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Via Crucis, anima della nostra storia

13 Apr
Via Crucis, Gaetano Previati

In uscita il libro “La Via Crucis tra storia, devozione e arte” dei coniugi Margherita e Gianni Goberti. Con un occhio particolare alle sue espressioni nel nostro territorio

Una devozione sempre viva e popolare è quella della Via Crucis, anche nel nostro territorio, dove tante sono le sue rappresentazioni nelle chiese e nei musei.

Questa storia che prosegue, affascinando credenti e non, è al centro del libro in uscita dal titolo “La Via Crucis tra storia, devozione e arte” (Edizioni La Carmelina, Ferrara, 2022) dei coniugi Margherita Goberti e Gianni Goberti, giornalista lei, poeta lui.

Nel volume, anche un breve pensiero del nostro Arcivescovo mons. Gian Carlo Perego: una «spiritualità francescana, carica di semplicità, di pace attraversa tutto il suo scritto, aiutandoci a vivere la Passione di Cristo con fede», scrive in un passaggio. Il libro è arricchito anche dal ringraziamento di Papa Francesco, dopo il dono di una copia del libro, tramite una missiva firmata dall’Assessore Peter B. Wells della Segreteria di Stato Vaticana.

La storia

La prima parte del libro ripercorre la storia della devozione, soffermandosi in particolare sul francescano San Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751) a cui si deve la diffusione, che nelle sue missioni ne eresse 572. Egli predicò anche a Ferrara e un suo ritratto dipinto su una grande tela, conservato nella chiesa cittadina di Santo Spirito, di autore anonimo forse della metà del XIX secolo. Qui è raffigurato mentre parla alla folla con il braccio destro alzato e un teschio sulla mano sinistra. 

Fu un’istanza del 1731 di papa Clemente XII a estenderne la facoltà anche nelle chiese non francescane.

San Leonardo dimorò a Ferrara dal 15 al 29 maggio 1746 su invito dell’Arcivescovo Girolamo Crispi. Come racconta il canonico Giuseppe Antenore Scalabrini, raccomandò la devozione della Via Crucis, istituì l’adorazione perpetua del SS. Sacramento e raccomandò che sopra le case si effigiasse il SS.mo Nome di Gesù. Questi ricordano quelli propagati da San Bernardino da Siena, ma con in più, oltre a IHS, la M di Maria. A Ferrara tornò a fine gennaio 1747, proveniente da Argenta per predicare in alcuni monasteri di clausura. Si recò anche a S. Antonio in Polesine e al Corpus Domini.

Un paragrafo a parte è dedicato al Santuario del Poggetto fuori Ferrara, con i suoi 15 capitelli inaugurati e benedetti il 21 ottobre 1894, rappresentanti i Misteri del Rosario.

La devozione

Nella seconda parte del libro, gli autori affiancano a ogni stazione della Via Crucis una chiesa: le prime cinque Via Crucis si riferiscono alle più antiche presenti nelle chiese di Ferrara e provincia, poi a quelle successive, ai tre monasteri in città e al nostro Seminario Arcivescovile. L’ultima stazione, quella riferita alla Resurrezione, si identifica con la Basilica di San Pietro a Roma. Ogni stazione è accompagnata da una poesia di Gianni Goberti.

Queste le chiese della nostra Diocesi citate: Chiesa dei Santi Giuseppe, Tecla e Rita (Ferrara), chiesa dei Santi Filippo e Giacomo (Porotto), chiesa Pieve dei SS. Pietro e Paolo (Vigarano Pieve), chiesa S. Antonio Abate (Ferrara), chiesa San Gregorio (Ferrara), chiesa S. Maria della Consolazione (Ferrara), chiesa San Luca (Ferrara), chiesa Sant’Agostino (Ferrara), chiesa San Giuseppe Lavoratore (Ferrara), chiesa San Benedetto (Ferrara), chiesa Santa Caterina Vegri (Ferrara).

L’arte

Tanti gli artisti che nei secoli hanno rappresentato la Via Crucis, fra cui Francesco Messina e il suo monumento in granito e bronzo a San Giovanni Rotondo, vicino al Convento di Padre Pio.

