
Giorgio Balboni insieme a Vittorio Sgarbi
La morte del pittore Giorgio Balboni, classe 1943, il cui corpo senza vita è stato ritrovato domenica mattina dai Vigili del fuoco nella sua abitazione in via Cammello, ha lasciato sgomenti amici e artisti. Nonostante negli ultimi anni avesse scelto una vita appartata, ebbe un certo spazio nella pittura contemporanea. Grande amico di Vittorio Sgarbi (fu anche ritrattista della famiglia del noto critico), appassionato di lirica, amico di Luciano Pavarotti (al quale fece anche un ritratto) e di Claudio Villa, fu tra i fondatori del Circolo “Amici del Frescobaldi”. Dopo un breve periodo al Dosso Dossi, si diplomò all’Istituto Venturi di Modena. Tra le sue mostre ricordiamo quella a Palazzo dei Diamanti nel 1978, e alla fine degli anni ’80 al Castello di Ferrara e a quello di Mesola. Nel 2011 viene invitato a esporre al Padiglione Italia per la 54° Mostra Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.
La critica Laura Rossi lo ricorda come «un autentico maestro che riusciva a coniugare lo stile antico e quello moderno. Ciò che mi affascinava era la sua modestia, la sua umiltà». Paolo Volta, direttore della Galleria del Carbone, ricorda come proprio lì nel 2006 fece la sua ultima personale, con presentazione in catalogo di don Franco Patruno.
Si dichiara «costernato» Gianfranco Goberti, suo amico da una vita, che lo ricorda cone «un tipo solitario e molto ironico». Sentiti anche i ricordi di Gianni Guidi, Sergio Zanni, che ne sottolinea il «carattere determinato» e di Ivano Fabbri (Fabbriano), suo caro amico.
Lucio Scardino è stato l’ultimo a coinvolgerlo in una esposizione, la collettiva “San Sebastiano ferrarese” esposta lo scorso febbraio nella Sala Mediolanum di via Saraceno. «Era una persona intelligente, caustica e amara, ma capace di grande tenerezza» come nel caso della sua allieva, Maria Luisa Onestini. «Ricordo – prosegue – un incidente che avemmo in macchina mentre una sera nebbiosa seguivamo Vittorio Sgarbi che guidava veloce per accompagnarci nella sua casa di Ro». Infine, Gabriele Turola lo ricorda come «un artista professionale, distaccato non nel senso di freddo ma di serio».
Andrea Musacci
Pubblicato su la Nuova Ferrara il 13 ottobre 2016