
Nel centenario della Marcia su Roma, una mostra del Centro Studi del Museo del Risorgimento e della Resistenza raccoglie a Ferrara documenti e testimonianze della violenza nei primi anni ’20 nel nostro territorio. Il ruolo decisivo del gerarca
Una mostra esposta nel Centro Studi del Museo del Risorgimento e della Resistenza (MRR), a Porta Paola, arricchisce ulteriormente il dibattito nel centenario della Marcia su Roma.
“Lo squadrismo raccontato dai fascisti. Il diario di Italo Balbo e altre fonti” – questo il titolo dell’esposizione a Ferrara, a cura di Antonella Guarnieri in collaborazione con l’ANPI provinciale – cerca di inquadrare storicamente, attraverso documenti dell’epoca e successive ricerche, il ruolo di Italo Balbo nello squadrismo padano, di cui fu uno dei maggiori artefici assieme a Dino Grandi, Roberto Farinacci e pochi altri.
Ricordiamo che una volta conclusi i lavori di ristrutturazione, la sede del MRR sarà nella Casa della Patria Pico Cavalieri, in Corso Giovecca 165. Il Centro Studi del Museo è a Porta Paola dal settembre 2020, mentre la sua storica sede è stata in Corso Ercole I d’Este 19, dove dovrà nascere il nuovo bookshop di Palazzo Diamanti.
«Al Fascismo, sin dagli inizi, incombeva il destino della conquista integrale e rivoluzionaria del potere»
Nel suo “Diario 1922” – pubblicato dalla Mondadori il 6 ottobre 1932, poco prima del decennale della Marcia su Roma – Italo Balbo, è scritto in mostra, «manifestava con evidenza la volontà di strizzare l’occhio a quella parte del fascismo che era stata fondamentale per il raggiungimento del potere ed era stata poi collocata in pensione da Mussolini».
Nell’introduzione al “Diario” Balbo stesso scrive: «A chi mi chiedeva quale fosse il segreto di una organizzazione volontaria così perfetta, rispondevo…esaltazione della violenza come il metodo più rapido e definitivo per raggiungere il fine rivoluzionario». E più avanti parla della «certezza che al Fascismo, sin dagli inizi, incombeva il destino della conquista integrale e rivoluzionaria del potere. Integrale: cioè senza compromessi, e su tutto il fronte della vita pubblica italiana; rivoluzionaria: cioè un atto violento, insurrezionale che segnasse un netto distacco, anzi un abisso, tra il passato e il futuro». Due anni fa – lo ricordiamo – a Ferrara riesplose una polemica legata alla presunta legittimazione di Balbo, dopo la dichiarazione di Vittorio Sgarbi di voler allestire una mostra a lui dedicata – soprattutto come aviatore – a Palazzo Barbantini-Koch in Corso Giovecca, sede della direzione territoriale della BPER Banca. La polemica coinvolse soprattutto – da una posizione critica – Anna Quarzi, Presidente dell’Isco locale.
Dalle lotte sindacali alla violenza squadrista
Lo sviluppo dei sindacati che organizzarono la vasta massa di lavoratori – circa 71mila -, l’allargamento del suffragio e le conseguenti vittorie socialiste nelle elezioni del 1919-1920 preoccuparono gli agrari che temevano di perdere il loro potere indiscusso sui lavoratori. Per migliorare le condizioni di lavoro dei braccianti e togliere egemonia agli agrari, le leghe rosse «con le buone o le cattive, reclutarono anche elementi recalcitranti», viene spiegato nell’esposizione. «L’uso della violenza da parte dei socialisti, in alcuni casi fu evidente, ma non deve essere esagerato come fu invece abitudine della propaganda padronale. Le armi più usate furono il boicottaggio, l’isolamento dei crumiri, raramente la violenza fisica». Fu invece «organizzato, programmato, costante, militarizzato» l’uso della violenza da parte dello squadrismo fascista.
Un pannello cita anche l’opinione dello storico Emilio Gentile, allievo di De Felice, che su “Repubblica” del 27 ottobre 2012 scrive: «non c’è alcun rapporto diretto tra la violenza del massimalismo socialista e la violenza fascista. Quando in Italia si afferma lo squadrismo, il pericolo bolscevico non esiste più (…). Finché dura il cosiddetto “biennio rosso” il fascismo è un fenomeno marginale. Esso cominciò ad affermarsi quando il socialismo entra in crisi. E poi non c’è proporzione tra violenza rossa e violenza nera: i socialisti non hanno mai assaltato le case della borghesia né i circoli degli altri partiti; i fascisti applicano alla politica le pratiche da guerra civile».
