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Religioni e omosessualità: quale dialogo?

17 Gen

Incontro con la persona, nella verità e nella carità, e attenzione alla relazionalità: le parole di don Alessio Grossi

L’incontro con la persona, nella verità e nella carità, e la valorizzazione della sua dimensione relazionale. Da questo, non da altro, bisogna partire se si intende affrontare seriamente il delicato e complesso tema dell’omosessualità e della transessualità. 

Ed è questo l’approccio proposto da don Alessio Grossi, Direttore del Consultorio familiare “InConTra” della nostra Arcidiocesi, invitato a confrontarsi sulla questione lo scorso 13 gennaio al Centro Culturale Cappuccini di Argenta, per l’incontro “Dialogo: un ponte che unisce. È possibile un dialogo fra religioni e omosessualità?”. L’occasione è stata la – poco nota – “Giornata per il dialogo fra religioni e omosessualità”, in questo modo valorizzata dall’Assessorato organizzatore, quello per le politiche sociali.

La posizione di don Grossi si è posta ad un maggiore livello di profondità, non cadendo né in facili moralismi né in altrettanto pericolosi sentimentalismi. «In questi anni la Chiesa Cattolica – ha spiegato – sta vivendo un periodo di vitalità interna, con posizioni tra loro diverse e a volte contrastanti». Una posizione di chiusura e di mera condanna, ha proseguito, «spesso ha provocato molta sofferenza nelle persone omosessuali e nelle loro famiglie», trasformandosi in «vera e propria discriminazione, facendo sentire queste persone sbagliate». Un’esperienza, quella di don Grossi, diretta: «da psicanalista accompagno diverse persone o coppie omosessuali». Novità positiva, questa nella nostra Chiesa, che vive anche una «fioritura della ricerca teologica sul tema, e della pastorale». Il tutto con un unico grande fine: «il bene della persona e la ricerca della verità». Come riferimenti, don Grossi, oltre al testo “Che cos’è l’uomo” della Pontificia Commissione Biblica (dicembre 2019) ha citato “Amoris laetitia” di papa Francesco (in particolare il n. 250), nella quale «si riconosce la necessità di accogliere e accompagnare sia le famiglie con persone omosessuali sia le famiglie omosessuali», perché possano «vivere una vita veramente umana». Così, si ripensa la persona in un ambito relazionale (in quanto immagine e somiglianza di Dio): «gli atti non hanno un valore in sé ma dentro una dimensione relazionale», vale a dire «nella capacità di relazionarsi con l’altro, di non usarlo, nella capacità di progettazione e nella generatività». Anche le persone omosessuali, quindi, «sono capaci di amare e di una generatività diversa, in altre forme». Infine, don Grossi ha spiegato come a Ferrara ancora non esistano gruppi o associazioni cristiane di persone omosessuali o di genitori di persone omosessuali: ma in diverse parti d’Italia negli ultimi anni sono nate diverse realtà di questo tipo, centrate su un percorso condiviso di ricerca, preghiera e lettura della Parola.

Molto più liquidatorio l’approccio di Hassan Samid, Coordinatore del Centro culturale islamico di Ferrara: «l’omosessualità è peccato, quindi anche il matrimonio tra persone omosessuali non potrà mai essere riconosciuto nel mondo musulmano, perché nell’Islam il matrimonio è un contratto», non un sacramento, «importante per regolarizzare il rapporto sessuale. È tecnicamente impossibile, quindi, perché un peccato non si può regolarizzare». Per Samid alla base di certe idee vi è «un laicismo esasperato che considera ogni desiderio un diritto. Di questo passo si arriverà al poliamore». Non vi sono, quindi, per Samid, «i presupposti per un dialogo sull’omosessualità, perché le religioni non soddisfano ogni desiderio trasformandolo in diritto, ma al contrario, nell’Islam ogni aspetto della vita è regolato da dettami religiosi, dalla volontà di Dio». 

Un dibattito importante, quindi, questo svoltosi ad Argenta, e moderato da Piero Stefani. Dialogo che meriterebbe molte più occasioni, come ha auspicato Manuela Macario, presidente di Arcigay Ferrara, intervenuta anche per specificare come «la nostra associazione non fa differenze di credo religioso fra i propri iscritti», e per riflettere su quanto sia importante «il dialogo con persone omosessuali credenti che si pongono domande su come poter  vivere la loro fede». Insomma, è lo stile da modificare, perché un approccio sbagliato è anche quello che «a molti fa pensare l’omosessualità solo come comportamenti sessuali e non anche, e soprattutto, come dimensione sentimentale e relazionale». La tavola rotonda si è conclusa con gli interventi di Annalisa Felletti (Consigliera di parità della Provincia di Ferrara) e Walter Nania (Coordinatore Cidas Servizio Sistema Accoglienza Integrazione – Comune di Argenta).

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 20 gennaio 2023

La Voce di Ferrara-Comacchio

Dopo le polemiche, alle 18 la silenziosa protesta delle Sentinelle

28 Giu

10456017_810812315629910_1805692632478295370_nProprio un anno fa, il 25 giugno, in Francia nasceva una nuova forma di resistenza non-violenta, quella dei “Veilleurs Debout” (Vigilanti in piedi), in opposizione alla  legge Taubira del Governo Hollande che equipara i matrimoni omosessuali a quelli eterosessuali. Da luglio 2013 questo “metodo” o “stile” di protesta, come lo definiscono gli organizzatori, ha invaso anche le piazze di molte città italiane, traducendosi nelle “Sentinelle in piedi”. Oggi dalle 18 alle 19 questa forma di protesta avrà luogo anche in p.zza Trento e Trieste a Ferrara. Le persone che aderiscono a questa rete apartitica e aconfessionale – normali cittadini di ogni età ed estrazione sociale – sostano in piedi, in silenzio e a distanza di due metri l’uno dall’altro, spesso leggendo un libro. In particolare, le veglie delle “Sentinelle in Piedi” nascono in difesa della libertà di espressione messa in discussione dal ddl Scalfarotto, già approvato dalla Camera e ora al Senato. “Presentato come necessario per fermare atti di violenza e aggressione nei confronti di persone con tendenze omosessuali, il testo – dicono gli organizzatori – è invece fortemente liberticida in quanto non specifica cosa si intende per omofobia lasciando al giudice la facoltà di distinguere tra un episodio di discriminazione e una semplice opinione”. Solamente facendo rifermento ad un modello di famiglia fondato sull’unione tra un uomo ed una donna, o essendo contrari all’adozione di bambini da parte di coppie formate da persone dello stesso sesso, si rischia, nel caso il ddl diventi legge, di essere denunciati e incarcerati fino a un anno e sei mesi di carcere.

Andrea Musacci

(Foto della veglia di Roma tratta dalla pagina Facebook “Sentinelle In Piedi”)