Un’attenzione particolare nel libro è data agli artisti ferraresi: Gaetano Previati, i nostri sacerdoti diocesani don Franco Patruno e don Lino Costa, Franca Venturini Chiappini, Mario Piva, Mirella Guidetti Giacomelli, Gianni Cestari. E poi quella speciale Via Crucis ospitata nella Casa Circondariale di Ferrara, realizzata da un gruppo di pittori del Circolo culturale “Il salotto” di Bondeno.

Un libro utile e appassionante, insomma, dove il rigore della ricerca storica si accompagna all’imprevedibilità del testo poetico, la devozione pulsa nella vita di un popolo, quello ferrarese, e in quella dei suoi artisti antichi e moderni. Una pubblicazione “urgente”, vien da dire, perché ci ricorda di considerare come mai procrastinabile la nostra scelta di porci alla sequela di Cristo.

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 15 aprile 2022

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“Casa di Sole” a Porporana per aiutare i giovani fragili 

13 Apr
Un momento dell’inaugurazione

Inaugurata lo scorso 9 aprile grazie alla Coop Azioni, potrà ospitare fino a 9 ragazzi tra i 10 e 17 anni. Per ricostruire le loro vite e renderli autonomi

Ricostruire giovani vite segnate da traumi e difficoltà psicologiche, familiari e sociali. Ridare loro un senso e una speranza per renderli autonomi, donne e uomini capaci di crearsi una vita. È questo l’obiettivo di “La Casa di Sole”, Comunità Residenziale Educativo-Integrata a Porporana, progetto della Cooperativa “Azioni” guidata da Ruggero Villani presentato lo scorso 8 aprile.

Alla presentazione in via Martelli 317, nell’ex casa parrocchiale, sono intervenuti il Vescovo mons. Gian Carlo Perego, Ruggero Villani, Michele Mangolini presidente di Confcooperative Ferrara, l’Assessora alle politiche sociali del Comune di Ferrara Cristina Coletti, il presidente del Lions Club Ferrara Ducale Dimer Morandi, l’Assessore Regionale Paolo Calvano, e la Coordinatrice della comunità Chiara Campagnoli. 

Come sarà organizzata 

Nei prossimi mesi la Casa di Porporana potrà ospitare fino a 9 ragazzi tra i 10 e i 17 anni con disturbi psico-patologici che non necessitano di assistenza neuropsichiatrica in strutture terapeutiche intensive, minori con psicopatologia complessa e precoce uso di sostanze . «Le richieste pervenuteci – ci spiega Villani –, dalla nostra provincia e non solo, sono già ben oltre il numero di posti disponibili».

La struttura, precedentemente di proprietà dell’Arcidiocesi, è stata ristrutturata grazie ai contributi post sisma, con l’impiego di quasi 800mila euro. L’edificio è formato da due piani: al piano terra, si trova una grande cucina, due soggiorni, uffici e servizi. Al primo piano, due appartamenti, il primo con due stanze doppie, il secondo con sei camere da letto. Ma la Comunità non avrà solo uno scopo riparativo delle condotte del minore ma anche quello di diventare un centro di promozione e informazioni sui temi del bullismo, del cyberbullismo e delle condotte devianti. Per questo, all’interno vi sarà anche una biblioteca realizzata con il contributo di Lions Club Ferrara Ducale.

Nella struttura sarà impegnata un’equipe formata da un coordinatore a tempo pieno, 12 educatori anch’essi a tempo pieno, 1 supervisore Psicopedagogico, 1 Supervisore Clinico, 1 Addetto alle pulizie e 1 Addetto alla preparazione del pasto. La permanenza dei ragazzi non potrà durare più di 18 mesi, eventualmente prorogabili in caso di necessità, ma fino al compimento del 21° anno d’età. 

La Casa nasce da Sole…

La storia di Sole spiega il perché si è scelto di aprire una Casa di questo tipo. «Sole è una ragazza di 18 anni, accolta nel 2014 in una delle comunità educative-abitative della Coop Azioni», ci spiega Villani. «Soffriva di disagio abitativo, ma in realtà scoprimmo che il suo problema era molto più profondo, attivato da traumi importanti. Da lì abbiamo compreso la necessità di dare risposte in maniera strutturata, con una Casa specifica. La nostra volontà è che i ragazzi una volta usciti da questa struttura, non debbano tornarci più, superando quindi i loro problemi e rendendoli autonomi, senza dimenticare anche l’accompagnamento alle loro famiglie». 

