Dal suo epistolario negli anni 1943-45 emerge forte la figura del Pastor et defensor di Ferrara, alle prese con le autorità locali, con quelle d’occupazione, con i preti e altre personalità (Schönheit, Cadorna…): ecco le ricerche di Rossi e Piffanelli
di Andrea Musacci
“Questioni private” e affari pubblici. Aneddoti feriali, aspetti ameni e controversie gravi, drammatiche. È davvero un intero universo quello che emerge dall’epistolario di mons. Ruggero Bovelli (Vescovo dell’Arcidiocesi di Ferrara dal 1929 al 1954), in parte presente nel “Fondo Bovelli” conservato nel nostro Archivio storico diocesano.
Alcune di queste missive sono state al centro dell’incontro pubblico svoltosi nel pomeriggio dello scorso 17 novembre nella sede dell’Istituto di Storia Contemporanea (ISCO) di Ferrara. L’incontro dal titolo Un vescovo tra guerra e liberazione: Ruggero Bovelli “Pastor et defensor” nel 150° della nascita, curato da ISCO e promosso dalla Sezione di Ferrara dell’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani (ANPC), ha visto la presenza di oltre 50 persone e gli interventi dello storico e Consigliere nazionale ANPC Andrea Rossi e di Riccardo Piffanelli (foto piccola)dell’Archivio storico diocesano. L’iniziativa è stata introdotta dalla Direttrice ISCO Anna Quarzi («è un mio sogno – ha detto – quello di mettere il nome di Bovelli nel Giardino dei Giusti a Gerusalemme») e dal Vicario Generale diocesano mons. Massimo Manservigi: «Bovelli – ha spiegato – fino all’ultimo è stato un uomo molto attivo. Ricordo anche il suo legame con don Calabria e il suo ruolo nella nascita della Città del Ragazzo. Sapeva sempre fare le scelte giuste e mantenere vive le comunità a lui affidate».
TELEFONO, BICI E PNEUMATICI
«Il Fondo Bovelli – ha spiegato Piffanelli – è composta da 54 cartelle (buste) su 8 metri lineari. È quindi un fondo corposo, ma discontinuo, non sempre lineare».
Il 9 febbraio importante incontro all’ISCO di Ferrara con Andrea Baravelli e Andrea Rossi. Nessun intento nostalgico, ma la volontà di andare oltre un’inutile damnatio memoriae
«Che qui si fa l’Italia e si muore / Dalla parte sbagliata / In una grande giornata si muore»: così cantava De Gregori nella sua “Il cuoco di Salò”, e in pochi versi riuscì a racchiudere la tragedia di «quindicenni sbranati dalla primavera» nella Repubblica Sociale Italiana (RSI), regime collaborazionista della Germania nazista esistito tra il settembre ’43 e l’aprile del ’45. Una “memoria nera” che solo i grandi artisti o gli storici onesti hanno ancora il coraggio di raccontare, senza rigurgiti nostalgici.
