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Figli di Muse Inquietanti: 50 ritratti di artisti nel libro di Turola

22 Gen

Gabriele Turola critico d’arte: in un volume curato da Corrado Pocaterra e Lucio Scardino raccolti i suoi articoli su creativi ferraresi del ‘900 e oltre

di Andrea Musacci

Un’originale antologia degli artisti ferraresi del Novecento è quella curata da Corrado Pocaterra e Lucio Scardino nel volume “Gabriele Turola. I figli delle Muse Inquietanti” (Ferrara, 2025). Il libro verrà presentato nel mese di febbraio nella sede della Camera di Commercio di Ferrara (data ancora da definire) e sarà possibile acquistarlo in alcune librerie in città. Ricordiamo che lo scorso settembre la Galleria del Carbone ha omaggiato Turola – morto improvvisamente nell’agosto del 2019 all’età di 74 anni – con la mostra “Dedicato a Gabriele Turola”, curata dallo stesso Pocaterra.

Nel 1986 il giornalista (e «pittore per diletto») Gian Pietro Testa chiede a Turola di tenere una rubrica su “Ferrara”, rivista mensile del Comune da lui diretta. I due coniano il titolo “I figli delle Muse Inquietanti”, a voler ricordare il capolavoro di De Chirico. Successivamente, Turola continuerà i suoi ritratti sulle colonne de “La Pianura”, rivista edita per oltre un secolo dalla locale Camera di Commercio (e lo fece sino al 2016, anno in cui cessarono le pubblicazioni). «Abbiamo deciso – scrivono Pocaterra e Scardino nel libro – di ristampare i profili monografici di quegli artisti famosi che hanno portato il nome di Ferrara nel mondo, coltivando il proprio DNA di “figli di Muse Inquietanti”, ma declinandolo all’infuori di stretti localismi, di un provincialismo odiosamato». Una 50ina le artiste e gli artisti raccontati negli anni dalla brillante penna di Turola: dai più noti Boldini, De Pisis, Goberti o Zanni (solo per citarne alcuni), a molti poco o per nulla conosciuti. E con un inedito dedicato a Marcello Carrà, artista classe ’76.

IN DIALOGO SUL PROFONDO MARE

La critica – in questo caso artistica – si sa, è mestiere difficile, dove chi scrive rischia di soffocare – col velo pesante delle proprie parole – l’artista e le opere che intende raccontare. Turola – nella sua sensibilità profonda verso le realtà dello spirito – riusciva invece a cogliere il cuore dell’artista che sceglieva di far protagonista della sua narrazione; e solo poi, gli sedeva di fronte, per un “dialogo” schietto, su quella comune zattera che è la ricerca del Bello. Nella delicatezza di questo ondeggiare senza meta, ma pur sempre con la volta celeste a tracciare sentieri di senso nella notte e nell’oscuro dell’esistenza. Così, dei quadri di Alfeo Capra (Filo di Argenta 1902 – S. Maria Maddalena 1997) poteva scrivere che «sono come parole appena sussurrate, che invitano al silenzio, che nascono dal silenzio e nel silenzio vogliono avvolgersi, come bruchi in un bozzolo, forse per dichiararci che dall’ignoto tutte le cose provengono e nell’ignoto tutte le cose ritornano»; e di Gianfranco Goberti (Ferrara 1939-2023), che «mette in discussione la realtà per mezzo della pittura, rappresenta una dimensione concettuale inventiva, fatta di istinto pittorico e di intelligenza».

E ancora, alla ricerca perenne di anime gemelle con cui navigare nel vasto e agitato mare della vita: Gianni Guidi (Bologna 1942) è «un creatore anarchico perché ama rivoluzionare, sconvolgere la geografia normale, consueta, riportandola a caos di frammenti spezzati; eppure in questa farragine si rintracciano le note di un’armonia intima e preziosa». O la trova in Giuseppe Malagodi (Cento 1890 – Roma 1968), che «indulge in zone d’ombra, in malinconie crepuscolari».

Accenni a parte meritano alcune artiste, come Paola Bonora (Ferrara 1945), per la quale «la pittura diventa un diario dell’anima che traduce in immagini e visioni gli impulsi psicologici più intimi, i ricordi, le malinconie più riposte, i sogni più ancestrali dell’inconscio collettivo»; o Adriana Mastellari (Ferrara 1933-2023), la cui scultura «è un atto di amore e di lotta: amore perché permette di creare forme di vita poetica, lotta perché è un impatto con la materia che imprigiona l’idea». E per concludere, la poco nota Luciana Neri (Ancona 1944 – Ferrara 1987) – che «ha sempre vissuto come una donna ed un’artista forte, libera, indipendente, coraggiosa, non vincolata ad alcun rigido schema» – ed Ernesta Tibertelli De Pisis (Ferrara 1895-1970), sorella di Filippo, «donna vittima di una società, non ancora aperta all’emancipazione femminile, che non le permetteva di sviluppare pienamente il suo talento artistico».