L’inaugurazione il 9 aprile

«Una stella vicina, una porta sempre aperta»: così l’ha definita Marcolini di Confcooperative. «È molto bello che questa casa sia inaugurata in prossimità della Pasqua – ha riflettuto mons. Perego -, perché molte persone, soprattutto giovani, hanno bisogno di rinascere». In questa Casa, quindi, «vivranno la Passione, cioè la sofferenza, ma anche la speranza di un ritorno a casa, di una vita quanto più normale». «Quando un bambino o una bambina nasce – ha commentato Calvano -, il luogo o il Paese, il contesto sociale e familiare dove si trovano a vivere, non è un merito ma una fortuna, e non sempre tutti hanno la sessa fortuna. Di fronte a ciò dobbiamo intervenire anche fornendo loro opportunità». Di «comunità nella comunità» ha invece parlato Coletti, ponendo l’accendo sull’importanza di «creare qualcosa ben radicato col territorio». Nel corso della presentazione sono stati proiettati anche i video con il racconto dell’attrice Alice Mistroni e i saluti dell’attore Paolo Ruffini e del trapper Margiela.

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 15 aprile 2022

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Prendersi cura delle vittime del conflitto

13 Apr
Elena Mazzola

Le testimonianze di Elena Mazzola, scappata da Kharkiv insieme alle ragazze disabili e agli orfani che accoglie nella sua cooperativa, e quella di Marco Peronio e del suo viaggio in Ucraina per portare medicinali

Solo un «amore sproporzionato» può far fronte all’orrore e alla ferocia che le cronache dall’Ucraina ci riportano ogni giorno. Un amore fatto di accoglienza, attenzione e cura a ogni persona, ai suoi sogni e desideri. Amicizie che nascono o si rafforzano pur nel dramma della guerra.
Questo il messaggio emerso dalle testimonianze di due persone diversamente coinvolte nel dramma di un popolo, quello ucraino (e, in parte, di quello russo, con tanti soldati morti), intervenute a Voghiera lo scorso 6 aprile durante una cena di beneficienza pro-AVSI dal titolo “Uno sguardo più forte della guerra”. Un evento promosso e organizzato dalla Pro Loco di Voghiera in collaborazione con il Centro Culturale Umana Avventura a sostegno della popolazione ucraina.