Di questo si è parlato in un coraggioso incontro svoltosi lo scorso 9 febbraio nella sede dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara, che ha visto, dopo i saluti della Presidente dell’ISCO Anna Quarzi, gli interventi degli storici Andrea Baravelli, docente di Storia contemporanea all’Università di Ferrara, e Andrea Rossi, dottore di ricerca in Storia militare. Una 20ina i presenti, coinvolti anche in un appassionato dibattito finale
STORIOGRAFIA REPUBBLICHINA, DAL LIMBO ALLA RINASCITA
Ma partiamo dall’inquadramento proposto da Baravelli, che ha parlato del periodo della RSI come di «un tema sommerso, che nei decenni a volte riemerge per poi inabissarsi di nuovo». La memorialistica repubblichina iniziata nel ’46 «ha rappresentato una sorta di contro-storiografia che ha impedito il formarsi di una vera storiografia». Un «limbo», quello della storiografia sulla RSI, in particolare del periodo dal ’45 al ’62, «riflesso della scarsa storiografia, negli stessi anni, della Resistenza» e del desiderio di «rimuovere l’evento traumatico della guerra civile». Nei primi anni ’60 qualcosa inizia a cambiare grazie agli studi di Enzo Collotti e Frederick W. Deakin, oltre a quelli del parlamentare missino ed ex repubblichino Giorgio Pisanò. Quest’ultimo, ha spiegato Baravelli, «negò il concetto antifascista della Resistenza come “Guerra di Liberazione” e tolse alla Resistenza la sua dimensione nazionale, identificandola come scatenata e diretta esclusivamente dal PCI». Bisognerà aspettare la fine degli anni ’70 per veder avviarsi una «storiografia complessiva» sulla RSI. Negli anni successivi, importanti saranno gli studi di Giorgio Bocca (“La repubblica di Mussolini”, 1977) e Claudio Pavone (“Una guerra civile”, 1991). Proprio grazie a quest’ultimo è partita «una nuova stagione storiografica sulla RSI», con i successivi contributi di Renzo De Felice,Nicola Tranfaglia e Luigi Ganapini.
Ma la storia repubblichina non poteva non vivere e alimentarsi anche di immagini, e per questo Baravelli ha dedicato parte del proprio intervento all’opera dell’illustratore Gino Boccasile, che lavorò prima per la RSI poi, fino alla morte avvenuta nel ’52, per il MSI.
MEMORIE FRA ONORE E MORTE
Il lavoro degli storici nel caso dei reduci della RSI deve tener conto dell’importanza del «vissuto personale», ha sottolineato poi Rossi:«Ho lavorato molto sulla loro memorialistica, intervistando anche diversi reduci». Alcuni di loro, aderirono alla RSI da adolescenti. La RSI «non era un monolito ma qualcosa di molto magmatico», al cui interno vi erano sostanzialmente «quattro categorie» di persone: gli irriducibili, cioè «coloro che, anche nelle mie interviste, non compivano nessuna revisione critica del proprio periodo repubblichino, rimuovendone tutti gli aspetti sgradevoli. Altri, invece, da persone mature hanno riguardato criticamente quel loro vissuto», fra cui Piero Sebastiani e Carlo Mazzantini, quest’ultimo autore del libro “A cercar la bella morte” (1986). A un’altra categoria appartengono poi coloro che non vi aderirono per motivazioni politico-ideologiche ma militari, essendo soldati di leva, spesso alpini. Vi è poi il gruppo, non irrilevante, di coloro che, nonostante vissero un’esperienza giovanile nella RSI, nel resto della loro vita «scelsero un’importante militanza antifascista». In ogni caso, per Rossi la memoria fascista è «una memoria funerea:nessuno di coloro che ho intervistato, pensava al dopo RSI: tutti sapevano che sarebbe finita male. E, infatti, raccontano quei 18 mesi a Salò e poi nulla», come se non vi fosse nulla di degno di nota dopo quell’esperienza totalizzante, dopo quella tragedia vissuta e mai superata. Il loro ricordo, quindi, non può che essere «cimiteriale», come un volto scolpito da Wildt. La morte e l’onore, per loro, erano tutto. Il resto è stato tradimento, piccole bassezze borghesi. Salò o niente.
Oggi alle 17.30 al Museo “Mario Piva” in via Cisterna del Follo, 39 a Ferrara Michael Sfaradi, giornalista-scrittore italo-israeliano presenta il suo ultimo romanzo “Am Groner Freibad n. 5”. Interverranno anche la giornalista Monica Forti e lo scrittore Andrea Rossi.
All’inizio degli anni ’80, e nonostante una guerra in corso, Israele fu interessata da un flusso migratorio di giovani che arrivavano da ogni angolo del mondo. Ruben è uno di quei giovani che una volta finita la leva obbligatoria lascia l’Italia per inseguire un sogno e allontanarsi da schemi di vita per lui troppo stretti. Sente forte dentro di sé il bisogno di mettere l’antisemitismo italico in condizioni di non nuocere alla sua vita.
