
Il “papà del Palio ferrarese” fu nel Ventennio un protagonista della vita culturale. E come tanti cattolici aderì al fascismo non per ideologia ma per paura delle violenze del socialismo massimalista. È possibile contestualizzare senza fare revisionismo? Se ne parla nel libro “Ferrara Sorgente di Poesia” di Laura Facchini e Francesco Paparella
di Andrea Musacci
Gli anni del secondo dopoguerra nel nostro Paese e soprattutto in Emilia, sono stati particolarmente difficili e complessi, con tratti spesso tragici. Sono gli anni nei quali l’Italia tenta di rialzare la testa dopo il cupo ventennio fascista e le atrocità della guerra. Ma sono anche gli anni fratricidi costellati da vendette e rancori a lungo sopiti. E forse non ancora del tutto superati.
Di questo, e non solo, si parla nel volume da poco edito dal titolo “Ferrara Sorgente di Poesia. Spunti biografici su Guido Angelo Facchini (foto grande) un intellettuale ferrarese fra le due guerre”, di Laura Facchini (nipote di Guido Angelo) e Francesco Paparella, con prefazione di Carlo Magri (membro del Consiglio Superiore del Palio nominato dalla famiglia Facchini). Di Facchini, che negli anni ’30 a Ferrara fece rinascere lo storico Palio, Paparella ha scritto tanto sulla “Voce”. L’ultimo articolo, nell’edizione del 20 settembre scorso, anticipa il racconto, contenuto nel libro, delle tre vite salvate da Facchini dopo l’8 settembre ’43: quelle del prof. Carlo Zaghi (storico e giornalista) e dei collaboratori del “Corriere Padano” Guido Aristarco (critico cinematografico) e Giuseppe Gorgerino (scrittore e sceneggiatore), finiti nelle grinfie della polizia fascista. Episodi eroici come questo ci rendono assurdo oggi quel «silenzio “comprensibilmente rancoroso” » che nel secondo dopoguerra cadde anche sul Palio, sui personaggi in vista in quegli anni», tra cui lo stesso Facchini.
IL BIENNIO ROSSO E LO SQUADRISMO
La “scelta fascista” di Facchini fu, come per molti, non motivata da chissà quale culto della violenza o della supremazia razziale, o da idee particolarmente reazionarie. Scrive Paparella nel libro: durante il Ventennio «il suo animo romantico, la sua fede e il suo idealismo lo portarono rapidamente verso la sponda del fascismo ferrarese che tra la fine della prima guerra mondiale e l’inizio degli anni ’20 si erge, nella propaganda dell’epoca, a difensore dei valori dell’ordine e della Patria e a difesa da un socialismo spesso anticlericale e violento, pur usando metodi spesso ancora più violenti». Il socialismo massimalista avrà come reazione la nascita del cosiddetto “fascismo agrario”. «Due opposti estremismi», prosegue Paparella: «il socialismo alimentato da una devastante disoccupazione e da una situazione economica drammatica» e «il fascismo squadrista che riesce in poco tempo ad aggregare e avvicinare a sé un largo strato della popolazione ferrarese, con il palese appoggio e contributo economico dei proprietari terrieri, della nobiltà ferrarese, di buona parte della comunità ebraica e anche di largo settore del movimento cattolico. Quest’ultimo, contrariamente ad alcune esperienze in altre parti d’Italia, dove si aggregò attorno al Partito Popolare in aperta opposizione al movimento fascista, a Ferrara per la maggior parte si consolidò nel Centro Nazionale Cattolico, noto per posizioni collaborazioniste e di cui esponente di spicco fu il Conte Giovanni Grosoli». Lo stesso Vescovo Francesco Rossi e il giornale “La Domenica dell’Operaio”, fondato da Grosoli, denunciarono le violenze di questo socialismo radicale e i conseguenti pericoli anche per la libertà dei cattolici. Violenze denunciate in quegli anni anche da Alcide De Gasperi, dal liberale Pietro Niccolini, da socialisti riformisti e antifascisti come Gaetano Salvemini e Alda Costa. Dopo l’eccidio del Castello del 1920 (in cui oltre a tre fascisti morì anche il socialista Giovanni Mirella), «anche coloro che erano rimasti incerti o comunque neutrali passeranno ad appoggiare più o meno direttamente il movimento fascista se non altro per un anelito di ordine e protezione e un sempre maggior sostegno anche in ambienti cattolici». Lo stesso Facchini, quindi, vive in questo clima di paura. La morte del coetaneo e amico Edmo Squarzanti lo segnò nel profondo: il 25 febbraio 1921 Squarzanti «si trovava sul camion carico di fascisti di ritorno dalla partecipazione, a Lendinara, all’inaugurazione di un gagliardetto. Arrivati a Pincara, di fronte alle finestre del capolega di quel paese, furono fatti oggetto di colpi di rivoltella. Uno di questi colpì alla gola il giovane ferrarese che morì poco dopo. Da lì si scatenò uno scontro che portò alla morte dell’autore stesso». Da una lettera di Facchini alla “Gazzetta ferrarese” del 16 dicembre 1921, si può «desumere che pure lui fosse presente a quella trasferta a Lendinara e pertanto anche da questo potremmo immaginare la conferma o comunque il consolidarsi della sua scelta di adesione al fascismo come opposizione alla violenza del massimalismo socialista».