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 24 gennaio 2025

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I fiumi nella bassa Pianura Padana: il libro di Pocaterra

21 Nov

Si intitola “Le strade mutevoli. Appunti per una storia di Ferrara e della bassa Pianura Padana attraverso le vie d’acqua” (400 pagine, Festina Lente Edizioni, euro 24,00) il nuovo libro di Corrado Pocaterra, un saggio che è la sintesi di anni di studi e di ricerche appassionate e che cerca di ricostruire con un taglio divulgativo la storia di Ferrara e della bassa Pianura Padana in relazione al corso dei fiumi presenti sul territorio. «Ricordare il periodo delle “strade mutevoli” è il tentativo di prolungare la persistenza della memoria per aiutare a meritarci quello che abbiamo strappato alla natura», scrive l’autore nel volume.

I fiumi, e in particolare il Po, nel corso dei secoli sono stati, e continuano a esserlo tuttora, l’elemento determinante e unificatore delle sorti delle genti padane, ed è dunque nei fiumi, vie d’acqua dai percorsi mutevoli ma fortemente condizionanti, che l’autore cerca di individuare la chiave di lettura di molte delle vicende storiche, economiche e sociali proprie di queste terre. «Fino all’invenzione del motore, prima a vapore poi a scoppio – è scritto ancora nel libro -, l’essere umano si è confrontato con un ambiente idraulicamente mutevole, in cui le forze motrici da utilizzare per la propria mobilità e per la propria sicurezza idraulica erano semplicemente le proprie gambe e braccia, gli animali e il vento».

Risorsa idrica ed economica, fonte di sussistenza e di reddito, indispensabile ai lavori di tutti i giorni, necessaria alla difesa, grande via di comunicazione, l’acqua è un elemento in grado di caratterizzare e condizionare fortemente i territori che attraversa e la vita delle genti che in essi vi abitano. «La bassa Pianura Padana – scrive ancora Pocaterra – si è formata con i materiali portati dal Po e da alcuni fiumi appenninici, ma sotto la superficie attualmente pianeggiante c’è un sistema collinare roccioso, la così detta dorsale ferrarese (…), e la presenza di questi rilievi sotterranei ha influito sull’idrografia di superficie».

Studiarne i percorsi, l’evoluzione nel tempo, consente di dare un senso a mestieri, tradizioni, toponimi e di capire la fortuna o il declino di città e paesi.

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 25 novembre 2022

La Voce di Ferrara-Comacchio

Antenore Magri e i suoi amici in mostra al Carbone

5 Ott

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Antenore Magri, Autoritratto, 1942, olio sua tavola

Una mostra retrospettiva dedicata ad Antenore Magri (Ferrara, 1907-1978) e ai suoi amici artisti è la nuova proposta espositiva della Galleria del Carbone di Ferrara.

Oggi alle ore 18 in via del Carbone, 18/a verrà inaugurata l’esposizione dal titolo “Antenore Magri e i suoi Amici”, con una selezione di opere dagli anni ’40 fino al 1978. In parete fino al 16 ottobre, tra gli altri vi saranno Virgilio Guidi, Ernesto Treccani, Otello Ceccato, Gaetano Sgarbi, Ervardo Fioravanti, Guido Marussig, Nemesio Orsatti, Marcello Tassini, oltre a Baccanello, Bertacchini, Bonetti, De Vincenzi, Fabbri, Gasti, Lampronti, Maini, Osti, Vallieri, e tanti altri. I curatori della mostra, Corrado Pocaterra e Paolo Volta (che dirige la Galleria) vogliono così ricordare un periodo fecondo dell’arte ferrarese, grazie anche a personalità come Magri.

Antenore Magri, dopo aver studiato al Dosso Dossi, abbraccia uno stile post-impressionista, per poi passare negli anni Trenta al tardo-futurismo dell’aeropittura, entrando nel Gruppo Savarè, grazie al quale partecipò anche alla XXIII Biennale di Venezia. Del periodo della Seconda Guerra Mondiale fanno parte i primi dipinti metafisici, frutto dell’ispirazione dei visionari paesaggi invernali della Bassa ferrarese, lontana dalla solennità e dal classicismo atemporale di De Chirico.

Lui stesso scrisse una volta: “Amo ancora tutte quelle cose che pur vivendo vicine all’uomo non partecipano al suo frastuono ed ascoltano la voce del vento, gli echi che si perdono nel grande spazio, per gli ampi orizzonti senza limite in una ansietà infinita”. A partire dagli anni ’50 inizia l’attività di gallerista, che lo vede spesso impegnato come organizzatore di concorsi artistici. Dipingerà da metà degli anni ‘20 fino alla morte nel 1978.

Andrea Musacci