Giornata ricca di eventi quella di oggi, per ricordare gli anniversari degli eccidi del biennio 1943-1944 nella nostra città. Si comincia alle ore 10 nella Sala dei Comuni del Castello Estense, dove il Museo del Risorgimento e della Resistenza con il contributo della Presidenza della Provincia e in collaborazione con l’Associazione Partigiani Cristiani sezione di Ferrara organizza la lezione degli storici Davide Guarnieri e Andrea Rossi sul tema “Gli occupanti silenziosi: i tedeschi nel Ferrarese (1943-1945)”. Sarà Antonella Guarnieri, responsabile del MRR a introdurre l’evento.
Si prosegue alle 11 a Parco Massari con l’inaugurazione del bassorilievo dedicato ai Gruppi di Difesa della Donna, realizzato dagli studenti del Liceo “Dosso Dossi” in collaborazione con Udi e Comune di Ferrara. L’evento si svolgerà alla presenza dei rappresentanti delle Istituzioni cittadine, del Liceo “Dosso Dossi” e della Responsabile Nazionale Udi. Infine, alle 17 nella Sala conferenze dell’Istituto di Storia Contemporanea, in vicolo S. Spirito, 11 a Ferrara, avrà luogo la presentazione del portale “GuerrainFame”, progetto realizzato dalla Rete degli Istituti Storici dell’Emilia Romagna col supporto della Regione Emilia-Romagna, e dedicato allo studio dell’alimentazione in tre periodi del Novecento, la Grande Guerra, il periodo tra le due guerre e la Seconda Guerra Mondiale. Per l’occasione interverranno Luisa Cicognetti e Vito Contento.
Ricordiamo anche che la mostra “Geografia di una strage: gli eccidi nazi-fascisti nel Ferrarese 1943-1945”, sarà visitabile fino al 10 gennaio negli orari di apertura del Museo del Risorgimento e della Resistenza in c.so Ercole I d’Este.
Proseguono le presentazioni dell’ultima fatica dello storico ferrarese Andrea Rossi, “Il gladio spezzato”, recensito anche su Il corriere della sera. Oggi alle 21 il libro verrà presentato nella Sala Agostiniani in P.zza Matteotti a Polesella (RO). L’autore ne discuterà col Sindaco Leonardo Raito, docente di Storia all’Università di Padova.
Il testo affronta il collasso dell’esercito della Repubblica Sociale Italiana, mettendo a fuoco, attraverso documentazione inedita, gli eventi dell’ultima settimana di guerra (25 aprile-2 maggio ‘45). Rossi è cultore della materia all’Università di Ferrara e ha redatto molti saggi sul fascismo e la guerra in Italia.
Oggi alle 16:30 al Museo del Risorgimento e della Resistenza (C.so Ercole I d’Este, 19, Ferrara) verrà presentato il saggio del ferrarese Andrea Rossi, “Il gladio spezzato” (D’Ettoris, 2015).
Il testo, recensito anche da “il Giornale”, affronta il tema del collasso dell’esercito della Repubblica Sociale Italiana, mettendo a fuoco, attraverso documentazione d’archivio inedita, gli eventi dell’ultima settimana di guerra (25 aprile-2 maggio 1945).
Il risultato del lavoro, che mette in luce la totale impreparazione della resa della Repubblica di Salò e del suo esercito, evidenziando le ingenuità, i voltafaccia, ma anche gli atti coraggiosi volti alla salvaguardia dell’ordine nazionale, mostra come questo frangente risulti fondamentale anche per comprendere le scie di sangue determinate da questi avvenimenti. Senza dimenticare le responsabilità dei tedeschi che, preoccupati esclusivamente della propria salvaguardia, abbandonarono i propri alleati alle inevitabili rappresaglie, caratteristiche di ogni guerra civile. Dallo studio emerge come al momento in cui il gladio (la mostrina dell’ultimo esercito di Mussolini) si “spezzò”, poco o nulla era stato programmato per gestire la resa della Repubblica fascista. Nel parleranno con l’autore gli storici Roberto Parisini e Antonella Guarnieri.