«La verità – scrive invece Gaetano Salvemini nel suo “Le origini del fascismo. Lezioni di Harvard” – è che sia da una parte sia dall’altra vi furono aggressori e aggrediti, assassini e vittime, imboscate ed assalti su terreno aperto, atti di coraggio e di tradimento; ma i fascisti, sostenuti economicamente da industriali, proprietari terreni e commercianti, e politicamente da polizia, magistratura e autorità militari, godettero di una forza schiacciante».
Alcuni tragici episodi nel Ferrarese
La strage di Palazzo d’Accursio, avvenuta il 21 novembre 1920 a Bologna, fu scatenata da un nutrito gruppo di squadristi fascisti che attaccò la folla riunitasi in occasione dell’insediamento della nuova giunta comunale presieduta dal socialista massimalista Enio Gnudi. Fu un episodio decisivo, con conseguenze anche per il nostro territorio.
Gli scontri, la cui dinamica non è mai stata interamente chiarita, portarono alla morte di dieci sostenitori socialisti e del consigliere comunale liberale Giulio Giordani, oltre che al ferimento di circa sessanta persone.
Un mese dopo, il 18 dicembre, l’avvocato socialista Adelmo Niccolai, appena uscito dal Palazzo di Giustizia di Ferara, dove aveva difeso alcuni organizzati, fu bastonato a sangue da un gruppo di fascisti, e alzarono le mani anche sulla madre accorsa in strada sentendo le urla del figlio.
Due giorni dopo, il 20, i fascisti ferraresi scesero in piazza contro le amministrazioni socialiste che guidavano il Comune e la Provincia. Negli scontri vennero uccisi i fascisti Franco Gozzi, Natalino Magnani, Giorgio Pagnoni e Giuseppe Salani, e i socialisti Giovanni Mirella e Giuseppe Galassi (morto il 22 febbraio ’21 per le ferite riportate). La sera del 30 dicembre dello stesso anno gli squadristi aggredirono l’assessore comunale ing. Girolamo Savonuzzi, poi costretto a scrivere una lettera di dimissioni dalla carica.
La mostra mette in risalto anche il ruolo dell’allora Prefetto Samuele Pugliese (incarico che ebbra dal 1° febbraio ‘21 al 31 agosto dello stesso anno), la cui azione nel caso Savonuzzi «fu così poco incisiva che venne pesantemente redarguito dal Direttore generale della Pubblica Sicurezza on. Vigliani». In mostra si parla anche del «coinvolgimento in più di un’occasione delle forze dell’ordine che spesso affiancarono, sostennero e facilitarono l’azione squadrista». Emblematiche le devastazioni fasciste il pomeriggio e la notte del 15 aprile 1921 delle Case del popolo di Burana, Lezzine, Pilastri e Gavello, nel bondenese, attacchi anticipati un’ora prima dalle perquisizioni da parte dei carabinieri nelle case dei lavoratori dei paesi alla ricerca di armi non trovate.
Andrea Musacci
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 25 novembre 2022
(Foto: Italo Balbo – in piedi al centro, coi baffi -, insieme ad altri squadristi a Venezia nel 1921, dopo alcuni assalti compiuti)
Chi era Italo Balbo
Italo Balbo (Quartesana, 6 giugno 1896 – Tobruch, 28 giugno 1940) è stato un politico, generale e aviatore italiano.
Iscritto al Partito Nazionale Fascista dal 1920, fu uno dei quadrumviri della marcia su Roma, diventando in seguito comandante generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, quindi nel 1925 sottosegretario all’economia nazionale e poi alla Regia Aeronautica. Nel 1929 assunse l’incarico di Ministro dell’aeronautica. Fu insignito del grado di Maresciallo dell’aria.
Considerato un potenziale rivale politico di Benito Mussolini a causa della grande popolarità raggiunta, Balbo fu nominato nel 1934 governatore della Libia. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale organizzò voli di guerra per catturare alcuni veicoli del Regno Unito, e proprio durante il ritorno da uno di questi voli, il 28 giugno 1940, fu abbattuto per errore dalla contraerea italiana sopra Tobruch.