso ad andare a scuola. «Quando li ho lasciati al confine diretti verso l’Italia, ci siamo promessi di rivederci fra una settimana. Ma sarà molto dura. In Italia vengono accolti e integrati bene», per ricostruirsi una normalità, ma per loro, soprattutto per loro, è stato uno sradicamento non da poco, feroce e improvviso. Ma le dogane sono intasate e quindi don Moreno ci spiega che stanno cercando altri punti di confine dove portare i profughi.
Non tutti però raggiungono la comunità orioniana di Leopoli per starci solo qualche giorno prima del viaggio verso il confine. Alcuni decidono di rimanervi, come le tre famiglie, tutte con bambini, fra cui un neonato nato i primi di febbraio, o alcune anziane, provenienti da Kiev e da Kharkiv, una delle città più martoriate dalla furia distruttiva russa. «Stasera – ci spiega don Moreno venerdì 4 – un’altra madre coi figli partirà da qui verso l’Ungheria, mentre il padre tornerà a Kiev per combattere con l’esercito di difesa cittadino. Alcune persone che arrivano qui da noi a Leopoli tremano dalla tensione, e dopo tre giorni senza aver mangiato. Qui si autogestiscono e si aiutano reciprocamente con la cucina e la lavanderia. C’è un forte senso di familiarità».
Ma anche mentre scriviamo, tante sono le persone che continuano a raggiungere Leopoli, ormai centro di raccolta e smistamento delle migliaia di sfollati che lasciano le città di un Paese che il governo di Putin sta cercando di schiacciare e sottomettere.
Andrea Musacci
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” dell’11 marzo 2022