L’8 SETTEMBRE ’43 (E UN PRESENTE CHE SIA DIVERSO)
Dopo l’8 settembre 1943, anche Ferrara fu occupata dal terribile governo repubblichino-nazista. Pochi mesi prima, la caduta del regime. «Il figlio Aldo ha un ricordo indelebile della notte del 25 luglio 1943», racconta Paparella. «Tornando a casa non vide suo papà. La nonna gli disse che era nell’interrato di villa Melchiori, nascosto per evitare di coinvolgere i familiari». I Facchini abitavano proprio di fianco Villa Melchiori. «Si era diffusa la notizia della caduta di Mussolini e del fascismo e anche Guido Angelo aveva ricevuto minacce di morte. Pertanto quando Aldo lo raggiunse nella villa Melchiori lo vide nel buio con la faccia tesa, seduto sui gradini con una pistola appoggiata a fianco». Insomma, anche chi come lui aveva salvato alcuni antifascisti, non si sentiva al sicuro. Troppo caldo era ancora il sangue di tanti che si erano ribellati alle angherie fasciste. E troppo era il carico di odio, il desiderio di rivalsa (giusta) contro 20 anni di tirannia. Ci sono voluti molti altri decenni per riscrivere la storia di Facchini senza sentirsi additare come “revisionisti” se non nostalgici. O almeno ci auguriamo che così sarà.
Vita di Guid’Anzul, tra impegno e poesia
Guid’Anzul (così lo chiamavano gli amici) nasce a Ferrara nel 1904 da Aldo ed Eugenia Paparella. Ancora adolescente, la casa editrice francescana di Assisi gli pubblica le sue liriche “Canti della Verna”. A 19 anni è già responsabile della pagina culturale della “Gazzetta ferrarese”, che nel ’28 confluirà nel “Corriere Padano” creato da Italo Balbo. Ha ruoli nel Gruppo Universitario Fascista, collabora con l’Unione dei Sindacati, nella Società Benvenuto Tisi, nel comitato esecutivo della Settimana ferrarese e nel “Comitato Ferrarese dell’Ottava d’oro”. A 23 anni sposa Renza Mariotti: i due avranno un figlio, Aldo (foto qui sopra). Nel ’30 diventa direttore dell’Unione Provinciale dei Professionisti ed Artisti, fino al 1933 quando si concentra sugli eventi ferraresi legati alle manifestazioni per il centenario dell’Ariosto e all’organizzazione del Palio. Fra gli altri impieghi, sarà Segretario e poi Presidente dell’Istituto di Cultura di Ferrara, consultore di Ferrarie Decus, Presidente dell’Istituto di Cultura italo-germanica di Ferrara, Direttore della rivista “Il Diamante”. Scrive anche “La storia di Ferrara illustrata nei fatti e nei luoghi”. In quegli anni viene avviato a lezioni private di tedesco presso il prof. Emanuel Merdinger, dal ’38 aiutato a non essere deportato – in quanto ebreo – da una rete di amicizie nella quale vi erano anche Facchini e mons. Bovelli. Nel dopoguerra Facchini va con la famiglia prima sul lago d’Iseo poi a Prato, dove morirà nel ‘77.
Il 21/10 presentazione del libro al Comunale
Lo scorso dicembre per volontà delle Contrade, del Comune di Ferrara e della famiglia Facchini, si è creata la Fondazione Palio “in memoria di Guido Angelo Facchini e Nino Franco Visentini”, unendo così i padri delle due epoche storiche del Palio ferrarese. Il 21 ottobre alle ore 21 (Sala Foà del Teatro Comunale Abbado) è in programma il secondo appuntamento del ciclo “Il Palio è Ferrara”, con la presentazione di “Ferrara Sorgente di Poesia” di Laura Facchini e Francesco Paparella. Si tratta del primo Quaderno della Fondazione Palio Città di Ferrara.Il volume ha la prefazione di Carlo Magri.
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 18 ottobre 2024
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