Apertura e complessità: il papato di Francesco

11 Mar

Una Chiesa vissuta, globale, ecumenica, sinodale e periferica è quella che Massimo Faggioli il 7 marzo a Ferrara ha descritto come la Chiesa che Bergoglio sta tentando di costruire. Ma le difficoltà sono tante, dalla Cina agli USA e, soprattuto, riguardo al vaso di pandora degli scandali legati alla pedofilia e agli abusi sessuali

4805Un relatore di altissimo profilo è intervenuto la sera dello scorso 7 marzo nella sala parrocchiale di Santa Francesca Romana in via XX settembre a Ferrara. Si tratta di Massimo Faggioli, nato a Codigoro 49 anni fa, residente a Ferrara dal 1978 al 2008, quando si è trasferito negli USA, dove è docente ordinario nel dipartimento di Theology and Religious Studies alla Villanova University (Philadelphia). L’anno scorso è uscito il suo ultimo volume, “Cattolicesimo, nazionalismo, cosmopolitismo. Chiesa, società e politica dal Vaticano II a papa Francesco” (Armando Editore). Faggioli nel suo intervento, al quale hanno assistito una 50ina di persone, ha cercato di ricostruire i caratteri prevalenti dei primi sei anni del pontificato di Francesco, “il primo papa a non essere anche ‘il’ teologo della Chiesa”.

Una Chiesa vissuta, non astratta

Questo non per mancanze del Pontefice, ma perché Francesco è “visceralmente antideologico, odia declinare il cristianesimo in una ideologia – conservatrice o liberale che sia – perché la sua idea di Chiesa è vissuta, è popolare. E questa sua visione la mette in pratica su divere questioni, come ad esempio il tema dell’omosessualità, del matrimonio o del divorzio, temi sui quali non modifica la dottrina ma ha un approccio coraggioso su come la stessa debba essere applicata”, ha spiegato. Per Francesco “non c’è un astratto da applicare a qualsiasi situazione, e questo è un cambiamento epocale”.

Il Papa della globalizzazione e dell’ecumenismo

La Chiesa, inoltre, pur essendo, per sua natura, universale, “per la prima volta ha un Papa davvero globale, e che ha compiuto passi molto importanti a livello ecumenico, con fatti e gesti concreti”. In particolare, si pensi al suo “avvicinamento al mondo islamico”, col quale Francesco “mette in pratica l’idea fondamentale di papa Giovanni XXIII sulla fraternità universale, diversa e più profonda da quella pur importante di dialogo”. Ciò è molto significativo in un mondo “nel quale si alzano muri o dove sono i mari ad essere ’sbarrati’ come se fossero muri”.

Sinodalità e riforme attese

Proseguendo, secondo Faggioli, “Papa Francesco chiama la Chiesa a cambiare anche su come governare se stessa, anche se rimane uno dei problemi di fondo, il fatto che la gerarchia è ancora troppo maschile e clericale. La sinodalità – ha proseguito – è dunque uno dei capisaldi del suo pontificato, intesa come vera inclusione di tutto il popolo di Dio, non solo del clero o degli uomini”. Con i Sinodi e il recente incontro para-sinodale, inoltre, “Francesco ha dimostrato di non considerare il Vaticano come mero palcoscenico per le sue dichiarazioni, ma come luogo per chiamare la Chiesa, da tutto il mondo, a parlare. La speranza – sono ancora parole di Faggioli – è che nella cosiddetta ‘fase 2’ del pontificato, Francesco riesca a fare quelle riforme istituzionali così difficili da portare a termine, a causa delle tante resistenze”.

Nelle periferie “impossibili”

Riguardo al rapporto col mondo, Faggioli ha poi spiegato come “il Papa sceglie di compiere i suoi viaggi prevalentemente nel mondo post-cristiano o dove i cristiani e in particolare i cattolici sono minoranza, perlopiù piccola”. Fra i gesti più importanti da lui compiuti, ricordiamo l’incontro col Patriarca di Mosca, Kirill, all’aeroporto dell’Avana nel settembre 2016, e, due anni dopo, l’accordo col governo cinese sulla nomina dei Vescovi.

USA, il punto dolente

Ampio spazio Faggioli ha poi dedicato, com’è logico dato il punto di vista privilegiato, alla situazione negli States. “Quando Bergoglio venne eletto al soglio pontificio – ha spiegato -, mi accorsi subito che ci sarebbero state tensioni nei suoi confronti, ma mai avrei pensato che sarebbero state così forti. Negli USA c’è una forte resistenza politica, sociale e culturale nei suoi confronti, con picchi di tensione registrati durante il Sinodo della famiglia – Amoris Laetitia per la stragrande maggioranza dei vescovi nordamericani è come se non esistesse -, e con l’elezione di Trump a Presidente.

“Abusi, se ne parlerà ancora per molto tempo”

La condanna del cardinale Pell, il caso dell’ex cardinale McCarrick e le accuse al Papa da parte dell’ex nunzio apostolico a Washington Viganò. Questi sono solo alcuni dei casi più gravi ed eclatanti nell’intera terribile vicenda riguardante gli scandali sessuali che hanno coinvolto sacerdoti, vescovi e cardinali. Riguardo a Viganò, “il fatto che lo scorso settembre fu appoggiato da alcuni vescovi e cardinali (molti dei quali statunitensi, tra cui il cardinale Daniel DiNardo, presidente della Conferenza episcopale americana, ndr), mi ha fatto davvero temere per uno scisma: andavo a letto senza sapere se il giorno successivo avrei trovato ancora una, oppure due, tre Chiese diverse”, ha commentato Faggioli. La questione della pedofilia e degli abusi sessuali nella Chiesa, “oltre a essere legata a diverse questioni teologiche, è connessa in modo forte a questioni politiche. Siamo di fronte a una crisi epocale, siamo come all’inizio di Mani Pulite: non si può prevedere cosa accadrà. Papa Francesco comunque – sono ancora sue parole -, è cosciente del fatto che che questo bubbone non è scoppiato ancora del tutto, e vuole invece che accada, non vuole coprire niente, vuole che i crimini emergano e che vengano puniti. Di sicuro, di questo tema se ne parlerà ancora per molto tempo, e sempre più anche nel nostro Paese”.

Andrea Musacci

Pubblicato su “la Voce di Ferrara-Comacchio” del 15 marzo 2019

http://lavocediferrara.it/

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