Andrea Rossi
Andrea Rossi, dottore di ricerca in Storia Militare, è cultore della materia presso l’Università di Ferrara. Ha redatto numerosi saggi sui temi del fascismo e della guerra in Italia pubblicati su riviste scientifiche e in opere collettanee. Fra i suoi volumi, “Fascisti toscani nella Repubblica di Salò” (2000) e “Le guerre delle camicie nere” (2004).
Oggi alle 10 presso la Sala Alfonso I del Castello Estense di Ferrara avrà luogo “L’occupazione tedesca del Ferrarese 1943- 1945”, lezione tenuta dagli storici Davide Guarnieri e Andrea Rossi, co-autori dell’omonima ricerca promossa con il contributo della Presidenza della Provincia di Ferrara e in collaborazione con la locale Associazione Partigiani Cristiani. Interverrà inoltre il Presidente della Provincia Tiziano Tagliani.
Il progetto di ricerca è stato promosso dal Museo del Risorgimento e della Resistenza di Ferrara nel 70° anniversario dell’occupazione tedesca del ferrarese, e parte dalla volontà di ricostruire una mappatura quanto più possibile completa della presenza tedesca in provincia fra il settembre ‘43 e l’aprile ‘45, traendo origine dal data base elaborato dallo storico Carlo Gentile. Il lavoro ha permesso di affrontare il tema, ancora poco studiato, del rapporto tra forze armate germaniche occupanti e abitanti del Ferrarese.
Sabato mattina alle 11 al Museo del Risorgimento e della Resistenza, in C.so Ercole I d’Este a Ferrara, ha avuto luogo la presentazione del progetto di ricerca promosso dal Museo stesso nel 70° anniversario della occupazione tedesca del Ferrarese, “La svastica a Sabbioncello: la presenza militare tedesca in provincia di Ferrara 1943-1945”, curato da Andrea Rossi, Dottore in Storia Militare. Oltre a lui sono intervenuti Antonella Guarnieri, da poco in servizio al Museo del Risorgimento e della Resistenza, Davide Guarnieri, storico e Francesco Bertelli, Presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani di Ferrara. Sabbioncello, vicino a Formignana, durante l’occupazione fu per sei mesi, dall’ottobre ’44 all’aprile ’45, sede dell’Alto Comando della Decima Armata tedesca. Andrea Rossi ha illustrato il progetto con slide, utilizzando mappe, immagini e biografie utili a illustrare il periodo dal ’43 al ’45 durante il quale le truppe della Decima Armata occuparono l’Italia. Alle ragazze e ai ragazzi della 4 G del Liceo Roiti di Ferrara, Rossi ha spiegato come “senza memoria non c’è storia, e senza storia non si capisce il presente, perché ci si illude di vivere in un continuo presente.” Mentre Davide Guarnieri ha parlato degli italiani deportati nei campi di sterminio nazisti, Antonella Guarnieri nella sua introduzione ha sottolineato come spesso i fascisti abbiano cercato, durante il periodo della RSI, di scaricare le colpe dei loro crimini sugli alleati tedeschi.
Andrea Musacci
(nella foto, da sx: Davide Guarnieri, Andrea Rossi, Antonella Guarnieri e Francesco Bertelli)
Mi chiamo Andrea Musacci.
Da aprile 2014 sono Giornalista Pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna.
Sono redattore e inviato del settimanale "la Voce di Ferrara-Comacchio" (con cui collaboro dal 2014: http://lavoce.e-dicola.net/it/news - www.lavocediferrara.it), e collaboro con Filo Magazine, Periscopio e Avvenire.
In passato ho collaborato con La Nuova Ferrara, Listone mag e Caritas Ferrara-Comacchio.
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"L'unica cosa che conta è l'inquietudine divina delle anime inappagate."
(Emmanuel Mounier)