«Affermiamo la vita contro la guerra»
La prima testimonianza (In video collegamento) è stata quella di Elena Mazzola, presidente della cooperativa Emmaus con sede a Kharkiv, dove, grazie a vari progetti, giovani con disabilità o in uscita dall’orfanotrofio e dal collegio vengono accompagnati alla ricerca di una propria vocazione. Si tratta di ragazze e ragazzi tra i 18 e i 35 anni (foto in prima pagina), adolescenti che studiano in istituti speciali, bambini provenienti da famiglie di sfollati a causa del conflitto e i loro genitori. La prima “casa di transizione” per queste persone aperta a Kharkiv nel 2013 si chiama “La casa volante”, dove vivono sei ragazze con disabilità fisica uscite dall’orfanotrofio. Elena Mazzola, originaria di Desio (Monza-Brianza), che nella città ucraina dirige anche il Centro di Cultura Europea “Dante”, è traduttrice e docente universitaria e prima di trasferirsi in Ucraina ha vissuto per 15 anni, dal 2002 al 2017, a Mosca.
«I ragazzi con cui vivo quest’avventura della “Casa volante” – racconta – hanno storie molto drammatiche, sono stati abbandonati alla nascita dai genitori, per situazioni disagiate o perché nati con disabilità. Sono, quindi, ragazzi molto vulnerabili, cresciuti negli orfanotrofi, dai quali, appena escono, li proponiamo una vita il più normale possibile. Nelle nostre case – ha proseguito – imparano tanto, e soprattutto, per la prima volta si sentono amati. L’aspetto più tragico del loro passato, infatti, è che si sono sentiti dire di essere inutili, di non servire a nessuno, che non sarebbero riusciti a fare nulla nella vita».
Venendo al racconto degli ultimi mesi, Mazzola ha spiegato come lo scorso gennaio, quando incombeva la minaccia della guerra, «alcuni nostri ragazzi che ospitiamo sono andati in Italia da famiglie che già conoscevano perché da loro trascorrevano le vacanze. Altre, invece, i più fragili, con disabilità fisica o mentale, sono state con me a Leopoli, dove ci siamo trasferiti a metà febbraio. Ma una volta scoppiato il conflitto siamo venuti tutti in Italia». Una situazione di eccessivo pericolo, confermato dal successivo aggravarsi della situazione anche nella città al confine ungherese. «Siamo stati 50 ore al confine con i ragazzi». Poi, l’arrivo in Italia, a Novazza in Val Seriana, nel bergamasco, ospiti di amici. Una ventina tra ragazze disabili e dipendenti della cooperativa.
«Per me è un momento difficilissimo – racconta Mazzola -, forse in Italia non so quanto sia possibile immedesimarsi nel livello di dramma umano che si vive in Ucraina. Ho il cuore dissestato, sto vivendo in prima persona una violenza inimmaginabile: non so se la mia casa e i nove appartamenti per l’accoglienza della nostra cooperativa, in che stato sono. Non riusciamo ad avere notizie certe. Tutto quel che hai costruito, la certezza di qualcosa, rappresentato dalla casa, non c’è più. E i racconti che ci arrivano da Kharkiv dicono della ferocia e crudeltà disumana di questa guerra».
Ma Mazzola non riesce a fermarsi all’angoscia e all’amarezza per la situazione in Ucraina. Ha il desiderio di raccontare il bello che le persone fanno vivere, anche e soprattutto dentro drammi così.
«Qui in Val Seriana è tanto l’amore che stiamo ricevendo. Ad esempio, una parrucchiera si è presa un giorno dal lavoro per venire a tagliare e tingere i capelli alle nostre ragazze. O un’altra signora si preoccupa di regalare vestiti alle nostre donne». E le ragazze seguono le lezioni, imparano l’italiano, in una bottega imparano piccoli lavoretti col feltro o disegnano uova artistiche. Insomma, «un amore così sproporzionato, così personale sembra essere ora l’unica cosa in grado di opporsi alla guerra». Una guerra di per sé «fuori da ogni misura, per cui noi siamo chiamati ad amare in modo davvero sproporzionato, ad affermare la vita, la bellezza, l’amore».

Marco Peronio

«Un’amicizia reale, senza bisogno di Amazon…»
Alla cena a Voghiera ha partecipato anche Marco Peronio, Direttore del Consorzio di cooperative sociali “Il Mosaico” attivo tra Udine e Gorizia. Insieme alla moglie Cosetta, farmacista, ha aperto le porte della loro casa a Udine per aiutare Yuliya Mkheidze, ragazza ucraina di Mestre. La giovane, in collaborazione con il medico di Venezia Michele Alzetta, dirigente di pronto soccorso, ha indetto una raccolta umanitaria per l’Ucraina, dopo la richiesta di aiuto da parte della dott.ssa Rinna Konar di un piccolo ospedale a Uzhhoron, nella Transcarpazia. Dai medici della World Federation of Ukrainian medical Association sono stati chiesti lacci emostatici, analgesici non narcotici, medicazioni, sacchi per il contenimento di sangue raccolto, insulina e tutto quel che può essere utile per ferite e politrauma.
Già dal giorno successivo all’appello lanciato da Peronio, decine di persone in fila attendevano davanti a casa sua coi farmaci da donare. «Ho riempito il garage, e invece di un furgone, siamo partiti per l’Ucraina con cinque furgoni pieni di 7mila kg di aiuti tra farmaci, medicinali e alimentari per bambini».
«Nelle tante persone che ci hanno aiutato ho percepito un forte desiderio di vincere quel senso di indifferenza, quel “non mi interessa”, un desiderio di esserci e di conoscerci». L’appuntamento era a Záhony, in Ungheria, al confine con l’Ucraina, i primi di marzo. Alle 3emezza di notte l’arrivo a casa della dott.ssa Konar, «dove siamo stati accolti da una cena strepitosa. E la mattina dopo ci ha fatto visitare la città e la Cattedrale». Insomma, non un pur importante ma anonimo gesto di solidarietà, «non qualcosa fatto con Amazon, ma amici in carne e ossa che si incontrano e si accolgono reciprocamente. Ci hanno anche affidato tre profughe loro amiche da portare in salvo in Italia».
Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 15 aprile 2022

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